Corte Costituzionale

Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari – Corte Cost. Ord. 119 09/05/01

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ORDINANZA N.119

         
               
ANNO 2001      

REPUBBLICA
ITALIANA

IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA
CORTE COSTITUZIONALE

composta
dai signori:


Cesare       
RUPERTO       
Presidente


Fernando       
SANTOSUOSSO       
Giudice


Massimo       
VARI       
"


Gustavo       
ZAGREBELSKY  
"


Valerio       
ONIDA      
"


Carlo
       
MEZZANOTTE 
  "


Fernanda       
CONTRI     
"


Guido      
       
NEPPI MODONA   
"


Piero Alberto       
CAPOTOSTI  
"


Annibale       
MARINI     
"


Franco          
BILE       
"


Giovanni Maria FLICK            
   "

ha
pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel
giudizio di legittimità  costituzionale dell’art. 8, quarto comma, della
legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di
comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari),
promosso con ordinanza emessa il 2 maggio 2000 dal Tribunale di Reggio Emilia
nel procedimento civile vertente tra Carpanoni Francesco e Khalikane Miloudi,
iscritta al n. 460 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale
della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visto
l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

   
udito
nella camera di
consiglio del 7 marzo 2001 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto
che con ordinanza emessa il 2 maggio 2000 il Tribunale di Reggio Emilia, nel
corso di un procedimento per convalida di sfratto, ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità 
costituzionale dell’art. 8, quarto comma, della legge 20 novembre 1982, n.
890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta
connesse con la notificazione di atti giudiziari), il quale prevede che, in
caso di assenza del destinatario di una notificazione a mezzo posta (e di
rifiuto, mancanza, inidoneità  o assenza delle altre persone abilitate a
ricevere l’atto), la notificazione si abbia per eseguita decorsi dieci
giorni dalla data di deposito del piego presso l’ufficio postale;

che,
per quanto riguarda il parametro di cui all’art. 3 Cost., il rimettente
ritiene che a seguito della sentenza n. 346 del 1998 – con la quale questa
Corte ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità  costituzionale del
terzo comma del medesimo art. 8 della legge n. 890 del 1982, nella parte in
cui disponeva che il piego, decorso il ricordato termine di dieci giorni dal
deposito senza che ne fosse stato curato il ritiro, dovesse essere restituito
al mittente ” risulterebbe allo stato incerto, in mancanza di un intervento
del legislatore, “il lasso di tempo decorso il quale la notifica può
intendersi validamente effettuata”, con la possibilità  che il vuoto
legislativo venutosi a determinare sia colmato in via interpretativa in modo
differente violandosi, in tal modo, l’art. 3 Cost.;

che,
sotto altro aspetto, e con riferimento al parametro di cui all’art. 24
Cost., dovrebbe altresí dubitarsi, ad avviso del rimettente, che il termine
di dieci giorni dalla data del deposito del piego presso l’ufficio postale,
decorso il quale l’atto si ha per notificato, “possa tuttora rappresentare
lasso di tempo necessario e sufficiente al perfezionamento della notifica”;

che
il medesimo rimettente, nella sola parte motiva dell’ordinanza, ha altresí
sollevato, in riferimento all’art. 3 Cost., questione di legittimità 
costituzionale del quinto e sesto comma dello stesso art. 8, i quali prevedono
che, nel caso in cui il destinatario o un suo incaricato ritirino il piego
presso l’ufficio postale, la notificazione si ha per eseguita alla data di
ritiro del piego;

che
anche tali norme comporterebbero una illegittima disparità  di trattamento
derivante dalla possibilità  di differenti soluzioni interpretative, essendo,
ad avviso del rimettente, compatibile con il loro tenore letterale
un’interpretazione secondo la quale il ritiro del piego possa avvenire, e
dunque la notificazione perfezionarsi, pur dopo il decimo giorno dal deposito;

che
è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per
la declaratoria di infondatezza della questione;

che,
ad avviso dell’Avvocatura, l’art. 8 della legge n. 890 del 1982 avrebbe
ormai ” dopo la sentenza di questa Corte n. 346 del 1998 ” un contenuto
precettivo tale da assicurare (attraverso l’avviso del deposito e la
conservazione del piego presso l’ufficio postale) una effettiva possibilità ,
per il destinatario, di venire a conoscenza dell’esistenza e del contenuto
dell’atto notificatogli, cosicchè qualsiasi ulteriore rafforzamento delle
garanzie di difesa del destinatario della notificazione finirebbe per
squilibrare, in danno del notificante, il bilanciamento degli interessi in
conflitto, lasciando il notificante stesso in balia del comportamento della
controparte.

Considerato
che la questione, sollevata solamente nella parte motiva dell’ordinanza,
riguardante l’art. 8, quinto e sesto comma, della legge 20 novembre 1982, n.
890 (Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta
connesse con la notificazione di atti giudiziari), deve ritenersi priva di
rilevanza nel giudizio a quo, e va
perciò dichiarata manifestamente inammissibile, non risultando
dall’ordinanza stessa che il convenuto, rimasto contumace, abbia provveduto
al ritiro del piego presso l’ufficio postale;

che,
per quanto riguarda la questione riferita al quarto comma del medesimo art. 8,
sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza, pur a
prescindere da ogni altra considerazione, l’asserito vuoto normativo
derivante dalla sentenza n. 346 del 1998 riguarderebbe, non già  il momento
perfezionativo della notificazione, ma semmai la data di restituzione del
piego ai sensi del terzo comma dell’art. 8; per cui anche tale questione va
dichiarata manifestamente inammissibile, siccome attinente a norma diversa da
quella denunciata;

che
il termine di dieci giorni necessario ai fini del perfezionamento della
notificazione a mezzo posta, in caso di assenza del destinatario (e di
rifiuto, mancanza, inidoneità  o assenza delle altre persone abilitate a
ricevere l’atto), non si pone in contrasto con il diritto di difesa
garantito dall’art. 24 Cost., risultando detto termine espressione non
irragionevole del bilanciamento, discrezionalmente operato dal legislatore,
tra l’interesse del notificante al compimento della notificazione e
l’interesse del destinatario all’effettiva conoscenza dell’atto
notificato (v. ordinanza n. 591 del 1989);

che
il richiamo alla sentenza n. 346 del 1998 appare d’altro canto non
pertinente, non riguardando essa ” come già  osservato – il momento di
perfezionamento della notificazione, di cui al citato quarto comma dell’art.
8 (dieci giorni dal deposito, ed anzi ” a seguito della declaratoria di
illegittimità  costituzionale del secondo comma dello stesso art. 8 ” dalla
comunicazione al destinatario del compimento delle formalità  ivi previste e
del deposito del piego), bensí il termine, anch’esso peraltro di dieci
giorni, originariamente previsto dal terzo comma dell’art. 8 al diverso fine
della restituzione al mittente del piego depositato presso l’ufficio
postale, e ritenuto lesivo, con la succitata sentenza, del diritto di difesa
del destinatario della notificazione, in quanto ostacolava irragionevolmente
l’effettiva possibilità  di conoscenza

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