Lavoro

Le lavoratrici in malattia devono essere sempre reperibili, e per agevolare la visita fiscale il nome da nubile deve comparire sul citofono dell’abitazione accanto a quello del marito (Cassazione 4233/2002)

Suprema Corte di Cassazione,
Sezione Lavoro, sentenza n.4233/2002 (Presidente: V. Mileo; Relatore: D.
Figurelli)

 

LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

SENTENZA

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Con ricorso depositato il 20 giugno 1996 la signora E. conveniva in
giudizio l’Inps innanzi al pretore di Arezzo G.L., per ottenere il
riconoscimento del diritto all’indennità  di malattia per il periodo
15-23 novembre 1995.
Deduceva infatti che l’Istituto si era rifiutato di corrispondere la
prestazione assicurativa, ritenendo applicabile la sanzione prevista
dall’articolo 5 legge 638/83 , sul presupposto che essa E. si fosse resa
irreperibile alla visita di controllo effettuata il 17 novembre 1995 alle
ore 17.30, quando invece il mancato controllo era dipeso proprio dalle sue
precarie condizioni di salute, che non le avevano consentito di rispondere
tempestivamente al medico e di aprirgli la porta di casa, ove si trovava
sola.
Si costituiva l’Inps ed eccepiva che la E. non aveva soddisfatto
all’onere di reperibilità  impostole dalla legge e pertanto concludeva
per il rigetto della domanda.
Con sentenza emessa in data 11 marzo 1997 il pretore riteneva attendibili
le giustificazioni addotte dalla ricorrente e pertanto accoglieva la
domanda della medesima.
Avverso tale decisione proponeva appello l’Inps, che censurava la
decisione del pretore, al quale addebitava un macroscopico errore di
interpretazione dell’articolo 5 comma 14 della legge 638/83.
Questa disposizione ” sosteneva l’appellante ” pone a carico del
lavoratore ammalato un vero e proprio "onere di reperibilità " e
questo implica non solo la presenza fisica, ma "la effettiva ed
attuale disponibilità  alla visita di controllo", e nel caso di
specie, il mancato controllo era dipeso dal fatto che la E. non si era
posta concretamente a disposizione del medico, recatosi al domicilio della
stessa per la visita fiscale.
Resisteva all’accoglimento dell’appello la E..
Con sentenza in data 6 febbraio-14 novembre 1998 il tribunale di Arezzo
rigettava l’appello.
Osservava il tribunale che non poteva parlarsi di assenza ingiustificata a
visita di controllo; che la relazione medica del dottor B., che aveva
eseguito l’accesso, anzichè smentire le giustificazioni rese dalla E.,
dava ragione dello svolgimento dei fatti cosí come riferiti
dall’assicurata; che in sostanza risultava che il medico, non avendo
trovato il nominativo della E. sul citofono, aveva chiesto sommarie
informazioni ad una vicina e dopo aver "bussato a tutti i
citofoni" si era allontanato; che tutto era frutto di un disguido.
Avverso detta sentenza, con atto notificato il 15 settembre 1999, l’Inps
ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo.
La E. non si è costituita in giudizio.

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

Con l’unico motivo, denunziando violazione ed errata applicazione
dell’articolo 5 decreto legge 463/83, convertito con legge 638/83;
dell’articolo 115 Cpc e 2967 Cc, nonchè insufficiente e contraddittoria
motivazione della sentenza su un punto decisivo della controversia in
relazione all’articolo 360, commi 3, 4 e 5 Cpc, l’istituto ricorrente
deduce che è richiesto che il lavoratore, pur quando sia presente nel
proprio domicilio, mantenga un comportamento tale da consentire al medico
della struttura pubblica sia l’immediato accesso nell’abitazione, sia
la possibilità  della visita di controllo; che non ha rilievo che la
mancata visita avvenga senza dolo da parte dell’interessato; che resta a
carico del lavoratore l’onere di fornire la prova di aver adottato la
sufficiente diligenza per essere comunque di fatto reperibile; che il
dovere di cooperazione del lavoratore deve consistere, proprio a ragione
dello stato di malattia, anche nella diligente predisposizione di una
situazione tale da rendere possibile il controllo domiciliare, il che non
è affatto avvenuto nella specie.
Aggiunge il ricorrente che la verbalizzazione del medico fiscale mette in
luce un comportamento assolutamente ineccepibile dello stesso; che vi sono
difetto di motivazione e comunque travisamento dei fatti come evidenziati
dal medico fiscale, perchè non si comprende quale avrebbe dovuto essere
il comportamento di quest’ultimo; che la lavoratrice si è limitata
soltanto ad esporre una sua versione allo scopo di giustificare il proprio
comportamento, che per non è risultata affatto provata.
Il ricorso è fondato.
Invero l’ingiustificata assenza del lavoratore alla visita di controllo
” per la quale l’articolo 5, comma 14°, del decreto legge 463/83
(convertito nella legge 638/83) prevede la decadenza (in varia misura) del
lavoratore medesimo dal diritto al trattamento economico di malattia ”
non coincide necessariamente con la materiale assenza di quest’ultimo
dal domicilio nelle fasce orarie predeterminate, potendo essere integrata
da qualsiasi condotta dello stesso lavoratore, pur presente in casa, che
sia valsa ad impedire l’esecuzione del controllo sanitario per incuria,
negligenza o altro motivo non apprezzabile sul piano giuridico e sociale.
La prova dell’osservanza di tale dovere di diligenza incombe sul
lavoratore (vedi ex plurimis Cassazione 5000/99).
Nè ha rilievo che la mancata visita avvenga senza dolo da parte
dell’interessato, perchè ciò che è sanzionatorio è il fatto
obiettivo in sè, indipendente dall’intenzione in concreto del
lavoratore (Cassazione 8484/83).
Ciò detto, si osserva che è irrilevante la considerazione del tribunale,
secondo la quale deve escludersi che la E. si sia volontariamente
sottratta alla visita di controllo.
Non risulta poi dalla sentenza impugnata adeguatamente motivato in ordine
alla prova dell’osservanza del dovere di diligenza da parte della
lavoratrice per essere di fatto reperibile alla visita di controllo.
Il tribunale ha ritenuto che vi fu indugio della lavoratrice nell’aprire
il portone per obiettive difficoltà , consistenti nella precarietà  delle
condizioni di salute della stessa. Ma lo stato di malattia non vale di per
sè ad escludere la negligenza della E., che doveva provare invece la
diligente predisposizione di una situazione tale da rendere possibile il
controllo domiciliare, tenuto anche conto del fatto che, come accertato
dal tribunale, sul campanello non era indicato il nome della donna, bensí
quello del marito.
Nè può ritenersi accertato dai giudici di merito un comportamento
negligente del medico, che doveva effettuare la visita di controllo, e che
ebbe a suonare a tutti i campanelli.
Il ricorso deve essere pertanto accolto, con cassazione della sentenza
impugnata e rinvio alla Corte di appello di Firenze, che provvederà  anche
in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia per
il nuovo esame alla Corte di appello di Firenze, che provvederà  anche in
ordine alle spese del giudizio di cassazione.
Depositata in Cancelleria il 25 marzo 2002.

https://www.litis.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *