Amministrativa

Il meccanismo di premio stabilito dalla legge per le imprese che possiedono determinati requisiti di capacità economica e finanziaria si applica a tutte le imprese, a prescindere dalla loro natura giuridica (Tar Lazio 8720/2002)

Tribunale
Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione Terza, sentenza n. 8720/2002

 

Il Tribunale
Amministrativo Regionale per il Lazio

 

Sezione Terza

composto dai Magistrati:

Luigi COSSU Presidente

Angelica DELL’UTRI Consigliere

Antonino SAVO AMODIO Consigliere
rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 2895
del 2002 Reg. Gen., proposto da TECNOSOA – Società Organismo di
Attestazione S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dagli avvocati Luisa Torchia, Tommaso Di Nitto e
Paola Romanucci, con i quali elettivamente domicilia in Roma, Via Sannio
n. 65;

con l’intervento ad
adiuvandum

– della DI PERSIO
COSTRUZIONI S.a.s., in persona dell’amministratore unico in carica,
rappresentata e difesa dall’avv. Carla Fazzini, con il quale elettivamente
domicilia in Roma, Via Velletri n. 24;

– della Ditta "CERICOLA
CARLO", in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e
difesa dall’avv. Giuseppe Natarella, con il quale elettivamente domicilia
in Roma, Via Velletri n. 24;

– della Ditta CECIM
S.a.s., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa
dall’avv. Serafina Astorino, con la quale elettivamente domicilia in Roma,
Via Velletri n. 24;

contro

l’AUTORITA’ PER LA
VIGILANZA SUI LAVORI PUBBLICI, in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con la quale
elettivamente domicilia in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

per l’annullamento

a) dell’atto di
diffida n. 15/6/02 del 9 gennaio 2002, trasmesso con nota prot. n.
1745/02/SEGR, datata 11 gennaio 2002;

b) della nota prot.
n. 7824/02/SEGR, datata 31 gennaio 2002, avente per oggetto
"procedimento di revoca ai sensi dell’articolo 10 del D.P.R. 34/2000;

c) dell’atto di
diffida n. 19/6/02 del 13 febbraio 2002, trasmesso con nota prot. n.
11741/02/SEGR, datata 18 febbraio 2002;

d) di ogni altro
atto comunque connesso a quelli innanzi indicati;

Visto il ricorso con
i relativi allegati;

Visti gli atti di
costituzione in giudizio dell’Autorità per la vigilanza sui lavori
pubblici e degli interventori ad adiuvandum;

Viste le memorie
prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti
di causa;

Nominato relatore il
consigliere Antonino Savo Amodio e uditi, all’udienza del 12 giugno 2002,
l’avv. Torchia, l’avv. Di Nitto, l’avv. dello Stato Corsini e l’avv.
Domanico, per delega degli avvocati Fazzini, Natarella e Astorino;

Ritenuto e
considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

FATTO

La Tecnosoa – Società
Organismo di Attestazione s.p.a. – espone che, a seguito di un’ispezione
disposta dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici ed effettuata
nell’ottobre 2001, emergevano varie problematiche sulla corretta
applicazione del D.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34, disciplinante il sistema di
qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici.

Uno degli aspetti
controversi riguardava il cosiddetto incremento convenzionale premiante,
che, secondo la sua interpretazione, andava riconosciuto a tutte le
imprese in possesso di determinati requisiti e, quindi, anche a quelle che
non fossero società di capitali.

Con l’atto n.
15/6/02 del 9 gennaio 2002, l’Autorità per la vigilanza sui lavori
pubblici, reputando inaccettabile tale conclusione, diffidava la Tecnosoa
a provvedere alla sostituzione dell’attestato rilasciato all’Impresa G. E.

Nonostante la
successiva nota di replica, con contestuale richiesta di differimento del
termine ad adempiere, l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici,
con nota del 29 gennaio 2002, comunicava alla Tecnosoa che, in data 31
gennaio-1 febbraio 2002, avrebbe proceduto ad una seconda ispezione presso
la sua sede.

Nel frattempo, la
Tecnosoa ottemperava alla prima diffida.

Mentre era in corso
la suddetta ispezione, l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici,
con la nota del 31 gennaio 2002, comunicava l’avvio del procedimento di
revoca dell’autorizzazione allo svolgimento dell’attività di
attestazione, dando termine per controdedurre.

Con l’ulteriore nota
del 13 febbraio 2002, l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici
trasmetteva una seconda diffida, con la quale, in relazione alla seconda
visita ispettiva, ordinava alla Tecnosoa di assumere tutte le iniziative
necessarie per la sostituzione delle attestazioni, specificamente indicate
nel verbale di visita, rilasciate in base alla contestata interpretazione
del D.P.R. n. 34 citato.

Di qui la
proposizione del ricorso in esame, nel quale si deduce:

1) Eccesso di potere
per mancanza dei presupposti. Errata e falsa applicazione dell’art. 19 del
D.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34, in quanto entrambi gli atti di diffida
difetterebbero di un valido fondamento normativo, atteso che l’art. 19 del
D.P.R. n. 34 del 2000 non precluderebbe alle imprese, non costituite in
società di capitali, di ottenere l’incremento convenzionale premiante.

2) Incompetenza
dell’Autorità di vigilanza per i lavori pubblici a porre interpretazioni
vincolanti. Violazione dell’art. 4 della legge 11 febbraio 1994 n. 109 e
dell’art. 14 del D.P.R. n. 34 del 2000  cit.. Violazione dell’art. 3
del D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554, in quanto la normativa epigrafata non
assegnerebbe all’Autorità in questione il compito di fornire
l’interpretazione delle norme giuridiche di settore e, conseguentemente,
il potere di indirizzo dell’attività degli organi di attestazione, ma,
esclusivamente, un potere di controllo su di essi.

3) Tardività degli
atti di diffida e difetto di motivazione in relazione alla ponderazione
delle situazioni soggettive consolidate. Violazione dell’art. 23 del
regolamento interno dell’Autorità di vigilanza per i lavori pubblici,
essendo gli atti di diffida intervenuti allorchè era già spirato il
termine di trenta giorni "dalla conoscenza della violazione" che
l’art. 23 epigrafato prevede per la contestazione delle violazioni poste
in essere dalle società di attestazione.

4) Difetto di
istruttoria. Illogicità. Violazione dell’art. 14 del D.P.R. n. 34 del
2000, in quanto non sarebbe stato effettuato un adeguato approfondimento
sul controverso punto di diritto, in contraddittorio con la Tecnosoa e con
gli altri organismi di attestazione.

5) Violazione
dell’art. 3 comma 3 del D.P.R. n. 554/99 cit., non essendo stato
notificato il primo atto di diffida, in spregio a quanto stabilito dalla
norma epigrafata.

6) Contraddittorietà
tra provvedimenti. Violazione del principio di proporzionalità, atteso
che l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, anzichè riscontrare
l’istanza di differimento dei termini, consentendo cosi’ un’adeguata
difesa della posizione assunta dalla Tecnosoa, avrebbe avviato una seconda
ispezione e, a seguire, una seconda diffida.

Si è costituita in
giudizio l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici eccependo, in
via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse
e, nel merito, deducendo l’infondatezza dei motivi di doglianza.

Spiegano intervento
ad adiuvandum la DI PERSIO COSTRUZIONI S.a.s. e le Ditte "CERICOLA
CARLO" e CECIM S.a.s., quali imprese beneficiarie della contestata
interpretazione del D.P.R. n. 34 del 2000.

Parte ricorrente ha
prodotto memoria conclusionale, nella quale controdeduce all’eccezione di
rito e ribadisce le tesi esposte con l’atto introduttivo del giudizio.

DIRITTO

1) Va, innanzi
tutto, esaminata l’eccezione di inammissibilità.

Sostiene l’Autorità
per la vigilanza sui lavori pubblici (successivamente indicata come
Autorità) che gli atti impugnati non recherebbero effetti pregiudizievoli
per la Tecnosoa per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo, perchè
si tratterebbe di semplici atti preparatori ed istruttori rispetto
all’eventuale provvedimento finale – la revoca dell’autorizzazione alla
S.O.A. – per la cui emanazione difetterebbe oramai il presupposto, avendo
la ricorrente ottemperato alle diffide inoltratele dall’Autorità. In
secondo luogo, la Tecnosoa non avrebbe interesse a che prevalga una
determinata interpretazione del sistema normativo, non ricavandone alcun
vantaggio concreto.

Entrambi gli
argomenti addotti non sono condivisibili.

In merito al primo, è
agevole rilevare che i due atti di diffida impugnati recano un preciso
obbligo di fare per la ricorrente, consistente nella sostituzione delle
attestazioni rilasciate, in disparte ed indipendentemente dalla possibilità
– solo paventata – di avviare il procedimento per l’applicazione delle
sanzioni previste dall’art. 4 comma 7 della legge 11 febbraio 1994 n. 109.

Tale iniziativa
implica, intanto, la sussistenza di un potere di indirizzo, anche
interpretativo, vincolante in capo all’Autorità, che è puntualmente
contestato nel ricorso in esame. Inoltre, l’ottemperanza alla diffida
comporta un effetto pregiudizievole immediato e diretto, in quanto ha una
ricaduta sui rapporti contrattuali instaurati con le imprese da
qualificare; da ultimo, poichè l’Autorità ha puntualmente indicato le
ragioni giuridiche a sostegno della sua posizione, l’eventuale, immediato
annullamento – disposto dal giudice per ragioni non meramente procedurali
– comporterebbe due vantaggi: di chiudere definitivamente la vicenda senza
ulteriori effetti sanzionatori e di fissare la "regula iuris"
per i successivi, futuri comportamenti della Tecnosoa nella sua attività
istituzionale.

In merito alla
seconda ragione di inammissibilità, è agevole osservare che le Società
Organismo di Attestazione hanno il compito primario di applicare le
disposizioni normative di riferimento nell’espletamento dell’incarico di
attestazione, contrattualmente assunto con le singole imprese. Sarebbe,
pertanto, quanto meno singolare, a fronte del potere di fornire l’esatta e
vincolante interpretazione di tali disposizioni, che l’Autorità si
riconosce, di escludere la possibilità per i destinatari di tale
competenza di contestare, in sede giurisdizionale, non solo l’esattezza
dell’interpretazione fornita, ma la sussistenza stessa del potere
esercitato.

Da ultimo, l’Autorità,
nella sua memoria, si dilunga a negare la legittimazione a ricorrere delle
imprese destinatarie delle attestazioni, con evidente riferimento a quelle
costituitesi nel presente giudizio.

Deve osservarsi,
peraltro, che, nella specie, le tre imprese hanno assunto la ben più
modesta veste di interventrici ad adiuvandum, affiancando l’iniziativa
giudiziaria della Tecnosoa, che aveva provveduto a rilasciare loro
l’attestazione. Pertanto, la loro legittimazione a stare in giudizio
discende dalla sussistenza di un interesse di mero fatto, riscontrabile,
nella specie, nei suesposti effetti degli atti di diffida.

2) Il primo motivo
di ricorso propone la questione centrale, riguardante l’esatta latitudine
del beneficio dell’incremento convenzionale premiante, contemplato
dall’art. 19 del D.P.R. 25 gennaio 2000 n. 34.

L’Autorità, nella
diffida datata 9 gennaio 2002, nega l’applicabilità della norma in
questione alle imprese che non siano società per azioni, atteso che
l’art. 19 innanzi citato:

https://www.litis.it

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