Lavoro

Violazione di obblighi di informazione e condotta antisindacale Cassazione Civile Sezione Lavoro, Sentenza n. 7347 del 17/04/2004

La
violazione, da parte del datore di lavoro di diritti individuali del lavoratore
derivanti dalla legge, o anche direttamente dalla Costituzione (non concreta
condotta antisindacale, essendo questa caratterizzata dalla idoneità del
comportamento del datore di lavoro a compromettere il diritto di sciopero o a
ledere la libertà o l’attività sindacali, ossia interessi collettivi di cui il
sindacato è portatore. Non puo’ pero’ escludersi che la violazione di una
situazione soggettiva individuale si qualifichi anche come condotta
antisindacale perchè diretta a reprimere o solo limitare fattività sindacale.
In tal caso occorre che all’elemento oggettivo della violazione della situazione
protetta che implica la concreta idoneità lesiva della condotta si accompagni
anche l’elemento soggettivo dell’intento del datore di lavoro di raggiungere
questo effetto indiretto.

Se invece è lesa direttamente
una prerogativa sindacale di natura collettiva non occorre alcuno specifico
intento lesivo giacchè per ritenersi integrati gli estremi della condotta
antisindacale di cui all’art. 28 dello Statuto dei lavoratori, è sufficiente
che il comportamento del datore di lavoro leda oggettivamente gli interessi
collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali, non essendo
necessario (ma neppure sufficiente) uno specifico intento lesivo da parte del
datore di lavoro nel caso di condotte tipizzate perchè consistenti
nell’illegittimo diniego di prerogative sindacali (quali il diritto di
assemblea, il diritto delle rappresentanze sindacali aziendali a locali idonei
allo svolgimento delle loro funzioni, il diritto ai permessi sindacali).


 





Cassazione Civile Sezione Lavoro, Sentenza n. 7347 del 17/04/2004





(Presidente G. Sciarelli – Relatore G. Amoroso) 



SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.                 
Con ricorso ex
art. 28 Stat. lav., depositato il 18 gennaio 3991, l’organizzazione sindacale
(omissis)
di Siracusa, in persona del segretario provinciali pro tempore,
adiva il Pretore del Lavoro di Siracusa chiedendo che fosse dichiarato
antisindacale il comportamento del (omissis), consistente nella
violazione della normativa contrattuale (art. 74 ccnl) e legale sui limiti e sul
divieto di lavoro straordinario, nonchè sui relativi obblighi di comunicazione
al Sindacato, oltre che nella richiesta di lavoro straordinario ai dipendenti.
Chiedeva di conseguenza ordinarsi al (omissis) la cessazione di tale
comportamento ed il rispetto della normativa contrattuale, inibendo all’azienda
di credito di avvalersi di prestazioni di lavoro straordinario al di fuori dei
limiti previsti dal contratto collettivo e senza il rigoroso rispetta degli
obblighi di informativa a favore delle organizzazioni sindacali dei lavoratori,
sanciti nel richiamato contratto collettivo nazionale di lavoro.

La banca convenuta si costituiva ritualmente in giudizio e sosteneva l’inammissibilità
e in subordine (infondatezza delle domande avversarie, tanto in fatto quanto in
diritto, chiedendone il rigetto. Rilevava, in particolare, che nè per la mera
mancanza o per l’incompletezza dell’informazione nei loro confronti, nè per il
mancato rispetto del tetto massimo dello straordinario le rappresentanze
sindacali erano abilitate a ricorrere al procedimento di cui all’art. 28 Stat.
lav..

Il Pretore adito ordinava l’esibizione di documentazione "a campione (nella
specie il cal. giornale di fondo che riporta le operazioni bancarie registrate
successivamente all’interruzione del collegamento con il centro elaborazione
dati di Palermo) a dimostrazione dello sconfinamento dal limite orario e sentiva
come testi gli informatori sindacali.

Infine con decreto del 6.2.91 il Pretore dichiarava l’antisindacalità della
condotta del (omissis) e per effetto ordinava: a) di contenere l’orario
di lavoro straordinario effettuato dai propri dipendenti, entro i limiti di cui
alla vigente contrattazione collettiva, di cento ore annue, e due ore
giornaliere per ciascun dipendente; b) di 19877/2002 r.g.n. 3 ud 9 gennaio 2004
trasmettere alle organizzazioni ricorrenti le dovute comunicazioni mensili
relative al numero complessivo di ore di lavoro straordinario svolto dai
dipendenti nell’ambito di ciascun ufficio, servizio o dipendenza.

Il (omissis) proponeva opposizione evidenziando, tra l’altro, che
l’azione ex art. 28 cit. era diretta a garantire davanti al giudice del lavoro
esclusivamente i diritti fondamentali dei sindacati, come tali, e non quelli
contrattuali dei lavoratori.

Il Pretore rigettava l’opposizione confermando il decreto opposto.

2.                 

Avverso la sentenza del Pretore
di Siracusa, depositata in data 7 luglio 1997, il (omissis) ha proposto
tempestivo appello. All’udienza del 20.11.2000, dopo la discussione delle parti,
il Tribunale del lavoro di Siracusa, con sentenza n. 163/2000 depositata il 22
novembre 2000, non notificata, ha riformato la sentenza di primo grado,
rigettando tutte le domande formulate dall’organizzazione sindacale, originaria
ricorrente. Avverso tale sentenza la (omissis) di Siracusa ha proposto
ricorso per cassazione con atto notificato notificato in data 21.11.2001,
ricorso articolato in tre motivi.


Ha resistito il Banco intimato con
controricorso.



Entrambe le parti hanno presentato memoria.


MOTIVI
DELLA DECISIONE

Il ricorso è articolato in tre
motivi.

Con il primo motivo il sindacato ricorrente denuncia la violazione degli artt.
137, 138, 170, 324, 325, 327, 434 e 435 c.c. per aver il tribunale erroneamente
ritenuto validamente instaurato il giudizio d’appello anche in presenza di una
nullità della notifica del ricorso della banca appellante in ragione della
consegna di copie in numero inferiore rispetto alle parti cui l’atto era
destinato. Con il secondo motivo il sindacato ricorrente denuncia la violazione
dell’art. 28 Stat. lav. nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata
nella parte in cui quest’ultima ha escluso la sussistenza di una condotta
antisindacale della banca in una situazione in cui risultavano lesi sia il
diritto dei dipendenti all’osservanza del prescritto limite di lavoro
straordinario, sia il diritto delle organizzazioni sindacali di ottenere dal
datore di lavoro la prescritta informazione relativa al lavoro straordinario
svolto.

Con il terzo motivo il sindacato ricorrente denuncia la violazione dell’art.
1363 c.c. nonchè ancora vizio di motivazione della sentenza impugnata per non
aver correttamente interpretato l’art. 74 c.c.n.l. del settore che disciplinava
il monte , ore di lavoro straordinario.

Il primo motivo del ricorso è
infondato.

In generale deve ribadirsi dopo l’intervento in materia delle Sezioni Unite (Cass.,
sez. un., 10 ottobre 1997, n. 9859) che, poichè la notificazione dell’atto di
impugnazione a più parti presso un unico procuratore, eseguita mediante
consegna di una sola copia o di un numero inferiore di copie rispetto alle parti
cui fatto è destinato, non è inesistente, ma nulla, il relativo vizio puo’
essere sanato con efficacia ex tunc, o con la costituzione in giudizio di tutte
le parti cui l’impugnazione è diretta, o con la rinnovazione della
notificazione da eseguire in un termine perentorio assegnato dal giudice, con la
consegna di un numero di copie pari a quello dei destinatari, tenuto conto di
quella o di quelle già consegnate.

In particolare, con riferimento al rito del lavoro, Cass., sez. lav., 17 ottobre
1998, n. 10295, ha poi affermato che nelle controversie soggette al rito del
lavoro, la proposizione dell’appello si perfeziona, ai sensi dell’art. 435
c.p.c., con il deposito, nei termini previsti dalla legge, del ricorso nella
cancelleria del giudice ad quem, che impedisce ogni decadenza dell’impugnazione,
con la conseguenza che ogni eventuale vizio o inesistenza giuridica o di fatto
della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza di
discussione non si comunica all’impugnazione (ormai perfezionatasi), ma impone
al giudice che rilevi il vizio di indicarlo all’appellante ex art. 421 c.p.c. e
di assegnare allo stesso, previa fissazione di un’altra udienza di discussione,
un termine necessariamente perentorio per provvedere a notificare il ricorso,
unitamente al decreto presidenziale di fissazione della nuova udienza; in
mancanza di tale notifica il giudice deve ordinare la cancellazione della causa
dal ruolo ed il processo si estingue (ex art. 291 c.p.c.) con conseguente
passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

Nella specie il ricorso in appello è stato depositato in data 7 luglio 1998 e
quindi tempestivamente in quanto a distanza di un anno esatto dal deposito della
sentenza di primo grado (del 7 luglio 1997); sicchè correttamente la pronuncia
impugnata ha affermato che l’impugnativa risulta tempestivamente proposta ed il
vizio della notifica del ricorso costituito dalla consegna di copie in numero
inferiore rispetto alle parti cui l’atto era destinato è stato sanato, con
effetti ex tunc, dalla costituzione in giudizio delle parti cui l’impugnazione
era diretta.

Il secondo e terzo motivo che
possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi sono parzialmente
fondati.

1. Va premesso in generale che
come già affermato da questa Corte (Cass. 10 luglio 2002 n.10031) la
violazione, da parte del datore di lavoro di diritti individuali del lavoratore
derivanti dalla legge, o anche direttamente dalla Costituzione (come il diritto
alla retribuzione o alle ferie) non concreta condotta antisindacale, essendo
questa caratterizzata dalla idoneità del comportamento del datore di lavoro a
compromettere il diritto di sciopero o a ledere la libertà o l’attività
sindacali, ossia interessi collettivi di cui il sindacato è portatore.

Non puo’ pero’ escludersi che la violazione di una situazione soggettiva
individuale, che vede innanzi tutto il lavoratore in una posizione pretensiva
nei confronti del datore di lavoro, si qualifichi anche come condotta
antisindacale perchè diretta a reprimere o solo limitare fattività sindacale.
In tal caso in giurisprudenza si è ritenuto che occorra che all’elemento
oggettivo della violazione della situazione protetta che implica la concreta
idoneità lesiva della condotta (cfr. Cass., sez. lav., 7 agosto 1998, n. 7779,
secondo cui l’accertamento del giudice del merito circa l’idoneità di una
determinata condotta del datore di lavoro a ostacolare o reprimere l’attività
sindacale del lavoratore si risolve in un giudizio di fatto, censurabile in sede
di legittimità solo sotto il profilo della congruità della motivazione) si
accompagni anche (elemento soggettivo dell’intento del datore di lavoro di
raggiungere questo effetto indiretto. In particolare Cass., sez. lav., 7 marzo
2001, n. 3298 (ed in precedenza in senso conforme v. anche Cass., sez. lav., 19
luglio 1995, n. 7833), ha affermato che la legittimazione attiva
dell’associazione sindacale a stare in giudizio a norma dell’art. 28 dello
Statuto dei lavoratori si fonda sull’esistenza di una condotta antisindacale del
datore di lavoro, caratterizzata da una componente oggettiva di contenuto non
predeterminato, e da un elemento soggettivo, che assume essenziale rilievo e
postula l’intenzione del datore di lavoro di frustrare la libertà e l’attività
sindacale, pur non ponendosi il comportamento del datore stesso in diretto
contrasto con specifiche norme imperative destinate a tutelare l’esercizio della
libertà e delle attività sindacali, ma integrando, per converso, in via
immediata, la violazione di disposizioni della parte normativa di un contratto
collettivo destinate ad operare direttamente sul piano dei rapporti tra datore
di lavoro e lavoratori.

2. Se invece è lesa
direttamente una prerogativa sindacale di natura collettiva quindi e non già
individuale non occorre alcuno specifico intento lesivo. Ha infatti da ultimo
affermato Cass. 5 febbraio 2003 n. 1684 che per ritenersi integrati gli estremi
della condotta antisindacale di cui all’art.

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