Civile

L’onere probatorio del danneggiato nei giudizi di responsabilità professionale non si spinge sino alla necessità dì enucleazione ed indicazione di specifici e peculiari aspetti tecnici. Cassazione Civile, Sezione Te

Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione,
dovo aver premesso che da  almeno un  trentennio si registra una  notevole
accentuazione dei giudizi di  responsabilità professionale tanto che il sistema
della responsabilità civile diventa un’opera di ingegneria sociale,
commissionata quasi interamente agli interpreti,  il cui compito diviene,
allora, lo studio dei  criteri di traslazione del danno, enuncia il primcipio
secondo cui pur gravando sull’attore l’onere di allegare i profili concreti di
colpa medica posti a fondamento della proposta azione risarcitoria, tale onere
non  si  spinge  sino  alla necessità  di’  enucleazione  ed  indicazione  di 
specifici  e  peculiari aspetti tecnici di  responsabilità professionale, 
conosciuti e conoscibili soltanto dagli esperti del settore,  sufficiente 
essendo, per  converso,   la  contestazione  dell’aspetto  colposo dell’attività 
medica  secondo  quelle  che  si  ritengano essere,  in un dato momento storico,
le cognizioni ordinarie di un non-professionista che,  espletando, peraltro, la
professione di avvocato, conosca  (o debba conoscere)  l’attuale stato dei
possibili profili di responsabilità del sanitario (omessa informazione delle
conseguenze dell’intervento, adozione di tecniche non sperimentate in luogo di
protocolli ufficiali e collaudati, ecc. -).

 


 Cassazione Civile, Sezione Terza, Sentenza n. 9471
del 19/05/2004

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE  TERZA CIVILE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Gaetano FIDUCCIA

Presidente

Dott. Luigi Francesco DI NANNI

Consigliere

Dott. Alberto TALEVI

Consigliere

Dott. Gianfranco MANZO

Consigliere

Dott. Giacomo TRAVAGLINO

Rel. Consigliere


ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A


sul ricorso proposto da:

B. Anna, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 12, presso lo Studio dell’avvocato PAOLA
ALLEGRETTI, difesa dall’avvocato GIANCARLO VITI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro


ASSITALIA SPA, in persona dell’Amministratore Delegato Dr. Luciano Roasio,
elettivamente domiciliata in ROMA VIA DI PIETRA PAPA 4, presso lo Studio
dell’avvocato FRANCESCO TRINCANICO, che la difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

contro

LA
FONDIARIA ASSIC SPA, con sede in Firenze in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA BISSOLATI 76, presso lo
Studio dell’avvocato TOMMASO SPINELLI GIORDANO, difesa dall’avvocato SERGIO
FINETTI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

contro

N.
GIOVANNI, elettivamente domiciliato in ROMA VIA FLAMINIA 388, presso lo Studio
dell’avvocato GIUSEPPINA BEVIVINO, difeso dall’avvocato STELIO ZAGANELLI, giusta
delega in atti;

– controricorrente –

nonchè contro


AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE N. 4 GESTIONE LIQUIDATORIA della soppressa USLL
ORVIETO, in persona del Direttore Generale p.t. Dr. Marco Aurelio Lombardelli,
con sede in Terni, elettivamente domiciliata in ROMA VIA SILVIO PELLICO 16,
presso lo Studio dell’avvocato MANLIO MORCELLA, che la difende, giusta delega in
atti;

– controricorrente –


avverso la sentenza n. 243/99 della Corte di Appello di PERUGIA, emessa il
06/07/99 e depositata il 03/09/99 (R.G. 228/96);


udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 07/11/03 dal
Consigliere Dott. Giacomo TRAVAGLINO;


udito l’Avvocato Vittorio BETTI (per delega Avv. Giancarlo VITI);


udito l’Avvocato Francesco TRICANICO;


udito l’Avvocato Tommaso SPINELLI GIORDANO (per delega Avv. Sergio FINETTI);


udito l’Avvocato Ulissa BARDANI (per delega Avv. Stelio ZAGANELLI);


udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Federico
SORRENTINO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo


Ballanti A.,  con  atto di  citazione  del  26  febbraio 1992, convenne dinanzi
al Tribunale di Orvieto il doti. Giovanni N. e la USL di Orvieto esponendo:


di essersi ricoverata presso la predetta USL per essere sottoposta ad un
intervento chirurgico di  cambiamento di sesso attraverso l’asportazione del
pene la contestuale creazione di una vagina artificiale;


di essere stata sottoposta a detto intervento da parte del dott. Giovanni N.
che,  peraltro,  lo aveva eseguito non correttamente, avendo realizzato una
vagina di profondità insufficiente, onde  l’impossibilità  di poter
intrattenere normali rapporti sessuali;


che il Giovanni N. doveva  ritenersi  senz’altro responsabile della mancata
riuscita  dell’intervento,  e tenuto, per l’effetto, e in solido con la USL di
Orvieto, al risarcimento dei danni.


Costituitosi  in  giudizio, il Giovanni N. eccepi’,  in limine, la
prescrizione e la decadenza dell’azione proposta contro di lui ex art.2226 c.c.,
chiedendone, nel merito, il rigetto. Dal suo canto la USL,  nel  costituirsi,
chiese del pari il rigetto della domanda, nonchè l’autorizzazione alla chiamata
in causa delle compagnie assicuratrici La Fondiaria Assicurazioni e INA
Assitalia (che, ritualmente intervenute, eccepirono entrambe l’inoperatività
della garanzia assicurativa,  la prima perchè,  nella specie,  non era a dirsi
configurabile alcuna ipotesi di responsabilità extracontrattuale,  la seconda
contestando che il fatto dannoso fosse direttamente ricollegabile all’intervento
chirurgico).

Il
Tribunale, all’esito dell’espletata istruttoria documentale, integrata da una
richiesta e disposta perizia medico-legale, ritenne sussistente la
responsabilità di tutti i convenuti, condannandoli  (in via equitativa, 
attesa  l’estrema  difficoltà  di  commisurare il danno a parametri oggettivi) 
all’invocato  risarcimento nella misura di 200 milioni.

Il
Giovanni N., la USL di Orvieto e le compagnie assicuratrici impugnarono la
sentenza dinanzi alla Corte di appello  di  Perugia,  la  quale,  accogliendolo 
in  toto, riformo’ integralmente la decisione di I grado osservando,  per 
quanto  ancora  di  rilevo  in  seno  al  presente giudizio di legittimità:


-che il giudice di primo grado aveva eccessivamente dilatato  il  thema 
decidendum
,  da ricondursi,  per converso,  "alla  domanda  svolta
dall’attrice nell’atto  di citazione proposta in primo grado",  e cioè,  in
definitiva, all’avere questa lamentato che "pur  avendole il dottor Giovanni N.
promesso,  prima  dell’intervento,  che ella avrebbe potuto avere una vita
sessuale normale come donna, aveva poi constatato che cio’ non era possibile
poichè la vagina che le era stata praticata in luogo dell’organo genitale
maschile era di lunghezza insufficiente per consentirle un normale rapporto
sessuale";


-che non appariva lecito,  da parte del Tribunale, l’aver suggerito all’attrice,
"attraverso i quesiti rivolti  ai  consulenti,  un ampliamento  del  detto 
thema
, inserendovi disfunzioni organiche non lamentate, ovvero
considerazioni   riguardanti,  in generale, l’esito dell’intervento, anzichè
quello che specificamente lamentava la paziente, e cioè la lunghezza del canale
vaginale";


-che, esaminando, gli atti,  risultava insussistente la prova che il dott.
Giovanni N. avesse assicurato a Anna B. la  riuscita  dell’intervento  nei 
termini  da questa riferiti  (e cioè che le sarebbe stato possibile una 
normale  vita  sessuale),  mentre  l’affermazione  del Tribunale  secondo la
quale non risultava che, al paziente, fossero stati prospettati inconvenienti
funzionali derivanti dall’operazione era "solo il  frutto di un’inammissibile 
onere  della  prova  operata  dal  primo giudice";


-che nè  il  Tribunale nè  i  consulenti avevano affrontato l’unico tema che
Anna B. aveva posto a sostegno  della  propria  azione,  e  cioè  la 
circostanza dell’insufficiente  lunghezza  del  canale  vaginale,  nè avevano
sostenuto che tale fatto fosse addebitabile ad imperizia del chirurgo, 
"preferendo addentrarsi  in indagini circa la scarsa aderenza della neovagina ai
tessuti sottostanti e alla allocazione dei corpi cavernosi",  senza confutare, 
infine,  l’affermazione di Giovanni N. secondo la quale Anna B., essendo dotata
di un organo genitale maschile di ridotte dimensioni, non poteva aspirare alla
creazione di un canale vaginale di lunghezza maggiore  rispetto a quello in
concreto realizzato;


-che, pertanto, era del tutto carente la prova della pretesa imperizia del
chirurgo.


Anna B. ha impugnato dinanzi a questa Corte la sentenza della giudice perugino, 
con ricorso sostenuto da 4 motivi.  Resistono con controricorso  il Giovanni N.,
la gestione liquidatoria della soppressa USL di Orvieto e le compagnie
assicuratrici.  All’odierna udienza sono state depositate memorie dalla 
ricorrente e dal  resistente Giovanni N.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il
ricorso di Anna B. è fondato e va

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