Assegno di divorzio e domanda proposta da un coniuge contro l’altro e diretta a ottenere una pronuncia – di mero accertamento. Cassazione Civile, Sezione I, Sentenza n. 5719 del 23/03/2004
Nell’ambito
del giudizio di divorzio è inammissibile, per difetto di interesse, la domanda
proposta da un coniuge contro l’altro e diretta a ottenere una pronuncia – di
mero accertamento – dichiarativa dell’esistenza e della titolarità del diritto
a una quota dell’indennità di fine rapporto allorchè questi cesserà la
propria attività lavorativa, atteso che in caso di azione di accertamento
l’interesse ad agire sussiste unicamente qualora vi sia l’esigenza di rimuovere
una oggettiva e pregiudizievole situazione di incertezza dipendente da atti o
fatti concreti e non da mere supposizioni.
Cassazione
Civile, Sezione I, Sentenza n. 5719 del 23/03/2004
La Corte
Suprema di Cassazione
Sezione I
Composta
dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Angelo
GRIECO – Presidente
Dott. M.
Gabriella LUCCIOLI – Consigliere
Dott.
Giuseppe V. A. MAGNO – rel. Consigliere
Dott.
Gianfranco GILARDI – Consigliere
Dott. Aniello
NAPPI – Consigliere
ha
pronunciato la seguente:
Sentenza
Sul ricorso
proposto da:
C.M.L.,
elettiv. domicil. in Roma, via Lorenzo il Magnifico, n. 13, presso l’Avv.
Francesco Leonardi, che la rappresenta e difende per procura speciale a margine
del ricorso;
– ricorrente
–
contro
S.A., elettiv.
domicil. in Roma, viale Carso, n. 14, presso l’Avv. Giampiero Agnese,
rappresentato e difeso dall’Avv. Salvatore Iannotta per procura speciale a
margine del controricorso e ricorso incidentale;
–
controricorrente –
e sul ricorso
incidentale proposto da:
S.A., come
sopra domiciliato, rappresentato e difeso;
– ricorrente
incidentale –
contro
C.M.L., come
sopra domiciliata, rappresentata e difesa;
–
controricorrente al ricorso incidentale –
avverso la
sent. n. 3058/01 della Corte d’appello di Roma, depositata il 28 settembre 2001.
Udita la
relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15 dicembre 2003 dal
Relatore Cons. Dott. Giuseppe Vito Antonio Magno;
Uditi gli
Avvocati Francesco Leonardi, per la ricorrente, e Salvatore Iannotta, per il
controricorrente e ricorrente incidentale;
Udito il p.m.,
in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Martone Antonio, che ha
concluso per l’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, e del
ricorso incidentale, e per il rigetto del primo motivo del ricorso principale.
Svolgimento del processo
1 – Con
sentenza non definitiva in data 7 maggio 1999 il tribunale di Roma dichiaro’
cessati gli effetti civili del matrimonio concordatario celebrato il 30 ottobre
1967 A.S. e M.L.C., fra i quali era intervenuta separazione consensuale
omologata il 12 agosto 1993.
Con
successiva sentenza depositata il 9 marzo 2000, lo stesso tribunale, dichiarata
inammissibile ogni altra domanda, in parziale accoglimento delle richieste
economiche della C., condanno’ il S. a corrisponderle un assegno mensile di
divorzio di Lire 2.500.000 ed a versare un contributo mensile di Lire 1.500.000
per il mantenimento dei tre figli nati dal matrimonio, ormai maggiorenni, ma non
autosufficienti economicamente; compenso’ interamente fra le parti le spese di
giudizio.
2 – Tale
sentenza fu impugnata, con ricorso alla corte d’appello di Roma, da M.L.C. che
si dolse, specificamente, del mancato esame delle sue richieste relative
all’assegnazione della casa coniugale ed all’accertamento del proprio diritto su
quota-parte dell’indennità di fine rapporto di lavoro dovuta all’ex marito;
oltre che del mancato accoglimento della domanda concernente il riconoscimento
della contitolarità di beni acquistati in costanza di matrimonio e
dell’accoglimento solo parziale delle richieste di assegno per se stessa e per i
figli, il cui ammontare era stato da lei rispettivamente indicato in Lire
6.000.000 e Lire 2.400.000 mensili.
Il S.,
costituendosi in giudizio, chiese il rigetto del gravame e propose appello
incidentale, per domandare la riduzione dell’assegno di divorzio a Lire
1.500.000 mensili, tenuto conto del suo reddito effettivo, e l’esonero dal
versamento di qualsiasi contributo alla moglie per il mantenimento dei figli.
3 – Avverso
la sentenza della corte d’appello di Roma, depositata il 28 settembre 2001, con
cui fu assegnata alla C. la casa coniugale e fu, per il resto, confermata la
sentenza di primo grado, con compensazione integrale fra le parti delle spese
del grado, M.L.C. propone ricorso per cassazione, notificato il 7 maggio 2002 e
depositato il 14 maggio 2002, affidato a due motivi illustrati anche con
memoria.
A.S. resiste
mediante controricorso e propone contestualmente ricorso incidentale, notificato
in data 11 giugno 2002 e depositato il 14 giugno 2002, con un solo motivo.
La ricorrente
principale ha notificato il 21 giugno 2002 controricorso al ricorso incidentale.
Motivi
della decisione
4 – Devesi
preliminarmente provvedere, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., alla riunione dei due
ricorsi, principale ed incidentale.
5 – Col primo
motivo del ricorso principale, la signora M.L.C. censura la sentenza impugnata,
ai sensi dell’art. 360 c.p.c., 1° comma, nn. 3 e 5, , per violazione
dell’articolo 12-bis, legge 1 dicembre 1970, n. 898 (introdotto dall’articolo
16, legge 6 marzo 1987, n. 74), e per omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione sul punto relativo al riconoscimento del proprio diritto ad ottenere
una quota-parte dell’indennità di fine rapporto di lavoro spettante all’ex
coniuge.
5.1. –
Sostiene la ricorrente che il giudice d’appello, interpretando erroneamente la
sua domanda – come se fosse diretta ad ottenere la pronta liquidazione della
quota spettantele sulla futura indennità di fine rapporto di lavoro dovuta
all’ex marito, laddove invece tendeva al mero riconoscimento, in via preventiva
e cautelare, di tale diritto – l’aveva ingiustamente dichiarata inammissibile,
con motivazione inadeguata.
Insiste,
quindi, nell’affermare che il diritto ad una percentuale, precisata dal citato
articolo 12-bis legge 1 dicembre 1970, n. 898, sull’indennità suddetta
sorgerebbe all’atto della proposizione della domanda di divorzio,
indipendentemente dall’effettiva erogazione (e percezione, da parte del coniuge
lavoratore) di tale indennità, se questa matura dopo la sentenza; cio’
comporterebbe la legittimazione ad agire, per la condanna in via preventiva e
cautelare al pagamento della quota – similmente a quanto dispone, in tema di
garanzia dell’esecuzione degli obblighi derivanti dalla pronunzia di divorzio,
l’articolo 8, legge n. 898 del 1970 -, al fine di evitare che l’avente diritto
all’indennità possa disporne a danno del coniuge, ad esempio, mediante la
cessione del credito.
5.2. – La
corte d’appello è pervenuta alla pronunzia d’inammissibilità della domanda in
esame,, osservando che il S., dipendente tuttora in servizio, non aveva ancora
maturato il diritto al trattamento di fine rapporto di lavoro; che, quindi,
mancava il presupposto logico-giuridico delle domande di accertamento del
preteso diritto alla quota d’indennità e di attribuzione diretta di essa alla
richiedente da parte dell’ente erogante.
5.3. – Il
motivo di ricorso è infondato.
5.4. – La
motivazione della sentenza impugnata, contenente una sintetica esposizione
(punto 5.2) delle ragioni di rigetto della domanda – esattamente interpretata
dalla corte territoriale come "domanda di accertamento del diritto" (alla quota
del trattamento di fine rapporto) e richiesta d’ingiunzione all’ente erogatore
per il versamento diretto ad essa reclamante -, è esente dai vizi denunziati ed
è, comunque, integrabile ai sensi dell’art. 384 c.p.c., 2° comma, , essendo il
dispositivo conforme a diritto.
Le
considerazioni esposte al punto seguente mostrano, infatti, che la lamentata
violazione dell’articolo 12-bis, legge n. 898 del 1970 (introdotto dall’articolo
16, legge n. 74 del 1987) non sussiste.
5.5. – Tale
norma dispone che il coniuge titolare di assegno di divorzio ha diritto ad una
percentuale, nella misura indicata dal secondo comma, dell’indennità
"percepita" dall’altro coniuge "all’atto della cessazione del rapporto di
lavoro"; salvo che non sia passato a nuove nozze.
Pertanto, in
base all’interpretazione letterale della disposizione di legge in esame, il
diritto ad ottenere la quota d’indennità diviene attuale, ed è quindi.
agibile, nel momento in cui, cessato il rapporto di lavoro dell’ex coniuge,
questi percepisce il relativo trattamento; esso è, inoltre, sogg