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Giurisprudenza, l’1+4 scopre le carte. La commissione insediata dal ministero dell’Istruzione ha terminato i lavori preparatori sul progetto di riordino


Il sottosegretario all’Istruzione, Maria Grazia Siliquini, ha chiuso
ufficialmente i lavori della commissione ministeriale sulla riforma della laurea
in legge. Oggi il testo che, ha già ricevuto l’avallo dei rappresentanti dei
professionisti e del mondo accademico presenti in commissione, sarà inviato al
Cun (Consiglio universitario nazionale), ai Consigli nazionali dei notai e degli
avvocati e al ministero della Giustizia per il parere definitivo. Entro la fine
di luglio il ministro, Letizia Moratti, firmerà il decreto che sancirà la
nascita della nuova classe di laurea magistrale in giurisprudenza. Con un
percorso di studi che ” per i futuri avvocati, notai e magistrati ” si
articolerà su un anno base di «orientamento» e su un ciclo quadriennale (il
cosiddetto "troncone unico"). L’«1+4» prefigurato dalla commissione segna il
superamento del modello «3+2» nato dal Dm 509/99. Il modello su due livelli,
infatti, è stato da molti giudicato colpevole di non consentire ai laureati
triennali di entrare in possesso di un titolo di studio facilmente spendibile
sul mercato del lavoro e di rallentare la corsa degli studenti verso la laurea
specialistica (anche se un monitoraggio completo su questi aspetti non è stato
ancora portato a termine). L’«1+4» invece elimina ogni soluzione di continuità
nella carriera universitaria. Mentre l’esigenza europea di un titolo triennale
sarà soddisfatta con la creazione di un iter ad hoc, secondo la formula «1+2»,
sul quale il Miur darà quanto prima indicazioni alle università. «L’idea su
cui ci stiamo orientando ” conferma Antonello Masia, direttore generale del Miur
per l’università ” è quella di dar vita a due classi di laurea triennale in
scienze giuridiche. Una, con un approccio generalista e con contenuti didattici
più flessibili, da utilizzare nell’attività di consulenza nel settore privato
oppure per accedere alle cariche direttive della Pubblica amministrazione.
Un’altra, invece, con profili più specialistici per la formazione di alcune
figure professionali: dai consulenti del lavoro ai manager delle organizzazioni
no profit, dagli operatori della Pa a quelli giudiziari». Con il decreto che il
Miur si appresta a varare saranno previste, inoltre, a favore degli studenti che
si pentono in corso d’opera delle scelte compiute dopo il primo anno, apposite
"passerelle", con meccanismi di riconoscimento dei crediti acquisiti. Sarà, in
altre parole, consentito di trasferirsi dall’«1+2» all’«1+4» e viceversa. Anche
chi è alle prese con il "vecchio" ordinamento (il «3+2») potrà optare per la
nuova laurea. Per chi punta alla laurea magistrale si annuncia una "sfida"
impegnativa. I curricula dei corsi dovranno risultare adatti a rendere completa
e professionalizzante la formazione, sia quella di base che quella
caratterizzante, articolandosi sui diversi ambiti scientifico-disciplinari
delineati dalla tabella nazionale (riprodotta qui sopra). La commissione
Siliquini ha descritto per la classe della laurea magistrale precisi obiettivi
formativi qualificanti. I laureati dovranno acquisire elementi di
approfondimento della cultura giuridica di base, valorizzandone la prospettiva
europea, e conoscenze storiche che consentano di valutare gli istituti del
diritto positivo nella loro evoluzione. In più, dovranno essere in grado di
produrre testi giuridici (normativi, negoziali e processuali) chiari e
argomentati. A questo dovrà accompagnarsi la capacità di interpretazione, di
analisi casistica e di qualificazione giuridica. Per laurearsi si dovrà
guadagnare un portafoglio minimo di 300 Cfu (crediti formativi universitari).
Nel primo anno, superando esami nell’ambito storico-giuridico, filosofico,
privatistico, costituzionalistico ed economico, si dovranno mettere a bilancio
almeno 54 Cfu. Nei successivi quattro anni i crediti minimi da conseguire
saranno invece 178. A questi dovranno sommarsi i 68 crediti collegati alle
materie affini o integrative, che spetterà alle università individuare
nell’ambito della propria autonomia statutaria. In relazione a quest’ultima il
Dm 509/99 (articolo 10, comma 5) sarà, infatti, modificato, attribuendo ai
singoli atenei una minore discrezionalità nel predisporre il carnet di materie
tra cui si potrà scegliere per contrassegnare indirizzi e piani di studio
coerenti con i diversi settori professionali cui la laurea dà accesso.
Nell’autonomia universitaria rientreranno anche la prova finale e la lingua
straniera. Rispetto al «3+2», lo spazio riservato all’autonomia universitaria si
è dunque ridotto. La perdita (soltanto il 23% del totale dei Cfu potrà essere
scelto dalle facoltà rispetto all’attuale 34) è stata concordata, in sede
ministeriale, per trovare un punto di equilibrio nazionale tra le tradizioni
accademiche e la necessità di professionalizzare il percorso formativo.


M.Bellinazzo –
www.ilsole24ore.com


 

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