Corte Costituzionale

Chiusura delle indagini e obbligo di fissazione dell’udienza preliminare – CORTE COSTITUZIONALE, Ordinanza n. 452 del 15/12/2005

E’ manifestamente inammissibile la questione di
legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 415-bis e 416, c.
1, c.p.p. – sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111
secondo comma, Cost. – nella parte in cui tali norme “non esplicitano”,
rispettivamente, nè l’obbligo, a carico del pubblico ministero, di non
esercitare l’azione penale mediante deposito della richiesta di rinvio a
giudizio prima del compiuto decorso del termine di venti giorni di effettivo ed
integrale deposito degli atti di indagine espletati, nè la sanzione di nullità
per la inadempienza. Secondo la Corte il giudice remittente ha omesso di
verificare la possibilità di una lettura costituzionalmente orientata
analizzando se – anche alla luce dei principi affermati dal giudice di
legittimità in ordine agli effetti della violazione del termine minimo di
comparizione dell’imputato, da ritenersi, al pari di quello in esame,
preordinato all’esercizio del diritto di difesa – il mancato rispetto del
termine di legge per il deposito degli atti da parte del pubblico ministero,
prima dell’inoltro della richiesta di rinvio a giudizio, possa o meno integrare
una nullità di ordine generale a regime intermedio, riguardante “l’intervento,
l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato”, ai sensi dell’art. 178, lettera
c), c.p.p.
Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 418 c.p.p., sollevate, in riferimento agli artt. 3, 101, secondo
comma, e 111, secondo comma, Cost., nella parte in cui tale norma non prevede il
preliminare vaglio di validità e di ammissibilità della richiesta di rinvio a
giudizio. La Corte ha evidenziato come al fondo della scelta legislativa della
necessaria fissazione dell’udienza preliminare in esito all’inoltro della
richiesta di rinvio a giudizio ” ancorchè ritenuta nulla o inammissibile ” sta
l’evidente intento di valorizzare la garanzia del contraddittorio attraverso la
doverosa celebrazione dell’udienza: con un meccanismo processuale che risulta
espressione di una discrezionalità legislativa, esercitata in piena rispondenza
ai canoni di coerenza e ragionevolezza. Ha aggiunto, richiamando la
giurisprudenza di legittimità, che l’epilogo dell’udienza preliminare, lungi
dal potersi qualificare come superfluo o diseconomico, impedisce ogni
compressione del contraddittorio, inteso, anche quale “diritto delle parti
all’ascolto” e, dunque, come possibilità di consentire la discussione in sede
di udienza, pure in ordine al profilo di evidente nullità.

 


CORTE
COSTITUZIONALE, Ordinanza n. 452 del 15/12/2005


(Presidente A. Marini – Relatore G.M. Flick)


 

RITENUTO

che ” con ordinanza del 30 dicembre 2002, pervenuta a questa Corte il 6 dicembre
2004 ” il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro ha
sollevato questione di legittimità costituzionale: a) in relazione agli artt.
3, 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, del combinato
disposto degli artt. 415-bis e 416, comma 1, del codice di procedura penale,
“nella parte in cui non esplicitano, rispettivamente, l’obbligo, a carico del
pubblico ministero, di non esercitare l’azione penale mediante deposito della
richiesta di rinvio a giudizio prima del compiuto decorso del termine di venti
giorni di effettivo ed integrale deposito degli atti di indagine espletati (ivi
compresi quelli acquisiti da altro procedimento) e la sanzione di nullità (a
regime intermedio) per la inadempienza”; b) in relazione agli artt. 3, 111,
secondo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione, dell’art. 418 cod.
proc. pen., “nella parte in cui non prevede, e quindi preclude, il preliminare
vaglio di validità, diretta o derivata, della richiesta di rinvio a giudizio”;
c) infine, in relazione ai medesimi parametri da ultimo evocati, del medesimo
art. 418 cod. proc. pen., “nella parte in cui, posta la validità formale della
richiesta, non consente, e dunque preclude, il vaglio di preliminare
ammissibilità della richiesta di rinvio a giudizio”;

che il giudice rimettente premette che ” in esito a richiesta di rinvio a
giudizio avanzata nei confronti di numerosi imputati per reati di criminalità
organizzata e fissata l’udienza preliminare ” era stata dichiarata, nel corso di
tale udienza, la nullità dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari
e, quindi, della medesima richiesta di rinvio a giudizio, a causa dell’omesso
deposito integrale di atti pertinenti ad intercettazioni telefoniche, espletate
in altro procedimento connesso ed acquisite;

che, restituiti di conseguenza gli atti all’organo inquirente, questi aveva, per
un verso, proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in questione e,
per altro verso, acquisito immediatamente i fascicoli documentanti le suddette
attività di intercettazione; nella medesima data (il 12 dicembre 2002), il
pubblico ministero aveva provveduto ad avvisare sia i difensori del deposito dei
citati documenti, sia essi e gli indagati, ai sensi dell’art. 415-bis cod. proc.
pen., della nuova conclusione delle indagini preliminari e della conseguente
facoltà ” entro il termine di venti giorni dalla notifica ” di presentare
memorie, produrre documenti, depositare documentazione di indagine difensiva,
chiedere il compimento di atti di indagine o chiedere l’interrogatorio;

che, tuttavia, nella stessa data ” prosegue il giudice a quo ” il pubblico
ministero, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. pen., aveva invitato le persone
sottoposte ad indagine a presentarsi per rendere interrogatorio, fissando, per
l’assunzione dell’atto, la data del successivo 18 dicembre 2002;

che, infine, in data 20 dicembre 2002 ” prima della scadenza del termine di
venti giorni per il deposito degli atti ex art. 415-bis, comma 3, cod. proc.
pen. ” l’organo inquirente aveva inoltrato ulteriore richiesta di rinvio a
giudizio;

che, enunciate tali premesse in fatto, il rimettente avanza un primo dubbio di
legittimità costituzionale relativo al combinato disposto degli artt. 415-bis e
416 cod. proc. pen., lamentando che l’art. 416 cod. proc. pen. mentre condiziona
la validità della richiesta di rinvio a giudizio all’avvenuto inoltro
dell’avviso di conclusione delle indagini ed all’espletamento
dell’interrogatorio dell’indagato, se da costui richiesto, comminando la
sanzione della nullità “speciale ed a regime intermedio” ” non subordina,
invece, in alcun modo la validità della richiesta stessa al suo inoltro “dopo
la scadenza del termine di deposito degli atti”;

che ” poichè “il diritto vivente è nel senso che la prescrizione sanzionatoria
di cui all’art. 416 abbia natura speciale e tassativa, non estensibile alle
situazioni non descritte e non previste” ” non sarebbe sanzionata da nullità
processuale la condotta del pubblico ministero il quale, notificato l’avviso di
conclusione delle indagini ai sensi dell’art. 415-bis cod. proc. pen., inoltri
al giudice la richiesta di rinvio a giudizio prima della scadenza del termine
fissato nell’avviso suddetto;

che, in particolare, tale omessa previsione contrasterebbe ” ad avviso del
giudice a quo ” con il principio di ragionevolezza espresso nell’art. 3 della
Costituzione, anche “in considerazione della natura dilatoria del termine” e del
regime processuale che la legge garantisce “in situazioni analoghe”, quali
quelle contemplate dall’art. 108 cod. proc. pen., in tema di termine per la
difesa, e dall’art. 429, comma 3, cod. proc. pen. in tema di termine per
comparire;

che sarebbe altresi’ leso il principio di effettività della difesa, inteso
quale diritto ad esercitare le prerogative difensive “nel pieno rispetto del
periodo prescritto dalla legge”, con violazione dell’art. 24, secondo comma,
Cost.;

che, a parere del rimettente, la questione, oltre che non manifestamente
infondata, risulta rilevante, in relazione alla patologia da cui è affetta la
richiesta avanzata dall’organo dell’accusa;

che, inoltre, il giudice a quo dubita della compatibilità costituzionale
dell’art. 418 cod. proc. pen., “nella parte in cui non prevede, e quindi
preclude, il preliminare vaglio di validità, diretta o derivata, della
richiesta di rinvio a giudizio”;

che, in particolare, il rimettente muove dall’asserto interpretativo secondo
cui, in presenza di una richiesta di rinvio a giudizio, è obbligatoria per il
giudice la fissazione dell’udienza preliminare; e rileva come la norma censurata
” non consentendo al giudice alcun preliminare controllo giurisdizionale della
validità della richiesta di rinvio a giudizio ed, anzi, obbligandolo alla
fissazione dell’udienza anche in presenza di vizi evidenti della richiesta
medesima ” si ponga in contrasto con una serie di parametri costituzionali;

che sarebbe infatti violato il principio di ragionevole durata del processo di
cui all’art. 111, secondo comma, Cost., risultando in contrasto con ogni
criterio di economia processuale la fissazione di un’udienza “inutile, quanto
dispendiosa”, destinata solo a rilevare una nullità;

che, inoltre, contrasterebbe con il principio di ragionevolezza, in violazione
dell’art. 3 Cost., l’obbligo di fissazione dell’udienza “in presenza di un atto
nullo”, trattandosi, peraltro, di una patologia rilevabile d’ufficio, la cui
immediata declaratoria, da parte del giudice, pare irragionevole impedire;

che, ancora, la norma censurata violerebbe il principio di subordinazione del
giudice solo alla legge, di cui all’art. 101, secondo comma, Cost., in quanto il
giudice “sarebbe inevitabilmente condizionato da abnormi iniziative di parte”;

che la questione sarebbe rilevante in ragione della doverosa fissazione dell’
udienza preliminare, in esito al deposito della richiesta di rinvio a giudizio
da parte del pubblico ministero;

che, infine, il giudice rimettente denuncia l’illegittimità costituzionale del
medesimo art. 418 cod. proc. pen. nella parte in cui tale norma, posta la
validità formale della richiesta, “non consente, e dunque preclude, il vaglio
di preliminare ammissibilità della richiesta di rinvio a giudizio”;

che ” muovendo dal presupposto che la richiesta di rinvio a giudizio “è una
domanda ed introduce la fase processuale” e, dunque, “ne va verificata
l’ammissibilità” ” il rimettente lamenta, alla luce del “diritto vivente”, la
carenza del potere di delibazione preliminare di ammissibilità della richiesta,
specie quando quest’ultima sia stata avanzata, come nella specie, nonostante
l’evidente consunzione del potere di azione da parte dell’organo dell’accusa;

che la norma violerebbe, innanzitutto, il canone di ragionevolezza di cui
all’art. 3 Cost.; essa risulterebbe altresi’ in contrasto con il principio di
durata ragionevole del processo di cui all’art. 111, secondo comma, Cost., per
l’ inutile protrazione del processo; infine, sarebbe eluso il principio della
soggezione del giudice solo alla legge, espresso dall’art. 101, secondo comma,
Cost., per l’inevitabile condizionamento esercitato sul giudice, a parere del
rimettente, “da abnormi iniziative di parte”.

CONSIDERATO

che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro solleva
tre questioni di legittimità costituzionale: nella prima deduce, in riferimento
agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, la
illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 415-bis e 416,
comma 1, del codice di procedura penale, nella parte in cui tali norme “non
esplicitano”, rispettivamente, nè l’obbligo, a carico del pubblico ministero,
di non esercitare l’azione penale mediante deposito della richiesta di rinvio a
giudizio prima del compiuto decorso del termine di venti giorni di effettivo ed
integrale deposito degli atti di indagine espletati, nè la sanzione di nullità
per la inadempienza;

che, ad avviso del rimettente, la denunziata omissione normativa risulterebbe
assolutamente irragionevole in considerazione della “natura dilatoria del
termine”; e, comunque, lesiva, per l’indagato, del diritto di difesa, inteso
come diritto ad esercitare le relative prerogative nell’intero periodo
prescritto per il deposito degli atti di indagine e fissato in venti giorni
dalla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, a norma
dell’art. 415-bis, comma 3, cod. proc. pen.;

che, in proposito, il rimettente muove dall’asserita esistenza di un “diritto
vivente”, in forza del quale non risulterebbe configurabile alcuna nullità per
l’ipotesi di richiesta di rinvio a giudizio inoltrata dall’organo dell’accusa
prima del compimento effettivo del citato termine di deposito degli atti;

che, per contro, è agevole rilevare come tale presupposto ” del quale il
rimettente postula assoluta e costante uniformità interpretativa ” appaia
smentito tanto dall’esistenza di diverse, contrarie soluzioni della
giurisprudenza di merito, quanto dai principà® generali affermati dalla
giurisprudenza di legittimità, in ordine agli effetti della violazione del
termine minimo di comparizione dell’imputato: termine da ritenersi ” al pari di
quello stabilito nel comma 3 dell’art. 415-bis, cod. proc. pen. ” preordinato
all’esercizio del diritto di difesa;

che, dunque, il giudice a quo ” pure avanzando a questa Corte richiesta di un
intervento additivo ” non cura preventivamente di analizzare un profilo decisivo
della quaestio iuris posta al suo esame: se, cioè, il mancato rispetto del
termine di legge per il deposito degli atti da parte del pubblico ministero,
prima dell’inoltro della richiesta di rinvio a giudizio, possa o meno integrare
una nullità di ordine generale a regime intermedio, riguardante “l’intervento,
l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato”, ai sensi dell’art. 178, lettera
c), cod. proc. pen.;

che, infatti, solo dopo la ritenuta esclusione di tale evenienza interpretativa,
la proposizione dell’odierno dubbio di costituzionalità assumerebbe concreta
rilevanza; per contro, il rimettente, tralasciando una indispensabile
ricognizione tesa a verificare la possibilità di un diverso approdo ermeneutico
della norma denunciata, ha omesso la ricerca di una sua lettura
costituzionalmente orientata: cosi’ mostrando di rinunciare al doveroso
esercizio di “tutti i poteri interpretativi che la legge gli riconosce” (cfr.
ordinanza n. 361 del 2005) per la verifica di ogni possibile diversa soluzione,
conforme a Costituzione, prima di sollevare la relativa questione;

che, pertanto, tale questione si palesa manifestamente inammissibile;

che, il giudice a quo solleva altre

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