Corte Costituzionale

Nessun conflitto di attribuzione in ordine alla raccolta di firme per la presentazione delle liste elettorali – CORTE COSTITUZIONALE, Ordinanza n. 79 del 24/02/2006


ELEZIONI ” CONFLITTO TRA POTERI SOLLEVATO DA
PARTITO POLITICO ” INAMMISSIBILITA’

E’ inammissibile il conflitto di attribuzione,
sollevato dall’associazione “La Rosa nel Pugno ” nei confronti del Parlamento,
avente ad oggetto le disposizioni (art. 1, comma 6, e art. 4, comma 3, della
legge 21 dicembre 2005, n. 270) che hanno novellato le leggi per l’elezione
della Camera e del Senato, in ordine alla raccolta delle firme necessarie alla
presentazione delle liste dei candidati.
La Corte ha escluso che i partiti politici possano essere considerati poteri
dello Stato sulla base delle seguenti argomentazioni: mentre l’art. 75 Cost.
riconosce uno specifico potere ad una frazione del corpo elettorale, della quale
i comitati promotori di referendum sono competenti a dichiarare la volontà,
l’art. 49 Cost. garantisce i partiti ” nella prospettiva del diritto dei
cittadini di associarsi ” quali strumenti di rappresentanza di interessi
politicamente organizzati e, quindi, come organizzazioni proprie della società
civile; le funzioni attribuite ai partiti dalla legge ordinaria al fine di
eleggere le assemblee trovano solo fondamento nell’art. 49 Cost., ma non
consentono di desumere l’esistenza di attribuzioni costituzionali; conferma
dell’interpretazione si rinviene nelle scelte fatte dall’Assemblea costituente;
il riconoscimento ai partiti politici di poteri costituzionali ” posto che la
Carta fondamentale non attribuisce espressamente tali poteri ma solo funzioni
aventi rilevanza costituzionale ” finirebbe con l’introdurre un nuovo tipo di
giudizio costituzionale, avente ad oggetto la procedura di elezione delle
Assemblee, e persino il procedimento di approvazione delle leggi.

 


CORTE
COSTITUZIONALE, Ordinanza n. 79 del  24/02/2006

(Presidente A.
Marini – Relatore S. Cassese)


 

RITENUTO

che l’associazione politica denominata “La Rosa nel Pugno ” Laici Socialisti
Liberali Radicali”, in persona dei soci fondatori e legali rappresentanti
Giuseppe Albertini, Maurizio Turco, Cecilia Maria Angioletti e Rapisardo
Antinucci, ha sollevato ” in riferimento agli artt. 3 e 49 della Costituzione ”
conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica in relazione all’art. 18-bis del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361
(Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione della
Camera dei deputati) e all’art. 9 del d.lgs. 20 dicembre 1993, n. 533 (Testo
unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica),
come sostituiti, rispettivamente, dall’art. 1, comma 6, e dall’art. 4, comma 3,
della legge 21 dicembre 2005, n. 270 (Modifiche alle norme per l’elezione della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica);

che la ricorrente, premesso che l’associazione è nata ” dall’incontro tra due
soggetti politici (radicali e socialisti) che hanno avuto un ruolo di primo
piano nella storia politica del Paese ” allo scopo di presentarsi, con proprio
simbolo, ad ogni tipo di elezioni a partire dalle prossime politiche, deduce che
tale obiettivo trova un ostacolo nelle regole dettate, dalla riforma elettorale
del 2005, per la raccolta delle firme necessarie alla presentazione delle liste
dei candidati;

che, ad avviso della ricorrente, sussiste il rischio della esclusione dalla
competizione elettorale in numerose circoscrizioni, stante lo strettissimo lasso
di tempo a disposizione per la raccolta delle firme e la necessità di definire
le candidature in anticipo rispetto alle altre formazioni politiche, con
conseguente lesione del diritto di parteciparvi in condizioni di parità con gli
altri partiti, ai sensi dell’art. 49 Cost.;

che, infatti, nel previgente sistema, l’onere della raccolta delle firme
sussisteva per tutti i partiti o gruppi politici, mentre, per effetto della
riforma, sono esonerati solo: 1) i partiti o i gruppi politici costituiti in
gruppi parlamentari in entrambe le Camere “all’inizio della legislatura in corso
al momento della convocazione dei comizi”; 2) i partiti o i gruppi che si
presentano in coalizione con almeno due partiti che hanno costituito gruppi
parlamentari in entrambe le Camere all’inizio della legislatura e abbiano
ottenuto almeno un seggio alle ultime elezioni per il Parlamento europeo,
purchè si presentino con l’identico contrassegno delle elezioni europee; 3) i
partiti o i gruppi politici rappresentanti minoranze linguistiche che abbiano
conseguito almeno un seggio alle ultime elezioni politiche alla Camera o al
Senato;

che, conseguentemente, “La Rosa nel Pugno – Laici Socialisti Liberali Radicali”
ha l’onere della raccolta delle firme, nonostante i diciassette parlamentari
italiani, i tre parlamentari europei e i numerosi eletti negli enti
territoriali, in contrasto con la ratio dell’obbligo stesso, che è quella di
evitare che possano prendere parte alla competizione elettorale soggetti privi
di radicamento politico e sociale;

che, in ordine alla propria legittimazione a sollevare conflitto, la ricorrente
sostiene che i partiti politici sono titolari di attribuzioni costituzionali nei
procedimenti per l’elezione delle assemblee, con conseguente qualificazione di
poteri dello Stato allorchè lamentino la lesione di quelle attribuzioni;

che, nel richiamare la giurisprudenza della Corte, la quale “ha ritenuto
legittimati i promotori di referendum abrogativi” ” secondo cui per configurare
un potere dello Stato è sufficiente la titolarità di attribuzioni
costituzionali il cui esercizio sia essenziale per il funzionamento degli organi
costituzionali, restando secondario se il soggetto sia o meno organo dello Stato
in senso proprio ” deduce che, a maggior ragione, sono legittimati i partiti,
non dotati di vita effimera;

che, ad avviso della ricorrente, fra le diverse funzioni che svolgono i partiti,
quella relativa alle competizioni elettorali rappresenta un’attribuzione
costituzionale che l’art. 49 Cost. assegna loro in via esclusiva, non essendo
configurabile a Costituzione vigente altra forma di rappresentanza politica;

che, sebbene il partito politico sia una associazione di diritto comune, esso
svolge il ruolo di strumento attraverso cui i cittadini concorrono a determinare
la politica nazionale, assurgendo ad elemento essenziale del rapporto di
rappresentanza politica che caratterizza la forma di Stato disegnata dalla
Costituzione; concorso che, sempre ad avviso della ricorrente, avviene
fondamentalmente con la partecipazione alle competizioni elettorali, nel cui
ambito sono essenziali la “presentazione di alternative elettorali” e la
“selezione dei candidati alle cariche elettive pubbliche”; inoltre, solo la
natura costituzionale delle attribuzioni assegnate ai partiti nel procedimento
elettorale giustifica la legislazione relativa al finanziamento delle campagne
elettorali, con i relativi limiti di spesa e le procedure di controllo;

che, quanto alla natura legislativa dell’atto cui è riferita la lesione delle
attribuzioni costituzionali, la ricorrente ” consapevole dell’orientamento
restrittivo della giurisprudenza della Corte ” reputa soddisfatta la condizione
residuale che rende ammissibile il conflitto;

che, in particolare, ad avviso della ricorrente, nella specie non sussiste
neanche in astratto la possibilità di un giudizio incidentale, atteso che, ai
sensi degli artt. 23 e 87 del d.P.R. n. 361 del 1957 e dell’art. 66 Cost. e
secondo giurisprudenza consolidata, la verifica degli atti preparatori del
processo elettorale ” comprensiva del controllo in ordine alla esclusione di
nuove liste ” è priva di tutela giurisdizionale, essendo demandata all’Ufficio
centrale nazionale, che ha natura amministrativa, e alle Camere;

che, nel merito, “La Rosa nel Pugno – Laici Socialisti Liberali Radicali”
sostiene che la nuova legge elettorale lede il suo diritto, garantito dall’art.
49 Cost., di partecipare in condizioni di parità con gli altri partiti alla
competizione elettorale e deduce l’irragionevolezza della nuova disciplina
rispetto a tre profili: la ratio legis, il ruolo “identitario” del simbolo, il
favor legislativo verso la creazione di formazioni politiche più ampie;

che, secondo la ricorrente, la lesione sarebbe determinata dalla irragionevole
esclusione, dalle eccezioni che consentono l’esonero della raccolta delle firme,
dei nuovi partiti nati dalla federazione di forze politiche presenti nel
Parlamento italiano e in quello europeo, politicamente e socialmente radicati;

che, quanto al primo profilo di irragionevolezza ” sottolineato che la raccolta
delle firme trova il proprio fondamento nell’apprezzabile esigenza di evitare
che possano prendere parte alla competizione elettorale soggetti totalmente
privi di radicamento politico e sociale “, sostiene che l’esonero, per non
trasformarsi in un’inammissibile privilegio dei partiti presenti in Parlamento
contro i nuovi competitori, dovrebbe includere tutte quelle forze politiche che
non debbono dare prova del proprio seguito elettorale; e l’irragionevolezza
sarebbe ancora più evidente in considerazione dei requisiti meno rigidi
previsti per l’elezione al Parlamento europeo (art. 12 della legge 24 gennaio
1979, n. 18, recante “Elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti
all’Italia”);

che, con riferimento al secondo profilo, deduce che il requisito della
necessaria identità del contrassegno lederebbe il diritto all’identità
politica dei partiti, penalizzando quelle forze politiche che, federandosi,
danno vita a nuovi competitori, con conseguente inammissibile privilegio per i
partiti maggiori;

che il terzo profilo di irragionevolezza si sostanzierebbe nel contrasto con il
favore della nuova legislazione elettorale per l’accorpamento dei partiti più
piccoli in entità di maggiore dimensione;

che, in conclusione, la ricorrente chiede che ” dichiarata l’ammissibilità del
conflitto ” questa Corte accordi i necessari provvedimenti d’urgenza per
consentire alla associazione “La Rosa nel Pugno ” Laici Socialisti Liberali
Radicali” di partecipare con proprie liste alla competizione elettorale per le
elezioni politiche del prossimo 9 aprile senza sottostare alla raccolta delle
firme; e che, nel merito, dichiari che spetta alla ricorrente presentare proprie
liste alle elezioni politiche alla Camera dei deputati e al Senato della
Repubblica fruendo dell’esonero dalla raccolta delle firme, annullando, di
conseguenza l’art. 18-bis del d.P.R. n. 361 del 1957 e l’art. 9 del d.lgs. n.
533 del 1993, come sostituiti, rispettivamente, dall’art. 1, comma 6, e
dall’art. 4, comma 3, della legge n. 270 del 2005;

che, in prossimità della data di fissazione della camera di consiglio, la
ricorrente ha depositato memoria, insistendo, sulla base di ulteriori
argomentazioni, per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate;

che, nel ribadire la propria legittimazione soggettiva, la ricorrente premette
che è irrilevante la mancanza del nome “partito” nel proprio statuto, atteso
che tale termine non ha alcuna definizione formale nella legislazione ordinaria;

che, in particolare, il principio, affermato dalla Corte con riferimento ai
comitati promotori di referendum ” secondo cui laddove una figura soggettiva
esterna allo Stato-apparato sia titolare, in forza di norme costituzionali, di
diritti o poteri da esercitare all’interno di un procedimento costituzionalmente
rilevante, essa puo’ senz’altro agire per difendere l’esercizio delle proprie
attribuzioni nei confronti degli altri poteri dello Stato che prendono parte al
medesimo procedimento ” sarebbe, ad avviso della ricorrente, riferibile anche al
caso di specie, atteso che, nel contesto del procedimento elettorale, di
indubbia rilevanza costituzionale, i singoli partiti sono titolari di una
posizione costituzionale insostituibile nella fase della presentazione delle
candidature, riconosciuta letteralmente dall’art. 49 Cost., nel quale il termine
“concorrere”, con il duplice significato di “contribuire” e “gareggiare”, si
riferisce anche al diritto dei partiti di partecipare alle competizioni
elettorali in condizioni di parità;

che la ricorrente si sofferma ancora sulla sussistenza delle condizioni per
l’ammissibilità del conflitto avverso un atto legislativo, non potendo essere
sollevata questione di legittimità costituzionale in via incidentale;
circostanza che confermerebbe la rilevanza costituzionale del procedimento per
l’elezione della Camera e del Senato;

che, infine, la ricorrente ribadisce la necessità di un intervento cautelare
per evitare, nelle more del giudizio, la definitiva e irreversibile lesione
dell’attribuzione fatta valere con il ricorso, sostenendo che il potere
cautelare della Corte ” pur non essendo espressamente previsto per i conflitti
tra poteri ” deve ritenersi implicito nella sua funzione di garanzia
costituzionale, oltre che nel diritto di azione del ricorrente, come sarebbe
confermato dall’art. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), relativo al
conflitto tra enti, e dal nuovo art. 35 della stessa legge, che ha esteso la
cautela al ricorso in via principale avverso le leggi.

CONSIDERATO

he, ai sensi dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge n. 87 del 1953,
questa Corte è chiamata in via preliminare a decidere, con ordinanza in camera
di consiglio senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile sotto il
profilo dell’esistenza della materia di un conflitto, la cui risoluzione spetti
alla sua competenza, valutando se sussistano i requisiti soggettivi ed oggettivi
di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato;

che, secondo la ricorrente, i partiti politici sono titolari di attribuzioni
costituzionali in base all’art. 49 della Costituzione, e che, pertanto, sarebbe
ad essi applicabile il principio affermato dalla Corte rispetto ai comitati
promotori di referendum;

che il principio suddetto non puo’ essere riferito ai partiti politici, mancando
il presupposto per la sua applicazione, consistente nella previsione della
titolarità di uno specifico potere da parte della Costituzione, laddove l’art.
75 Cost. riconosce espressamente ad una frazione del corpo elettorale ” della
quale i promotori sono competenti a dichiarare la volontà ” la titolarità del
potere di iniziativa referendaria e la Corte ha ritenuto che poteri dello Stato,
ai fini del conflitto di cui all’art. 134 Cost., possono anche essere figure
soggettive esterne rispetto allo Stato-apparato (sentenza n. 69 del 1978);
<b

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