Corte Costituzionale

La Consulta promuove la c.d. “legge Marzano”. Legittima la disciplina delle azioni revocatorie – CORTE COSTITUZIONALE, Sentenza n. 172 del 21/04/2006

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FALLIMENTO ”
PROCEDURE CONCORSUALI ” GRANDI IMPRESE – COSIDDETTA LEGGE MARZANO ” AZIONI
REVOCATORIE ” LEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE

L’art. 6 del
d.l. n. 347 del 2003, convertito, con modificazioni, nella l. n. 39 del 2004,
come modificato dal d.l. n. 119 convertito, con modificazioni, nella l. n. 166
dello stesso anno, (c.d. Legge Marzano), nella parte in cui consente l’esercizio
delle azioni revocatorie, previste dall’art. 49 del d. lgs. n. 270 del 1999,
(c.d. legge Prodi-bis), non contrasta con gli articoli 3 e 41 Cost. I rimettenti
individuavano la violazione dell’art. 3 Cost. nella irragionevole disparità tra
il trattamento riservato all’impresa che abbia in corso un programma di
ristrutturazione dall’art. 6 della legge Marzano e dalle disposizioni della
legge Prodi-bis: in quanto l’una consente e le altre escludono − anche nel caso
di concordato autorizzato ex art. 78 del d.lgs. n. 270 del 1999 – l’esperimento
delle azioni revocatorie fallimentari, quando sia perseguita “la
ristrutturazione economica e finanziaria” dell’impresa insolvente, nonostante
oggetto di disciplina sia sempre la procedura di amministrazione straordinaria
di grandi imprese in crisi. La Corte, con articolata motivazione, esclude che,
secondo l’assunto dei giudici, la legge Marzano abbia attribuito all’azione
revocatoria, in spregio delle sue funzioni recuperatoria e redistributiva, il
compito di consentire all’imprenditore insolvente di ristrutturare l’impresa a
spese dei terzi assoggettati alle revocatorie esperite dal debitore per
consentirgli di tornare in bonis. Ricostruito il quadro normativo, afferma che
le revocatorie sono ammissibili solo quando la procedura si sia evoluta in senso
liquidatorio, e cioè o verso la cessione di cui all’art. 27, comma 2, lettera
a), del d.lgs. n. 270 del 1999 o verso il concordato con assunzione ovvero,
ancora, verso il fallimento. Secondo i giudici rimettenti, “il risanamento
dell’impresa mediante l’esperimento dell’azione revocatoria costituisce un
ingiustificato privilegio [ ] e determina un effetto distorsivo della
concorrenza”, in quanto le somme riscosse a seguito delle revocatorie non sono
destinate alla soddisfazione dei creditori, ma ad “una forma di finanziamento
forzoso a favore dell’impresa insolvente”. La Corte, premesso che l’incomparabilità
dell’impresa oggetto di “risanamento” a norma del d.lgs. n. 270 del 1999 e di
quella “risananda” a mezzo di concordato con assuntore ex art. 4-bis della
“legge Marzano” sono sufficienti per dichiarare non fondata la questione di
legittimità rispetto all’art. 41 Cost., si sofferma sulle ragioni per cui il
turbamento della concorrenza deve escludersi anche sotto il profilo del
finanziamento forzoso dell’impresa costituito dalle revocatorie. In particolare,
ribadisce che i presupposti per l’ammissione al concordato sono gli stessi della
legge fallimentare e che la circostanza che il ricavato delle revocatorie non
sia oggetto di riparto è una conseguenza naturale del concordato, costituendo
esse parte del corrispettivo del prezzo pagato dall’assuntore e restando
irrilevante che il ricavato delle revocatorie vada a beneficio degli azionisti.

 


testo integrale

CORTE
COSTITUZIONALE,

Sentenza n. 172
del 21/04/2006


(Presidente A. Marini, Relatori R. Vaccarella e G. Tesauro)


 

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