Civile

Condanna alle spese del difensore in caso di inesistenza della procura, ma non in ipotesi di invalidità – CASSAZIONE CIVILE, Sezioni Unite, Sentenza n. 10706 del 10/05/2006

La Cassazione con il seguente
orientamento, supportato anche dalle più recenti pronunce giurisdizionali, (sent.ze
n. 1115 e n. 6521) ha ammesso la condanna alle spese del difensore in caso di
inesistenza e non anche in ipotesi di invalidità procura. Nel far cio’ ha
affermato che “"l’attività processuale svolta sulla base di una procura
nulla è provvisoriamente efficace e percio’ riconducibile alla parte sino a
quando la nullità non viene dichiarata, dato che in virtù della procura si è
comunque instaurato un rapporto processuale con il soggetto che la procura ha
conferito”

  


La vicenda –

In sede di Appello la corte aveva dichiarato
inammissibile la domanda ricorrente in quanto veniva  proposta da
difensore privo di idonea procura, non essendo operante la ultrattività della
procura su eccezione degli appellati; percio’,  condannava il difensore alle
spese del giudizio.

L’avvocato,
pertanto propone ricorso in Cassazione. Gli si oppongono con controricorso le
altre parti eccependo l’inammissibilità del ricorso per cassazione per mancanza
di procura speciale allo stesso, ed affermando che la "delega” sussisteva solo
a margine della prima facciata con conseguente incertezza sulla circostanza se
sia stata conferita prima o dopo la sottoscrizione del ricorso.

 


La questione di diritto e la soluzione
adottata dalla Corte –
Il caso in
esame  parte dalla consolidata esegesi giurisprudenziale secondo cui la
collocazione topografica  della procura è a margine dell’atto (cfr.nn. 5168,
26233, 28227/05, per tutte).

Inoltre,
occorre far cenno alla questione relativa l’ ammissibilità o meno di una
condanna del difensore alle spese di lite ex art. 91, 92 c.p.c., ed
all’eventuale ultrattività del mandato comprendente il potere di impugnazione,
rilasciato dalla parte poi defunta, come in questo caso, nel periodo compreso
tra la pubblicazione della sentenza di primo grado e la proposizione del
gravame.

La Corte al
riguardo sostiene l’indirizzo giurisprudenziale consolidatosi secondo cui, “
in
assenza di specifica regolamentazione del mandato ad litem, deve trovare
applicazione, anche con riguardo allo stesso, la normativa codicistica sulla
rappresentanza e sul mandato, avente carattere generale rispetto a quella
processualistica, e quindi – per quel che qui interessa – il principio dettato
dall’art. 1722 n. 4, secondo il quale la morte del mandante estingue il mandato”

Cio’ comporta,
pero’, che la regola dettata dall’art. 300, commi 1° e 2°,
c.p.c. (che attribuisce al procuratore la facoltà di continuare a
rappresentare in giudizio la parte che gli abbia conferito il mandato ancorchè
defunta dopo la costituzi’one in giudizio
) e quella espressa dall’ultimo
comma dell’art 300 c.p.c.( che cristallizza il giudizio tra le parti
originarie in caso di morte di una di queste verificatasi dopo la chiusura della
discussione davanti al Collegio
) essendo previsioni derogatorie della
disciplina generale, devono essere applicate nell’ambito e nei limiti della fase
processuale in cui l’evento si è verificato, “e non possono dunque
espandersi nella successiva fase di quiescenza e di riattivazione del rapporto
processuale”
.

Per quanto
concerne il problema della condanna alle spese, come fa giustamente notare la
Corte, sussistono due orientamenti i contrasto: un primo indirizzo
giurisprudenziale si basa sull’assunto che l’avvocato non potrebbe mai assumere
la qualità di parte del processo e non potrebbe di conseguenza essere
destinatario, in base agli artt. 91 e 92 c.p.c., di una pronunzia sulle spese.

L’altro,
invece, la pronuncia alle spese è possibile per il difensore che ha agito senza
valido mandato.

Nello
specifico, le sentenza nn. 3510/1969, 11689/2000 e 13898/2003 ribadiscono il ben
noto principio secondo cui “non puo’ mai assumere la qualità di parte di un
atto il soggetto che agisce nella veste di rappresentante pur non avendone i
poteri
inoltre .
in tema di condanna alle spese processuali, deve
ritenersi consentita la condanna alle spese nei confronti di chi ha agito quale
rappresentante processuale di un altro soggetto senza essere investito del
relativo potere, in base al principio per cui un soggetto che agisce in
giudizio quale rappresentante di un terzo, pur non essendogli stati conferiti
relativi poteri, assume la qualità di parte, ai fini della pronunzia sulle
spese; viceversa, non è possibile la condanna dei suoi difensori, che non hanno
assunto, nè potevano assumere, veste di parte.”

Di contro, le
sentenze nn. 1784/94, 4462/1995; 5955/96, 9561/97 affermano principi opposti
sostenendo che la mancanza di procura alle liti comporta che il difensore possa
essere parte del giudizio che ha instaurato .

La Cassazione
con il seguente orientamento, supportato anche dalle più recenti pronunce
giurisdizionali, (sent.ze n. 1115 e n. 6521) ha ammesso la condanna alle spese
del difensore in caso di inesistenza e non anche in ipotesi di invalidità
procura. Nel far cio’ ha affermato che “
"l’attività processuale svolta sulla
base di una procura nulla è provvisoriamente efficace e percio’ riconducibile
alla parte sino a quando la nullità non viene dichiarata, dato che in virtù
della procura si è comunque instaurato un rapporto processuale con il soggetto
che la procura ha conferito”


 

(Annaflora
Sica, © Litis.it, 30 Maggio 2006)
 


CASSAZIONE CIVILE, Sezioni Unite
,
Sentenza n. 10706 del 10/05/2006

(Presidente
V. Carbone, Relatore M. R. Morelli)
  

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 

Con citazione notificata il 30 marzo
1999, 1’Avv. L. – agendo in forza di procura rilasciata nella comparsa di
risposta del giudizio di primo grado e ricomprendente la facoltà di proporre
appello – proponeva, in nome e per conto di ., appello avverso la sentenza n.
84 del 1998 del Tribunale di Pordenone, nei confronti di Cosfin s.r.l., Impresa
Edile D.e Condominio Licinio. Nel periodo compreso tra la pubblicazione
della sentenza di primo grado e la proposizione dell’appello lo Z. decedeva.


La

Corte d’Appello di Trieste – ritenendo non
operante la ultrattività della procura su eccezione degli appellati —
dichiarava inammissibile l’appello, per essere stato proposto da difensore
privo di idonea procura, e condannava il difensore alle spese del giudizio.

Avverso la suddetta sentenza l’avv. L. propone
ricorso per cassazione limitatamente al capo della condanna alle spese, con tre
motivi intimamente connessi.

Resistono con controricorso l’Impresa Edile
D.- che eccepisce l’inammissibilità del ricorso per cassazione per mancanza di
procura speciale allo stesso, sussistendo solo a margine della prima facciata
la "delega", senza espresso riferimento al giudizio di cassazione, conferita
nella stessa data del ricorso, con conseguente incertezza sulla circostanza se
sia stata conferita prima o dopo la sottoscrizione del ricorso – e i’
Condominio Licinio.

Con ordinanza interlocutoria della Sezione I,
la causa è stata rimessa a queste Sezioni unite relativamente al rilevato
contrasto di giurisprudenza sul punto delle conseguenze derivanti dalla mancanza
di procura ad litem del difensore che abbia comunque svolto attività in
giudizio, per il profilo in particolare della riferibilità, o meno, allo stesso
della condanna al pagamento delle spese di lite correlative.

In ordine alla quale questione, tutte le parti
hanno anche depositato memorie illustrative.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

1. E’ pregiudizà­ale l’esame della eccezione di
inammissibilità del ricorso formulata dalla Impresa De Filippo. Eccezione,
questa, che è manifestamente, pero’, infondata alla luce della consolidata
esegesi giurisprudenziale per cui la stessa collocazione topografica – a
margine, come nella specie, del ricorso per cassazione, del quale costituisce,
cosi’, parte integrante – oggettivamente realizza e concreta il requisito di
specificità della procura, anche in carenza, nella stessa, di testuali
riferimenti al giudizio di legittimità (cfr.nn. 5168, 26233, 28227/05, per
tutte).

Dal che l’ insussistenza, appunto, del
preteso profilo di invalidità del mandato difensivo, dal quale la resistente
vanamente pretende di desumere l’inammissibilità della odierna impugnazione.

2. E’ logicamente ancora preliminare,
all’esame della questione oggetto di contrasto, sulla ammissibilità o meno di
una condanna del difensore alle spese di lite ex art. 91, 92 c.p.c., la
soluzione del quesito, negativamente risolto in premessa dalla Corte di merito,
in ordine alla eventuale ultrattività del mandato comprendente il potere di
impugnazione, rilasciato dalla parte poi defunta, come in questo caso, nel
periodo compreso tra la pubblicazione della sentenza di primo grado e la
proposizione del gravame.

Evidente essendo che, ove in ipotesi
ammessa una tale ultrattività, verrebbe meno la statuizione di inammissibilità
dell’appello (per difetto appunto di procura), in correlazione alla quale si
pone il problema di individuazione del soggetto soccombente agli effetti del
regolamento delle spese.

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