Penale

L’opposizione tardiva alla richiesta di archiviazione non comporta inammissibilità – CASSAZIONE PENALE, Sezione II, Sentenza n. 15888 del 08/05/2006

Il mancato rispetto del termine di dieci giorni, previsto
dall’art. 408 comma 3 c.p.p. per la proposizione dell’atto di opposizione alla
richiesta di archiviazione, non comporta inammissibilità e il giudice, se non
ha già pronunciato archiviazione, dovrà esaminare l’opposizione tardivamente
proposta ed assumere le conseguenti deliberazioni ai sensi dell’art. 410 c.p.p.

 

La vicenda – Con pronuncia del 4 febbraio
2005 il Tribunale di Palermo disponeva l’archiviazione del procedimento a carico
di R.S., indagato in relazione del rato di cui all’art. 640 c.p., ritenendo
inammissibile l’opposizione presentata dalla parte civile M.A., poichè tardiva
in quanto presentata oltre il termine concesso dei dieci giorni.

Contro tale pronuncia proponeva ricorso il difensore della
parte civile, sostenendo l’inosservanza e/o l’erronea applicazione della
normativa, non esistendo alcuna disposizione del codice di rito che prevede la
scadenza del termine alla materiale ricezione della proposta  opposizione,
dovendosi ritenere rispettato il termine di legge con il deposito dell’atto
presso la segreteria del pubblico ministero.

 

La questione di diritto sollevata e la
soluzione adottata dalla Corte –

La questione sottoposta
all’attenzione della Corte consiste nel valutare l’ammissibilità dell’atto di
opposizione alla richiesta di archiviazione qualora lo stesso venga depositato
oltre i dieci giorni fissati per la presentazione.

Secondo un orientamento
giurisprudenziale il termine deve essere considerato come perentorio, con la
conseguenza che qualora l’opposizione venga depositata oltre il termine il GIP
puo’ pronunciare considerare inammissibile l’opposizione e emanare, de plano,
decreto di archiviazione (Sez. VI, 14/11/1995, n. 4147, Cafarelli, riv. 204000;
Sez. VI, 29/03/2000, 1574, De Gennaro, riv. 217131; Sez. VI, 18/09/2003, n.
38944, Stara, riv. 228329).

La Corte, tuttavia, ha
osservato che a norma dell’art. 173 comma 1 c.p.p. ” i termini si considerano
stabiliti a pena di decadenza soltanto nei casi previsti dalla legge
” e che
in mancanza, quindi, di espressa previsione normativa il termine di cui si
discute deve essere stabilito a pena di decadenza.

Va escluso che l’opposizione  – ritiene la Corte ” possa
rientrare nel genus delle impugnazioni, trattandosi di atto diretto non contro
un provvedimento del giudice, ma contro una richiesta del P.M., costituendo
esercizio del contraddittorio e collocandosi tra i diritti attribuiti alla
persona offesa dal codice di procedura penale.

La perentorietà del termine, pertanto, non puo’ desumersi
dalla normativa in materia di impugnazioni.

Sulla scorta di quanto
detto la Suprema Corte, con una innovativa sentenza, ha stabilito che “in
tema di proposizione di atto di opposizione alla richiesta di archiviazione, il
mancato rispetto del termine di dieci giorni, previsto dall’art. 408 comma 3
c.p.p., non comporta inammissibilità dell’atto di opposizione. Il GIP,
competente a pronunciarsi sull’archiviazione, pertanto, se non abbia già
pronunciato archiviazione, dovrà esaminare la richiesta di opposizione ed
assumere le conseguenti deliberazioni ai sensi dell’art. 410 c.p.p.”.
 

(Lorenzo Sica, © Litis.it,
1 Giugno 2006)  


CASSAZIONE PENALE, Sezione II,
Sentenza n. 15888 del 08/05/2006

(Presidente F. Morelli, Relatore F. Fiandanese)
 

Il g.i.p. del Tribunale di
Palermo pronunciava, in data 4 fèbbraio 2005, decreto di archiviazione nel
procedimento a carico di R. S., indagato in relazione al reato di cui all’art.
640 c.p., previa declaratoria di inammissibilità dell’opposizione presentata
dalla persona offesa, M. A., ritenuta intempestiva, perchè non depositata
presso la cancelleria del g.i.p. nel termine di dieci giorni dall’avviso alla
stessa persona offesa. Propone ricorso per cassazione il difensore della M.,
denunciando inosservanza e/o erronea applicazione della normativa processuale,
in quanto non esisterebbe alcuna disposizione del codice di rito che preveda la
scadenza del termine alla materiale ricezione della proposta opposizione da
parte della cancelleria del giudice competente a pronunciarsi
sull’archiviazione, dovendosi ritenere rispettato il termine di legge con il
deposito dell’atto presso la segreteria del p.m..

La Procura Generale presso
la Suprema Corte ha richiesto l’annullamento del provvedimento impugnato, sul
presupposto della ritualità della presentazione dell’atto di opposizione, nel
termine prescritto dall’art. 408, comma 3, c.p.p., presso la segreteria del
Procuratore della Repubblica.

MOTIVI DELLA
DECISIONE

il ricorso è fondato per i
motivi di seguito esposti.

IL collegio ritiene che,
preliminare alla verifica della tempestività dell’opposizione, sia
l’accertamento della natura giuridica del termine di cui all’art. 408, comma 3,
c.p.p..

Secondo un’orientamento
giurisprudenziale, il suddetto termine dovrebbe essere considerato perentorio,
con la conseguenza che legittimamente il g.i.p. pronuncia decreto di
archiviazione de plano, pur in presenza di opposizione, allorchè questa
sia tardiva e, quindi, da considerare inammissibile       (Sez.    VI,
14/11/1995, n. 4147,Cafarelli, riv. 204000; Sez. VI, 29/03/2000, 1574, De
Gennaro, riv. 217131; Sez. VI, 18/09/2003, n. 38944, Stara, riv. 228329).

Tl collegio non condivide
tale orientamento, per ragioni interpretative di ordine letterale e sistemati’co.

Innanzitutto, a norma
dell’art. 173, comma 1, c.p.p., "i termini si considerano stabiliti a pena di
decadenza soltanto nei casi previsti dalla legge"       e,quindi,           in
mancanza di espressa previsione normativa il termine di cui si discute non puo’
essere considerato stabilito a pena di decadenza, come è chiarito anche dal
disposto dell’art. 126 disp. att. c.p.p., che attribuisce a siffatta
prescrizione temporale effetti dilatorà­ per il p.m. e per il g.i.p., quali sono
vincolati ad osservarne la scadenza, rispettivamente, prima di trasmettere gli
atti e prima di disporre l’archiviazione. Per la persona offesa il suddetto
termine ha carattere accelleratorio, in quanto, se adempiuto, assicura efficacia
all’opposizione, la quale altrimenti sarebbe esposta al rischio di pervenire
alla cognizione del giudice a procedimento già definito (Sez. VI, 22/10/2003 –
17/02/2004, n. 6475, Gozzo, riv. 228263).

Dal punto di vista
sistematico, occorre considerare che la perentorietà del termine non puo’
desumersi dalla normativa in materia di impugnazioni, poichè pacificamente
escluso che l’opposizione rientri nel genus delle impugnazioni,
trattandosi di atto diretto non contro un provvedimento del giudice, ma contro
una richiesta del pubblico ministero e, quindi, costituisce esercizio del
contraddittorio e si colloca nel quadro del ruolo attribuito alla persona offesa
dal codice di procedura penale. Il Libro I del codice di procedura penale
prevede nel Titolo VI la persona offesa, quale soggetto processuale distinto
dalla parte civile disciplinata nel precedente Titolo v. La collocazione della
persona offesa tra i soggetti costituisce una significativa novità del nuovo
codice di rito, che supera in tal modo l’impostazione del codice del 1930, nel
quale la persona offesa non aveva alcun diritto nel procedimento. Sebbene alla
persona offesa non possa essere attribuita la qualifi’ca di parte processuale
(come si argomenta dagli artt. 100 e 101), le viene riconosciuta una posizione
processuale caratterizzata da una serie di diritti e di facoltà,
particolarmente incisivi nella fase delle indagini preliminari(artt. 360, 366,
369, 398, 401, 406, 41.0 e 413 c.p.p.) e che si completa e si sviluppa nei
momenti processuali successivi (artt. 419, 429, 451, 456, 458, 465, 519 e 560
c.p.p.) nella prospettiva della costituzione di parte civile, fino a risultare
quasi riassorbita nell’attività esperibile da quest’ultima, ma conservando
comunque una sia pur limitata autonomia (art. 572 c.p.p_), con ci’o’
confermandosi il suo ruolo non caratterizzato in modo esclusivo dalla tutela
dell’interesse al risarcimento del danno, ma finalizzato,    in sede di
procedimento di archiviazione, a stimolare dialetticamente il controllo del
giudice sulla completezza delle indagini.

D’altro canto, la
giurisprudenza ha chiarito che "la mancanza, o la tardività, della
dichiarazione di voler essere informata della richiesta di archiviazione non
esclude la facoltà della persona offesa di proporre, con gli effetti previsti
dall’art. 410 c.p.p., opposizione dopo la trasmissione della richiesta del
pubblico ministero al giudice per le indagini preliminari e fino a quando questi
non abbia provveduto" (Sez. Un. 30/06/2004, n. 29477, Abruzzese, riv. 228005) .
E’

evidente che se produttiva
di effetti l’opposizione da parte di colui che non è stato avvisato della
iniziativa di archiviazione per non avere formulato la relativa richiesta, non
è

possibile pervenire a
diverse conclusioni nell’ipotesi di opposizione presentata dopo la scadenza del
termine indicato nell’avviso.

Deve essere, pertanto,
formulato il principio secondo il quale il mancato rispetto del termine di dieci
giorni, previsto dall’art. 408, comma 3, c.p.p., non incide sull’ammissibilità
dell’atto di opposizione, che il giudice, se non abbia già pronunciato
archiviazione,

dovrà  esaminare,
assumendo le conseguenti deliberazioni ai sensi dell’art.

410 c.p.p..

In applicazione dei
suddetti principi, il provvedimento impugnato deve essere annullato senza rinvio
e deve essere disposta la trasmissione degli atti al Tribunale di Palermo per
nuovo esame.

P.Q.M.

 

Annulla senza rinvio il
provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Palermo
per nuovo esame.

 

 

 

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