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Ricettazione: strette le maglie per la concessione dell’attenuante del danno lieve – CASSAZIONE PENALE, Sezioni Unite, Sentenza n. 35535 del 26/09/2007

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Le Sezioni Unite
della cassazione ci ripensano e cambiano radicalmente orientamento ” in senso
molto più ristrettivi –  in materia di concessione del danno di speciale
tenuità relativamente alle ipotesi di ricettazione di assegni bancari
sottoscritti in bianco. Ed infatti, con la sentenza n. 10446 del 07/07/1984 le
SS.UU avevano affermato il principio di diritto secondo cui per il
riconoscimento dell’attenuante della speciale tenuità occorresse aver riguardo
esclusivamente al valore della cosa ricettata.

Con la sentenza in
rassegna, invece, I Supremi giudici hanno stabilito che, ai fini della
concessione dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, la
relativa valutazione non deve riguardare solo il valore economico della cosa
ricettata, ma deve fare riferimento a tutti i danni oggettivamente prodotti
quale conseguenza diretta del fatto delittuoso.

In definitiva, i
danni devono essere apprezzati in termini oggettivi e nella globalità degli
effetti prodotti, senza che ci si possa limitare al mero apprezzamento economico
dell’importo dell’assegno ricettato.

 

(M.M. © Litis.it,
09/10/2007)

 


CASSAZIONE PENALE,
Sezioni Unite, Sentenza n. 35535 del 26/09/2007

(Presidente G.
Pioletti, Relatore F. Fiandanese)


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale
di Torino, con sentenza del 20 maggio 2004, dichiarava R. G. responsabile del
delitto di ricettazione di assegni, facenti parte di un carnet oggetto di furto,
successivamente riempiti dallo stesso R. ed utilizzati per effettuare acquisti
per un ammontare complessivo di lire 3.932.860; nonchè dei delitti di
ricettazione di carta di identità denunciata smarrita, di falsità materiale in
relazione alla stessa carta di identità e di sostituzione di persona.

A seguito di
impugnazione dell’imputato, la Corte di Appello di Torino, con sentenza del 20
marzo 2007, in parziale riforma della sentenza appellata, dichiarava non doversi
procedere in ordine ai reati di falso e sostituzione di persona, perchè estinti
per prescrizione, e rideterminava la pena.

La Corte di
Appello escludeva che il fatto imputato come ricettazione potesse essere
qualificato come furto, poichè l’imputato non aveva fornito alcuna indicazione
in merito; riteneva che il fatto stesso non potesse essere considerato di
particolare tenuità, ai sensi dell’art. 648, comma 2, c.p. “essendo stato
commesso da soggetto pluripregiudicato per reati contro il patrimonio che cosi’
operando ha denotato una notevole propensione all’illecito”.

La Corte di
Appello, inoltre, negava la concessione dell’attenuante di cui all’art. 62,
comma 1, n. 4, c.p., dichiarando di aderire all’insegnamento della Suprema
Corte, che, con sentenza n. 31169 del 2006 aveva affermato che detta attenuante
non puo’ essere riconosciuta, laddove si abbia riguardo ad assegni o a moduli di
documenti, in sè privi di rilevanza economica, che non potendo formare oggetto
di alcun negozio, non consentono di ravvisare un danno patrimoniale misurabile
in termini di speciale tenuità.

Propone
ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo:

a) erronea
applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 648 e 624 c.p.,
nonchè mancanza di motivazione e/o manifesta illogicità, in quanto la sentenza
impugnata, affermando di non potere valutare un’ipotesi di qualificazione dei
fatti diversa da quella prospettata nel capo di accusa per difetto di diverse
allegazioni dell’imputato, sposterebbe sulla difesa un onere probatorio che è
proprio dell’accusa e non terrebbe conto di elementi fattuali risultanti dagli
atti, nel caso di specie, la contiguità temporale delle condotte di sottrazione
degli assegni e del documento e di utilizzo degli stessi;

b) erronea
applicazione dell’art. 62, comma 1, n. 4, c.p., in quanto, mentre per l’ipotesi
di cui al capoverso dell’art. 648 c.p. devono essere valutate tutte le
circostanze previste dall’art. 133 c.p., per l’ipotesi prevista dall’art. 62,
comma 1, n. 4, c.p., invece, l’elemento pregnante sarebbe quello del valore
intrinseco della cosa oggetto del reato, poichè l’incommerciabilità di un bene
non puo’ essere equiparata all’assenza di valore, posto che il bene è comunque
costituito da elementi materiali ed è il prodotto di lavorazione che hanno
determinato il costo, e, pertanto, il valore del danno che subisce chi perde il
possesso di un assegno sarebbe riconducibile a quanto egli dovrà spendere per
ottenerne un altro; se, poi, il bene sarà utilizzato per commettere un altro
reato, sarà quest’ultimo reato, ad avviso del ricorrente, a causare,
eventualmente, un danno.

Il magistrato
assegnato all’ufficio spoglio della seconda sezione penale ha prospettato un
contrasto di giurisprudenza e ha chiesto l’eventuale assegnazione del ricorso
alle Sezioni Unite.

Il Primo
Presidente con provvedimento del 25 maggio

2007
assegnava il ricorso alle Sezioni Unite, fissando per la trattazione l’odierna
udienza.

MOTIVI DELLA
DECISIONE

I motivi di
ricorso sono infondati e devono essere rigettati.

Il motivo di
ricorso con il quale si lamenta la mancata qualificazione dei fatti contestati
quale furto in luogo di quella di ricettazione di cui ai capi a) e b) delle
imputazioni, non puo’ essere accolto nè sotto il profilo della mancanza e/o
manifesta illogicità della motivazione nè sotto quello dell’erronea
applicazione della legge penale.

Occorre, in
primo luogo, osservare che con i motivi di appello la difesa dell’imputato aveva
dedotto la mancata derubricazione del reato contestato al capo a) (ricettazione
di assegni bancari) e non anche di quello contestato al capo b) (ricettazione di
carta di identità). Sul punto, la sentenza impugnata si pronuncia
espressamente, argomentando, in modo non manifestamente illogico, e, quindi, non
censurabile in questa sede di legittimità, che “il R. non ha mai addotto di
essere stato l’autore del furto del carnet, per cui l’affermazione della difesa
secondo cui egli dovrebbe essere ritenuto l’autore del furto per la contiguità
temporale tra la sottrazione e la spendita, non è certo sufficiente ad
accreditare questa ipotesi, mancando di qualsivoglia indicazione da parte
dell’imputato e quindi di qualsivoglia verifica sulla attendibilità della
versione alternativa”.

Tale
motivazione non è censurabile neppure sotto il profilo della violazione della
difesa tecnica, che, ad avviso del ricorrente, dovrebbe sopportare un onere
probatorio proprio dell’accusa. Infatti, il mero possesso ingiustificato di cose
sottratte consente la configurazione del delitto di ricettazione, in assenza di
elementi probatori indicativi della riconducibilità del possesso alla
commissione del furto. Nel caso di specie, all’elemento della contiguità
temporale tra la sottrazione e l’utilizzazione delle cose sottratte, il giudice
di merito, con apprezzamento insindacabile in questa sede di legittimità,
contrappone l’assenza di indicazioni sul punto da parte dell’imputato. In tal
modo, non si richiede all’imputato di provare la provenienza del possesso delle
cose, ma soltanto di fornire una attendibile spiegazione dell’origine del
possesso delle cose medesime, assolvendo non ad onere probatorio, bensi’ ad un
onere di allegazione di elementi, che potrebbero costituire l’indicazione di un
tema di prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice, e che comunque
possano essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi
del libero convincimento.

Inoltre, nel
caso di specie, trattandosi della contestazione di due fatti di ricettazione,
deve anche richiamarsi il principio formulato da questa Suprema Corte, secondo
il quale “dall’ingiustificato possesso di refurtiva proveniente da furti
commessi in tempi e luoghi diversi e in danno di soggetti diversi ben puo’
legittimamente desumersi, in assenza di elementi positivamente indicativi della
riconducibilità del possesso alla commissione di quei furti, che esso sia
frutto di ricettazione” (Sez. I, 29 ottobre 2004, n. 46006, Di Berardino, riv.
230319).

Il secondo
motivo di ricorso solleva una questione di diritto controversa, che ha
determinato l’assegnazione a queste Sezioni Unite.

In effetti,
sull’applicabilità dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità,
di cui all’art. 62, comma 1, n. 4, c.p. nel caso in cui la ricettazione abbia
per oggetto moduli di assegni bancari, si registrano diversi orientamenti
giurisprudenziali, fermo, peraltro, il principio, ormai pacifico, fissato da
Sez. Un. n. 13330 del 26 aprile 1989, Beggio, (riv. 182220 e 182221) secondo il
quale “l’attenuante di aver cagionato alla persona offesa del reato un danno
patrimoniale di speciale tenuità, prevista dall’art. 62 n. 4 c.p., è
compatibile con l’ipotesi attenuata di ricettazione prevista dall’art. 648,
secondo comma c.p., solo se la valutazione del danno patrimoniale sia rimasta
estranea al giudizio sulla particolare tenuità del fatto che caratterizza
l’ipotesi attenuata di ricettazione, e che va condotto alla luce di tutti i
parametri di cui all’art. 133 c.p., perchè ove il danno patrimoniale sia stato
tenuto presente in tale giudizio l’attenuante prevista dall’art. 62 n. 4 c.p. è
assorbita nell’ipotesi attenuata di cui all’art. 648, secondo comma c.p.”.

Neppure si
ravvisa contrasto giurisprudenziale con riferimento al caso in cui l’oggetto del
reato di ricettazione sia un assegno già formato con indicazione dell’importo e
non un assegno in bianco, e cio’ perchè, si afferma, la natura di titolo di
credito e le obbligazioni in esso consacrate fanno assumere all’assegno i
connotati di un "bene", con valore economicamente apprezzabile, e, con
riferimento al quantum portato dallo stesso, anche agli effetti del danno
patrimoniale causato dalla commissione del reato; in tal caso, si precisa, “è
da escludersi che il danno conseguente alla utilizzazione del titolo possa
essere dissociato dalla condotta del colpevole e riferito, invece, ad una
diversa e successiva attività criminosa” (Sez. Un. n. 13330 del 1989, Beggio
cit.; conformi: Sez. V, 6 dicembre 2005 ” 23 febbraio 2006. n. 6770, Bertucci,
riv. 233998; Sez. II, 18 dicembre 2003 ” 27 gennaio 2004, n. 2919, Melia, riv.
228564; Sez. II, 14 maggio 1991, n. 9280, Battaglia, riv. 187935).

Controversa,
invece, è l’individuazione dei criteri di applicabilità dell’attenuante di
aver cagionato alla persona offesa del reato un danno patrimoniale di speciale
tenuità, nel caso in cui oggetto della ricettazione siano moduli di assegni
bancari in bianco.

Sulla
questione controversa, in verità, le Sezioni Unite si sono già pronunciate con
la sentenza n. 10446 del 7 luglio 1984, Del Pozzo (riv. 166806), la quale ha
affermato che “la questione relativa all’applicabilità, o meno della
circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, di cui
all’art. 62 n.4 c.p., nell’ipotesi di ricettazione di assegni bancari in bianco
(art.648 c.p.) va risolta, in linea generale, nel senso che la speciale tenuità
del danno deve essere apprezzata in relazione al valore della cosa che forma
oggetto del reato. Cio’ significa che, quando non si tratti di denaro, si deve
tener conto del valore economico che la cosa oggetto del reato ha nelle normali
contrattazioni commerciali, in un determinato momento storico; senza che possa
darsi peso, a tale riguardo, ad elementi contingenti o casuali, di natura
oggettiva o soggettiva, che possano in

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