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Motociclista investito rimane disoccupato. Il danno da lucro cessante si può chiedere anche in appello – Cassazione Civile, Sentenza 23101/2010

Un motociclista rimasto vittima di un sinistro stradale aveva richiesto – tra l’altro – la liquidazione del danno da lucro cessante in considerazione del fatto che, in conseguenza delle lesioni riportate a seguito dell’incidente patito, non aveva potuto lavorare. In sede di precisazione delle coclusioni, però, non ribadiva la richiesta che, invece, veniva riformulata nell’atto di impugnazione della sentenza di primo grado. La Corte di Appello, però, rigettava tale capo di impugnazione sull’erroneo presupposto che con esso fosse stata introdotta, come domanda nuova, la pretesa di risarcimento del danno da lucro cessante, in quanto già abbandonata dall’attore in sede di precisazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado.
In realtà, spiega la Cassazione, trattandosi dell’impugnazione del capo della sentenza appellata, avente ad oggetto il rigetto di quella specifica pretesa risarcitoria, quest’ultima legittimamente riproposta con l’atto d’appello, non avrebbe potuto mai essere valutata come domanda “nuova” e come tale inammissibile ai sensi dell’art. 345 cpc.
Infatti, nel caso in esame, è inconfutabile che il danneggiato si è legittimamente avvalso della sua facoltà di richiedere, nei limiti ovviamente del tantum devolutum, il riesame del punto della sentenza di primo grado concernente il rigetto della domanda di ristoro avente ad oggetto quella determinata voce di danno.

 

Cassazione Civile, Sezione Terza, Sentenza n. 23101 del 16/11/2010

Svolgimento del processo

[OMISSIS] conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Cagliari [OMISSIS] e la Cattolica Ass.ni per sentirli condannare al risarcimento dei danni causatigli il [OMISSIS], quando alla guida del proprio motoveicolo era stato investito dall’autoveicolo del [OMISSIS] che aveva invaso la corsia di sinistra rispetto al proprio senso di marcia.

I convenuti contestavano la fondatezza della domanda; interrotta la causa per la morte del [OMISSIS] e riassunta nei confronti della sua erede C.M.R. e della Cattolica, il Tribunale adito dichiarava il [OMISSIS] e il [OMISSIS] responsabili in eguale misura del sinistro, condannando le convenute al risarcimento del danno in favore dell’attore liquidato in Euro 57.981,81, più interessi legali, rigettando la richiesta di risarcimento dei danni al motoveicolo, di quelli morali e di quelli derivanti dalla perdita del posto di lavoro.

Proposto appello dal [OMISSIS] e costituitisi gli appellati che resistevano al gravame, con sentenza depositata il 31.12.05 la Corte d’appello di Cagliari, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, condannava in solido la C. e la Cattolica al pagamento del danno morale in ragione di Euro 15.000,00, già rivalutati, con gli interessi legali dalla data della sentenza al saldo.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il [OMISSIS], con due motivi, mentre ha resistito con controricorso la Cattolica e nessuna attività difensiva è stata svolta dalla C..
Il ricorrente ha depositato in atti anche una memoria.

Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 112, 342, 345 e 346 cpc ed omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo, avendo la Corte di merito erroneamente ritenuto inammissibile il motivo d’appello riguardante il capo della sentenza appellata, che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno derivante dalla perdita del posto di lavoro a causa della perdurante malattia, sul presupposto che tale motivo attenesse ad una domanda nuova.

Con il secondo motivo lamenta la violazione degli artt. 112, 324, 325 e 343 cpc ed omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo, avendo la Corte di merito, nel rigettare il motivo di gravame sopra indicato, deciso una questione che non aveva formato oggetto di appello incidentale da parte degli appellati, nel senso che quest’ultimi nel giudizio di secondo grado non avevano devoluto alla Corte territoriale, con l’appello incidentale, come motivo di doglianza della sentenza di primo grado, il fatto che il primo giudice avesse deciso su una domanda (il risarcimento del danno da perdita del posto di lavoro) che (asseritamente) sarebbe stata abbandonata dall’attore.

Va esaminata in via preliminare l’eccezione d’inammissibilità del controricorso proposto dalla Cattolica per intempestività della sua notificazione al ricorrente, così come sollevata dal ricorrente stesso nella memoria difensiva.

Tale eccezione è fondata, in quanto, dovendo il controricorso essere notificato al ricorrente ex art. 370 comma primo cpc entro venti giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso (che ex art. 369 comma primo cpc deve avvenire entro venti giorni dall’ultima notificazione) e risultando dagli atti che il ricorso per cassazione è stato notificato in data 29.3.06, la conseguenza è che il termine di cui al citato art. 369 cpc veniva a scadere il 18.4.06 ed il controricorso avrebbe dovuto, quindi, essere notificato al [OMISSIS] entro l’8.5.06, mentre esso risulta essere stato notificato solo l’11.5.06.

Ciò premesso e passando all’esame dei motivi di ricorso, si rileva che il primo motivo deve ritenersi fondato.

Infatti, la Corte di merito non ha applicato correttamente, nel caso di specie, il disposto dell’art. 345 primo comma cpc, nella parte in cui viene sancita l’inammissibilità della domanda nuova proposta nel giudizio d’appello, avendo il ricorrente espressamente trascritto nel ricorso (v. pagg. 13 – 14 di esso) – in osservanza del principio di autosufficienza del ricorso stesso – il passo della sentenza impugnata da cui risulta che la domanda del ricorrente, per il risarcimento del danno derivante dalla perdita del posto di lavoro a causa della malattia riportata per effetto del sinistro, è stata rigettata per la mancata prova dell’incapacità, da parte del ricorrente medesimo, di svolgere attività lavorativa per un periodo di circa un anno.

Il secondo motivo d’appello addotto dal [OMISSIS] è stato, dunque, rigettato dalla Corte di merito sull’erroneo presupposto che con esso fosse stata introdotta, come domanda nuova, la pretesa di risarcimento del danno da lucro cessante, per il lustro di disoccupazione dello stesso [OMISSIS] conseguente all’infortunio, in quanto già abbandonata dall’attore in sede di precisazione delle conclusioni nel giudizio di primo grado; in realtà, trattandosi dell’impugnazione del capo della sentenza appellata, avente ad oggetto il rigetto di quella specifica pretesa risarcitoria, quest’ultima legittimamente riproposta con l’atto d’appello, non avrebbe potuto mai essere valutata come domanda “nuova” e come tale inammissibile ai sensi dell’art. 345 cpc.
Infatti, nel caso in esame, è inconfutabile che il [OMISSIS] si è legittimamente avvalso della sua facoltà di richiedere, nei limiti ovviamente del tantum devolutum, il riesame del punto della sentenza di primo grado concernente il rigetto della domanda di ristoro avente ad oggetto quella determinata voce di danno.

L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo motivo di censura.

Il ricorso va, pertanto, accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo suddetto e rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Cagliari in diversa composizione, che dovrà attenersi al criterio di diritto come sopra esposto.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa in relazione ad esso la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, dinanzi alla Corte d’appello di Cagliari in diversa composizione.

Depositata in Cancelleria il 16.11.2010

 

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