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Processo Tributario. Inammissibile il ricorso firmato dal difensore senza delega – Cassazione Civile, Sentenza 23763/2010

Nelle liti “pesanti”, l’omessa nomina di un assistente tecnico da parte del ricorrente è invece mera irregolarità

Per le cause di valore superiore a 2.582,28 euro, la parte privata non può stare in giudizio personalmente davanti alle Commissioni tributarie, ma deve avvalersi dell’assistenza tecnica di un difensore (articolo 12, Dlgs 546/1992).
La Corte costituzionale prima, con sentenza n. 189/2000 e le sezioni unite della Cassazione poi, con la pronuncia n. 22601/2004, visto quanto disposto dal comma 5, dell’articolo 12 secondo cui, quando manca la delega al difensore tecnico e il ricorso è sottoscritto direttamente dal contribuente, il presidente dell’organo giudicante può comunque ordinare alla parte di munirsi di assistenza tecnica entro un determinato termine, hanno però ritenuto che la sanzione d’inammissibilità sia comunque condizionata alla mancata osservanza dell’ordine del giudice.

Caso ben diverso, da quello affrontato nelle richiamate sentenze, è però quello in cui il ricorso non sia sottoscritto dal contribuente accertato, in assenza di valida procura (da integrare in giudizio in ottemperanza all’ordine del giudice), ma sia invece sottoscritto direttamente (e solamente) dal difensore tecnico, senza tuttavia la procura alla difesa conferitagli dal contribuente, unico titolare della posizione giuridica azionata.

Risulta allora evidente, che quanto affermato sia dalla Corte costituzionale sia dalla Cassazione in merito alla sanabilità del ricorso sottoscritto dal contribuente senza delega al difensore, è ipotesi ben diversa da quella in cui il ricorso sia sottoscritto dal difensore, senza però alcuna delega che gli consenta di sottoscrivere validamente lo stesso ricorso.
Mentre, infatti, nel primo caso, essendo comunque il contribuente il titolare della posizione giuridica, si tratterà di una mera irregolarità, sanabile ottemperando all’ordine del giudice, nel caso in esame, la mancanza di sottoscrizione da parte del soggetto titolare della posizione azionata e l’assenza di una procura a un difensore tecnico, che, grazie all’incarico, possa appunto assumere la difesa in giudizio della posizione giuridica altrui, è certamente una nullità non sanabile, essendo ormai scaduto il termine di decadenza per impugnare e, dunque, definitivo l’accertamento.
Il difensore senza delega non ha, infatti, alcun potere, né di rappresentanza, né di difesa.

Tali conclusioni sono state confermate dalla Corte suprema, con la sentenza n. 23763 del 23 novembre. La Cassazione, dopo aver rilevato che “dalle risultanze processuali emerge che il ricorso introduttivo è stato posto in essere da difensore privo di procura e che alla lacuna non è stato posto rimedio nei termini previsti dalla legge” (cioè entro il termine di decadenza per la proposizione dello stesso ricorso), ha stabilito che la procura al difensore priva della sottoscrizione della parte è da considerarsi inesistente.

Il collegamento processuale del difensore con la causa, in mancanza di delega, infatti non esiste e neppure può essere sanato, in caso di decadenza del termine di impugnazione.
In tale ipotesi, dunque, la costituzione personale in giudizio di un soggetto estraneo al giudizio (quale appunto è un difensore privo di procura alla difesa), va considerata tamquam non esset e il ricorso sarà inevitabilmente dichiarato inammissibile.
Il rapporto che si instaura fra la parte e il suo difensore in base al contratto di patrocinio ha, del resto, sempre rilevanza esterna.
La procura è, infatti, un negozio processuale unilaterale e tipico, disciplinato dal codice di procedura civile sia per gli aspetti formali, regolati nell’articolo 83, sia per il contenuto del rapporto cui dà vita e dei poteri che la legge attribuisce al difensore (ex articolo 84).
Senza tale conferimento di poteri un difensore non può sottoscrivere ricorsi altrui, perché estraneo alla causa.
Ogni successivo ordine del giudice, a sanatoria della mancanza di sottoscrizione, interverrebbe dunque su un atto non più impugnabile.

L’articolo18, comma 3, del Dlgs 546/1992 statuisce, del resto, espressamente che “il ricorso deve essere sottoscritto dal difensore del ricorrente e contenere l’indicazione dell’incarico a norma dell’art. 12, comma 3 …”, pena, appunto, la sanzione di inammissibilità espressamente comminata dal capoverso successivo.
Sempre il comma 3 dell’articolo 18 stabilisce poi, al secondo periodo, che “la sottoscrizione del difensore … deve essere apposta tanto nell’originale quanto nelle copie del ricorso destinate alle altre parti …”.
Circa, infine, le modalità concrete di rilascio del mandato difensivo, l’incarico, ai sensi dell’articolo 12, comma 3, “deve essere conferito … con atto pubblico o con scrittura privata autenticata od anche in calce o a margine di un atto del processo, nel qual caso la sottoscrizione autografa è certificata dallo stesso incaricato …”.
Nessuna di tali prescrizioni sarebbe rispettata nel caso in esame.

Il fatto, dunque, che la procura non ci sia assolutamente, o che, seppur indicata a margine o in calce al ricorso, non sia stata comunque sottoscritta, comporta le medesime conseguenze, essendo in ogni caso inesistente (nel primo, sia materialmente sia giuridicamente, nell’altro solo giuridicamente in quanto priva di sottoscrizione).

Se, quindi, è ormai pacifico che l’omessa certificazione di autografia non comporta la nullità del ricorso, viceversa, dopo l’ultima pronuncia della Cassazione, è anche ormai indiscutibile che la mancata sottoscrizione della procura (e, a maggior ragione, l’assenza di qualsivoglia procura) comporta la nullità dell’atto.
Infatti, se l’omissione dell’autentica integra una mera irregolarità, la mancanza della sottoscrizione della procura (o l’inesistenza della stessa) da parte del contribuente concretizza, invece, un’ipotesi di nullità insanabile del ricorso (con relativa inammissibilità).

Come già affermato dalla Corte di cassazione, con la sentenza n. 11978/2003, il ricorso sottoscritto da professionista privo dello ius postulandi (in quel caso per l’ipotesi della mancanza di iscrizione nell’albo degli abilitati al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, ma il concetto resta lo stesso) è inammissibile.

Risulta, dunque, evidente la necessità che ogni atto giuridico rechi la specificazione della qualifica di chi lo pone in essere e degli elementi attestanti (specie in caso di delega) il suo potere di rappresentanza.
Il difetto, o comunque l’assenza della procura e la sottoscrizione del ricorso da parte di soggetto estraneo al rapporto tributario azionato impedisce, quindi, la valida costituzione del rapporto processuale tributario e non può essere sanato in alcun modo se non con una espressa convalida, o la riproduzione di altro ricorso, sempre però che questo sia possibile entro i termini di decadenza.

Giovambattista Palumbo
fonte: nuovofiscooggi.it

 

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