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Il provvedimento lesivo del giudicato è impugnabile con ricorso ordinario e non con il giudizio di ottemperanza – Consiglio di Stato Sentenza 3878/2011

Secondo l’art. 21 –septies, l. n. 241 del 1990, riprodotto nel c.p.a. (art. 114, co. 4, lett. b), il provvedimento violativo del giudicato è nullo. La conseguenza è che contro di esso non va attivato un nuovo giudizio di cognizione, ma il giudizio di ottemperanza nel termine di prescrizione dell’actio iudicati. L’intento del nuovo codice di concentrare nel giudizio di ottemperanza tutte le questioni che sorgono dopo un giudicato, in relazione alla sua esecuzione, non si spinge, però, sino al punto di affermare che qualsivoglia provvedimento adottato dopo un giudicato, e in conseguenza di esso, debba essere portato davanti al giudice dell’ottemperanza; infatti il c.p.a. dispone che presupposto per il giudizio è una inottemperanza, e che ci si rivolge al giudice dell’ottemperanza oltre che in caso di inerzia totale o parziale, in caso di atti violativi o elusivi del giudicato.

Laddove l’atto nuovo successivo al giudicato non sia elusivo o violativo, ma autonomamente lesivo, perché copre spazi lasciati in bianco dal giudicato, va azionato il rimedio del ricorso ordinario.

In tal senso si è pronunciata la prima giurisprudenza successiva al c.p.a. (cui si rinvia a mente degli artt. 74 e 114, co. 3, c.p.a.), osservando che, anche dopo l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, l’oggetto del giudizio di ottemperanza non sia qualsivoglia provvedimento amministrativo adottato dopo la sentenza del giudice e relativo al contenzioso oggetto del pregresso giudizio di cognizione, ma sia la verifica della corretta attuazione del giudicato (art. 34, co. 1, lett. e), art. 112, co. 1, c.p.a.), e dunque la verifica se il soggetto obbligato ad eseguire la sentenza vi abbia o meno dato puntuale esecuzione (cfr. Cons. St., ad. plen., 9 marzo 2011, n. 2, relativa a provvedimenti amministrativi e normativi sopravvenuti disciplinanti, a valle degli effetti cassatori di un giudicato, la rinnovazione di operazioni concorsuali; sez. IV, 30 novembre 2010, n. 8363, relativa a provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 43 t.u. espr. in esecuzione di giudicato di annullamento di atti ablatori; sez. VI, 15 novembre 2010, n. 8053, relativa a giudicato che si limita a dichiarare l’obbligo dell’amministrazione di provvedere sull’istanza di autorizzazione all’esercizio di attività imprenditoriale, ritenendo illegittimo l’arresto procedimentale; in tutti questi casi è stata esclusa l’ammissibilità dell’azione di ottemperanza).

(©, Litis.it, 28 Maggio 2011 – Riproduzione Riservata)

Consiglio di Stato, Sezione Quinta, Sentenza n. 3878 del 23/05/2011

FATTO e DIRITTO

1. Con decisione irrevocabile di questa sezione – n. 826 del 13 febbraio 2009 – si è conclusa una complessa vicenda contenziosa avente ad oggetto l’impugnativa dell’aggiudicazione della gara di appalto per l’espletamento dei lavori di completamento del padiglione sud del Centro d’arte contemporanea (da ospitarsi nell’area dell’”ex Meccanotessile” di Firenze), indetta con bando del 31 luglio 2002.

1.1. Il giudicato in questione, nel confermare con diversa motivazione la sentenza del T.a.r. per la Toscana, sez. II, n. 825 del 4 giugno 2007:

a) ha assodato l’illegittimità dell’esclusione, per anomalia, dell’offerta presentata dalla Spinosa Costruzioni Generali s.r.l. (in prosieguo ditta Spinosa);

b) ha confermato l’annullamento del provvedimento di esclusione e della conseguente aggiudicazione definitiva disposta in favore della Pisa Costruttori s.p.a.;

c) ha individuato le garanzie procedimentali e le prescrizioni sostanziali vincolanti da osservarsi in sede di nuovo scrutinio di anomalia della sola offerta della Spinosa, comunque ad esito libero (pagine 7 e 10 – 14);

d) ha espressamente precisato che il futuro riesercizio del potere, da parte della stazione appaltante, fosse solo eventuale (pagina 16);

e) ha dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento del danno in forma specifica mediante aggiudicazione diretta della gara alla ditta Spinosa;

f) ha respinto la domanda di risarcimento del danno per equivalente monetario (mancato utile e perdita di chance).

2. La ditta Spinosa ha sollecitato, in data 29 luglio 2009, l’esecuzione della decisione n. 826 del 2009.

2.1. Il comune di Firenze, con delibera giuntale n. 15 del 3 febbraio 2010:

a) ha revocato la delibera di approvazione del progetto esecutivo dell’opera in contestazione (n. 428/389 del 4 giugno 2002), per le seguenti ragioni:

I) mutamento degli indirizzi di politica culturale della regione Toscana e del comune di Firenze relativamente alla decisione di non ubicare nelle aree dell’”ex Meccanotessile” il Centro per l’arte contemporanea, essendo stato individuato il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato come perno del sistema metropolitano di arte contemporanea (cfr. delibera comunale 2007/G/00613 recante l’approvazione del protocollo d’intesa fra comune e regione);

II) opportunità di evitare gli esborsi di spesa – calcolati in circa 400.000 euro – necessari per il recupero, prima della consegna dei cantieri ad un eventuale appaltatore, degli immobili danneggiati da atti di vandalismo, occupazioni abusive e furti;

III) carenza delle risorse destinate a finanziarie gli inevitabili incrementi dei costi base dell’appalto, quantificati in oltre un milione di euro, nonché dei successivi costi di esercizio del Centro museale;

b) ha dato mandato agli uffici tecnici competenti di revocare gli atti di gara a partire dal bando e di procedere allo studio di ipotesi di valorizzazione delle aree dell’”ex Meccanotessile” inclusa la possibile alienazione (cfr. la successiva delibera consiliare n. 12 del 23 marzo 2010 recante l’inclusione delle aree dell’”ex Meccanotessile” nel compendio degli immobili comunali da alienare per finanziare il piano triennale degli investimenti 2010 – 2012).

2.2. Divenuta irrevocabile la decisione n. 826, la ditta Spinosa ha inoltrato al comune, in data 3 – 5 marzo 2010, pertinente atto di diffida e messa in mora cui è seguita la nota comunale – prot. n. 000899 del 18 marzo 2010 – recante la comunicazione di avvio del procedimento di revoca degli atti di gara in attuazione della delibera giuntale n. 15 del 2010.

2.3. Con successiva comunicazione in data 8 aprile 2010, la ditta Spinosa ha invitato il comune:

a) ad eseguire puntualmente il giudicato;

b) ad annullare in via di autotutela la delibera n. 15 del 2010;

c) a non revocare gli atti di gara.

2.4. Il 30 aprile 2010 la ditta Spinosa ha proposto ricorso al T.a.r. per la Toscana – allibrato al nrg. 701 del 2010 – avverso la più volte menzionata delibera n. 15 del 2010; sopraggiunta la determinazione dirigenziale recante, da un lato, la revoca degli atti di gara (e dei provvedimenti connessi), dall’altro, l’espressa esclusione della corresponsione dell’indennizzo ex art. 21 –quinquies, l. n. 241 del 1990 (cfr. determina n. 3082 del 7 giugno 2010), sono stati articolati motivi aggiunti per invalidità derivata.

2.5. Con sentenza n. 6767 del 16 dicembre 2010, il T.a.r. per la Toscana ha respinto tutti e tre i motivi posti a sostegno del ricorso e dell’atto di motivi aggiunti (violazione degli artt. 7 e 8, l. n. 241 del 1990; incompetenza della giunta comunale; violazione del giudicato formatosi sulla decisione di questa sezione n. 826 del 2009); avverso la sentenza è stato proposto appello, notificato in data 13 marzo 2011 e rubricato al nrg. 2224 del 2011.

3. Con ricorso notificato il 13 e 17 gennaio 2011, la ditta Spinosa (nelle more trasformatasi in s.p.a.), nel presupposto della manifesta violazione ed elusione del giudicato, ha chiesto al Consiglio di Stato:

a) di ordinare al comune di Firenze di rinnovare il sub procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta a suo tempo presentata;

b) in caso di giudizio di non anomalia, di aggiudicare virtualmente la gara all’istante disponendo il risarcimento del danno per equivalente monetario commisurato alla perdita di chance ed al mancato utile, oltre al pagamento degli accessori sulla sorte capitale così determinata;

c) la nomina di un commissario ad acta.

4. Si è costituito il comune di Firenze deducendo, sotto plurimi profili, l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso in fatto e diritto.

5. La causa è passata in decisione alla camera di consiglio del 17 maggio 2011.

6. Il ricorso è inammissibile.

6.1. Secondo l’art. 21 –septies, l. n. 241 del 1990, riprodotto nel c.p.a. (art. 114, co. 4, lett. b), il provvedimento violativo del giudicato è nullo. La conseguenza è che contro di esso non va attivato un nuovo giudizio di cognizione, ma il giudizio di ottemperanza nel termine di prescrizione dell’actio iudicati; a tale soluzione si era già pervenuti da parte della giurisprudenza formatasi sul pregresso quadro normativo.

L’intento del nuovo codice di concentrare nel giudizio di ottemperanza tutte le questioni che sorgono dopo un giudicato, in relazione alla sua esecuzione, non si spinge, però, sino al punto di affermare che qualsivoglia provvedimento adottato dopo un giudicato, e in conseguenza di esso, debba essere portato davanti al giudice dell’ottemperanza; infatti il c.p.a. dispone che presupposto per il giudizio è una inottemperanza, e che ci si rivolge al giudice dell’ottemperanza oltre che in caso di inerzia totale o parziale, in caso di atti violativi o elusivi del giudicato.

Laddove l’atto nuovo successivo al giudicato non sia elusivo o violativo, ma autonomamente lesivo, perché copre spazi lasciati in bianco dal giudicato, va azionato il rimedio del ricorso ordinario.

6.1.1. In tal senso si è pronunciata la prima giurisprudenza successiva al c.p.a. (cui si rinvia a mente degli artt. 74 e 114, co. 3, c.p.a.), osservando che, anche dopo l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, l’oggetto del giudizio di ottemperanza non sia qualsivoglia provvedimento amministrativo adottato dopo la sentenza del giudice e relativo al contenzioso oggetto del pregresso giudizio di cognizione, ma sia la verifica della corretta attuazione del giudicato (art. 34, co. 1, lett. e), art. 112, co. 1, c.p.a.), e dunque la verifica se il soggetto obbligato ad eseguire la sentenza vi abbia o meno dato puntuale esecuzione (cfr. Cons. St., ad. plen., 9 marzo 2011, n. 2, relativa a provvedimenti amministrativi e normativi sopravvenuti disciplinanti, a valle degli effetti cassatori di un giudicato, la rinnovazione di operazioni concorsuali; sez. IV, 30 novembre 2010, n. 8363, relativa a provvedimenti adottati ai sensi dell’art. 43 t.u. espr. in esecuzione di giudicato di annullamento di atti ablatori; sez. VI, 15 novembre 2010, n. 8053, relativa a giudicato che si limita a dichiarare l’obbligo dell’amministrazione di provvedere sull’istanza di autorizzazione all’esercizio di attività imprenditoriale, ritenendo illegittimo l’arresto procedimentale; in tutti questi casi è stata esclusa l’ammissibilità dell’azione di ottemperanza).

6.1.2. Facendo applicazione dei su esposti principi alla vicenda in esame, risulta evidente dalla precedente ricostruzione in fatto (cfr. retro n. 2) che, avendo il giudicato previsto solo in via eventuale l’attivazione del sub procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta della ditta Spinosa, è inammissibile la domanda di quest’ultima volta a sollecitare il controllo del giudice dell’ottemperanza sull’esercizio, da parte della stazione appaltante, del potere di abrogazione ex nunc degli atti di gara, per sopravvenute legittime ragioni di opportunità amministrativa (il mutamento degli indirizzi di politica culturale e museale), nonché contabile – finanziaria (l’aumento dei costi di manutenzione degli immobili, dei costi base dell’appalto, la necessità di procacciarsi la provvista economica per gli investimenti futuri).

L’amministrazione, invero, non ha caducato il bando di gara (e gli atti conseguenti) con intento elusivo del giudicato ad essa sfavorevole, bensì per garantire, alla luce delle obbiettive sopravvenienze sopra descritte, la miglior tutela degli interessi pubblici di settore coinvolti.

6.2. L’inammissibilità della proposta azione di ottemperanza si coglie anche sotto un ulteriore profilo collegato all’analisi del tipo di potere esercitato in concreto dall’amministrazione.

6.2.1. Tutti gli atti di gara, a partire dal bando per finire all’aggiudicazione definitiva, possono formare oggetto di ritiro in via di autotutela decisoria in funzione di riesame.

Tale principio è stato consacrato dall’art. 11, co. 9, del d.lgs. n. 163 del 2006 – c.d. codice dei contratti pubblici, inapplicabile ratione temporis – che nel disciplinare il termine finale per la stipulazione del contratto fa comunque salvo il potere di autotutela dell’amministrazione: la disposizione chiarisce quale sia, per la stazione appaltante, la portata del vincolo derivante dall’intervenuta aggiudicazione. L’amministrazione non è infatti incondizionatamente tenuta alla stipulazione del contratto, ma l’impegno conseguente alla definitiva individuazione dell’aggiudicatario può essere eliminato solo attraverso le procedure tipiche che regolano l’esercizio del potere di autotutela ora codificate dalla l. n. 241 del 1990 come novellata nel 2005. La norma sancita dall’ art. 11 cit. non è tuttavia esaustiva dell’autotutela in materia di appalti pubblici che non riguarda solo l’aggiudicazione, ma anche gli altri atti di gara, e che soggiace alle regole elaborate dalla giurisprudenza ed ora codificate dalla l. n. 15 del 2005.

Già prima della l. n. 15 del 2005 e del codice dei contratti pubblici, si è riconosciuto che nei procedimenti di gara, al di là degli atti tipici finalizzati allo scopo di verificare la legittimità dell’iter di formazione del contratto (quali l’approvazione e l’eventuale controllo), dovesse ritenersi vigente il generale principio dell’autotutela decisoria; pertanto, in aggiunta agli strumenti tipici di verifica immediata dell’attività compiuta dall’amministrazione, deve ritenersi consentito l’esercizio del generale potere di riesame in un momento successivo alla conclusione del procedimento; dunque l’estrinsecazione del potere di autotutela della p.a. non incontra alcun limite insuperabile nella convenzione intervenuta con il privato: i diritti e i doveri delle parti derivanti dall’accordo non sottraggono l’atto amministrativo presupposto al potere di autotutela pubblicistica (cfr. ex plurimis Cons. St., sez. V, 12 febbraio 2010, n. 743).

L’immanenza del potere di autotutela decisoria trova fondamento:

a) nel principio costituzionale di buon andamento ed imparzialità della funzione pubblica, senza che, a tal fine, occorra una diffusa motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico;

b) nel principio di diritto comune enucleato dall’art. 1328 c.c., in base al quale la proposta di concludere il contratto (qual è l’atto di indizione della gara, ancorché espressa in forma pubblicistica e subordinata all’osservanza delle regole procedimentali per la scelta del contraente), è sempre revocabile fino a che il contratto non sia concluso (cfr. ex plurimis Cons. St., sez. V, 12 febbraio 2010, n. 743).

6.2.2. Le caratteristiche fin qui illustrate del potere di autotutela decisoria in materia di procedure di appalto devono essere coordinate con i vincoli cassatori, rinnovatori e conformativi scaturenti dal giudicato di annullamento degli atti di gara.

6.2.3. In linea generale può affermarsi che anche dopo l’entrata in vigore del nuovo codice del processo amministrativo, il rapporto di incidenza fra autotutela amministrativa e giudicato del g.a. non deve essere risolto aprioristicamente (con l’affermazione assoluta della prevalenza del secondo sul primo), ma affidato in concreto al riscontro dell’esatta portata del medesimo giudicato e del bene della vita riconosciuto; sicché, ove il giudicato non inibisca l’esercizio dei tratti liberi dell’azione amministrativa (secondo la regola generale sancita adesso dall’art. 34, co. 2, primo periodo, c.p.a.), ovvero ne consenta espressamente la riedizione (come nel caso di specie), è inconfigurabile una situazione di inottemperanza (nella triplice enfatica epifania della mancata esecuzione, violazione o elusione).

6.3. Ribadito che il comune di Firenze non ha violato, eluso o mancato di eseguire (in tutto o in parte), il giudicato in esame, è giocoforza respingere la domanda di risarcimento del danno proposta dalla ditta Spinosa ai sensi dell’art. 112, co. 3, c.p.a.; tale norma, invero, presuppone l’accertamento in concreto di una delle tre condotte violative dell’obbligo generale di ottemperare ai giudicati del giudice amministrativo (ora sancito espressamente dall’art. 112, co. 1, c.p.a.).

Come rilevato dalla più recente giurisprudenza (cfr. Cons. St., sez. III, 5 maggio 2011, n. 2693; sez. V, 1 aprile 2011, n. 2031), in questa materia il nuovo codice ha cristallizzato un preciso orientamento giurisprudenziale, formatosi sotto l’egida della precedente normativa, che ammetteva la proposizione della domanda risarcitoria in sede di ottemperanza solo per il ristoro dei danni effettivamente insorti in occasione dell’esecuzione del giudicato (cfr. fra le tante, Cons. St., V, 28 febbraio 2006, n. 861; sez. VI, 8 marzo 2004, n. 1080).

7. Non essendo configurabile, per tutte le ragioni illustrate ai precedenti nn. 6.1. e 6.2., una situazione di inesecuzione del giudicato, che costituisce specifica condizione dell’azione di ottemperanza, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ex art. 35, co. 1, lett. b), c.p.a.

8. Nella complessità e parziale novità delle questioni trattate il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, co. 1, c.p.a e 92, co. 2, c.p.c., le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe:

a) dichiara inammissibile il ricorso proposto per l’ottemperanza della decisione di questa sezione n. 826 del 13 febbraio 2009;

b) respinge la domanda di risarcimento del danno da mancata esecuzione del giudicato;

c) dichiara integralmente compensate fra le parti le spese del presente giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente
Vito Poli, Consigliere, Estensore
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere
Doris Durante, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 23/05/2011

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