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Il reclamo avverso la modifica delle condizioni della separazione è impugnabile in cassazione – Cassazione Civile, Sentenza 11062/2011

Il decreto emesso a seguito di reclamo avverso il provvedimento di modifica delle condizioni della separazione dei coniugi, in quanto incidente su diritti soggettivi delle parti, nonché caratterizzato da stabilità temporanea, che lo rende idoneo ad acquistare efficacia di giudicato, sia pure “rebus sic stantibus”, è impugnabile dinanzi alla Corte di Cassazione con il ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111 Cost., e, dovendo essere motivato, sia pure sommariamente, può essere censurato anche per carenze motivazionali le quali sono prospettabili in rapporto all’ultimo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., nel testo novellato dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che qualifica come violazione di legge il vizio di cui al n. 5 del primo comma, alla luce dei principi del giusto processo, che deve svolgersi nel contraddittorio delle parti e concludersi con una pronuncia motivata (In tal senso: Cass. S.U. n. 22238/2009)

(© Litis.it, 30 Maggio 2011 – Riproduzione riservata)

Cassazione Civile, Sezione Prina, Sentenza n. 11062 del 19/05/2011
(Presidente Carnevale – Relatore Cultrera)
 
Svolgimento del processo
 
Con ricorso al Tribunale di Ancona, [OMISSIS] ha chiesto che, a modifica delle condizioni della separazione personale intervenuta con la moglie [OMISSIS] , gli venissero affidati i figli minori E. , M. e D. e che venisse revocato il contributo di mantenimento attribuito alla moglie in Euro 200,00 mensili. Il Tribunale ha respinto l’istanza con decreto 20/2006 che il [OMISSIS] ha impugnato con reclamo innanzi alla Corte d’appello di Ancona per ottenerne l’integrale riforma.
 
Nel contraddittorio dell’intimata, che si è opposta all’accoglimento del gravame, la Corte territoriale, con decreto depositato il 29.12.2006 ha respinto il reclamo. Il [OMISSIS] ha impugnato con ricorso per cassazione quest’ultimo provvedimento con quattro motivi cui l’intimata ha resistito con controricorso che ha altresì depositato memoria difensiva ai senni dell’art. 378 c.p.c..
 
 Motivi della decisione
 
In linea preliminare va affermata l’ammissibilità del ricorso, contestata dalla resistente sia per la natura non definitiva del provvedimento sia sull’assunto che il vizio di motivazione denunciato, in quanto non riferito alla sola carenza di motivazione riferibile per sua natura alla violazione di legge, non potrebbe comunque trovare ingresso.
 
Il decreto impugnato, “in quanto incidente su diritti soggettivi delle parti, nonché caratterizzato da stabilità temporanea, che lo rende idoneo ad acquistare efficacia di giudicato, sia pure “rebus sic stantibus”, è impugnabile dinanzi a questa Corte con il ricorso straordinario ai sensi dell’art. 111 Cost., e, dovendo essere motivato, sia pure sommariamente, può essere censurato anche per carenze motivazionali le quali sono prospettabili in rapporto all’ultimo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., nel testo novellato dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che qualifica come violazione di legge il vizio di cui al n. 5 del primo comma, alla luce dei principi del giusto processo, che deve svolgersi nel contraddittorio delle parti e concludersi con una pronuncia motivata”. Cass. S.U. n. 22238/2009.
 
I motivi esposti denunciano:
 
1.- violazione e falsa applicazione degli artt. 155 c.c. e 345 c.p.c. e vizio di omessa, illogica e contraddittoria motivazione. Espone quesito di diritto con cui chiede se sia preclusa in sede di reclamo la domanda di affidamento condiviso dei figli minori reiterata non già nell’atto introduttivo di quella fese ma nel corso del giudizio stesso.
 
Il motivo è inammissibile.
 
La Corte del merito ha sostenuto, quanto all’affidamento della prole, che la domanda dell’odierno ricorrente d’affido esclusivo della prole era inammissibile, in quanto era stata introdotta successivamente alla proposizione del reclamo, a seguito della costituzione di nuovo difensore, e quella d’affido condiviso non poteva essere accolta, in ragione della situazione di estrema conflittualità tra i genitori. L’errore ascritto al giudice del reclamo risiederebbe nell’aver questi applicato al regime dell’affidamento dei figli il principio della domanda, laddove la materia è affidata all’apprezzamento del giudice, che può provvedere d’ufficio. Non opererebbe dunque la ravvisata preclusione ai sensi dell’art. 345 c.p.c., trattandosi di materia sottratta al principio della domanda.
 
Il motivo introduce questione che, benché fondata in jure, non spiega tuttavia incidenza alcuna nell’economia della decisione censurata che si fonda, a prescindere dalle opposte richieste dei genitori, sulla verifica di una condizione di estrema e tesa conflittualità, preclusiva della tendenzialità collaborativa tra le figure genitoriali necessaria ad assicurare le basi minimali di una cogestione responsabile delle scelte inerenti la vita quotidiana dei figli minori.
 
La decisione, adeguatamente argomentata, è stata ineccepibilmente assunta a tutela dell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, ed esprime dunque una valutazione per sua natura discrezionale – Cass. nn. 18627/2006, 17043/2007 -, certamente svincolata dal principio della domanda, parametrata al solo interesse dei minori. La questione prospettata nel motivo in esame, estranea a questa ratio, non è sorretta da interesse concreto ed è perciò inammissibile.
 
Resta assorbito il vizio di motivazione esposto nel motivo in correlazione al vizio di violazione di legge esaminato.
 
2.- violazione dell’art. 155 comma 1 c.c. e degli artt. 3, 29, 30, 31 Cost. ed ancora vizio di motivazione assente o contraddittoria in ordine alla valutazione comparativa delle diverse opzioni affidative. In particolare si censura omessa comparazione fra l’habitat in cui risiede il nucleo familiare e quello rurale ed arcaico del luogo in cui la [OMISSIS] si è trasferita. Si chiede con conclusivo quesito di diritto: 1.- se in caso di trasferimento del genitore affidatario si debba procedere a comparazione dei diversi ambienti di vita; 2.- se in quel caso sia preferibile per la prole in rientro nell’ambiente originario. La sintesi conclusiva riferisce il vizio di motivazione all’omessa comparazione dei differenti habitat. Il motivo è infondato.
 
La Corte del merito ha sostenuto che la madre, cui erano stati affidati in via esclusiva i minori, era risultata idonea ad assolvere il suo ruolo genitoriale, né le si poteva rimproverare il trasferimento con i figli da Senigallia, ove risiedeva il nucleo familiare, ad un paesino della Puglia, siccome era stato motivato dall’esigenza di avvalersi del sostegno, anche economico, della sua famiglia d’origine, colà residente. Questo tessuto motivazionale, adeguatamente argomentato, rende conto del vaglio critico condotto dal giudice di merito sulla circostanza controversa, esaminata e valutata nella prospettiva ritenuta, secondo apprezzamento discrezionale, adeguata a concretare ed assicurare l’interesse non certo della madre affidataria, ma degli stessi figli minori, ai quali il controverso trasferimento ha assicurato il sostegno economico ed assistenziale di cui erano privi proprio nel loro habitat originario, anche in ragione del modesto sostegno economico del padre. Palesemente insussistente l’errore di diritto denunciato, atteso che la Corte del merito ha orientato la sua indagine nella prospettiva dell’effettivo interesse morale e materiale dei minori, la censura si risolve in una sostanziale sollecitazione ad una rilettura del dato discusso in una prospettiva personale e più favorevole, che in questa sede è preclusa.
 
3.- violazione dell’art. 155 comma 2 c.c. e degli artt. 710 e 711 c.p.c. e correlato vizio di motivazione. Si censura la statuizione assunta in ordine all’aumento dell’assegno per il concorso nel mantenimento dei minori da Euro 250 ad Euro 400 mensili, e si lamenta errata valutazione di un suo presunto, miglioramento economico, non dimostrato dalla [OMISSIS] benché onerata della relativa prova, ed omessa considerazione dei nuovi impegni economici sopravvenuti. Si chiede con conclusivo quesito di diritto se possa disporsi modifica delle condizioni della separazione laddove il coniuge obbligato abbia estinto precedenti esposizioni ma ne abbia nel contempo assunto altre equipollenti e non voluttuarie. La sintesi conclusiva si riferisce al vizio motivazionale si tale circostanza.
 
Il motivo è inammissibile.
 
L’assegno di mantenimento è stato aumentato dal giudice del reclamo sino all’importo mensile di Euro 450,00 poiché lo stesso [OMISSIS] si era dichiarato disponibile a versarlo all’esito del pagamento integrale del mutuo contratto per l’acquisto della casa coniugale, condizione questa che si era avverata in corso di giudizio, ed inoltre le sue risorse erano migliorate per effetto del recupero della disponibilità dell’anzidetto immobile. Trattasi di conclusione, sorretta da adeguata, puntuale e logica motivazione, che si basa su apprezzamento di fatti concretamente verificati, non sindacabile nel merito in questa sede.
 
4.- violazione dell’art. 156 c.c. e correlato vizio di motivazione. Si censura il decreto impugnato nella parte in cui dispone l’ordine diretto di pagamento dell’assegno al datore di lavoro del ricorrente. Si assume che l’inadempimento persistente e colpevole che lo giustifica in tesi non sussiste nella specie, né può identificarsi con isolato caso sincerato da precetto del gennaio 2006. Si chiede con conclusivo quesito di diritto se un caso sporadico di ritardato pagamento concreti l’inadempimento idoneo a giustificare l’ordine in contestazione. Il motivo è infondato.
 
In parte qua il decreto impugnato assume giustificato, alla luce della pregressa manifestata tendenza del [OMISSIS] ad evadere i propri obblighi contributivi, l’ordine di pagamento diretto dell’assegno da parte del datore di lavoro. La statuizione fa buon governo del disposto dell’art. 156 sesto comma c.c. che attribuisce al giudice, in caso d’inadempimento dell’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento, il potere di ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto, ed esprime una valutazione di opportunità basata sull’apprezzamento delle conseguenze del comportamento dell’obbligato che, anche se sporadico come assume l’odierno ricorrente, induca tuttavia a dubitare dell’esattezza e regolarità del futuro adempimento, “e quindi a frustrare le finalità proprie dell’assegno di mantenimento” – Cass. n. 23668/2006 -. Trattasi di valutazione affidata in via esclusiva al giudice di merito che, se adeguatamente motivata, non è sindacabile in questa sede. Le ragioni che sostengono la statuizione impugnata, trasfuse in un puntuale tessuto motivazionale, rendono conto di un percorso logico ineccepibilmente conforme al dettato normativo ed immune quindi da errore. Ne discende il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo.
 
 P.Q.M.
 
 La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidandole in 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

depositata in cancelleria il 19 maggio 2011

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