AmministrativaGiurisprudenza

Permanenza della condizione di invalido civile ai fini dell’efficacia del rapporto pubblico di lavoro – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3238/2011

L’art. 9 d.-l. 12 settembre 1983, n. 463, nel testo modificato dalla legge di conversione 11 novembre 1983, n. 638, prescrive, come regola generale, che l’accertamento dello stato invalidante, nella misura minima richiesta per l’assunzione obbligatoria, preceda anche l’atto di avviamento al lavoro, ma, al tempo stesso, evita che difficoltà operative possano ritardare l’assunzione, da parte dell’invalido, del posto di lavoro: perciò consente che il rapporto di lavoro sia instaurato anche se la visita di controllo non è stata ancora disposta ed effettuata; ma ne condiziona la permanenza all’esito di quest’ultima, perciò che è legittima la risoluzione del rapporto se alla visita di controllo si accerti che il soggetto non aveva i requisiti per l’assunzione privilegiata.

La situazione di invalido civile del dipendente pubblico condiziona non solo la regolarità dell’assunzione, ma anche la permanenza dell’efficacia del rapporto, che si fonda sul regime speciale riconosciuto ai dipendenti oggettivamente svantaggiati e che perciò esige la persistenza della condizione che legittima l’applicazione della disciplina di favore, anche a tutela di soggetti effettivamente invalidi e non avviati al lavoro. Ne consegue che ben potrà l’amministrazione, in seguito all’instaurazione del rapporto con l’invalido, verificare la permanenza dei requisiti soggettivi che ne hanno imposto l’assunzione obbligatoria, essendo titolare del relativo potere e, a maggior ragione, del dovere di verificare la legittimità della prosecuzione del vincolo, ogniqualvolta sospetti la mancanza (anche sopravvenuta) delle condizioni di applicabilità di questa disciplina.

(© Litis.it, 31 Maggio 2011 – Riproduzione riservata)

Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 3238 del 30/05/2011

FATTO

Con il ricorso di primo grado era stato chiesto dall’odierna appellante [OMISSIS] l’annullamento della nota prot.n. 12/D.G. Ris. in data 22 settembre 1997 a firma del Direttore generale dell’Azienda Ospedaliera Policlinico di Modena, con cui era stato risolto il rapporto di lavoro con la predetta Azienda Ospedaliera.

Erano state dedotte le censure di eccesso di potere e di violazione di legge.

Il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna ha respinto il ricorso rilevando in fatto che la [OMISSIS] era stata riconosciuta invalida civile con atto del Medico provinciale di Agrigento in data 9 luglio 1976, e che, successivamente, era stata sottoposta ad ulteriore accertamento in data 3 febbraio 1989 dalla Commissione presso l’Azienda Sanitaria di Parma e dichiarata “non invalida”.

La [OMISSIS] fu assunta in servizio il 19 maggio1989 sulla base della semplice dichiarazione della permanenza dello stato d’invalidità, e non fu immediatamente assoggettata a controllo.

Soltanto il 9 giugno1997 fu sottoposta ad accertamenti sanitari, dai quali emerse uno stato di “non invalidità”.

Premesso che le risultanze emerse in sede di accertamenti tecnico – sanitari svolti dall’Azienda Sanitaria di Parma non apparivano sindacabili (non emergendo vizi di illogicità e irrazionalità), il controllo successivo si appalesava quale atto dovuto in base all’art. 9 del d.-l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito dalla l. 11 novembre 1983, n. 368 (non avendo la ricorrente [OMISSIS] prodotto all’atto dell’assunzione la necessaria autocertificazione).

L’originaria certificazione dell’invalidità, peraltro nella misura del 35% e non del 46% come all’epoca previsto, era contraddetta da un successivo giudizio di non invalidità emesso dalla Commissione per gli invalidi civili presso l’Azienda Sanitaria di Parma il 3 febbraio 1989 e dagli accertamenti tecnici eseguiti il 9 giugno 1997, confermativi del precedente giudizio negativo.

La risoluzione costituiva la naturale evoluzione di quell’accertamento negativo e non sussisteva la violazione dell’art. 20 l. 2 aprile 1968, n. 482.

La [OMISSIS] ha appellato la sentenza chiedendone la riforma.

Essa ha premesso che alla camera di consiglio del 3 dicembre 1997 il Tribunale amministrativo regionale dell’Emilia-Romagna, con ordinanza cautelare n. 729/1997 aveva sospeso l’esecutività dell’atto di licenziamento impugnato in primo grado, e che l’Amministrazione aveva rinunciato all’appello cautelare proposto innanzi a questo Consiglio di Stato (ordinanza n. 290/1998 della Quarta Sezione, che aveva preso atto della rinuncia).

Il rapporto lavorativo intrattenuto dalla [OMISSIS] con l’Azienda Ospedaliera Policlinico di Modena era pertanto proseguito dal 1997 in poi, per oltre dodici anni, senza ulteriori contestazioni.

L’appellata sentenza era errata in quanto si fondava su un accertamento medico (del 3 febbraio 1989) effettuato per una patologia pneumologica, del tutto distinta da quella (ulcera gastrica) sulla scorta della quale l’appellante era stata dichiarata invalida nel 1976.

Peraltro, se rispondeva al vero che essa in data 9 giugno 1997 era stata sottoposta ad accertamenti sanitari, dai quali era emerso uno stato di “non invalidità”, si doveva riconoscere che in quella occasione erano stati evidenziati gli “esiti cicatriziali di una pregressa lesione ulcerativa gastrica”.

Ciò confortava l’esattezza del responso del Medico provinciale di Agrigento del 9 luglio 1976, con cui sera stato riconosciuto lo stato di invalidità della [OMISSIS].

L’accertamento medico in base al quale era stato escluso lo stato di invalidità della [OMISSIS] era tardivo; la sentenza non aveva colto la circostanza che la visita medica del 9 giugno 1997 (seppur superficiale ed errata nell’esito) aveva dato atto della situazione medica attuale, ma non aveva escluso che uno stato di invalidità sussistesse nel 1976.

Peraltro la [OMISSIS], l’8 luglio 2007 era stata nuovamente riconosciuta invalida con diminuzione della capacità lavorativa del 35%.

Sotto altro profilo, all’epoca in cui la [OMISSIS] fu avviata al lavoro (1989) non era applicabile, ratione temporis, l’art. 7, comma 2, d.-l. 23 novembre 1988, n.509.

La [OMISSIS] pertanto, con una percentuale di invalidità pari al 35%, aveva diritto ad avvalersi del collocamento obbligatorio.

Il primo giudice – prrosegue l’appellante – non aveva tenuto in considerazione l’affidamento riposto da essa appellante nel consolidamento del rapporto di lavoro, né del colpevole ritardo dell’Amministrazione nell’averla sottoposta a visita dopo ben otto anni dall’avvio del rapporto di impiego.

Il provvedimento di licenziamento impugnato non era assistito da puntuale motivazione ed era affetto da carenza istruttoria: la sentenza mutuava tali vizi e meritava di essere annullata.

All’ odierna adunanza camerale del 15 aprile 2011, fissata per l’esame della istanza cautelare di sospensione della esecutività dell’appellata sentenza la causa è stata posta in decisione

DIRITTO

1.Stante la completezza del contraddittorio e la mancata opposizione delle parti costituite – rese edotte della possibilità che il Collegio definisse la vicenda contenziosa con sentenza breve- la causa può essere decisa nel merito, tenuto conto dell’infondatezza dell’appello.

2. Si deve preliminarmente rilevare che la controversia rientra nella giurisdizione amministrativa, in quanto la risoluzione del rapporto è avvenuta antecedentemente al 30 giugno 1998, dato che il provvedimento di cessazione del rapporto è del 1997 (ex multis, Cons, Stato , VI, 27 luglio 2007, n. 4158).

2.1. Nel merito il Collegio condivide la ricostruzione compiuta dal primo giudice.

Per pacifica giurisprudenza l’art. 9 d.-l. 12 settembre 1983, n. 463, nel testo modificato dalla legge di conversione 11 novembre 1983, n. 638, prescrive, come regola generale, che l’accertamento dello stato invalidante, nella misura minima richiesta per l’assunzione obbligatoria, preceda anche l’atto di avviamento al lavoro, ma, al tempo stesso, evita che difficoltà operative possano ritardare l’assunzione, da parte dell’invalido, del posto di lavoro: perciò consente che il rapporto di lavoro sia instaurato anche se la visita di controllo non è stata ancora disposta ed effettuata; ma ne condiziona la permanenza all’esito di quest’ultima, perciò che è legittima la risoluzione del rapporto se alla visita di controllo si accerti che il soggetto non aveva i requisiti per l’assunzione privilegiata.

Questo Consiglio di Stato ha peraltro affermato che la situazione di invalido civile del dipendente pubblico condiziona non solo la regolarità dell’assunzione, ma anche la permanenza dell’efficacia del rapporto, che si fonda sul regime speciale riconosciuto ai dipendenti oggettivamente svantaggiati e che perciò esige la persistenza della condizione che legittima l’applicazione della disciplina di favore, anche a tutela di soggetti effettivamente invalidi e non avviati al lavoro. Ne consegue che ben potrà l’amministrazione, in seguito all’instaurazione del rapporto con l’invalido, verificare la permanenza dei requisiti soggettivi che ne hanno imposto l’assunzione obbligatoria, essendo titolare del relativo potere e, a maggior ragione, del dovere di verificare la legittimità della prosecuzione del vincolo, ogniqualvolta sospetti la mancanza (anche sopravvenuta) delle condizioni di applicabilità di questa disciplina. (Cons. Stato, V, 18 settembre 2003, n. 5297)

3. Nel caso di specie non si pone nemmeno una questione di verifica dell’attendibilità della visita medica del 1997 e del rapporto con la diagnosi formulata dal medico provinciale di Agrigento nel 1976; neppure può essere utilmente contestato l’esito della visita medica del 1997, alla luce della circostanza che quest’ultima seguì di circa 20 anni il precedente accertamento che nel 1976 aveva certificato la sussistenza dello stato di invalidità.

Ciò a cagione del fatto che l’appellante – già nel ricorso di primo grado – aveva omesso di dare atto di una rilevante circostanza, che ha portata risolutiva.

Invero risulta dagli atti di causa che già in data 3 febbraio 1989 la [OMISSIS], in occasione di una visita medica effettuata dalla Commissione per gli invalidi civili presso l’Azienda Sanitaria di Parma, era stata dichiarata non invalida.

Detto accertamento precede la data di assunzione della [OMISSIS] (avviata al lavoro in data 19 maggio 1989) e non è stato contestato giudizialmente in via autonoma dalla stessa appellante.

Costei fu avviata al lavoro sulla base della semplice dichiarazione della permanenza dello stato d’invalidità, non fu immediatamente assoggettata a controllo, e non fu tenuto conto della predetta visita medica del 3 febbraio 1989, il cui esito era ignoto all’Amministrazione che la assunse.

Il che implica che nel caso di specie si è in presenza di un duplice e convergente dato:

a) quello – di non invalidità – immediatamente precedente l’assunzione della [OMISSIS], ascrivibile alla Commissione per gli invalidi civili presso l’Azienda Sanitaria di Parma in data 3 febbraio 1989 e rimasto dall’appellante stessa incontestato;

b) l’esito dell’accertamento sanitario risalente al 1997, che ha fornito responso identico (di non invalidità) a quello suindicato.

In siffatta situazione, le contestazioni della appellante non confermano la realtà emergente dal processo.

La [OMISSIS] ha nominalmente contestato la fondatezza dell’esito della visita medica precedente il suo avviamento al lavoro, senza tener conto che, se l’Amministrazione fosse stata in possesso di tale dato certificativo dell’insussistenza dello stato di invalidità, non avrebbe potuto avviarla al lavoro.

Peraltro si trattava di una visita finalizzata all’accertamento dello stato di invalidità. Ne consegue che non è accoglibile la tesi della appellante secondo cui si trattava di una visita volta ad accertare (unicamente) patologie pneumologiche.

L’appellante, obliato questo risolutivo dato, ha poi posto in dubbio l’attendibilità (anche) della visita medica del 1997, e l’esito di non invalidità ivi contenuto, enfatizzando la circostanza che era stato ivi riscontrato l’“esito cicatriziale di una pregressa lesione ulcerativa gastrica”.

Sennonché, va osservato, appare strumentale ed infondato sollecitare l’interrogativo in ordine al momento in cui sarebbe cessato lo stato di invalidità, posto che risulta per tabulas che ciò avvenne antecendentemente all’avviamento al lavoro dell’appellante, come da esito delle visita medica cui la stessa fu sottoposta nel febbraio del 1989.

Se anche si dovesse convenire sulla circostanza che lo stato di invalidità sussisteva nel 1976, esso non permaneva certamente prima dell’avviamento al lavoro, e neppure nel 1997.

4. Tutte le altre doglianze proposte, dato che non tengono conto di tale fondamentale circostanza, appaiono non decisive.

In particolare, è ininfluente che al momento dell’avviamento al lavoro non fosse applicabile ratione temporis l’art. 7, comma 2, d.lgs. 23 novembre 1988, n.509, secondo cui gli invalidi civili iscritti negli elenchi di cui all’articolo 19 l. 2 aprile 1968, n. 482, il cui grado di invalidità è riconosciuto in base alla tabella in vigore anteriormente a quella di cui all’articolo 2, comma 1, conservano il diritto all’iscrizione negli elenchi se hanno un grado di invalidità superiore al 45 %; e gli invalidi civili con invalidità inferiore al 46 % conservano il diritto per dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 2, comma 1.

Su tale affermazione il Collegio concorda (avuto riguardo alla data di entrata in vigore del successivo decreto ministeriale), ma rileva anche che non ha portata decisiva perché al momento dell’avviamento al lavoro lo stato di invalidità era assente.

Per pacifica giurisprudenza, il combinato disposto degli artt. 10 e 20 l. 2 aprile 1968, n. 482 rende evidente che l’espletamento di una visita medica finalizzata ad accertare la compatibilità delle condizioni di salute del dipendente con le mansioni assegnate, può essere sollecitato, oltre che su iniziativa del dipendente, anche su impulso del datore di lavoro, pubblico o privato (Cons. Stato, VI, 8 novembre 2005, n. 6220).

Infine, la circostanza che il rapporto sia proseguito sino ad epoca recente non può aver ingenerato un affidamento giuridicamente rilevante, posto che la [OMISSIS] era a conoscenza delle pendenza del giudizio di merito in primo grado e del duplice accertamento negativo sanitario in ordine all’assenza di stati invalidanti già nella fase immediatamente antecedente all’assunzione.

Conclusivamente, la sentenza resiste alle censure contenute nel ricorso in appello, che deve pertanto essere disatteso.

Nessuna statuizione è dovuta sulle spese processuali stante la mancata costituzione in giudizio dell’appellata amministrazione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)definitivamente pronunciando sul ricorso, numero di registro generale 2274 del 2011 come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 aprile 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Roberto Garofoli, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 30/05/2011

 

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