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Annullamento autorizzazione paesaggiastica – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3344/2011

Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 3344 del 06/06/2011

FATTO e DIRITTO

Il Ministero per i beni e le attività culturali chiede la riforma della sentenza con la quale il Tribunale amministrativo regionale della Sardegna ha accolto il ricorso presentato dalla Friminvest s.r.l. avverso il provvedimento della Sovrintendenza per i beni architettonici e il paesaggio per le province di Sassari e Nuoro, recante annullamento dell’autorizzazione paesistica rilasciata dal comune di Arzachena per la realizzazione di cinque edifici a schiera nell’ambito del piano attuativo in località Porto Quadro – Cala d’Oro.

I) Il Tribunale amministrativo ha ritenuto fondato il motivo di ricorso con il quale si denunciava l’omessa valutazione, da parte della Soprintendenza, della consistenza meramente formale del riscontrato vizio di difetto di motivazione del provvedimento comunale, laddove il principio di cogestione del vincolo avrebbe comportato la considerazione dell’effettività della concreta lesione sostanziale del bene tutelato.

L’amministrazione appellante ricorda che le aree nell’ambito delle quali ricade l’intervento progettato sono state dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 con decreto ministeriale 30 aprile 1966; che, pertanto, trova applicazione l’art. 142 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, recante norme transitorie applicabili fino alla approvazione del piano paesaggistico; che il piano territoriale paesistico della Gallura, relativo anche alle aree in questione, è stato annullato con sentenza del Tribunale amministrativo della Sardegna n. 1203 del 2003; che, in assenza di piano paesaggistico, non è possibile procedere alla trasformazione dei beni tutelati se non nei limiti dell’art. 142 d.lgs. citato; che, in particolare, solo con il suddetto piano può essere prevista l’edificabilità di beni soggetti a tutela; che, pertanto, nella regione Sardegna, essendo stato annullato il piano paesaggistico, non sono applicabili le disposizioni transitorie dettate dal capo V del d.lgs. n. 42 del 2004, come è confermato dal successivo art. 159; che, inoltre, la legge regionale della Sardegna 25 novembre 2004, n. 38 ha introdotto il divieto di edificazione della durata di 18 mesi e che le deroghe introdotte dalla medesima legge non sono applicabili, altrimenti dovendosi ritenere la violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, come modificate dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, dalla quale emerge che lo Stato ha competenza esclusiva nelle materie concernenti la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, restando alla Regione la competenza legislativa integrativa e attuativa e solo per la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali; che in forza sia della legge nazionale sia di quella regionale qualsiasi intervento dovrà scontare la previa nuova autorizzazione, dopo la scadenza del regime di salvaguardia imposto dall’art. 3 della citata legge regionale; che, quindi, il ricorso di primo grado si manifesta inammissibile per carenza di interesse.

Nel merito, l’appellante censura la sentenza impugnata poiché, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, la Soprintendenza non si è limitata a rilevare il difetto di motivazione dell’autorizzazione comunale, ma ha evidenziato, sia pure nei limiti della valutazione di legittimità che le appartiene, la lesione sostanziale al paesaggio arrecata dalla realizzazione dell’intervento progettato, di notevole e irreversibile impatto, e ha censurato la mancata considerazione di tutti gli elementi che, a norma dell’art. 146, comma 5, d.lgs. cit. devono costituire il contenuto dell’autorizzazione.

II) La sentenza impugnata merita la riforma chiesta con l’appello, il quale è fondato nel merito (e può, pertanto, prescindersi dall’esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, qui riproposta dall’amministrazione appellante).

L’area interessata dall’intervento della Friminvest s.r.l., di notevole impatto ambientale (descritta, nel provvedimento della Soprintendenza, come afferente alla realizzazione di cinque corpi di fabbrica comprendenti ciascuno due ville) è oggetto di specifica tutela in forza del decreto ministeriale 30 aprile 1966 in ragione della particolare orografia, delle grandissime macchie di flora mediterranea, del colore delle rocce e delle insenature che si susseguono in quadri naturali di incomparabile valore, della unicità della tipologia dell’abitato, che costituisce un complesso imponente di cose immobili avente valore estetico tradizionale. A fronte di tali motivazioni, puntualmente riportate nel decreto di vincolo, il Comune di Santa Teresa di Gallura ha ritenuto autorizzabili i lavori perché “l’intervento proposto non preclude particolari emergenze paesaggistiche del contesto. Le costruzioni di altezza modesta non svettano rispetto allo sky-line della collina e pertanto si inseriscono nel contesto senza creare contrasto” sia pure con la precisazione che “le aree libere dovranno essere reintegrate conformemente ai loro valori paesaggistici” e con la “condizione che vengano presentate una tavola di adeguamento alla l.r. 13 del 1989 per gli spazi esterni e una sezione longitudinale e trasversale indicanti la linea naturale del terreno e quella sistemata”.

Come è evidente, tale motivazione si risolve in parte in mera tautologia, ed evidenzia, per il resto, l’insufficienza della istruttoria esperita dall’amministrazione municipale, che ha autorizzato l’intervento senza la completa conoscenza di tutta la documentazione necessaria, della quale chiede l’acquisizione. Difetta ogni reale valutazione circa l’incidenza dell’intervento con il contesto protetto e sulla relativa compatibilità. Le valutazioni compiute dal Comune sono, quindi, insufficienti a legittimare l’autorizzazione paesaggistica, che non può prescindere dal considerare tutte le caratteristiche dell’intervento esaminato in relazione a tutti gli elementi che hanno costituito ragione dell’imposizione del vincolo. Ne deriva che legittimamente la Soprintendenza ha svolto un vaglio che non è di merito circa l’assentibilità dell’intervento, ma, nell’ambito dell’esame della legittimità del provvedimento di base, rileva la carenza o la distorsione di elementi di diritto, quali l’assoluta insufficienza della valutazione compiuta dal Comune, sia sotto il profilo della motivazione, sia sotto quello dell’istruttoria, poiché, richiedendo l’integrazione documentale sopra indicata, l’amministrazione comunale “manifesta la necessità di acquisire documentazione grafica mancante e necessaria per una completa valutazione del progetto e palesa una reale contraddizione nel richiedere documentazione aggiuntiva a posteriori, pur essendo già stato emesso un parere di conformità paesistica che evidentemente prescindeva dalla valutazione completa del progetto in questione”.

Sotto ambedue i profili rilevati dalla Soprintendenza, il provvedimento oggetto del ricorso di primo grado si manifesta, in conclusione, congruamente motivato in relazione alla riscontrata illegittimità dell’autorizzazione esaminata.

III) Restano da esaminare le altre censure sollevate dalla società ricorrente in primo grado, non esaminate dal primo giudice (in quanto assorbite nell’accoglimento del motivo sopra esaminato).

Sostiene la società appellata che le opere oggetto di valutazione si inserivano in un piano attuativo già autorizzato sotto il profilo paesaggistico: la motivazione dell’autorizzazione rilasciata dall’amministrazione comunale avrebbe quindi dovuto essere considerata sufficiente, data la compatibilità ambientale già attestata in via generale.

La censura non ha pregio. Lvalutazione avente ad oggetto il piano di lottizzazione non può assorbire, rifluendo a cascata su tutti gli interventi che in tale piano si inseriscono , la valutazione su ogni singolo intervento, perché altrimenti si cancellerebbe, contro la legge (la quale vuole sia valutato e legittimato ogni singolo intervento) la necessità dell’autonoma autorizzazione per ciascuno dei vari manufatti. Per ogni intervento, infatti, devono essere considerate le individue caratteristiche costruttive, il concreto inserimento nel tessuto esistente, le dimensioni e l’ubicazione, al fine di valutarne la compatibilità con il vincolo, secondo le prescrizioni e i parametri dettati dall’art. 146 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42: a) la compatibilità rispetto ai valori paesaggistici riconosciuti dal vincolo; b) la congruità con i criteri di gestione dell’immobile o dell’area; c) la coerenza con gli obiettivi di qualità paesaggistica, elementi tutti che non sono stati presi in considerazione dall’amministrazione comunale nel rilasciare l’autorizzazione, la quale è stata, perciò, anche sotto l’aspetto qui considerato legittimamente annullata dalla Soprintendenza.

IV) In conclusione, l’appello è fondato e merita accoglimento; di conseguenza, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado deve essere respinto.

Le spese seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Condanna la società appellata a rifondere all’amministrazione appellante le spese di lite, nella misura di 2.000 (duemila) euro per entrambi i gradi del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 06/06/2011

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