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Contributi da restituire al dipendente cessato dal servizio prima che maturasse il diritto a pensione – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3388/2011

In sede di individuazione certa dei criteri inerenti la quantificazione dei contributi da restituire al dipendente cessato dal servizio prima che maturasse il diritto a pensione, compete agli ex dipendenti che si trovino in tale descritta situazione, ex art. 32 , comma 1, lettera b) del Regolamento Integrativo di Previdenza dell’E.N.A.O.L.I., soltanto la restituzione della quota parte da essi versata e cioè un terzo dell’intero ammontare dei contributi versati, ricadenti a carico, per due terzi, dell’Amministrazione e per un terzo a carico del lavoratore.

(© Litis.it, 12 Giugno 2011 – Riproduzione riservata)

Consiglio di Stato, Sezione Quarta, Sentenza n. 3388 del 06/06/2011

FATTO e DIRITTO

1. – La vicenda sottoposta all’esame del Collegio prende le mosse dalla sentenza del Pretore di Napoli n. 3995 del 198,6 che condannava l’allora Ministero del Tesoro a restituire all’attuale appellante [OMISSIS] e ad altri dipendenti E.N.A.O.L.I. “…gli interi contributi versati…” al Fondo integrativo di previdenza per la pensione integrativa, liquidati in lire 6.576.351, “…tenendo conto cioè della quota a carico del dipendente e di quella a carico dell’ente soppresso…”.

A seguito della riforma di detta sentenza da parte del Tribunale di Napoli con decisione n. 2544 del 1988 (dichiarativa del difetto di giurisdizione dell’A.G.O., essendo competente in via di giurisdizione esclusiva il Giudice Amministrativo), confermata dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 1793 del 1991, il Ministero del Tesoro emanava un primo provvedimento (n. 615677 del 16 giugno 1997) con il quale ordinava al sig. [OMISSIS] la restituzione dell’intera somma liquidatagli dal Pretore di Napoli, comprensiva anche della quota parte di contributi versati dal predetto appellante, oltre che delle due quote versate dal datore di lavoro.

Con ricorso n. 2821 del 1998, proposto innanzi al TAR della Campania, il [OMISSIS] impugnava detto provvedimento.

2. – Con altro provvedimento n. 614923 del 9 luglio 1998 lo stesso Ministero del Tesoro ha nuovamente ingiunto al sig. [OMISSIS] la restituzione delle somme liquidategli dal Pretore di Napoli con la su citata sentenza, in misura, però, inferiore alla precedente intimazione n. 615677 del 16 giugno 1997, avendo depurato la somma richiesta in restituzione al predetto appellante di un terzo, e cioè di quanto versato dallo stesso sig. [OMISSIS] (il monte infatti era costituito da due terzi a carico dell’Amministrazione ed un terzo a carico del dipendente).

3. – Con la sentenza impugnata il TAR per la Campania ha deciso il ricorso (n. 8560 del 1998) proposto dal sig. [OMISSIS] per l’annullamento di detta nuova determinazione dell’Amministrazione, affermando, in particolare, che quest’ultima correttamente ha stabilito l’entità della somma chiesta in restituzione, siccome depurata, alla stregua della pacifica giurisprudenza in materia del giudice amministrativo, della sola parte a suo tempo versata dal dipendente ex E.N.A.O.L.I., che è corrispondente ad un terzo dell’intero ammontare contributi invece liquidata dal Pretore di Napoli in favore del sig. [OMISSIS].

Ha, inoltre, ritenuto infondata anche la doglianza di violazione dell’ordinanza cautelare emessa dal TAR nel giudizio introdotto con ricorso n. 2821 del 1998 e concernente il primo dei citati provvedimenti di restituzione (n. 615677 del 16 giugno 1997), essendo distinti e separati i contenuti dei due provvedimenti impugnati.

4. – Con l’appello in epigrafe il sig. [OMISSIS] ha chiesto la riforma di detta sentenza per i seguenti motivi:

– violazione e falsa applicazione dell’art. 5 della L.R. Campania n. 33 del 23 novembre 1983, nonché eccesso di potere perché competerebbe “…la restituzione dei contributi all’assicurato, comprensivi di interessi e rivalutazione, non potendosi applicare il principio generale della ripetibilità dei contributi assicurativi e previdenziali per l’ostativa specifica previsione regolamentare di cui ai decreti interministeriali 22 febbraio 1971 e 17 ottobre 1969…”, i quali prevedono che all’impiegato cessato dal servizio senza avere maturato il diritto a pensione spetta un’indennità costituita, fra l’altro, “…da una somma, determinata sulla base dell’allegata tabella D, a titolo di restituzione dei contributi versati al fondo dall’Amministrazione e dall’impiegato per i periodo di servizio effettivo…”;

– inosservanza dell’ordinanza cautelare del TAR Campania n. 344 del 1998 per mancata adozione del provvedimento di annullamento del provvedimento i cui effetti sono stati sospesi da detta ordinanza, nonché violazione del diritto di difesa.

5. – Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Economia e delle Finanze, quale successore ex lege del Ministero del Tesoro, che con memoria ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità dell’appello per avere il proponente ripetuto pedissequamente i motivi del ricorso di primo grado, senza dunque formulare, come necessario, alcuna critica alla motivazione di rigetto esposta nella sentenza impugnata; ha, inoltre, diffusamente argomentato in ordine al merito della controversia richiamando a sostegno della conferma della pronunzia del primo Giudice la pacifica giurisprudenza formatasi in materia in senso negativo alla richiesta dell’appellante.

6. – Con memoria depositata in previsione della discussione dell’appello si è costituito in giudizio, quale difensore aggiunto del sig. [OMISSIS], l’avv. Giulio Cimaglia che ha ulteriormente illustrato le tesi sviluppate in detto appello, ribadendo la richiesta di integrale riforma della sentenza impugnata.

7. – Tutto ciò precisato, in punto di fatto, preliminarmente osserva il Collegio che può prescindersi dall’esame dell’eccezione di inammissibilità sollevata dalla resistente Amministrazione in quanto l’appello è, comunque, infondato nel merito.

8. – L’appellante sostiene che, a mente dei decreti interministeriali emanati il 22 febbraio 1971 per gli assicurati ENPAS ed il 17 ottobre 1969 per l’INAM , gli competerebbe la restituzione dell’intero ammontare dei contributi versati per la sua pensione integrativa, quale ex dipendente E.N.A.O.L.I., disponendosi letteralmente in tal senso da parte di dette fonti regolamentari, che, in assenza di qualsivoglia altra disposizione legislativa in materia, non potrebbero non trovare applicazione nel caso in esame.

La tesi non può essere condivisa in quanto nella fattispecie applicazione opera il Regolamento Integrativo di Previdenza dell’E.N.A.O.L.I., ente originario datore di lavoro dell’appellante, che ragionevolmente prevede la restituzione all’interessato che non abbia maturato il diritto a pensione soltanto della quota parte di contributi da esso versati, ai fini della pensione integrativa.

Ed in vero, come ha chiarito da tempo la giurisprudenza della Sezione (cfr. n. 655 del 1987) in sede di individuazione certa dei criteri inerenti la quantificazione dei contributi da restituire al dipendente cessato dal servizio prima che maturasse il diritto a pensione, compete agli ex dipendenti che si trovino in tale descritta situazione, ex art. 32 , comma 1, lettera b) del citato regolamento, soltanto la restituzione della quota parte da essi versata e cioè un terzo dell’intero ammontare dei contributi versati, ricadenti a carico, per due terzi, dell’Amministrazione e per un terzo a carico del lavoratore.

Né può indurre a diverso avviso la tesi dell’appellante, ancorata alla mera formulazione letterale della norma del decreto interministeriale ENPAS e del decreto interministeriale INAM, laddove è utilizzata la locuzione “…a titolo di restituzione dei contributi versati dall’Amministrazione e dall’impiegato per i periodi di servizio effettivo…”, in quanto essa confligge con l’evidente indebito arricchimento di cui si avvantaggerebbe il dipendente che matura la pensione, vertendosi in tema di restituzione del dovuto a chi abbia provveduto soltanto pro quota alla contribuzione al monte complessivo pensione integrativa ed essendo stati versati dall’Amministrazione i due terzi del complessivo versato.

Parimenti infondato è, inoltre, l’ulteriore rilievo del sig. [OMISSIS] secondo il quale discenderebbe dalla norma dell’art. 5 della legge regionale Campania n. 33 del 1983 il suo buon titolo alla restituzione dell’intero versato, atteso che detta fonte, avendo valenza generale, non incide sulla specifica fattispecie in esame e non consente, in ogni caso, di dedurre dal proprio contenuto dispositivo una inutilizzabilità assoluta delle quote versate dall’Amministrazione e, quindi, un diritto del dipendente a percepire le relative somme.

Tutto ciò, in disparte il rilievo che la non raggiunta maturazione del diritto a pensione mal si concilia, comunque, in punto di principio logico, con la restituzione dell’intero ammontare di una somma cui hanno contribuito più soggetti, potendosi concepire una “restituzione” sempre e soltanto che ci sia stata una preventiva, corrispondente “dazione” di quanto si pretende, la qual cosa è certamente esclusa nella specie per i due terzi richiesti dal Ministero appellato, non essendo in contestazione tra le parti che tali due terzi di contributi siano stati versati dal datore di lavoro.

Infine, privo di pregio è, anche, il secondo motivo di appello essendo del tutto evidente la diversità di contenuto dei due provvedimenti e ben potendo l’Amministrazione procedere anche all’annullamento implicito di un proprio provvedimento attraverso l’emanazione di un una nuova e diversa statuizione che dia rinnovato assetto agli interessi già regolati con il primo atto.

Ciò è avvenuto esattamente nella fattispecie in esame attraverso il provvedimento impugnato in questa sede, che ha completamente modificato il contenuto argomentativo e dispositivo del primo provvedimento di restituzione somme emanato nei confronti del sig. [OMISSIS], come chiaramente si evince dalla diversa imputazione e consistenza della disposta restituzione di contributi.

9. – In conclusione la sentenza del primo Giudice merita di essere confermata, con conseguente rigetto dell’appello in epigrafe.

Quanto alle spese del presente grado di giudizio ritiene il Collegio che, vertendosi in materia previdenziale, sia equo non porle a carico del soccombente sig. [OMISSIS].

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 9285 del 2006, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2011 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Guido Romano, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 06/06/2011

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