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Mancata ammissione all’esame di maturità. Censurabilità della valutazione discrezionale – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3446/2011

Oggetto del giudizio sulla mancata ammissione di uno studente all’esame di maturità è il corretto esercizio, o meno, della c.d. discrezionalità tecnica, ovvero di un apprezzamento effettuato sulla base di conoscenze tecnico-scientifiche riconducibili non solo alle diverse discipline, previste come materia di esame nell’ultimo anno di corso, ma anche al giudizio di valore che caratterizza l’attività didattica, da intendere come valutazione affidata al personale docente della scuola, circa le capacità di apprendimento e le competenze acquisite dagli studenti, in conformità all’interesse sia pubblico che privato al raggiungimento di adeguati livelli di formazione culturale dei giovani. In ordine a tale apprezzamento – insindacabile nel merito – la cognizione del Giudice Amministrativo è pur sempre piena, in conformità all’indirizzo giurisprudenziale, formatosi a partire dalla decisione del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 601 del 9.4.1999 (secondo cui – pur tenendo conto dei limiti oggettivi di opinabilità e relatività di ogni valutazione scientifica – il giudizio di legittimità può estendersi alla esatta valutazione del fatto, secondo i parametri della disciplina nella fattispecie applicabile).

Il giudice amministrativo, pertanto, può ritenere censurabile una valutazione discrezionale che si ponga al di fuori dell’ambito di esattezza o attendibilità, quando non appaiano rispettati parametri tecnici di univoca lettura, ovvero orientamenti già oggetto di giurisprudenza consolidata, o di dottrina dominante in materia. (cfr. anche, in termini, CdS, sez IV, 13 ottobre 2003, n. 6201).

Nella situazione in esame, tuttavia, entra in discussione non l’attendibilità dei voti che, nel corso dell’anno scolastico 2009/2010, erano stati assegnati allo studente di cui trattasi, ma – sostanzialmente – il giudizio di valore finale che, in rapporto ad una valutazione complessiva del profitto, delle capacità e dell’impegno dello studente, doveva attestare l’idoneità di quest’ultimo a sostenere gli esami finali, o richiedere per tale idoneità un prolungato periodo di formazione culturale (previa attivazione sia di adeguati canali di comunicazione nei confronti della famiglia, sia di iniziative di recupero delle lacune formative riscontrate, nel corso dell’anno scolastico).

In tale delicato contesto, non possono predisporsi rigide griglie di valutazione, uniformi per tutti gli studenti, dovendo effettuarsi valutazioni di merito assoluto e non comparativo, di modo che a situazioni scolastiche simili – sul piano dei voti conseguiti – possono corrispondere giudizi finali differenziati, in rapporto alla personalità e all’impegno dei singoli, secondo il globale apprezzamento del corpo docente.

(© Litis.it, 13 Giugno 2011 – Riproduzione riservata)

Consiglio di Stato, Sezione Sesta, Sentenza n. 3446 del 08/06/2011

FATTO e DIRITTO

Con atto di appello notificato il 3.5.2011 il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha impugnato la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise n. 152/11 del 7.4.2011, notificata in data 8.4.2011, con la quale veniva accolto il ricorso avverso il provvedimento di non ammissione dello studente [OMISSIS] agli esami di Stato presso il liceo scientifico “A. Romita” di Campobasso, al termine dell’anno scolastico 2009/2010.

Nella citata sentenza le ragioni del ricorrente erano ritenute fondate, anche dopo il riesame effettuato – con esito non favorevole per lo stesso – a seguito di ordinanza cautelare del TAR, riducendosi tale riesame a “mera parentesi processuale”, non richiedente l’impugnazione del nuovo atto emesso dall’Amministrazione; quanto alla relazione – parimenti non favorevole all’interessato – depositata il 6.12.2010 dal dirigente scolastico prof. [OMISSIS] (in esito ad una verificazione disposta dal medesimo TAR con ordinanza. 259/2010), nella medesima sentenza si riteneva di dover tenere conto solo dei “dati oggettivamente esposti” e non anche delle “valutazioni giuridiche fatte dal verificatore”, con ritenuta illegittimità del giudizio di non ammissione contestato in base alle seguenti circostanze:

a) non puntuale osservanza delle previsioni del Piano di Offerta Formativa (POF) predisposto dall’Istituto, in base al quale il risultato negativo dello studente avrebbe potuto essere formalizzato solo sulla base di un congruo numero di prove e non sulla base di una mera media aritmetica, ma con complessiva valutazione delle capacità di recupero dell’alunno e delle iniziative di sostegno, poste in essere dalla scuola, con predeterminazione di griglie di giudizio uniformi, “nel cui ambito valorizzare adeguatamente i criteri imposti dal POF”;

b) difetto di motivazione del giudizio negativo di cui trattasi, che avrebbe potuto essere espresso solo sulla base di “profonde lacune nella preparazione…, mancato conseguimento degli obiettivi minimi della programmazione, difficoltà di recupero, mancato impegno, frequenza non regolare, carente autonomia organizzativa”;

c) disparità di trattamento, in quanto “in casi analoghi, ma non peggiori, rispetto alla situazione del ricorrente” sarebbe stata emessa una valutazione finale di sufficienza.

In sede di appello, l’Amministrazione ha prospettato censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili, sottolineando come la mancata ammissione agli esami di maturità fosse riconducibile, nel caso di specie, a constatata insussistenza delle condizioni minime previste dalla normativa in vigore (art. 6, comma 1, del D.P.R. 22.6.2009, n. 122 e art. 2 O.M. 44/2010), richiedente “votazioni non inferiori a sei decimi in ciascuna disciplina e un voto di comportamento non inferiore a sei decimi”, senza possibilità di sostituzione dell’Organo giudicante all’Autorità amministrativa competente (Consiglio di classe o Commissione d’esame).

Premesso quanto sopra – e ritenuti sussistenti i presupposti per emettere sentenza in forma semplificata – il Collegio ritiene che l’appello debba essere accolto.

Oggetto del presente giudizio è infatti il corretto esercizio, o meno, nel caso in esame della c.d. discrezionalità tecnica, ovvero di un apprezzamento effettuato sulla base di conoscenze tecnico-scientifiche, per quanto qui interessa riconducibili non solo alle diverse discipline, previste come materia di esame nell’ultimo anno di corso del liceo scientifico, ma anche al giudizio di valore che caratterizza l’attività didattica, da intendere come valutazione affidata al personale docente della scuola, circa le capacità di apprendimento e le competenze acquisite dagli studenti, in conformità all’interesse sia pubblico che privato al raggiungimento di adeguati livelli di formazione culturale dei giovani. In ordine a tale apprezzamento – insindacabile nel merito – la cognizione del Giudice Amministrativo è pur sempre piena, in conformità all’indirizzo giurisprudenziale, formatosi a partire dalla decisione del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 601 del 9.4.1999 (secondo cui – pur tenendo conto dei limiti oggettivi di opinabilità e relatività di ogni valutazione scientifica – il giudizio di legittimità può estendersi alla esatta valutazione del fatto, secondo i parametri della disciplina nella fattispecie applicabile).

Il giudice amministrativo, pertanto, può ritenere censurabile una valutazione discrezionale che si ponga al di fuori dell’ambito di esattezza o attendibilità, quando non appaiano rispettati parametri tecnici di univoca lettura, ovvero orientamenti già oggetto di giurisprudenza consolidata, o di dottrina dominante in materia. (cfr. anche, in termini, CdS, sez IV, 13 ottobre 2003, n. 6201).

Nella situazione in esame, tuttavia, entra in discussione non l’attendibilità dei voti che, nel corso dell’anno scolastico 2009/2010, erano stati assegnati allo studente di cui trattasi, ma – sostanzialmente – il giudizio di valore finale che, in rapporto ad una valutazione complessiva del profitto, delle capacità e dell’impegno dello studente, doveva attestare l’idoneità di quest’ultimo a sostenere gli esami finali, o richiedere per tale idoneità un prolungato periodo di formazione culturale (previa attivazione sia di adeguati canali di comunicazione nei confronti della famiglia, sia di iniziative di recupero delle lacune formative riscontrate, nel corso dell’anno scolastico).

In tale delicato contesto, sembra appena il caso di sottolineare come non potessero predisporsi rigide griglie di valutazione, uniformi per tutti gli studenti, dovendo effettuarsi valutazioni di merito assoluto e non comparativo, di modo che a situazioni scolastiche simili – sul piano dei voti conseguiti – potevano corrispondere giudizi finali differenziati, in rapporto alla personalità e all’impegno dei singoli, secondo il globale apprezzamento del corpo docente. In base ai parametri indicati – e tenuto conto dell’insindacabilità, nel merito, dell’apprezzamento espresso dagli insegnanti – il Collegio ritiene che non trovino conferma i profili di incongruità, o violazione delle regole, rilevati nella sentenza appellata.

In particolare, emergono dagli atti un vasto quadro di insufficienze dello studente di cui trattasi, la completezza dell’informazione al riguardo fornita, sia allo stesso che alla famiglia, nonché l’attivazione del previsto “sportello didattico”, di cui il medesimo studente – come attestato nel verbale di verificazione del 6.12.2010 – non avrebbe mai ritenuto opportuno avvalersi.

Il medesimo verbale, peraltro, contiene una puntuale ed approfondita disamina di tutti gli adempimenti posti in essere dall’Istituto, nel rispetto del proprio Piano di Offerta Formativa e nell’esercizio della delicata attività di valutazione didattica di cui trattasi, senza che emergano fattori di incongruità, irragionevolezza o disparità di trattamento (sotto ques’ultimo profilo, nella peculiare accezione in cui tale vizio funzionale potrebbe emergere per valutazioni, come già rilevato, di merito assoluto e non comparativo).

Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere accolto, con le conseguenze precisate in dispositivo; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, la natura degli interessi coinvolti induce il Collegio stesso a disporne la compensazione per i due gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie l’appello specificato in epigrafe e, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto in primo grado.

Compensa le spese dei due gradi di giudizio.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2011 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Roberto Garofoli, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 08/06/2011

 

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