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Giudizio sul silenzio rifiuto ed individuazione dei controinteressati – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3459/2011

Consiglio di Stato, Sezione Quinta, Sentenza n. 3459 del 08/06/2011

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in appello in epigrafe indicato il Comune di Priverno chiedeva l’annullamento o la riforma della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla ditta Di Girolamo Antonio contro il silenzio tenuto dal Comune stesso sulla istanza di stipula della convenzione di cui all’art. 14 della legge regionale del Lazio n. 17/04, proposta a seguito di intervenuta delibera della Giunta Regionale di autorizzazione alla attività estrattiva n. 510 del 6 luglio 2009.

A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:

1) Erroneità della sentenza. Violazione dell’art. 21 bis della legge n. 1034/1971, difetto dei presupposti e difetto di motivazione in relazione alla censura di “Violazione e falsa applicazione degli artt. 14, 30 e 31 della L.R. 17/04; violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della L. n. 241/90. Violazione della delibera della Giunta Regionale n. 510/2009”

1.1) Il Giudice di primo grado non si è pronunciato sulla eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dal Comune di Priverno nell’assunto che non era sussistito alcun comportamento omissivo o inerte dell’Amministrazione idoneo a costituire presupposto per l’attivazione del procedimento giurisdizionale ex art. 21 bis della l. n. 1034 del 1971, considerato anche che il sig. Di Girolamo non aveva neppure impugnato la nota del 21.10.2009, prot. n. 18518, con cui il Comune aveva comunicato la impossibilità di procedere alla stipula della convenzione.

1.2) Erroneamente con la impugnata sentenza non è stato imposto un generico dovere di provvedere, ma è stato imposto lo specifico contenuto del provvedimento da adottare mediante erroneo richiamo all’art. 12, comma 8, della legge regionale del Lazio n. 17/2004, nel non condivisibile presupposto che la stipula della convenzione con la ditta Di Girolamo conseguisse automaticamente al rilascio dell’autorizzazione da parte della Regione Lazio e che non residuassero al riguardo poteri valutativi in capo al Comune.

Con atto depositato il 18.11.2010 si è costituito in giudizio il sig. Antonio Di Girolamo, che ha chiesto che il ricorso in appello sia dichiarato inammissibile o infondato.

Con atto notificato il 3.1.2011 e depositato il 4.1.2011 è intervenuta ad adiuvandum la sig.ra Paola Di Stefano Ordono De Rosales, che ha dedotto che la sentenza impugnata è viziata perché emessa, in violazione dell’art. 21 bis della legge n. 1034/1971 (ora art. 117 c.p.a.), senza considerare che il ricorso giurisdizionale era inammissibile per omessa notifica ad almeno una parte controinteressata.

Con memoria depositata il 7.1.2011 il sig. Antonio Di Girolamo ha contestato la sussistenza della qualità di controinteressata in capo alla parte interveniente ed ha dedotto la infondatezza dell’appello, concludendo per la declaratoria di inammissibilità dell’atto di intervento e per la reiezione del gravame.

Con memoria depositata il 14.1.2010 la interveniente ha replicato alle avverse argomentazioni.

Alla camera di consiglio del 25.1.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da verbale di causa agli atti del giudizio.

1.- La Sezione, quanto all’intervento in giudizio, ad adiuvandum, della sig.ra Paola Di Stefano Ordono De Rosales, che ha eccepito che la sentenza impugnata sarebbe viziata perché emessa, in violazione dell’art. 21 bis della legge n. 1034/1971 (ora art. 117 c.p.a.), senza considerare che il ricorso giurisdizionale era inammissibile per omessa notifica ad almeno una parte controinteressata, ritiene l’atto di intervento inammissibile per carenza di legittimazione dell’interveniente.

Premesso che, nel giudizio sul silenzio, deve ritenersi controinteressata la parte che resta direttamente pregiudicata dalla dichiarazione dell’obbligo dell’Amministrazione di provvedere, deve escludersi che la suddetta interveniente, già proprietaria dell’area interessata dalla autorizzazione di cui trattasi e che aveva a suo tempo impugnato giurisdizionalmente detto provvedimento, potesse essere direttamente lesa nei suoi interessi giuridicamente tutelati dal giudizio proposto dalla ditta Di Girolamo contro il silenzio mantenuto dal Comune resistente sulla richiesta formulata dalla citata ditta di stipula della convenzione, sia perché detta stipula, come meglio sarà evidenziato in seguito, è da considerare atto dovuto a seguito del rilascio della autorizzazione regionale, sia perché la sig.ra Di Stefano non era contemplata nell’atto impugnato, ovvero facilmente individuabile dalla lettura dello stesso, e sia perché essa non ha dimostrato la esistenza, all’epoca del giudizio di primo grado, di provvedimenti giurisdizionali che le abbiano riconosciuto la titolarità di legittimazione attiva ad impugnare detta autorizzazione e che ne abbiano sospeso la efficacia o la abbiano annullata, rendendola titolare di interesse sostanziale opposto a quello fatto valere in ricorso.

Non rivestendo la suddetta interveniente la qualità di controinteressata nel giudizio suddetto non può ritenersi che la sentenza che ha accolto il relativo ricorso fosse viziata dalla mancata declaratoria della sua inammissibilità per omessa notifica ad almeno una parte controinteressata.

Conseguentemente anche l’atto di intervento ad adiuvandum della sig.ra Di Stefano nel presente giudizio è da valutare inammissibile per difetto di legittimazione attiva.

2.- Nel merito va rilevato che con il primo motivo posto a base del gravame è stato dedotto che la impugnata sentenza sarebbe viziata da omessa pronuncia sulla eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, formulata dal Comune appellante nell’assunto che non era sussistito alcun comportamento omissivo o inerte dell’Amministrazione idoneo a costituire presupposto per l’attivazione del procedimento giurisdizionale ex art. 21 bis della l. n. 1034 del 1971, essendo emerse problematiche ostative alla stipula della convenzione di cui trattasi, in relazione alle quali l’Amministrazione comunale aveva il potere dovere di attivarsi per verificare la sussistenza dei presupposti di legge per procedere a detta stipula.

Ulteriore vizio sarebbe costituito dalla mancata disamina, da parte del Giudice di prime cure, della eccezione che il sig. Di Girolamo non aveva impugnato la nota del 21.10.2009 prot. n. 18518, con cui il Comune aveva comunicato la impossibilità di procedere alla stipula della convenzione.

2.1.- Considera in proposito il Collegio che il T.A.R. ha ritenuto che l’Amministrazione comunale fosse tenuta a pronunciarsi sull’atto di sollecito del 27.10.2009 e sulla successiva diffida regionale del 26.1.2010, n. 11937, notificata al Comune di Priverno il 9.2.2010 in quanto (posto che l’art. 12, comma 8, della l.r. n. 17/2004, recante la disciplina organica in materia di cave e torbiere, dispone che: …”ove il Comune non provveda in merito alla domanda di autorizzazione per l’attività di coltivazione di cava e torbiera nei termini previsti dal regolamento comunale o non adotti gli altri atti obbligatori nell’ambito delle funzioni delegate in materia di attività estrattive, la Regione, previa diffida a provvedere entro i successivi trenta giorni, esercita, nel rispetto del principio di leale collaborazione, i poteri sostitutivi previsti dall’articolo 19 della l.r. n. 14/1999 e successive modifiche”) la convenzione di cui all’art. 14 della stessa l.r. n. 17/2004, della quale la ditta Di Girolamo aveva chiesto la stipula, non avrebbe mai potuto modificare, né tanto meno riformare l’autorizzazione regionale, atteso che l’atto di convenzione viene a porsi come complementare alla stessa autorizzazione, già rilasciata alla citata ditta.

La Sezione ritiene di dover condividere la tesi sostanzialmente fatta propria dal T.A.R. che, dopo che la Regione, competente al rilascio delle autorizzazioni di cui trattasi, aveva rilasciato alla ditta Di Girolamo la autorizzazione n. 510 del 2009 alla apertura di nuova cava, non residuava in capo al Comune di Priverno alcun potere discrezionale circa la stipula della convenzione di cui trattasi, atteso che l’art. 12 della L. R. n. 17/2004 non prevede in alcun modo la esistenza di detto potere ed anzi il tenore stesso del comma 8 dello stesso articolo evidenzia chiaramente, nel prevedere il potere sostitutivo della Regione in caso di inerzia del Comune al riguardo, che la stipula della convenzione è atto dovuto dopo il rilascio della autorizzazione regionale.

Sulla base di quanto stabilito dall’art. 14 della citata l.r. n. 17/2004, infatti, la convenzione di cui trattasi è diretta esclusivamente a regolare i rapporti tra il Comune ed il titolare dell’autorizzazione di cui ai precedenti articoli 11 e 12 ed ha ad oggetto solo gli obblighi e gli oneri finanziari a carico del titolare stesso (in particolare: la stipula della garanzia fideiussoria relativa alle opere di recupero ambientale, il versamento del contributo per il recupero ambientale, la realizzazione delle opere, connesse e necessarie all’attività estrattiva, per la salvaguardia del territorio e dei terzi, per il recupero ambientale dell’area interessata e per la manutenzione delle infrastrutture interessate).

Non era quindi il Comune di cui trattasi titolare di alcun potere di attivazione circa la verifica della sussistenza dei presupposti di legge per procedere a detta stipula (nell’assunto che sarebbero sussistite problematiche assuntamente ostative alla stipula della convenzione di cui trattasi), ma aveva il dovere di procedere alla stipula stessa in osservanza al disposto del citato art. 14 della L. R. n. 17/2004.

2.2.- Quanto alla mancata impugnazione della nota del 21.10.2009 prot. n. 18518 del Comune, osserva la Sezione che l’emanazione di un provvedimento espresso ed esplicito da parte dell’Amministrazione dopo la proposizione del ricorso giurisdizionale contro il silenzio inadempimento può avere effetti estintivi sulla materia del contendere purché abbia un contenuto espressamente positivo o negativo, ovvero sia idonea ad interrompere definitivamente il procedimento.

L’interesse all’impugnazione del silenzio serbato dall’Amministrazione sull’istanza del privato non viene, infatti, meno per il solo fatto che sia stato emesso un atto meramente istruttorio o comunque interno, dovendosi verificare se sia stato emesso un provvedimento che, senza configurare un arresto del procedimento, corrisponda nel suo contenuto a quello tipico previsto dalla legge, anche se non satisfattivo (Consiglio Stato, sez. IV, 01 marzo 2010, n. 1168).

Nel caso che occupa alla citata nota, prodotta in allegato all’atto di appello, non può che riconoscersi valenza meramente istruttoria, essendo stata, con la stessa nota (in base al rilievo di carenza documentale circa la disponibilità dei terreni, cui, successivamente, come dedotto dal sig. Di Girolamo con memoria depositata il 7.1.2011 e non contestata sul punto, era stato dato riscontro) meramente informata la Direzione regionale della situazione, con richiesta di verificare detta disponibilità, al fine di consentire al Comune l’adozione degli atti dovuti.

Dalla rilevata incompetenza del Comune a verificare detta disponibilità e dalla mancata adozione da parte della Regione di atti interruttivi del procedimento a seguito di detta nota, si evince che la stessa aveva mero valore interlocutorio e non era idonea a porre termine al silenzio dell’Amministrazione.

3.- La Sezione valuta non condivisibile anche la ulteriore censura di parte appellante circa la erroneità della impugnata sentenza, laddove non ha imposto un generico dovere di provvedere, ma ha imposto lo specifico contenuto del provvedimento da adottare sulla base dell’art. 12, comma 8, della legge regionale del Lazio n. 17/2004.

Come in precedenza evidenziato va condivisa la tesi che l’obbligo del Comune di stipulare la convenzione con la ditta Di Girolamo derivasse automaticamente dal rilascio dell’autorizzazione da parte della Regione Lazio e che non residuassero al riguardo poteri valutativi in capo al Comune.

4.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.

5.- La complessità delle questioni trattate, nonché la peculiarità e la novità del caso, denotano la sussistenza delle circostanze di cui all’art. 92, II c., del c.p.c., come modificato dall’art. 45, XI c., della L. n. 69 del 2009, che costituiscono ragione sufficiente per compensare fra la parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo, respinge l’appello in esame.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Trovato, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere
Roberto Chieppa, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 08/06/2011

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