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Il permesso a costruire non attribuisce alcun diritto soggettivo – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3508/2011

Il rilascio del permesso di costruire avviene nell’ambito del rapporto pubblicistico, e non si estende ai rapporti tra privati, in quanto la lesione di diritti dei terzi non discende direttamente dal rilascio del titolo, ma solo dalla fisica realizzazione dell’opera contro la quale può chiedersi tutela davanti al giudice civile (cfr. Consiglio Stato , sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6332). In quanto atto amministrativo che legittima l’attività edilizia nell’ordinamento pubblicistico, il permesso non attribuisce però alcun diritto soggettivo alla stregua del diritto comune a favore di tale soggetto. La rilevanza giuridica della licenza edilizia va circoscritta infatti ai rapporti tra p.a. e costruttore ed ai possibili riflessi sulle correlate posizioni di interesse legittimo dei terzi, ma comunque presuppone pur sempre il necessario ed ineludibile possesso dei titoli proprietari da parte del richiedente .

(© Litis.it, 18 Giugno 2011 – Riproduzione riservata)

Consiglio di Stato, Sezione Quarta, Sentenza n. 3508 del 08/06/2011

FATTO e DIRITTO

Con i separati appelli di cui in epigrafe, il Comune di Cortina e il condominio Casa Otto chiedono la riforma della sentenza con cui è stato accolto il ricorso proposto da Bica S.r.l. avverso il provvedimento, con il quale il Commissario Regionale ad acta presso il Comune di Cortina ha disposto il diniego della richiesta del permesso di costruire per la realizzazione di una rimessa interrata, nonché di ogni eventuale atto presupposto, tra cui il parere della CEC del 26.2.2008.

Con la decisione gravata, il TAR ha affermato che:

— la concessione edilizia è vincolata solo alla conformità alla disciplina edilizia (cfr. C.d.S sez. 4^ n. 7263/2005, C.d.S sez. 4^ n. 3201/2006, Parere C.d.S. sez. 2^ n. 2559 del 27 febbraio 2002), il che esclude che, in caso di intervento perfettamente conforme alle norme urbanistiche edilizie il permesso edilizio possa essere denegato, sulla base di elementi estranei, quali la viabilità di accesso al lotto sul quale si chiede di costruire;

— il diniego del permesso di costruire impugnato in primo grado dall’appellata non avrebbe comportato alcuna lesione di diritti dei condomini che sarebbero rimasti proprietari e fruitori del varco di accesso sul quale, peraltro, l’appellante aveva iniziato sin dal 2005 un’azione giudiziaria civile per acquisire la servitù coattiva di transito.

L’appellata si è costituita in giudizio con una memoria con cui,da un lato, ha sottolineato le proprie argomentazioni a sostegno dell’esattezza della sentenza e, dall’altro, ha ribadito le prime due censure assorbite in primo grado.

Chiamata alla Camera di Consiglio la causa, previo avviso alle parti, è stata ritenuta in decisione dal Collegio ai sensi dell’art. 60 del c.p.a. .

___ 1.§. Ai sensi dell’art. 70 del c.p.a. deve disporsi la riunione degli appelli di cui in epigrafe, essendo evidente la connessione oggettiva e soggettiva di entrambi i gravami.

Sempre in via preliminare si deve rilevare come, del tutto irrilevanti ai fini del decidere sulla presente questione sono le vicende successive all’atto impugnato in primo grado, relative al diniego di una successiva D.I.A., in quanto inidonee a mutare giuridicamente il quadro in esame.

Entrambi i gravami sono affidati a profili sostanzialmente coincidenti, salvo uno, concernenti in linea preliminare l’inammissibilità del primo gravame, perché l’atto impugnato in primo grado sarebbe stato meramente confermativo della nota prot. N.15623 del 8.8.2998, mai impugnata; nel merito si afferma l’erroneità della decisione e, comunque, la infondatezza del ricorso di primo grado.

Entrambi gli appelli sono affidati a profili del tutto coincidenti che possono essere esaminati congiuntamente negli assorbenti profili che seguono.

___2.§. Nell’ordine logico delle questioni deve essere primariamente esaminata la seconda censura, comune ai due gravami, con cui gli appellanti lamentano che:

— la decisione era contraria agli altri recenti precedenti in materia dello stesso TAR Veneto;

— l’impresa appellata avrebbe dovuto dimostrare di avere il titolo anche per accedere al fondo interessato, perche il collegamento alla pubblica via era un elemento imprescindibile per realizzare l’autorimessa finalizzata ad un esercizio pubblico (cfr. Cons. Stato, Sez. V. n.687/2006; idem Sez. IV 2074/2010);

— il G.O. non aveva mai autorizzato d’urgenza la servitù di passaggio al fondo della controinteressata che, in quanto tale, sarebbe un’opera di urbanizzazione indispensabile per la funzionalità dell’opera;

— il provvedimento giurisdizionale di costituzione coattiva della servitù di passaggio è un presupposto del permesso di costruire, e non viceversa, anche per le necessità progettuali di definire gli aspetti di dettaglio della struttura;

— ai sensi dell’art. 11 del d.p.r. n. il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo;

— considerando che gli allacciamenti alle linee comunali dovevano necessariamente raccordarsi con il selciato del cortile condominiale non si poteva dire che la costruzione rimanesse integralmente nel confine della proprietà degli appellati

Il motivo va condiviso.

In linea teorica è esatto il richiamo della sentenza appellata all’orientamento giurisprudenziale per cui il rilascio del permesso di costruire avviene nell’ambito del rapporto pubblicistico, e non si estende ai rapporti tra privati, in quanto la lesione di diritti dei terzi non discende direttamente dal rilascio del titolo, ma solo dalla fisica realizzazione dell’opera contro la quale può chiedersi tutela davanti al giudice civile (cfr. Consiglio Stato , sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6332).

In quanto atto amministrativo che legittima l’attività edilizia nell’ordinamento pubblicistico, il permesso non attribuisce però alcun diritto soggettivo alla stregua del diritto comune a favore di tale soggetto. La rilevanza giuridica della licenza edilizia va circoscritta infatti ai rapporti tra p.a. e costruttore ed ai possibili riflessi sulle correlate posizioni di interesse legittimo dei terzi, ma comunque presuppone pur sempre il necessario ed ineludibile possesso dei titoli proprietari da parte del richiedente .

Il primo comma dell’art. 11, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, infatti, prevede espressamente che il permesso di costruire è “rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”. La legge specificamente impone, tra i requisiti di legittimazione, il possesso dei titoli reali per poter intervenire sull’immobile per il quale è chiesta la concessione edilizia (cfr. Consiglio Stato , sez. V, 07 settembre 2009 , n. 5223; Consiglio Stato, sez. IV, 7 settembre 2007 n.4703; idem 7 luglio 2005 n.3730).

Certamente deve escludersi un obbligo del Comune di effettuare complessi accertamenti diretti a ricostruire tutte le vicende riguardanti la titolarità dell’immobile,ovvero a ricercare le limitazioni negoziali al diritto di costruire (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6332).

Tuttavia, secondo le regole generali, l’Amministrazione comunale, nel corso dell’istruttoria sul rilascio del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 6, I° co. lett. a) della L. n. 241/1990 e s.m.i. deve verificare “…le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti rilevanti …” per l’adozione del provvedimento finale.

La proprietà, o comunque il possesso dei titoli civilisticamente idonei a legittimare la situazione giuridica del richiedente, per tutte le aree direttamente interessate dall’intervento, costituisce dunque un requisito di legittimazione dell’istanza che deve essere procedimentalmente dimostrato ai fini dell’ammissibilità stessa della domanda.

I titoli per l’esercizio dello “ius aedificandi” costituiscono un presupposto legale la cui mancanza impedisce infatti all’amministrazione di procedere oltre nell’esame del progetto (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 12 maggio 2003, n. 2506).

Nel caso, quindi, l’interclusione del fondo oggetto della richiesta di intervento non attiene ai generici rapporti civilistici del richiedente con i terzi alle quali l’amministrazione è del tutto estranea — come erroneamente affermato dal TAR — ma invece concerne propriamente un presupposto necessario di legittimazione della società richiedente, ai sensi del cit. art. 11. primo co. del d.lgs. n.380, la quale avrebbe quindi dovuto allegare all’istanza tutti i titoli di servitù di transito veicolare sulla proprietà altrui.

Il difetto del possesso dei titoli reali relativi ai diritti di passaggio veicolare attraverso il cortile altrui costituisce un elemento procedimentalmente ostativo, per il quale legittimamente si nega il rilascio del permesso di costruire.

Deve quindi concludersi sul punto per l’esattezza dell’assunto fondamentale degli appellanti.

___ 3.§. In conseguenza deve essere anche accolto la terza rubrica, comune ad entrambi gli appelli, che assume l’infondatezza del secondo motivo del ricorso di primo grado, con cui si lamentava che il Comune di Cortina non aveva tenuto in alcun conto i provvedimenti civilistici sulle controversie con il condominio Casa Otto.

Il provvedimento cautelare del Tribunale di Belluno, Sez. di Pieve di Cadore era del tutto inidoneo a costituire un titolo valido in quanto si limitava a consentire l’accesso dalla pubblica via al fondo al solo fine di eseguire i rilievi tecnici e gli accertamenti utili ai fini della presentazione del progetto, mentre rinviava alla competente sede di merito ogni decisione definitiva sulla costituzione di servitù coattiva.

Il che appare del tutto logico, considerando l’impatto – specie durante la stagione turistica invernale- della realizzazione di un autorimessa pubblica interrata per una capienza di 72 veicoli, sulla proprietà del condominio controinteressato.

___ 4.§. Parimenti deve essere accolto la quarta rubrica dell’appello del Comune di Cortina che lamenta l’infondatezza del terzo motivo con cui si assumeva l’illegittimità del diniego per la mancata comunicazione di avvio del provvedimento di cui all’art. 7 della L. n.241/1990 e smi..

Infatti la giurisprudenza ha sempre affermato che la violazione dell’art. 7, l. n. 241 del 1990 non produce ex se l’illegittimità del provvedimento terminale, dovendo la disposizione essere interpretata alla luce del successivo art. 21 octies, comma 2, che impone al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento, e quindi di non annullare l’atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo.

Il privato pertanto non può limitarsi a dolersi della mera circostanza della mancata comunicazione di avvio, ma deve anche indicare quali sono gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto nel procedimento ove avesse ricevuto la comunicazione. Ne consegue che, ove il privato si limiti a contestare la mancata comunicazione di avvio, senza nemmeno allegare le circostanze che intendeva sottoporre all’amministrazione, il motivo con cui si lamenta la mancata comunicazione deve intendersi inammissibile per assoluta genericità (cfr Consiglio Stato, sez. VI, 29 luglio 2008, n. 3786; idem sez. V, 19 marzo 2007, n. 1307).

Nel caso poi, il Comune aveva più volte rappresentato alla società ricorrente l’esigenza di produrre un titolo idoneo a provare i proprio diritti reali sull’accesso sia nel 2007 che nel 2008, per cui nella specie non può riscontrarsi alcun difetto sostanziale di contraddittorio .

Anche il quarto motivo dell’appello del Comune va dunque accolto e deve essere respinto il terzo motivo del primo ricorso.

___ 5.§. In definitiva entrambi gli appelli sono fondati e devono essere accolti.

Per l’effetto la sentenza appellata deve essere annullata.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

___ 1. Dispone, ai sensi dell’art. 70 del c.p.a. la riunione dei gravami n. 1136 del 2005 e 10546 del 2004.

___ 2. Accoglie entrambi gli appelli e per l’effetto annulla la sentenza del T.a.r. Veneto, Sez- II n.37/2011 e respinge il ricorso proposto in primo grado.

___ 3. Condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente giudizio che vengono liquidate per € 4000,00 oltre ad IVA ed al contributo Cassa nazionale di previdenza ed assistenza, di cui € 2000,00 in favore del Comune e € 2000,00 in favore del Condominio Casa Otto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere
Diego Sabatino, Consigliere
Guido Romano, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 08/06/2011

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