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RICORSO AVVERSO ADOZIONE DI PRG LIMITANTE LA CUBATURA EDIFICABILE – Consiglio di Stato, Sentenza n. 3497/2011

Consiglio di Stato, Sezione Quarta, Sentenza n. 3497 del 08/06/2011

FATTO

1. Con l’appello in esame, la società Conceria Conti s.p.a. impugna la sentenza 27 settembre 2002 n. 3826, con la quale il TAR Lombardia, sede di Milano, sez. II, ha respinto il suo ricorso avverso gli atti adottati dal Comune di Urgnano e dalla Regione Lombardia, volti alla approvazione del nuovo P.R.G. di Urgnano.

Secondo la sentenza appellata:

a) “rientra nella discrezionalità del Comune la modifica dei contenuti del PRG in itinere contestualmente all’esame delle osservazioni, senza necessità che tale modifica sia compresa nelle osservazioni presentate dagli interessati. La modifica da’ luogo ad un piano regolatore nuovo, rispetto a quello modificato, solo quando incida sul disegno fondamentale del piano”. In caso di modifica puntuale, il Comune non ha alcun obbligo di nuova pubblicazione del PRG ex art. 9 l. n. 1150/1942. Né a diversa conclusione si giunge sulla base dell’art. 27 l. reg. Lombardia n. 51/1975;

b) le osservazioni presentate dai privati nel corso del procedimento di approvazione del PRG “costituendo forme di collaborazione alla formazione degli strumenti urbanistici, e non rimedi giuridici a tutela degli interessati, non richiedono una analitica e specifica confutazione di tutte le argomentazioni proposte con le osservazioni stesse, essendo sufficiente che sia evidenziato che esse non contrastano con gli interessi o le linee portanti o le considerazioni poste a base del progetto di piano regolatore”;

c) Inoltre, “la scelta di destinare una determinata area all’insediamento delle aziende esistenti, con un limite di ampliamento stabilito nel 25% della superficie esistente, esprime una valutazione di merito, sindacabile solo in presenza di errore di fatto e di illogicità macroscopica”. Nel caso di specie, tali vizi non sono riscontrabili, posto che, per un verso, “il fatto che attualmente sia improbabile o scarsamente prevedibile il trasferimento in quell’area delle unità produttive esistenti non esclude che il trasferimento possa essere deciso in futuro”; per altro verso, “rientra nella potestà discrezionale del Comune limitare al 25% la possibilità di ampliamento”;

d) non risulta illegittima la previsione di sottoporre le aree di proprietà della ricorrente, situate nel centro abitato alla previa formazione dl piano attuativo, benché trattasi di zona già urbanizzata, in quanto il predetto piano è ammissibile non solo per le zone non urbanizzate, ma anche per quelle “di cui si prevede il potenziamento dell’urbanizzazione”;

e) quanto alla previsione – con riferimento alle aree poste nel centro abitato – del limite del 50% del volume ammesso alla destinazione residenziale, con riserva del restante 50% all’edificazione a scopo commerciale e artigianale di servizio, trattasi di scelta discrezionale dell’amministrazione, che non prevede un obbligo di puntuale motivazione, atteso che essa non incide su posizioni consolidate o aspettative della ricorrente.

Avverso la sentenza impugnata, vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) violazione e falsa applicazione artt. 9 e 10 l. n. 1150/1942 e 27 l. reg. n. 51/1975; mancata pubblicazione della nuova previsione del PRG; poiché il Comune, in sede di esame delle osservazioni, ha introdotto una modifica fortemente lesiva delle aspettative della ricorrente (relativa alla possibilità di utilizzare la superficie dell’impianto delocalizzato con il solo aumento del 25%), non ripubblicando il piano e quindi ingenerando una”profonda lesione del principio partecipativo”. Inoltre, la sentenza costituisce una “mera petizione di principio”, laddove afferma che “la modifica de qua non incide sulle linee portanti dello strumento urbanistico generale, senza calare nella realtà tale assunto”, di modo che “la legittimità dell’omessa ripubblicazione risulta solo pretesa, ma non dimostrata”; né la delocalizzazione delle imprese dal centro abitato costituisce un aspetto marginale del PRG, poiché essa “ha costituito uno degli obiettivi perseguirti dalla progettazione urbanistica”;

b) carenza di motivazione nella reiezione dell’osservazione; eccesso di potere per travisamento di fatto; grave illogicità ed irrazionalità della scelta; carenza di istruttoria; poiché le modifiche relative all’area Cascina Stella, sono incidenti in senso peggiorativo per gli interessati, senza essere sorrette da adeguata motivazione, tenuto in particolare conto delle aspettative vantate dalla appellante e consacrate in precisi atti dell’amministrazione comunale (v. pag. 15 appello). Inoltre, la previsione del limite del 25% all’aumento di superficie, è illogica e destinata a rimanere irrealizzata “in forza delle limitate dimensioni della maggior parte delle aziende interessate, nonché della grave limitazione imposta alla possibilità di ampliare la superficie attualmente ricoperta”, ed inoltre essa comporta (a voler ipotizzare il trasferimento di tutte le aziende) un limitato sfruttamento della superficie utilizzabile (v. pagg.- 19-20 appello). Infine, sussiste disparità di trattamento rispetto alla disciplina dettata per altre aree aventi identica destinazione urbanistica, per le quali l’amministrazione non ha stabilito alcuna limitazione di insediamento;

c) medesimi motivi sub b), con riferimento alle aree poste nel centro abitato; poiché è illegittima la previsione che impone la obbligatoria formazione di un piano attuativo, posto che “la fattispecie lottizzatoria esula dalle situazioni di zone completamente urbanizzate”, sul punto, la sentenza è incorsa in errore di fatto, in quanto nell’area già esistono parcheggi pubblici e spazio destinato a verde pubblico, il che esclude la necessità del predetto piano. Inoltre, è carente di motivazione ed illogica la previsione del 50% da destinare ad edilizia residenziale, riservando il restante 50% ad edificazione a scopo commerciale e artigianale.

Si è costituito in giudizio il Comune di Urgnano, che ha preliminarmente eccepito l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse, posto che il PRG oggetto della controversia è stato “sostituto in ogni sua parte dal nuovo Piano di Governo del Territorio” (PGT), ed inoltre che “la società ricorrente attualmente non è proprietaria delle aree in contestazione, circostanza che . . . fa venir meno la legittimazione e l’interesse concreto a perseverare nel presente giudizio”. Ha comunque concluso richiedendo il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

Con memoria del 27 gennaio 2011, la società appellante ha insistito sulla persistenza del proprio interesse alla decisione, nonostante l’approvazione del nuovo PGT, sia in quanto sussiste l’interesse alla pronuncia anche ai fini di una eventuale azione risarcitoria, sia in quanto l’annullamento in sede giurisdizionale del PGT (impugnato da tre società del Gruppo Conti) – che ha riprodotto, in senso peggiorativo, le previsioni del previgente PRG – farebbe riespandere quest’ultimo, e quindi l’appellante conserva interesse alla verifica della legittimità delle previsioni che incidono negativamente sulle proprie situazioni giuridiche.

Con ulteriore memoria del 7 febbraio 2011, il Comune di Urgnano ha replicato sia in ordine alla eccezione avanzata, sia nel merito.

All’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

2. L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto, potendosi pertanto prescindere dall’esame dell’eccezione di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse, proposta dal Comune di Urgnano.

Come ampiamente e chiaramente descritto anche nel ricorso in appello, la presente controversia attiene alle previsioni introdotte dal nuovo PRG di Urgnano, in ordine alle tre proprietà immobiliari della società appellante, ubicate in detto Comune e costituite:

a) da un complesso industriale in cui essa svolge attività di conceria. Per tale area, già in zona residenziale, il nuovo PRG prevede ora “Zona C4: zona di recupero a volumetria determinata”, comportante una riduzione di volumetria a mc. 23.581, a fronte dei già previsti mc. 26.000;

b) da altri fabbricati e annessa area fabbricabile, entrambi siti all’interno del centro abitato. Per tali aree, il nuovo PRG ha, per un verso, in accoglimento di precise osservazioni dell’appellante, considerato unitariamente il volume delle due aree urbane (considerandole come un unico comparto), mentre ha limitato lo sfruttamento della cubatura per destinazione residenziale al 50%, destinando l’ulteriore 50% a scopo commerciale ed artigianale;

c) da un’area sita in loc. Cascina Stella, “acquistata al precipuo scopo di insediarvi il nuovo insediamento industriale”, obiettivo “caldeggiato dallo stesso Comune, che fin dal 1984 si è impegnato a favorirlo”. Per tale area, il nuovo PRG prevedeva, in un primo momento, destinazione come “D4: zona produttiva soggetta a piano di lottizzazione autorizzato”, altresì prevedendo che l’attività edilizia fosse subordinata all’assunzione da parte del concessionario di atto d’obbligo unilaterale con il quale egli si obbligava irrevocabilmente ad escludere la produzione, lavorazione e manipolazione di talune sostanze. In via definitiva, il PRG prevede la utilizzazione dell’area per “l’insediamento dell’artigianato e della piccola industria e della piccola e media industria per l’ampliamento o rilocalizzazione di unità produttive esistenti nelle zone che il PRG definisce residenziali o in zona C4 . . . anche se le loro attività sono comprese nella prima classe dell’elenco delle industrie insalubri” (in ciò accogliendo un’osservazione della soc. Conceria Conti). Tuttavia, si limita l’edificazione ad una superficie pari a quella attualmente esistente nel centro abitato, con aumento del 25% della stessa; il che, nel caso della Conceria Conti, comporta una edificazione di appena 7800 mq (6240 mq. attuali + 25% di aumento).

Tanto premesso al fine di una migliore comprensione dell’appello, con il primo motivo, la società appellante lamenta che il Comune, nel deliberare in ordine alle osservazioni avanzate, ha introdotto modifiche rilevanti e peggiorative, senza procedere alla ripubblicazione del Piano, ex art. 9 l. n. 1150/1942.

Tale motivo si riferisce alla modifica (art. 38 NTA) consistente nel prevedere la rilocalizzazione delle imprese, site nelle zone residenziali o nel centro abitato di Urgnano, nell’area ricompresa nel P.L.1 (Cascina Stella), con un margine di incremento (senza eccezione per la Conceria Conti, proprietaria dell’area) della superficie lorda di pavimento limitata al 25% di quella esistente alla data di adozione dello strumento urbanistico.

Orbene, l’art. 9 della l. 17 agosto 1942 n. 1150 (legge urbanistica) prevede che “il progetto di piano regolatore generale del Comune deve essere depositato nella Segreteria comunale per la durata di 30 giorni consecutivi, durante i quali chiunque ha facoltà di prendere visione. L’effettuato deposito è reso noto al pubblico nei modi che saranno stabiliti nel regolamento di esecuzione della presente legge” (primo comma)

L’obbligo di pubblicazione del piano regolatore risulta strumentale alla migliore partecipazione e collaborazione dei cittadini e di chiunque vi abbia interesse alla attività di pianificazione del territorio comunale, anche attraverso, in particolare, la presentazione delle previste osservazioni.

Tale pubblicazione, tuttavia, non deve essere ripetuta laddove il Piano regolatore riceva modifiche in dipendenza proprio dell’accoglimento di osservazioni presentate, o anche per effetto di modifiche introdotte a seguito di espressa richiesta rappresentata dalla Regione in sede di approvazione.

Se ciò non fosse, si perverrebbe al paradossale risultato di un appesantimento incongruo, se non ad un effetto paralizzante, del procedimento amministrativo, rendendo la partecipazione non più strumento di collaborazione e funzionale alla migliore valutazione degli interessi coinvolti, quanto elemento di defatigante gestione procedimentale.

Tale conclusione, del tutto ragionevole e condivisibile, cui è già pervenuta la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (sez. IV, 11 ottobre 2007 n. 5357), incontra l’unica eccezione dell’ipotesi in cui l’accoglimento delle osservazioni (o comunque la modifica introdotta) abbia comportato una profonda deviazione dai criteri posti a base del piano stesso, nel qual caso occorre una nuova pubblicazione e la conseguente raccolta delle nuove osservazioni.

Da quanto ora esposto discende che, nel caso di specie – escluso un obbligo generale di ripubblicazione del piano – occorre stabilire se la modifica introdotta costituisca – come lamenta l’appellante – una rilevante innovazione dei criteri fondanti lo strumento urbanistico.

Il TAR Lombardia, nel rigettare il motivo di ricorso, ha escluso ciò, ritenendo che “il Comune di Urgnano è intervenuto non su un contenuto essenziale, non sulle linee portanti dello strumento in itinere, ma su una prescrizione particolare, che non costituisce contenuto generale o essenziale del piano, ma elemento di una disciplina di dettaglio”.

Il Collegio condivide tale valutazione.

Oggetto del primo motivo di appello è una specifica previsione relativa alla destinazione della proprietà della ricorrente denominata “Cascina Stella”. Tale previsione (e la relativa modifica), lungi dal costituire un profilo essenziale dello strumento urbanistico, rappresenta una definizione di dettaglio di un’area dell’intero territorio comunale, che non esaurisce nemmeno le destinazioni impresse alle stesse aree di proprietà dell’appellante, rappresentate – come si è avuto modo di esporre – da tre diverse proprietà immobiliari.

Sicuramente la destinazione di un’area ad allocazione di industrie (anche insalubri) presenti nel centro abitato costituisce una finalità importante di uno strumento urbanistico (e di quello in esame in particolare), ma per un verso, tale pur importante aspetto non può assurgere ad elemento fondante e caratterizzante un intero PRG; per altro verso, se importante è senza dubbio la destinazione di zona (non oggetto di modifica), altrettanto non può dirsi delle singole prescrizioni previste dalle NTA per la specifica utilizzazione dell’area, costituendo esse, senza alcun dubbio, una disciplina di dettaglio, nell’ambito di una più generale precisione di zonizzazione, la cui eventuale modifica non può certo comportare obbligo di ripubblicazione dello strumento urbanistico.

Non si giunge a diversa conclusione sulla base del pur invocato art. 27 l. reg. n. 51/1975 – del quale si lamenta la violazione senza articolare specificamente il motivo di doglianza – legge peraltro attualmente abrogata dall’art. 104 l. reg. 11 marzo 2005 n. 12, la cui interpreazione conduce a conclusioni identiche a quelle ora rappresentate.

 

3. Con il secondo motivo di appello (articolato in riferimento alle previsioni urbanistiche interessanti le tre proprietà dell’appellante), si lamenta carenza di motivazione nella reiezione dell’osservazione; eccesso di potere per travisamento di fatto; grave illogicità ed irrazionalità della scelta; carenza di istruttoria.

Con riferimento alla già ampiamente rappresentata previsione del PRG relativa all’area Cascina Stella, si lamenta che la stessa è peggiorativa dello status quo ante, senza essere sorretta da adeguata motivazione, tenuto in particolare conto delle aspettative vantate dalla appellante e consacrate in precisi atti dell’amministrazione comunale (v. pag. 15 appello).

Inoltre, si lamenta che la previsione del limite del 25% all’aumento di superficie, è illogica e destinata a rimanere irrealizzata “in forza delle limitate dimensioni della maggior parte delle aziende interessate, nonché della grave limitazione imposta alla possibilità di ampliare la superficie attualmente ricoperta”, ed inoltre essa comporta (a voler ipotizzare il trasferimento di tutte le aziende) un limitato sfruttamento della superficie utilizzabile (v. pagg.- 19-20 appello). Infine, sussiste disparità di trattamento rispetto alla disciplina dettata per altre aree aventi identica destinazione urbanistica, per le quali l’amministrazione non ha stabilito alcuna limitazione di insediamento.

Anche i riportati motivi di appello sono infondati, dovendosi anche per questo verso confermare la sentenza impugnata.

In linea generale, occorre ribadire che le scelte urbanistiche (in particolare, in sede di variante) richiedono puntuale motivazione esclusivamente ove incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative (specie edificatorie) dei privati proprietari, in conseguenza non soltanto di statuizioni di pronunce giurisdizionali passate in giudicato, ma anche di accordi con l’ente locale ed in particolare di convenzioni di lottizzazione divenute operative. A fronte di aspettative di mero fatto, le scelte di natura tanto ambientale quanto urbanistica rimesse all’Amministrazione nell’interesse generale, infatti, sono di regola sufficientemente motivate con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che hanno sorretto la previsione, senza necessità di una motivazione puntuale e “mirata” (Cons. Stato, sez. IV. 3 novembre 2008 n. 5478).

Le scelte urbanistiche, dunque, richiedono una motivazione più o meno puntuale a seconda che si tratti di previsioni interessanti la pianificazione in generale ovvero un’area determinata, ovvero qualora incidano su aree specifiche, ledendo legittime aspettative; così come mentre richiede una motivazione specifica una variante che interessi aree determinate del PRG., per le quali quest’ultimo prevedeva diversa destinazione (a maggior ragione in presenza di legittime aspettative dei privati), non altrettanto può dirsi allorchè la destinazione di un’area muta per effetto della adozione di un nuovo strumento urbanistico generale, che provveda ad una nuova e complessiva definizione del territorio comunale.

In questa ipotesi, infatti, non è in discussione la destinazione di una singola area, ma il complessivo disegno di governo del territorio da parte dell’ente locale, di modo che la motivazione non può riguardare ogni singola previsione (o zonizzazione), ma deve avere riguardo, secondo criteri di sufficienza e congruità, al complesso delle scelte effettuate dall’ente con il nuovo strumento urbanistico.

Né, d’altra parte, una destinazione di zona precedentemente impressa determina l’acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile (oltre che in variante) con un nuovo PRG, conseguenza di una nuova e complessiva valutazione del territorio, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute.

Tanto precisato in linea generale (e sufficiente a sorreggere ex se la reiezione del motivo di appello), occorre osservare che, nel caso delle previsioni relative all’area Cascina Stella (da destinare alla riallocazione delle industrie de localizzate dal centro abitato), il Comune di Urgnano ha compiutamente valutato sia le previsioni di utilizzazione dell’area, sia le osservazioni dell’appellante, in parte accogliendole con l’eliminazione di ogni limite per tipologia di insediamento e soppressione della già prevista assunzione di obbligazione unilaterale.

Il Comune, dunque, ha proceduto ad una compiuta valutazione, in parte anche favorevole alla soc. Conceria Conti, e le previsioni di utilizzazione dell’area – se non favorevoli alla proprietaria odierna appellante – non di meno non abbisognano di specifica motivazione e si sottraggono al sindacato giurisdizionale di legittimità, non presentando aspetti di illogicità

In particolare, la circostanza che il Comune, attraverso un limitato (25%) ampliamento delle superfici in essere, non consente la più ampia utilizzazione del territorio a fini edificatori costituisce una scelta che, se può non incontrare il favore del proprietario dell’area, nondimeno rappresenta il frutto di un modello di governo del territorio, volto a dimensionare le presenze di impianti artigianali ed industriali; scelta limitativa che appare vieppiù ragionevole laddove si ricordi che, allo steso tempo, il Comune ha eliminato ogni esclusione di insediamento per impianti anche appartenenti alla prima classe delle industrie insalubri.

Infine, appare del tutto apodittico (e quindi infondato) il profilo del motivo di appello afferente ad una previsione di inutilizzabilità dell’area per illogicità della previsione, non potendo avere rilievo affermazioni non supportate da concreti elementi volti a sorreggere (non già la previsione de futuro ma) la supposta illogicità della scelta operata.

Allo stesso modo, è infondato il profilo di eccesso di potere per disparità di trattamento, posto che, in sede di pianificazione, ciò che rileva è la assenza di illogicità della scelta operata con riferimento alla singola area, a nulla rilevando la comparazione con altre aree di cui si afferma (ma non si dimostra) la sostanziale conformità.

 

4. Il secondo motivo di appello è altresì articolato anche in riferimento alle previsioni del Piano regolatore, relative alle altre proprietà dell’appellante.

Si deduce, quindi, carenza di motivazione nella reiezione dell’osservazione; eccesso di potere per travisamento di fatto; grave illogicità ed irrazionalità della scelta; carenza di istruttoria, e precisamente:

– poiché è illegittima la previsione che impone la obbligatoria formazione di un piano attuativo, posto che “la fattispecie lottizzatoria esula dalle situazioni di zone completamente urbanizzate”, essendo incorsa, sul punto, la sentenza impugnata in errore di fatto, in quanto nell’area già esistono parcheggi pubblici e spazio a verde pubblico (il che esclude la necessità del predetto piano);

– inoltre, è carente di motivazione ed illogica la previsione del 50% da destinare ad edilizia residenziale, riservando il restante 50% ad edificazione a scopo commerciale e artigianale.

Quanto al primo aspetto, la sentenza appellata ha affermato, con argomenti condivisibili, che “il piano attuativo è ammissibile non solo per le zone non urbanizzate, ma anche per le aree di cui si prevede il potenziamento dell’urbanizzazione esistente”.

In disparte ogni considerazione in ordine alla effettiva lesione delle posizioni giuridiche dell’appellante derivante dalla mera previsione della adozione di un piano attuativo, e cioè da una modalità volta a consentire l’edificazione, occorre osservare che la esistente urbanizzazione dell’area e la presenza di parcheggi pubblici e spazi verdi non esclude affatto la possibilità che l’amministrazione, nell’esercizio del proprio potere discrezionale di pianificazione del territorio, possa ritenere coerente con l’interesse pubblico il potenziamento di tali aree di parcheggio e di verde, al fine di decongestionare il centro abitato e di munirlo di maggiori servizi.

In ogni caso, si tratta, anche in questa ipotesi, di valutazioni dell’amministrazione che non postulano una pacifica motivazione, che non sono censurabili in sede di sindacato di legittimità e che non presentano aspetti evidenti di illogicità.

Allo stesso modo, anche la scelta di destinare all’edilizia residenziale solo il 50% del volume previsto, destinando l’altro 50% a edificazione a scopo commerciale e artigianale (in luogo della diversa proporzione 70-30% auspicata dall’appellante e oggetto di sua osservazione), costituisce scelta di merito non affetta da illogicità. Tale scelta, infatti, costituisce il prodotto di una visione – condivisibile o meno in punto di fatto, ma non illogica – della conformazione del territorio; scelta che non appare in contraddizione con la dichiarata “vocazione residenziale” dell’area, dato che tale vocazione non postula la costruzione esclusiva di abitazioni (se non di cd. quartieri dormitorio), ma riserva all’amministrazione la ricerca del giusto equilibrio tra edilizia residenziale ed edilizia destinata al commercio ed all’artigianato.

Anche per questi profili il secondo motivo deve essere ritenuto infondato, così come, per le ragioni sin qui esposte, è infondato il ricorso in appello, che deve essere quindi rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Conceria Conti s.p.a. (n. 16/2003 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata.

Condanna l’appellante società al pagamento, in favore del costituito Comune di Urgnano, delle spese, diritti ed onorari di giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 marzo 2011 con l’intervento dei magistrati:

Anna Leoni, Presidente FF
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 08/06/2011

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