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Criteri di valutazione del concorso in magistratura- Consiglio di Stato, Sentenza n. 3528/2011

Consiglio di Stato, Sezione Quarta, Sentenza n. 3528 del 10/06/2011

FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio la dottoressa [OMISSIS] agiva per l’annullamento del giudizio negativo espresso nei suoi confronti, in data 19 aprile 2010 a seguito dell’esame orale da lei sostenuto, reso dalla Commissione esaminatrice del concorso per esami a 500 posti di magistrato ordinario, indetto con d.m. 27 febbraio 2008 pubblicato in G.U. n.23 del 21 marzo 2008 – 4 serie speciale- concorsi ed esami, nella parte in cui attribuisce alla stessa il giudizio di “non idoneo” in varie materie (diritto civile e elementi fondamentali di diritto romano, procedura civile, diritto commerciale e diritto fallimentare, elementi di informatica giuridica e di ordinamento giudiziario), oltre che del verbale relativo alla seduta della Commissione esaminatrice in data 9 settembre 2009 avente ad oggetto la “definizione dei criteri per la valutazione delle prove orali dei candidati”, conosciuto in data 26 aprile 2010.

Il Tribunale adito respingeva il ricorso ritenendo infondate le doglianze prospettate in quella sede.

Con l’atto di appello vengono in sostanza riproposte le medesime censure rigettate in prime cure, che sono le seguenti.

Con una prima censura si sostiene che l’art. 12 del DPR 487 del 1994, che prevede che le commissioni esaminatrici, prima dell’inizio di ciascuna prova orale (immediatamente prima) determinano i quesiti da porre ai singoli candidati per ciascuna delle materie di esame e che tali quesiti sono proposti a ciascun candidato previa estrazione a sorte, sia una disciplina di tipo generale e quindi applicabile anche al concorso per uditore giudiziario, mentre erroneamente il primo giudice ha ritenuto che tale concorso, assoggettato a disciplina speciale, preveda una deroga.

Con un secondo motivo di censura si sostiene la sostanziale assenza di criteri di valutazione della prova orale, non potendo ritenersi sufficiente il riferimento alla “adeguata conoscenza”, che appare vuoto e non in grado di consentire poi, unitamente al punteggio numerico e al giudizio finale di eventuale inidoneità, un controllo adeguato in punto di iter logico-intellettivo.

Con una terza censura si sostiene la illegittimità dovuta alla circostanza che un membro della Commissione – in contrasto con quanto prevede l’art. 5 comma 3 del D.Lgs.160 del 006 – è stato ingiustificatamente assente nella seduta che provvedeva alla definizione dei criteri per la valutazione delle prove orali: secondo la prospettazione dell’appello il primo giudice ha erroneamente argomentato nel senso che non si tratterebbe di collegio perfetto, ma non ha tenuto conto che, sulla base della normativa richiamata, il componente può mancare solo nei casi di legittimo impedimento e di forza maggiore, con valutazione rimessa al Consiglio Superiore della Magistratura.

Si è costituito il Ministero appellato chiedendo il rigetto dell’appello perché infondato.

Alla udienza pubblica del 31 maggio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.Con un primo motivo di appello la parte appellante reitera la censura, già respinta in prime cure, fondata sulla disposizione di cui all’art. 12 del D.P.R. 487 del 1994, che prevede che le commissioni esaminatrici, prima dell’inizio di ciascuna prova orale (immediatamente prima) determinano i quesiti da porre ai singoli candidati per ciascuna delle materie di esame e che tali quesiti sono proposti a ciascun candidato previa estrazione a sorte.

Il giudice di primo grado ha respinto tale doglianza sostenendo che la invocata disciplina, applicabile in generale ai concorsi pubblici (come d’altronde tutto il DPR 487 del 1994), non sia tuttavia applicabile alla fattispecie degli orali del concorso di magistrato ordinario, perché trattasi di concorso disciplinato in via speciale da una serie di leggi (tra le quali vengono richiamati il r.d.1860 del 1925, il r.d.12 del 1941, il d.lgs.160 del 2006).

Il Collegio osserva che il punto dirimente della controversia, in relazione a tale motivo di appello, riguarda la ricaduta della fattispecie della prova orale del concorso in magistratura nell’ambito della generale disciplina riguardante i concorsi, prevista dal D.P.R.n. 487 del 1994 o piuttosto della sua differenziazione rispetto ad essa e in particolare dell’art. 12, in considerazione della sua specialità, se non della previsione di una specifica deroga.

Con riguardo a tale ultimo punto, non vi è dubbio che nell’ambito della disciplina del concorso in magistratura, che riguarda sia aspetti della prova scritta che della prova orale, non risulti alcuna deroga espressa rispetto alla previsione dell’art. 12 del DPR su menzionato.

Tale articolo prevede che le commissioni esaminatrici, prima dell’inizio di ciascuna prova orale, determinano i quesiti da porre ai singoli candidati per ciascuna delle materie di esame e che tali quesiti sono proposti a ciascun candidato previa estrazione a sorte.

Nell’assunto di parte appellante, la mancanza di tale previa determinazione concreterebbe una evidente illegittimità, con conseguente illegittimità del giudizio negativo all’esito della prova orale tenutasi.

Non avendo rinvenuto – e d’altronde l’amministrazione non ha potuto indicarla – alcuna deroga di disciplina, va scrutinato se piuttosto possa da parte dell’interprete ragionarsi nel senso della (generale) specialità della disciplina della prova orale del concorso in magistratura rispetto alle previsioni generali in tema di accesso ai pubblici impieghi mediante concorso.

Sotto tale profilo, il Collegio rileva che, allo stato, la disciplina del concorso per magistrato ordinario ha subito ripetuti interventi normativi (d.lgs. 17 novembre 1997, n.398; legge n.48 del 2001; legge n.262 del 5 novembre 2004, di conversione del d.l. 7 settembre 2004, n.234; d.lgs.5 aprile 2006, n.160, c.d. riforma Castelli, dal nome del Ministro pro tempore; legge n.269 del 24 ottobre 2006; legge del 30 luglio 2007, n.111, c.d. riforma Mastella, dal nome del Ministro pro tempore, che modifica il d.lgs.n.160 del 2006), che hanno riguardato i più disparati profili: i requisiti per la nomina a componente della commissione esaminatrice, la definizione dei criteri e la relativa seduta, la suddivisione in sottocommissioni, le materie della prova di esame (con la introduzione di alcune materie), il colloquio della lingua straniera, il giudizio alfanumerico o di non idoneità e così via.

Il Collegio ritiene che sotto tale profilo, il motivo di parte appellante sia infondato.

Se pure non sussistono espresse previsioni di deroga rispetto alla generale disciplina sui concorsi e sulle prove orali concorsuali, sono evidenti argomenti per dedurne una peculiare specialità che fa ritenere – allo stato – non vincolante la procedura di previa determinazione delle domande di cui all’invocato articolo 12 alla prova orale del concorso in magistratura.

Al riguardo, la difesa della appellata amministrazione statale richiama quanto prevede l’art. 1, comma 5 del decreto legislativo n.160 del 2006 in relazione alla prova orale (per esempio, in relazione alla prova di lingua straniera, al giudizio finale, numerico o di idoneità, alla sufficienza motivazionale del punteggio numerico).

L’art. 1 del d.lsg.160 del 2006 prevede al quinto comma che (il quarto comma prevede le materie della prova orale) “Sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di dodici ventesimi di punti in ciascuna delle materie della prova scritta. Conseguono l’idoneita` i candidati che ottengono non meno di sei decimi in ciascuna delle materie della prova orale di cui al comma 4, lettere da a) a l), e un giudizio di sufficienza nel colloquio sulla lingua straniera prescelta, e comunque una votazione complessiva nelle due prove non inferiore a centootto punti. Non sono ammesse frazioni di punto. Agli effetti di cui all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, il giudizio in ciascuna delle prove scritte e orali e` motivato con l’indicazione del solo punteggio numerico, mentre l’insufficienza e` motivata con la sola formula non idoneo”.

Pur nella generale condivisione del principio di giurisprudenza che ritiene generale la disciplina sui pubblici concorsi di cui al D.P.R. richiamato, si è ritenuto, per esempio, sotto il diverso e opposto profilo, che la procedura di valutazione comparativa per il reclutamento dei professori universitari di ruolo e dei ricercatori a norma dell’art. 1 del D.P.R. n. 210 del 1998, sia disciplinata dal D.P.R. n. 117 del 2000, che ha carattere speciale, e non dal DPR n. 487 del 1994 recante le modalità di svolgimento dei concorsi e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi in generale (così per esempio, Tar Lazio, III, 7 settembre 2010, n.32133).

L’art. 4, comma 7, del D.P.R. n. 117 del 2000, in particolare, si limita solo a statuire che lo svolgimento delle prove scritte avvenga al termine della valutazione delle pubblicazioni scientifiche e dei titoli e non prevede anche, come invece sancito dall’art. 12 del DPR n. 487 del 1994, che le valutazioni compiute sui titoli debbano essere necessariamente comunicate ai candidati prima dell’effettuazione delle prove scritte ed orali; tale argomentazione nel senso di non ritenere applicabile il DPR 487 del 1994 è stata rinvenuta nella giustificazione dovuta proprio alle particolari caratteristiche della procedura valutativa in questione, nella quale le commissioni esaminatrici esprimono le loro valutazioni comparative mediante un esame complessivo della idoneità dei singoli candidati a ricoprire il posto a concorso sulla base dei titoli, delle pubblicazioni e delle prove espletate.

Analogamente, nella specie, la capillarità della disciplina normativa della prova – anche della prova orale – del concorso per magistrato ordinario e la sua peculiarità, dovuta anche a diversi interventi normativi susseguitisi nel tempo, fanno ritenere che si tratti di disciplina, allo stato, che può essere intesa come speciale rispetto all’invocato articolo 12.

2.Con un secondo motivo di censura l’appello sostiene la sostanziale assenza di criteri di valutazione della prova orale, non potendo ritenersi sufficiente il riferimento alla “adeguata conoscenza”, che appare vuoto e non in grado di consentire poi un controllo adeguato in punto di iter logico-intellettivo.

Il motivo è infondato.

Nel verbale di definizione dei criteri si legge che “il candidato dovrà dimostrare in ciascuna materia una adeguata conoscenza, nel complesso e nei profili specifici, dei principi fondamentali e dei singoli istituti, anche in relazione ad aspetti oggetto di recente aggiornamento normativo, giurisprudenziale e dottrinale”.

La censura si sostanzia nel sostenere che la genericità dei criteri così definiti (rectius, dell’unico criterio) comporti una sostanziale elusione dell’obbligo di garantire, proprio attraverso la specificazione dei suddetti criteri, la imparzialità di trattamento, anche al fine di ricostruire l’iter logico-motivazionale compiuto poi dalla Commissione in sede di giudizio valutativo.

Il motivo è infondato, sia perché sussistevano i criteri per la prova orale, sia perché nulla è provato, neanche a titolo di mero principio di prova in ordine alla causalità della genericità asserita dei criteri in ordine alla negatività del giudizio finale, sia perché i suddetti criteri debbono essere riguardati anche rispetto all’ambito esteso di discrezionalità tecnica, riservata alla Commissione nell’ambito della valutazione della prova orale.

In ordine al primo profilo, si è sostenuto che la mancanza di criteri predeterminati di valutazione, a cui la commissione esaminatrice avrebbe dovuto attenersi per la stesura dei testi delle lezioni e per la metodologia da adottare nel corso dell’esame orale per il conseguimento di abilitazione all’insegnamento, affinché i candidati fossero posti tutti nelle stesse condizioni, non determina senz’altro l’illegittimità della procedura concorsuale allorché i criteri stessi siano comunque sussistenti e non vengano segnalate circostanze concrete, atte a fornire quanto meno un principio di prova di erroneità del giudizio (così, Consiglio Stato, VI, 2 marzo 2009, n.1168).

Sul profilo della ampiezza della discrezionalità tecnica, si è sostenuto che le valutazioni espresse da una Commissione di concorso nelle prove scritte e orali dei candidati costituiscano espressione di una ampia discrezionalità tecnica e come tali sfuggano al sindacato di legittimità del g.a., salvo che non siano inficiate “ictu oculi” da eccesso di potere, sub specie delle figure sintomatiche dell’arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità e travisamento dei fatti.

Nella specie, la circostanza della non particolare specificazione dei criteri, comunque sussistenti, non è sufficiente a dimostrarne la inidoneità a costituire parametro di comportamento al fine delle successive valutazioni.

Infatti, per quanto venga contestato perché ritenuto generico il riferimento alla “adeguata conoscenza”, deve ritenersi sufficiente, come è stata fatta, la specificazione che tale preparazione in ogni materia debba riguardare sia la materia in sé (nel complesso) che i profili specifici, sia i principi fondamentali che i singoli istituti, anche (e cioè in più) riguardando aspetti di recente aggiornamento sotto tre diversi profili evidenziati comunque nei criteri (normativi, giurisprudenziali, dottrinali).

D’altronde, come correttamente osservato dal primo giudice, i criteri debbono costituire parametro generale cui deve attenersi l’esercizio della discrezionalità tecnica della Commissione in sede di valutazione e quindi nella espressione del giudizio specifico sulla prova orale del singolo candidato, in modo che sia consentito di definire se il medesimo sia idoneo o meno.

La natura stessa della prova orale, nella quale il candidato si cimenta nella risposta più o meno articolata rispetto a domande in diritto, non si presta a definire oltre una certa misura determinati criteri puntuali, apparendo a priori difficile in che cosa possa consistere una risposta adeguata o sufficiente.

Infatti, nella oralità della prova, si concreta una particolare valutazione che non può non dirsi complessa, completa e ragionevole sulla base della capacità di argomentazione (nella specie, giuridica), sicchè la determinazione dei criteri per come avvenuta, se pure non si riferiva alla adeguatezza della conoscenza con sole talune ulteriori specificazioni, non va ritenuta insufficiente all’uopo, attesa la particolarità della prova orale.

3.Con una terza censura si sostiene la illegittimità dovuta alla circostanza che un membro della Commissione – in contrasto con quanto prevede l’art. 5 comma 3 del D.Lgs.160 del 2006 – è stato ingiustificatamente assente nella seduta che provvedeva alla definizione dei criteri per la valutazione delle prove orali: il primo giudice avrebbe erroneamente argomentato nel senso che non si tratterebbe di collegio perfetto, ma non ha tenuto conto che, sulla base della normativa richiamata, il componente può mancare solo nei casi di legittimo impedimento e di forza maggiore, con valutazione rimessa al Consiglio Superiore della Magistratura.

Parte appellante ne fa derivare la violazione della disciplina sui collegi perfetti, che richiedono la assoluta presenza di tutti i componenti dell’organo collegiale.

L’assunto è infondato.

Va escluso che l’assenza di taluno dei componenti della Commissione di concorso per l’accesso alla magistratura alla seduta nella quale stabilisce i criteri di valutazione delle prove riverberi valenza inficiante sui relativi lavori.

Non risulta conforme alla natura e alla funzione del verbale delle operazioni della Commissione di concorso per l’accesso alla magistratura l’obbligo di esplicitare la causa specifica dell’assenza di un commissario, tenendo altresì conto che relativamente ad essa l’art. 5, d.lg. n. 160 del 2006 non prefigura alcuna rilevanza, che attiene invece esclusivamente alla sua qualificazione (come giustificata o ingiustificata).

Pertanto il rilievo dell’appello non coglie nel segno.

Il richiamato comma 3 dell’art. 5 del d. lgs. 160/2006 stabilisce che “nella seduta di cui al sesto comma dell’articolo 8 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, e successive modificazioni, la commissione definisce i criteri per la valutazione omogenea degli elaborati scritti; i criteri per la valutazione delle prove orali sono definiti prima dell’inizio delle stesse. Alle sedute per la definizione dei suddetti criteri devono partecipare tutti i componenti della commissione, salvi i casi di forza maggiore e legittimo impedimento, la cui valutazione è rimessa al Consiglio superiore della magistratura. In caso di mancata partecipazione, senza adeguata giustificazione, a una di tali sedute o comunque a due sedute di seguito, il Consiglio superiore può deliberare la revoca del componente e la sua sostituzione con le modalità previste dal comma 1”.

Pertanto, la mancanza di uno dei componenti dell’organo collegiale non comporta la invalidità dell’atto adottato in sua assenza, essendo contemplata la possibilità dell’assenza, sia pure se giustificata.

Dalla lettura della riportata disposizione appare agevole desumere che, seppur la partecipazione dei componenti della Commissione alla seduta nella quale quest’ultima stabilisce i criteri di valutazione abbia carattere di obbligatorietà, nondimeno la norma di legge contempla il caso che taluno dei membri dell’organismo risulti assente, non facendone derivare la illegittimità per mancanza della totalità dei componenti.

Nel caso in cui la mancata presenza dipenda da “forza maggiore e legittimo impedimento”, la valutazione in ordine alla consistenza delle circostanze impeditive è rimessa al CSM.

Per le diverse ipotesi in cui, invece, manchi una “adeguata giustificazione”, lo stesso Organo di autogoverno può sanzionare – deve ritenersi – la condotta del Commissario con l’esclusione (che assume carattere di obbligatorietà laddove l’assenza si protragga per due sedute).

Quindi, va escluso innanzitutto che l’assenza di taluno dei componenti della Commissione riverberi valenza inficiante sui relativi lavori; va ulteriormente rilevato che all’ipotesi dell’assenza giustificata del componente la norma non collega alcuna operazione di ratifica o di valutazione da parte del CSM, consolidando la tesi che non si tratti di collegio perfetto.

Non risulta conforme alla natura ed alla funzione del verbale delle operazioni della Commissione l’obbligo di esplicitare la causa specifica dell’assenza, tenendo, altresì, anche conto che relativamente ad essa la norma non prefigura alcuna rilevanza, che attiene, invece, esclusivamente alla sua qualificazione (come giustificata o ingiustificata).

4.Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va respinto in ordine a tutti e tre i motivi di censura dedotti.

La particolarità della controversia esaminata comporta la sussistenza di giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio del presente grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, così provvede:

rigetta l’appello, confermando la impugnata sentenza. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Anna Leoni, Presidente FF
Sergio De Felice, Consigliere, Estensore
Sandro Aureli, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 10/06/2011

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