GiurisprudenzaPenale

Doroghe. Aggravate dell’ingente quantità e principi applicativi – Cassazione Penale, Sentenza n. 27128/2011

Per il concetto di “ingente quantità” di cui all’art. 80, comma 2, T.U. stup., va considerato che la sentenza delle Sezioni Unite n. 17 del 21 giugno 2000, Primavera, ha posto il principio di diritto per cui, tenuto conto del pericolo per la salute pubblica che informa le disposizioni incriminatrici in materia di sostanze stupefacenti, può definirsi “ingente” la “quantità di sostanza tossica (che) superi notevolmente, con accento di eccezionalità, la quantità usualmente trattata in transazioni del genere nell’ambito territoriale nel quale il giudice di fatto opera”, così da “creare condizioni di agevolazione del consumo nei riguardi di un rilevante numero di tossicofili” e conseguentemente “un incremento del pericolo per la salute pubblica”, dovendo la relativa valutazione, costituente un apprezzamento di fatto, essere necessariamente rimessa al giudice del merito, il quale “è in grado di formarsi una esperienza fondata sul dato reale presente nella comunità nella quale vive”. Peraltro, ai fini di un’applicazione giurisprudenziale che non presti il fianco a critiche di opinabilità di valutazioni, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha successivamente osservato che in proposito va dato rilievo primario ai valore ponderale, considerato in relazione alla qualità della sostanza e specificato in ragione del grado di purezza, quindi, delle dosi singole aventi effetti stupefacenti, stabilendosi se esso possa dirsi di “eccezionale” dimensione rispetto alle usuali transazioni del mercato clandestino.

Tale carattere è certamente suscettibile di essere di volta in volta confrontato dal giudice di merito con la corrente realtà del mercato, ma, stando a dati di comune esperienza, apprezzabili a maggior ragione dalla Corte di cassazione, sede privilegiata in quanto terminale di confluenza di una rappresentazione casistica generale, deve ritenersi che non possono di regola definirsi “ingenti” quantitativi di droghe “pesanti” (in particolare, tra le più diffuse, eroina e cocaina) che, presentando un valore medio di purezza per il tipo di sostanza, siano al di sotto dei due chilogrammi; e quantitativi di droghe “leggere” (in particolare hashish e marijuana) che, sempre in considerazione di una percentuale media di principio attivo non superino i cinquanta chilogrammi.

(© Litis.it, 18 Luglio 2011 – Riproduzione riservata)

Cassazione Penale, Sezione Sesta, Sentenza n. 27128 del 121/07/2011

Fatto e diritto

1.-. [OMISSIS] ricorre per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale, in data 3-6-2010, la Corte di Appello di Bologna, sezione III penale, in parziale riforma della condanna pronunciata nei suoi confronti in primo grado per il reato di cui agli artt. 73 e 80 DPR_309_1990, ha ridotto la pena a lui inflitta a anni quattro e mesi sei di reclusione ed euro ventimila di multa, confermando nel resto.

Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione nella parte in cui la Corte di Appello ha confermato la sussistenza nel caso di specie della aggravante di cui all’art. 80, comma secondo, DPR 309/90. A suo avviso, avendo gli accertamenti tecnici effettuati appurato che in riferimento alla sostanza stupefacente sequestrata (Kg. 7 di hashish) il complessivo quantitativo di principio attivo era pari a grammi 534,82, nel caso in esame non sarebbe ravvisabile la suindicata aggravante, non potendosi tale quantitativo qualificare come “ingente”, anche in considerazione della qualità della droga in questione.

Con un secondo motivo di ricorso si denuncia, in ogni caso, la eccessività della pena inflitta in rapporto ai fatti di causa.

2.-.Il primo motivo di ricorso è fondato.
La sentenza impugnata, una volta premessa la impossibilità di procedere ad una distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere alla luce della unificazione operata dalla recente novella legislativa, si è limitata a rilevare che il quantitativo di hashish sequestrato consentiva la preparazione di oltre 21.000 dosi commerciali, sicché era idoneo ad agevolare il consumo di un considerevole numero di tossicodipendenti.

Ora, per il concetto di “ingente quantità” di cui all’art. 80, comma 2, T.U. stup., va considerato che la sentenza delle Sezioni Unite n. 17 del 21 giugno 2000, Primavera, ha posto il principio di diritto per cui, tenuto conto del pericolo per la salute pubblica che informa le disposizioni incriminatrici in materia di sostanze stupefacenti, può definirsi “ingente” la “quantità di sostanza tossica (che) superi notevolmente, con accento di eccezionalità, la quantità usualmente trattata in transazioni del genere nell’ambito territoriale nel quale il giudice di fatto opera”, così da “creare condizioni di agevolazione del consumo nei riguardi di un rilevante numero di tossicofili” e conseguentemente “un incremento del pericolo per la salute pubblica”, dovendo la relativa valutazione, costituente un apprezzamento di fatto, essere necessariamente rimessa al giudice del merito, il quale “è in grado di formarsi una esperienza fondata sul dato reale presente nella comunità nella quale vive”. Peraltro, ai fini di un’applicazione giurisprudenziale che non presti il fianco a critiche di opinabilità di valutazioni, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha successivamente osservato che in proposito va dato rilievo primario ai valore ponderale, considerato in relazione alla qualità della sostanza e specificato in ragione del grado di purezza, quindi, delle dosi singole aventi effetti stupefacenti, stabilendosi se esso possa dirsi di “eccezionale” dimensione rispetto alle usuali transazioni del mercato clandestino. Tale carattere è certamente suscettibile di essere di volta in volta confrontato dal giudice di merito con la corrente realtà del mercato, ma, stando a dati di comune esperienza, apprezzabili a maggior ragione dalla Corte di cassazione, sede privilegiata in quanto terminale di confluenza di una rappresentazione casistica generale, deve ritenersi che non possono di regola definirsi “ingenti” quantitativi di droghe “pesanti” (in particolare, tra le più diffuse, eroina e cocaina) che, presentando un valore medio di purezza per il tipo di sostanza, siano al di sotto dei due chilogrammi; e quantitativi di droghe “leggere” (in particolare hashish e marijuana) che, sempre in considerazione di una percentuale media di principio attivo non superino i cinquanta chilogrammi (v., tra le altre, Sez. 6, n. 20120, 2 marzo 2010, Mtumwa, Rv. 247375; Id., n. 42027, 4 novembre 2010, Irnmorlano, Rv. 248740).

Nel caso di specie gli accertamenti tecnici effettuati hanno appurato che in riferimento alla sostanza stupefacente sequestrata (Kg. 7 di hashish) il complessivo quantitativo di principio attivo era pari a grammi 534,82,

3.-. Per le considerazioni sopra svolte si impongono l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla aggravante dell’ingente quantità, che va esclusa, ed il conseguente rinvio per nuova determinazione della pena ad altra Sezione della corte di Appello di Bologna.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla aggravante dell’ingente quantità, che esclude, e rinvia per nuova determinazione della pena ad altra Sezione della corte di Appello di Bologna.

Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2011

 

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