Civile

Dalla Cassazione un utile prospetto sul calcolo delle provvigioni al mediatore

In tema di determinazione della provvigione dovuta al mediatore, atteso il carattere sussidiario dei requisiti previsti in ordine successivo dall’art. 1755, secondo comma, c.c., questa deve essere quantificata dal giudice secondo equità, qualora le parti non ne abbiano stabilito la misura e non sia provata l’esistenza di tariffe professionali e di usi locali. Questo il principio di diritto indicato al termine della sentenza 13656/12 della Cassazione.

Il caso – La Corte di Appello di Bologna conferma il rigetto della domanda proposta da un uomo relativamente al pagamento da ricevere da una s.p.a, quale provvigione per l’assistenza fornitale nell’ambito della compravendita di un fabbricato urbano con terreno. Pur ritenendo raggiunta la prova che il professionista ha svolto la mediazione, si conferma la decisione sulla base che il ricorrente non ha fornito la prova degli usi e consuetudini tipici del luogo, che gli sarebbe valsa una misura del 2% sulla cifra totale dell’importo della transazione.  L’uomo si rivolge allora alla Suprema Corte. Secondo l’art. 1755 c.c., la misura della provvigione e la proporzione in cui questa deve gravare su ciascuna delle parti – in mancanza di patto, tariffe professionali o di usi – vanno determinate dal giudice secondo equità. L’art. 6 della l. n. 39/1989, inoltre, dispone a sua volta che, in mancanza di accordo, la misura e la proporzione siano quantificate dalle giunte camerali, sentita la commissione provinciale. Gli usi restano quindi la terza fonte per andare a determinare la misura della provvigione.
Jura novit curia, ma non sempre. Il principio non può essere qui invocato, dal momento che è onere della parte fornire la prova circa gli usi locali. Ove la consuetudine non sia nota al giudice, ricorda la Cassazione (tra le molte sentenze, nn. 2158/1956; 795/1965; 1823/1972; 15014/2000; 4853/2007), avendo egli l’obbligo di conoscere la legge ma non anche gli usi, questi debbono essere dimostrati dalla parte che li allega. La Corte di merito avrebbe dovuto utilizzare il criterio dell’equità, come indicato dall’art. 1755 c.c come ultimo parametro utile per la determinazione della provvigione. La norma è formulata con la previsione di più criteri sussidiari, indice della volontà del legislatore di procedere alla misurazione del diritto alla provvigione, qualora sorto e accertato. Il ricorso viene perciò accolto, con relativi cassazione e rinvio alla Corte di Appello.

Fonte: La Stampa

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