Amministrativa

Diniego finanziamento per la realizzazione di opere di interesse pubblico – Consiglio di Stato Sentenza n.5963/2012

sul ricorso numero di registro generale 2189 del 2012, proposto dal Comune di Gazzada Schianno, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Cristina Colombo e Maria Stefania Masini, con domicilio eletto presso la prima in Roma, via della Vite 7;
contro
Regione Lombardia, rappresentata e difesa dall’avv. Maria Lucia Tamborino, con domicilio eletto presso Emanuela Quici in Roma, via Nicolò Porpora 16;
nei confronti di
Comune di Lodrino, Comune di Gazzuolo;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, SEZIONE I, n. 2317/2011, resa tra le parti, concernente diniego finanziamento per la realizzazione di opere di interesse pubblico.

Consiglio di Stato, Sezione Quinta, Sentenza n. 5963/2012 del 27.11.2012

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Lombardia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 ottobre 2012 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati A. Mattioli, su delega di M.S. Masini, nonché M. Tamborino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Il Comune di Gazzada Schianno proponeva ricorso contro la Regione Lombardia, dinanzi al locale Tribunale Amministrativo Regionale, per l’annullamento :
– del decreto del dirigente della Struttura Infrastrutture per lo Sviluppo Locale della Regione del 24 agosto 2010 n. 8199, pubblicato sul B.U.R.L. del 30 agosto 2010, con il quale la stessa Regione Lombardia aveva respinto le istanze presentate dal Comune ricorrente per il finanziamento di tre progetti, rispettivamente denominati “Realizzazione Casa dell’acqua”, “Asfaltature 2010” e “Riqualificazione copertura palestra scolastica e installazione impianto fotovoltaico”;
– delle comunicazioni del medesimo dirigente ricevute dal Comune in data 24 settembre 2010 e 26 ottobre 2010;
– di tutti gli atti presupposti, consequenziali o comunque connessi, ed in particolare dei decreti del predetto dirigente n. 6493 del 29 giugno 2010 e n. 6626 del 2 luglio 2010.
Il ricorso veniva dichiarato dal Tribunale adìto una prima volta irricevibile, con la motivazione che si sta per esporre, mediante la sentenza in forma semplificata n. 7652 del 21 dicembre 2010.
Tale pronuncia veniva appellata.
Questa Sezione l’annullava con sentenza n. 4397 del 20 luglio 2011 per la mancanza del preventivo avviso ai difensori circa la possibilità di una definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata, secondo quanto prescritto dall’art. 60 cod. proc. amm.. Veniva pertanto disposto il rinvio della causa al Giudice di prime cure.
Il Tribunale si pronunciava allora nuovamente sulla controversia mediante la sentenza in epigrafe, con la quale, dichiarando di condividere quanto già deciso in occasione della sentenza n. 7652/2010, giudicava fondata l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Regione.
Il primo Giudice osservava dunque ancora una volta che, a fronte di un provvedimento regionale del 26 giugno 2010, conosciuto dal Comune almeno dal 14 luglio 2010, il susseguente ricorso comunale risultava notificato solo il 12 novembre 2010, ossia oltre la scadenza del termine di decadenza di 60 giorni.
Il Tribunale soggiungeva, quanto al provvedimento regionale del 24 agosto 2010 parimenti impugnato, e concernente il riesame delle posizioni di Comuni diversi da quello ricorrente, che quest’ultimo avrebbe dovuto, se del caso, “denunciare l’illegittimità dell’omissione della propria istanza di riesame”.
Avverso la nuova sfavorevole declaratoria il Comune di Gazzada Schianno insorgeva nuovamente in appello con la proposizione della presente impugnativa.
A fondamento del gravame si deduceva preliminarmente la nullità della sentenza appellata, siccome emessa da un collegio presieduto dal medesimo magistrato che aveva già conosciuto della controversia in occasione del primo giudizio di prime cure, e che come tale si sarebbe dovuto astenere dal prendere parte al nuovo giudizio.
Il Comune, inoltre, censurava la valutazione di irricevibilità espressa dal T.A.R., facendo notare che la sua impugnativa introduttiva era proprio diretta in primis contro il provvedimento regionale del 24 agosto 2010, tempestivamente gravato, nella parte in cui questo aveva “illegittimamente omesso di provvedere sull’istanza di riesame” che anche l’Amministrazione di Gazzada Schianno aveva indirizzato alla Regione.
Infine, l’appellante argomentava circa l’esistenza dei presupposti perché venissero finalmente esaminati nel merito anche i propri tre progetti, al pari di quanto la Regione aveva fatto per i progetti di altre Amministrazioni versanti in condizioni che si asserivano simili.
Si costituiva in giudizio in resistenza all’appello la Regione Lombardia, che con più scritti difensivi deduceva l’infondatezza delle censure dell’appellante.
Il Comune, dal canto suo, con successive memorie riprendeva le proprie doglianze ed argomentazioni, replicando alle obiezioni avversarie.
Alla pubblica udienza del 26 ottobre 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
L’appello è fondato.
Risulta invero meritevole di accoglimento il suo primo mezzo, logicamente preliminare ed assorbente, che, benché non coltivato in occasione delle successive memorie comunali, non ha formato oggetto di rinuncia.
Con tale motivo è stata dedotta la nullità della sentenza appellata per violazione dell’obbligo di astensione previsto dall’art. 51 cod.proc.civ., per essere stato il collegio giudicante presieduto, in sede di giudizio di rinvio, dal medesimo magistrato che aveva già conosciuto della controversia in occasione del primo giudizio di prime cure, e che si sarebbe pertanto dovuto astenere dal nuovo giudizio.
La censura si rivela fondata, avendo la più recente giurisprudenza di questo Consiglio riconosciuto l’applicabilità anche al caso del giudizio di rinvio dell’obbligo del Giudice di astenersi quando abbia già conosciuto la causa in altro grado del processo.
Come è stato rammentato anche da poco (C.d.S., VI, 17 maggio 2010, n. 3051, e 26 maggio 2010 n. 3345), l’indirizzo giurisprudenziale precedentemente invalso, secondo il quale il giudizio di rinvio non sarebbe stato configurabile come un grado diverso ed autonomo, rispetto a quello conclusosi con la sentenza annullata con rinvio, è stato superato da pronunce della Corte Costituzionale (15/10/1999, n. 387), della Corte di Cassazione (Cass. SS.UU. civili 27/2/2008, n. 4087) e dello stesso Consiglio di Stato (Ad. Plen. 25/3/2009, n. 2), in considerazione della prioritaria esigenza che il Giudice sia ed appaia realmente terzo rispetto agli interessi dedotti in giudizio, senza che sussistano precedenti valutazioni già espresse da parte sua sulla vicenda contenziosa.
Per quanto sopra, benché il citato art. 51 c.p.c., in tema di astensione obbligatoria, si riferisca testualmente alla conoscenza della causa già conseguita dal magistrato “in altro grado del processo”, la giurisprudenza ritiene ormai che a tale dizione debba darsi un’interpretazione estensiva, costituzionalmente orientata in rapporto ai principi che regolano l’esplicazione del diritto di difesa, l’esercizio delle funzioni giudicanti ed il giusto processo (articoli 24, 101, 104 e 111 della Costituzione).
In tale ottica, l’espressione codicistica “altro grado di giudizio” non può non essere ricondotta a qualsiasi fase processuale che debba svolgersi con carattere di autonomia rispetto ad una fase precedente, richiedendo una nuova pronuncia sul medesimo oggetto, foss’anche davanti allo stesso organo giudiziario.
La necessaria imparzialità del Giudice, in altre parole, impedisce che questi possa pronunciarsi due volte sulla medesima res iudicanda, in quanto l’ordinamento giuridico intende escludere qualsiasi possibilità di incidenza sulla materia controversa di opinioni precostituite.
Come ha osservato l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio (n. 2 del 25/3/2009 sopra cit.), “Si deve, difatti, convenire che l’alterità del Giudice in sede di rinvio prosecutorio costituisce applicazione del principio di imparzialità- terzietà della giurisdizione, che ha “pieno valore costituzionale in relazione a qualunque tipo di processo” (cfr.: Corte 21 marzo 2002 n. 78; Corte Cost. 3 luglio 2002 n. 305; Corte Cost. 22 luglio 2003 n. 262 cit.). In questa direzione l’esigenza di proteggere l’imparzialità del giudice impedisce che quest’ultimo possa pronunciarsi due volte sulla medesima res iudicanda, in quanto dal primo giudizio potrebbero derivare convinzioni precostituite sulla materia controversa, determinandosi così, propriamente, un “pregiudizio” contrastante con l’esigenza costituzionale che la funzione del giudicare sia svolta da un soggetto “terzo”, non solo scevro di interessi propri che possano far velo alla rigorosa applicazione del diritto, ma anche sgombro da convinzioni formatesi in occasione dell’esercizio di funzioni giudicanti in altre fasi del giudizio (Corte Cost. 12 luglio 2002 n. 335; Corte Cost. 22 luglio 2003 n. 262 cit.).”
Per le ragioni esposte la decisione impugnata deve essere annullata con rinvio al Giudice di primo grado, il quale dovrà riesaminare la controversia costituendosi in collegio immune dal vizio rilevato.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie, e, per l’effetto, annulla la sentenza impugnata con rinvio della causa al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia.
Compensa tra le parti le spese processuali del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2012 con l’intervento dei magistrati:
Carmine Volpe, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore
Carlo Schilardi, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

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