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Serie A 20^ GIORNATA: 21 modi per dirti… 1-1 – di Angelo Abbruzzese

dinataleLa prima partita del girone di ritorno si disputa in quel di Bologna, dove la formazione di Pioli ospita il Chievo di Eugenio Corini. Le due squadre sono arrivate al giro di boa rispettivamente da 16a e 11a della classe, con un andamento, nelle ultime partite, molto diverso: Bologna in difficoltà, a maggior ragione dopo la sconfitta di Marassi, mentre il Chievo con una media punti da fare invidia addirittura a Juventus e Milan. Parte subito meglio la squadra di casa, che va vicina alla rete con Gabbiadini che colpisce l’esterno del palo con il sinistro. Il vantaggio arriva al minuto numero 13 con la zuccata di Kone, al terzo gol in campionato. Poi è la volta del Gila, che si scatena trovando due reti, al 44’ e al 59’, dopo ben sei gare di digiuno. Nel secondo tempo il Chievo prova a reagire, andando in due circostanze vicino al gol, con la punizione di Luciano e col palo di Paloschi. All’89’ arriva lo squillo finale di Gabbiadini, che sigilla la contesa sul risultato di 4-0 in favore dei felsinei.

Il secondo anticipo in programma è Inter-Pescara. Per match del “Meazza” contro gli abruzzesi, Stramaccioni deve rinunciare all’intera difesa titolare (sostituita dal terzetto d’emergenza Silvestre-Cambiasso-Chivu) e a Gargano (rimpiazzato dal classe ’94 Benassi); Nagatomo va in tribuna (al suo posto Pereira), mentre Milito finisce in panchina, con Cassano e Palacio in avanti, Zanetti sulla linea dei centrocampisti e Jonathan sulla destra. Il Pescara risponde con lo schieramento che ha battuto la Fiorentina, eccezion fatta per lo squalificato Togni, sostituito da Colucci. All’Inter manca un regista di qualità (Sneijder si gode la partita in tribuna) e allora è FantAntonio ad arretrare leggermente per inventare qualcosa. El Trenza, invece, si butta negli spazi e cerca la porta. Nei primi 30 minuti i nerazzurri prendono le misure, poi affondano. Il gol dell’1-0 lo firma proprio Palacio, che, in posizione sospetta, si gira in mezzo metro e fulmina Perin, dopo esser stato servito da un prodigioso assist di tacco di Cassano. Applaude, convinto, tutto lo stadio. Il Pescara non morde mai e la squadra milanese gioca sul velluto, senza mai rischiare nulla. Il trio difensivo d’emergenza non fatica a imbrigliare lo spento tridente di Bergodi. Guarin appoggia la manovra e dà equilibrio alla squadra. Alvaro Pereira (gran partita la sua), invece, gioca da esterno alto e spesso si presenta sulla linea degli attaccanti, schiacciando il Pescara. La ripresa è solo un countdown. Al 54’ Guarin firma la rete del raddoppio, raccogliendo un assist perfetto di Palacio, che semina ancora il panico nell’area del Pescara e regala al colombiano un pallone solo da spingere in porta. Poi è solo accademia. L’Inter rallenta il ritmo e controlla il match. Il Pescara invece si allunga, lasciando spazio alle ripartenze dei padroni di casa, che sprecano diverse occasioni da gol prima del triplice fischio (su tutte il sinistro di Pereira neutralizzato da Perin). Unica nota dolente della serata il muso lungo di Cassano, sostituito al 68’ da Stramaccioni per far entrare Rocchi (nel finale anche Milito per Palacio). Ma sono solo dettagli. L’Inter, forse, è finalmente tornata.

Nell’anticipo del lunch time, importantissima vittoria del Torino di Ventura, nonostante le tante assenze. Il primo gol granata lo segna Brighi, che al 5’ appoggia in rete un cross di D’Ambrosio. Al 30’ il gollonzo di petto in mischia di Reginaldo pareggia i conti, ma 7 minuti più tardi Bianchi, su assist di Birsa, riporta in vantaggio il Toro. Al 47’, poi, Cerci segna la terza rete in contropiede. Di Paolucci (come a Milano la scorsa settimana), al 75’, il gol del 3-2. Al 90’ i toscani hanno anche l’occasione per pareggiare, ma Rosina calcia a lato un calcio di rigore. 3-2 per i piemontesi e sesta sconfitta consecutiva per gli uomini di Iachini.

Alle ore 15, impegnate Juventus, Lazio, Napoli, Fiorentina e Roma, in rigoroso ordine di classifica. La squadra di Conte dopo ventitré giorni torna a Parma, stavolta non per affrontare il Cagliari ma chi a Parma ci gioca abitualmente. La squadra di Donadoni è l’unica imbattuta in casa in questo campionato, ecco perché l’impegno del “Tardini” è tutt’altro che facile per la Juventus appannata di quest’inizio di 2013. I gialloblù giocano senza paura e mettono in mostra il gioiellino Belfodil, che chiama in causa Buffon con un paio di belle giocate nei primi venti minuti di partita. Gli spazi, però, sono pochi ed entrambe le formazioni fanno fatica a farsi pericolose. I bianconeri (per l’occasione in tenuta completamente nera) ci provano con qualche tiro da lontano prima di illuminarsi nel finale di tempo, quando il protagonista diventa Mirante. Dal 35’ al 41’ il portiere parmense dice no a Quagliarella, Pirlo e Padoin, mandando tutti negli spogliatoi sullo 0-0. La Juve non sembra voler cambiare ritmo nella ripresa e ci si aspetta l’episodio che possa cambiare il match. Che, puntuale, arriva dopo poco, quando una punizione dal limite di Pirlo viene deviata da Biabiany, che non lascia scampo a Mirante. Il Parma a questo punto prova subito a riversarsi nella metà campo avversaria, ma in realtà non crea alcun pericolo. Ci vuole così una leggerezza alla Vucinic di Vucinic, che perde palla a metà campo poco dopo la mezz’ora, a rimettere la gara in parità. Il montenegrino dà il via al contropiede che Sansone finalizza nel migliore dei modi, sfruttando l’assist da trequartista di un fenomenale Paletta e la contemporanea disattenzione difensiva di un rivedibile Caceres. A questo punto Buffon e compagni non hanno le forze per sistemare le cose e, pur provandoci, non riescono a costruire l’azione del nuovo vantaggio. Finisce 1-1 con le firme dei due numeri 21, appena un punto per i campioni d’inverno in questo nuovo anno.

L’inseguitrice numero uno dei bianconeri si conferma la Lazio di Petkovic, che batte anche l’Atalanta e riduce a tre le lunghezze di distanza dalla vetta. La partita, però, prometteva tutt’altro che bene, almeno a giudicare dal primo tempo. Decisamente meglio l’Atalanta della Lazio nei primi 45 minuti di gioco all’Olimpico: mai chiamato in causa il portiere nerazzurro Consigli a differenza di Marchetti, impegnato in un paio di interventi salva risultato. Biancocelesti troppo prevedibili e troppo lenti nel far girare la palla e nel cercare la verticalizzazione contro un avversario ben messo in campo e che occupa tutti gli spazi. Gli uomini di Colantuono si chiudono bene in difesa e cercano di rubare palla per poi ripartire con più uomini: funzionano bene le fasce, in particolare il binario di sinistra Brivio-Bonaventura, con il primo che mette in apprensione la retroguardia di Petkovic in un paio di occasioni (23’ e 38’). E Moralez, intanto, si diverte a distribuire palloni intelligenti. Dal canto suo, la Lazio non spinge sugli esterni (Konko meglio di uno spento Lulic) e non riesce a sfruttare gli inserimenti di Mauri ed Hernanes, quest’ultimo ben controllato da Carmona. Per il Profeta soltanto due lampi, con una conclusione a lato e un’altra alle stelle. Candreva (anche ammonito) fuori dal gioco. Doppio cambio per la Lazio a inizio ripresa: Petkovic lascia negli spogliatoi Candreva e Lulic e inserisce Floccari e Cana. Ottimo inizio per i padroni di casa, con Konko che scappa via sulla destra ma la difesa dell’Atalanta riesce a rimediare. La pressione è costante: conclusione di Floccari deviata sopra la traversa e poco dopo salvataggio sulla linea di Denis su colpo di testa di Cana. Al 67’ arriva il gol con Floccari che conclude in rete da due passi dopo la traversa su deviazione all’indietro di Brivio. Ma sono veementi e più che giustificate le proteste dei bergamaschi: l’ex di turno, infatti, si aggiusta il pallone con il braccio. Da questo momento i giocatori di Colantuono si innervosiscono: fioccano le ammonizioni e arriva anche il raddoppio della Lazio, con un autogol di Brivio di testa su traversone di Mauri. Carmona finisce anzitempo la partita per doppia ammonizione e nel finale Hernanes sfiora il tris su punizione: solo la traversa gli dice di no. La Lazio continua a volare, il sogno non è poi così distante.

Il Napoli di Mazzarri ospita il disastrato Palermo di Gasperini. Nessun dubbio per Mazzarri, tutti disponibili, confermata la formazione che ha strapazzato la Roma. Armero parte in panchina, Calaiò solo spettatore perché mancano ancora alcune pratiche per il trasferimento dal Siena. Gasperini prepara invece una partita di contenimento, con Budan unica punta e Dossena, fischiatissimo dai suoi ex tifosi, subito in campo. Il piano del Palermo funziona nei primi trenta minuti. Il Napoli, forse sorpreso dall’aggressività degli avversari sul portatore di palla, non riesce a ingranare. Il trio Hamsik-Pandev-Cavani non trova spazi né l’intesa per eludere il pressing, ben gestito da Barreto e Rios, tanto che ad andare vicino al vantaggio sono i siciliani. Prima con Dossena che spara su De Sanctis il possibile gol dell’ex, poi Morganella che deve rinviare l’appuntamento con la prima rete in serie A per pochi centimetri. La fortuna per Gasperini non gira neanche alla mezz’ora quando Hamsik vince un rimpallo e serve un assist che Maggio (terzo gol consecutivo), lasciato colpevolmente solo, deve solo spingere in rete di testa. È il classico gol che spacca la partita: il Napoli ingrana, il Palermo prende paura. Il siluro di sinistro di Gokhan Inler sorprende Ujkani e la traversa di Barreto su punizione rende solo più amaro il calice rosanero. La speranza del Palermo è tutta nei piedi di Miccoli, che Gasperini lancia nella mischia a inizio ripresa. Hamsik con una botta mancina da fuori area di poco a lato, fa capire che non basta per raddrizzare la partita. Il Napoli addormenta la partita, pur non rinunciando a provare la soluzione da fuori, giusto per far capire ai siciliani che non c’è spazio per la rimonta. La caparbietà di Inler riesce a mettere Insigne senior (perché poi entrerà anche il fratellino Roberto) davanti a Ujkani: 3-0 e partita in naftalina. Inizia quindi un altro match, quello degli azzurri che vogliono far segnare ad ogni costo il centesimo gol in Serie A ad Edinson Cavani. Ma non è giornata, l’uruguayano sbaglia troppo e non bastano gli applausi del San Paolo a rialzargli il morale. Poco male, il Napoli vince lo stesso e torna terzo, a -5 dalla Juventus. Per ciò che riguarda il Palermo, invece, l’incubo retrocessione diventa sempre più incombente.

Partita che promette spettacolo quella tra Udinese e Fiorentina. Montella lascia in panchina Roncaglia preferendogli Tomovic, mentre Migliaccio prende il posto di Pizarro; Guidolin, invece, conferma l’undici vittorioso contro l’Inter domenica scorsa. La partita sembra girare dalla parte viola, soprattutto per il colpo di fortuna che capita agli uomini di Montella al minuto numero 20: punizione di Borja Valero, colpo di testa di Gonzalo Rodriguez, palla sulla traversa e poi sulla testa di Brkic, che mette dentro nella sua porta. Strada spianata verso la vittoria con un’Udinese mai pericolosa. Migliaccio davanti alla difesa è una sicurezza e a centrocampo il pallino del gioco è nei piedi di Borja Valero e Aquilani. Poi al 45’ Domizzi viene toccato in area proprio da Migliaccio accentuando la caduta: dal dischetto Di Natale non sbaglia, si va a riposo sull’1-1. La ripresa è più frizzante e si vedono più occasioni, le squadre si allungano alla ricerca del vantaggio. Al 60’ Borja Valero va vicino al 2-1, mentre Ljajic, un minuto più tardi, se lo mangia calciando addosso a Heurtaux e infine a lato. La Fiorentina spreca e l’Udinese colpisce come sa: lancio lungo per Totò che, in leggera posizione di fuorigioco, si inserisce e punisce Neto con un diagonale preciso per il 14° gol stagionale. Il colpo manda al tappeto la Viola e un minuto più tardi Muriel, con la netta complicità di Neto, infligge il ko. Neanche l’ingresso in campo di Luca Toni può rialzare la Fiorentina. I bianconeri vincono perché concreti e nel finale si permettono pure il lusso di sciupare il 4-1 con Basta. Di Natale punisce l’amico Montella, che dovrebbe preoccuparsi della poca cattiveria dei suoi uomini. L’Udinese, ormai, non sa più perdere e giunge al settimo risultato utile consecutivo, mentre la Fiorentina ha solo perso in questo nerissimo 2013. E ora si può azzardare la parola crisi, non tanto di gioco, ma di risultati.

La Roma di Zeman tradisce ancora una volta lontano dall’Olimpico. Dopo il Chievo e il Napoli, anche il Catania conquista i 3 punti contro i giallorossi, che non vincono in trasferta dal 2 dicembre a Siena. Eppure, nonostante il forfait di Totti (il capitano si ferma nel riscaldamento prepartita) la Roma era partita col piede giusto, disputando un ottimo primo tempo e creando anche parecchie occasioni da rete sprecate malamente. Clamorosi gli errori di Destro, che da pochi passi calcia fuori dopo un tiro ribattuto di Florenzi, e di Bradley, che non riesce a sfruttare un’altra respinta di Andujar. L’ex bomber del Siena conferma il non ottimo momento e non trova ancora la via del gol (anche a Napoli era stato protagonista di alcuni errori sottoporta). Il Catania ha avuto il merito di saper resistere al forcing della Roma, nella prima frazione poche le sortite offensive dei padroni di casa, che si fanno vedere nell’area giallorosa solo in un paio di azioni di Gomez. È proprio il Papu Gomez, il più pericoloso della squadra di Maran, a portare in vantaggio i siciliani: l’argentino scappa sul filo del fuorigioco, servito da un’ottima palla di Bergessio, e trafigge con un bel pallonetto Goicoechea. Dopo il vantaggio, il Catania riesce ad amministrare la gara e a rendersi pericoloso in contropiede con la velocità dei suoi attaccanti. La Roma subisce il colpo e non riesce a reagire, ci prova solo allo scadere con un’incursione di Dodò (entrato al posto di Marquinho). Gli uomini di Maran si confermano avversario ostico per chiunque, soprattutto al Massimino, dove hanno perso solo 2 partite (con Juventus e Milan) e dopo i 3 punti conquistati contro la Roma sono ben 23 su 29 quelli ottenuti tra le mura amiche. Per la Roma rimane il grande rammarico per non aver sfruttato le occasioni avute nei primi 45 minuti, le assenze di Totti e Osvaldo si sono fatte sentire in fase offensiva, vista anche la prestazione opaca di Destro. Se i giallorossi vorranno raggiungere le zone nobili della classifica dovranno interrompere il trend negativo in trasferta. Ora all’Olimpico Zeman dovrà vedersela con l’Inter, per cercare di non mollare definitivamente il treno per l’Europa.

Dopo sei sconfitte di fila e ben due mesi e mezzo d’astinenza, il Cagliari torna alla vittoria: a “Is Arenas” il Genoa viene battuto per 2-1. Dopo un primo tempo noioso, in avvio di ripresa gli ospiti sbloccano il risultato con un colpo di testa di Eros Pisano (48’). Il Cagliari reagisce e pareggia i conti con Marco Sau (55′), servito da Nainggolan, anche se scattato in leggera posizione di fuorigioco. All’82’ è Conti a completare la rimonta con una zuccata che non lascia scampo a Frey. Il Genoa perde Seymour (espulso) e deve accontentarsi di colpire una traversa con Kucka nei minuti di recupero.

Il posticipo della prima giornata di ritorno è Sampdoria-Milan. Le due squadre si presentano al match di Marassi con due attacchi giovanissimi: Eder-Icardi da una parte, Niang-Bojan-El Shaarawy dall’altra. Nei primi venti giri d’orologio è la Sampdoria l’unica squadra in campo, un gruppo rinato e rimotivato dalla cura Delio Rossi, che prima che il can che dormiva si svegliasse, prova a vincere seriamente la sfida. Solo un Abbiati in stato di grazia è abile a disinnescare le conclusioni in loop di Poli e De Silvestri, centrali sì, ma non per questo meno pericolose. Il colpo di testa, alias gol clamorosamente fallito da Gastaldello, al 21’ segna la fine del dominio blucerchiato per lasciar posto a una partita più lenta e anche per questo più equilibrata. La reazione veemente del Milan, però, praticamente non arriva. Il pallino del gioco, quello sì, cambia proprietario, ma la lentezza delle trame rossonere favorisce la difesa rocciosa impostata da Delio Rossi, uno che contro il Milan ottiene praticamente sempre risultato. Anche nella ripresa infatti, con due squadre molto stanche, i portieri si vedono in rare circostanze. Abbiati si impegna in due conclusioni telefonate di Estigarribia, ringraziando la mira storta di Icardi, prima di riempire di parole lo sbadato Mexes. Dall’altra parte Romero, a parte l’ordinaria amministrazione, deve realmente superarsi solo al 61’ su un tap-in di Boateng respinto sulla linea con un balzo felino. Troppo poco per il Milan per poter superare in classifica la Roma e avvicinare al quinto posto la Fiorentina. Abbastanza per la Sampdoria per incamerare un altro punto importante in chiave salvezza. Finisce 0-0 una partita che scivola via non senza emozioni ma che, al triplice fischio finale, riesce a scontentare un po’ tutti.

I TOP

Antonio Di Natale (UDINESE): Quando serve c’è sempre, poco importa se in leggero fuorigioco in occasione del 2-1. Esce stremato e il suo contributo alla squadra è sempre ottimale. Non si fa infastidire da Aquilani che ha tentato di diventare il Maspero della situazione… Rigore tirato alla perfezione e Neto spiazzato, nient’altro da dire per un giocatore con la “G” maiuscola. FENOMENO.

Alberto Gilardino (BOLOGNA): Torna al gol dopo sei partite di astinenza e lo fa in un pomeriggio scoppiettante per i suoi. Questo Gila può essere davvero utile per la salvezza dei felsinei. RITROVATO.

Alejandro Gomez (CATANIA): L’argentino è un vero e proprio maestro dell’uno contro uno. Fa impazzire Piris prima e Marquinhos poi. È l’uomo più pericoloso del Catania e dopo un paio di affondi a vuoto trova la rete che regala la vittoria alla sua squadra. GIOCOLIERE.

I FLOP

Neto (FIORENTINA): E ora Montella chi manderà tra i pali? Viviano, escluso dopo le papere di Roma, dovrebbe alzare la voce e richiedere il posto. Il 3-1 dei bianconeri porta in realtà la firma del portiere brasiliano. INGUARDABILE.

Mattia Destro (ROMA): Un’altra giornata storta per l’ex bomber del Siena. Gli capitano tre occasioni nei primi 45 minuti e le spreca tutte. A dir poco clamoroso l’errore a due passi dalla porta, dopo la respinta di Andujar su tiro di Florenzi. Butta l’ennesima occasione concessagli da Zeman e fa sentire ancor di più l’assenza di Osvaldo. IMPRECISO.

Mervan Celik (PESCARA): I tre attaccanti del Pescara deludono tutti, ma lo svedese non la vede mai. Mai una volta al tiro, mai un guizzo. ASSENTE.

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