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Messo o ufficiale giudiziale, la notifica ha uguale “dignità” – Cassazione Civile Sentenza 1089/2013

hqdefaultNon si verifica inammissibilità se l’appello non è stato depositato presso l’ufficio di segreteria della commissione tributaria che ha pronunziato la sentenza impugnata

La Suprema corte, nella sentenza 17 gennaio 2013, n. 1089, afferma che l’art. 16, co.4, del d.Lgs. n.546 del 1992, nel prevedere che l’ufficio del Ministero delle finanze e l’ente locale provvedono alle notificazioni anche a mezzo del messo comunale o di messo autorizzato dall’amministrazione finanziaria, con l’osservanza delle disposizioni di cui al comma 2 ove si prescrive che le notificazioni sono fatte secondo le norme dell’art.137 e segg. c.p.c., ha equiparato tale modalità a quella effettuata mediante ufficiale giudiziale. Conseguentemente non si verifica l’inammissibilità prevista dall’art.53, co.3, del d.Lgs. n.546 del 1992 (nel testo integrato dall’art.3-bis, co.7, del D.L. 30 settembre 2005, n.203, conv. dalla L. n.248 del 2005) nell’ipotesi che l’appello – notificato a mezzo del messo comunale – non sia stato depositato presso l’ufficio di segreteria della commissione tributaria che ha pronunziato la sentenza impugnata.

L’articolo 3-bis, comma 7, del Dl 30 settembre 2005, n. 203, convertito dalla legge n. 248 del 2005, ha modificato il terzo comma dell’articolo 53 della legge processuale tributaria approvata col Dlgs n. 546 del 1992, disponendo che “Ove il ricorso non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, l’appellante deve, a pena d’inammissibilità, depositare copia dell’appello presso l’ufficio di segreteria della commissione tributaria che ha pronunziato la sentenza impugnata”.

Nella controversia oggetto della sentenza in rassegna, l’ente impositore aveva notificato l’atto di appello nei termini previsti dall’articolo 51 del citato decreto legislativo, mediante il messo comunale, ma aveva depositato copia dell’atto di appello presso il giudice a quo successivamente a tale data; il giudice di seconda istanza aveva ritenuto inesistente un termine perentorio per il deposito di tale copia. La società contribuente invece aveva opposto nel ricorso per cassazione l’esistenza di un termine perentorio da individuarsi in quello di trenta giorni fissato dall’articolo 53 citato, mediante rinvio ricettizio effettuato all’articolo 22 dello stesso decreto in punto di modalità di costituzione nel giudizio di primo grado.

In ordine all’individuazione del termine perentorio per il deposito dell’atto di appello presso il giudice che ha emesso la sentenza impugnata nel grado di appello, la sentenza in commento rammenta come la Corte costituzionale abbia già affermato che l’esigenza di fornire alla segreteria del giudice di primo grado una tempestiva e documentata notizia della proposizione dell’appello, permette di individuare, in via interpretativa, il termine perentorio per il deposito della copia dell’appello nella segreteria della Commissione tributaria provinciale in quello di trenta giorni dalla proposizione dell’appello stabilito per la costituzione in giudizio dell’appellante.
In questi termini si veda la decisione del giudice delle leggi 4 dicembre 2009, n. 321, per la quale non sono fondate, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo della violazione del principio di ragionevolezza, le questioni di legittimità costituzionale del secondo periodo dell’articolo 53, comma 2, del Dlgs n. 546 del 1992, laddove – in ipotesi di appello non notificato a mezzo di ufficiale giudiziario – ne prevede l’inammissibilità in mancanza di deposito della copia dell’appello presso l’ufficio di segreteria della commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata.
La Consulta ha avuto modo di evidenziare come lo scopo di tale novella legislativa del 2005 sia quello di impedire, o almeno ridurre, il rischio del rilascio di erronee attestazioni di passaggio in giudicato delle sentenze delle Commissioni tributarie provinciali, il quale non è raggiunto dall’obbligo, posto a carico della segreteria del giudice di appello dal citato articolo 53, comma 3, di richiedere alla segreteria presso il giudice di primo grado la trasmissione del fascicolo processuale con la copia autentica della sentenza impugnata, subito dopo il ricorso in appello “in quanto tale richiesta di trasmissione del fascicolo è avanzata, dalla segreteria del giudice di appello, soltanto dopo la costituzione in giudizio dell’appellante, sicché non consente alla segreteria del giudice di primo grado di avere tempestiva notizia della proposizione del gravame”.

La notificazione dell’atto di appello eseguita mediante ufficiale giudiziario comporta, invece, la tempestiva notizia della cennata notifica dell’appello in quanto fornita alla segreteria del giudice di primo grado dallo stesso pubblico ufficiale, ai sensi dell’articolo 123 disp. att. cpc, ritenuto, dalla sentenza in commento, applicabile al processo tributario in forza dei generale richiamo alle norme del detto codice, effettuato dall’articolo 1, comma 2, del Dlgs n. 546 del 1992.
Pertanto, se l’obbligo di deposito della copia dell’atto di appello ricorre nei soli casi in cui la notificazione dell’appello non avvenga per il tramite dell’ufficiale giudiziario, per una scelta dell’appellante stesso, si pone la questione dell’assimilabilità delle notifiche effettuate dal messo comunale o di quello degli uffici finanziari a quelle eseguite dall’ufficiale giudiziale, risolta in senso affermativo dalla pronuncia in commento in base alla sua pregressa giurisprudenza.
Infatti nella decisone, citata da questa che si annota, 30 novembre 2011, n. 25502, venne riconosciuta tale equiparazione e proprio riguardo all’ammissibilità dell’appello in quanto la ratio dell’articolo 3-bis, comma 7, del citato Dl n. 203 del 2005 è la stessa di quella sottesa all’articolo 123 disp. att. cpc, ossia assicurare al segretario del giudice a quo di avere tempestiva conoscenza dell’impugnazione e di eseguire l’annotazione dell’impugnazione sull’originale della sentenza, prescritta dal comma 2 della norma anzidetta.

Da tale equiparazione sorge l’effetto che la comminatoria di inammissibilità prevista dall’articolo 53, comma 2, del Dlgs n. 546 del 1992, non riguarda gli atti di appello notificati per posta ai sensi della legge n. 53 del 1994, ma si riferisce alle semplici raccomandate previste dal precedente articolo 16, comma 2, come parimenti affermato dal Supremo collegio in riferimento alle notifiche effettuate dall’avvocato autorizzato a provvedere mediante posta.
In questo senso viene citata la pronuncia di legittimità 24 marzo 2011, n. 6811: l’articolo 9 della legge n. 53 del 1994 dispone che, nei casi in cui il cancelliere sia tenuto all’annotazione dell’impugnazione sull’originale della sentenza, “il notificante provvede, contestualmente alla notifica, a depositare copia dell’atto notificato presso il cancelliere del giudice che ha pronunciato il provvedimento”.

Infine, ai fini dell’equiparazione della figura dell’ufficiale giudiziale con quella dei messi, viene ricordato come nella pronuncia della Corte regolatrice del diritto 13 febbraio 2008, n. 3433, abbia rilevato che le attestazioni inerenti le formalità della notifica, compiute dal messo notificatore della cui opera si siano avvalsi gli uffici finanziari per notificare un atto del processo tributario, fanno piena fede fino a querela di falso, al pari di quelle compiute dall’ufficiale giudiziario.

a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME

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