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La Grande Guerra E Il Cinema

Il 2015 segnerà il centenario della Prima Guerra MOndiale ed allora ecco un altro interessante articolo, dopo “Le Canzoni Della Grande Guerra“, del Prof. Pancrazio Caponetto

downloadLo storico francese Marc Ferro, in uno studio del 1977, CINEMA E STORIA, ha messo in evidenza come i prodotti cinematografici possano essere considerati come fonti, documenti storici ( cio’ vale sia per i film che i documentari ) e anche come agenti di storia, cioè elementi che entrano in modo attivo nei processi storici e nella diffusione di modelli comportamentali e ideologici.

Il ruolo del cinema come agente di storia, nella funzione di strumento di propaganda, è stato evidente nei Regimi totalitari del XX secolo. Mussolini considerava il cinematografo, “ l’arma piu’ forte dello Stato.” Il Nazismo fece più volte esaltare il Regime dalle opere della regista Leni Riefensthal. L’Unione Sovietica scelse S. Ejzenstein per celebrare la Rivoluzione del 1917, con il film Ottobre.

L’importanza del film come fonte e agente di storia, emerge anche nelle produzioni italiane sulla Prima Guerra Mondiale. Renato Brunetta nella sua STORIA DEL CINEMA ITALIANO, ha scritto che durante la Grande Guerra, viene attivato per la prima volta “ un discorso cinematografico di propaganda prodotto direttamente dalle forze militari e del tutto congruente con le fonti ufficiali di informazione sull’andamento della guerra. Proprio in questo ambito il cinema viene assoggettato a una massiccia tecnica di mistificazione della notizia…”

Nei documentari dell’epoca, infatti, l’azione e’ sempre presa nel momento vincente, la distruzione e’ opera del nemico, i morti sono mostrati molto raramente, quasi del tutto assente la documentazione delle sconfitte. Ad esempio i materiali girati in occasione della battaglia di Caporetto, mostrano la distruzione solo nei danni prodotti alle cose, le truppe sconfitte sono riprese mentre si allontanano in maniera ordinata, non viene mostrato il senso della disfatta.

Queste tecniche di occultamento, insieme a un’ideologia volta a costruire consenso intorno alla Guerra, sono presenti anche in MACISTE ALPINO, uno dei più popolari film sulla Prima Guerra Mondiale. Maciste, muscoloso personaggio cinematografico, già protagonista di CABIRIA, film storico diretto da Giovanni Pastrone e sceneggiato da Gabriele D’Annunzio, appare in questa nuova opera di Pastrone, eroe capace di trascinare le masse popolari e costituirle in masse compatte ed efficienti. Nel film, le espressioni di dissenso antimilitarista, le stragi, gli eroismi inutili, vengono rimossi a favore di una guerra vittoriosa nella quale la lotta contro gli austriaci, non si risolve con i morti in battaglia, ma con le scazzottature e i calci nel sedere. “ E’ anche questo un modo per restituire alla guerra un volto umano- ha scritto lo storico Mario Isnenghi – è il linguaggio depoliticizzato della bravura individuale, amato e comprensibile da tutti. E’ il linguaggio del gioco.” Un film che per Isnenghi, fu la versione “incolta e plebea”, di quella concezione della guerra intesa come “ gioco sontuoso delle membra e degli uomini”, che fu propria di tanti scrittori e uomini di cultura ( si pensi alla guerra definita dal futurista Marinetti “igiene del mondo” o alle imprese belliche di Gabriele D’Annunzio ).

Questi prodotti cinematografici sulla guerra sono utili allo storico sia come fonti, documenti, testimonianze di quegli anni, sia come agenti di storia, opere volte a incidere nelle menti di chi le guardava, un’idea dell’Italia, giunta al compimento dell’unità nazionale grazie allo sforzo, al sacrificio eroico, al senso del dovere dei combattenti e dei cittadini tutti uniti nell’amore per la Patria,

L’atmosfera non cambia nel Ventennio Fascista. Nel 1934 l’Istituto Nazionale Luce, produce GLORIA, un’opera che raccoglie la documentazione cinematografica sulla guerra, girata nel 1915-18. Sulla tecnica di mistificazione della notizia che opera nei documentari della Grande Guerra, si è detto in precedenza. Mistificazione che compare anche nelle didascalie scelte dagli autori dell’Istituto Luce, per presentare le immagini del conflitto. Il documentario si apre con questa : “ Dopo il periodo grigio della neutralità per volontà di Re e popolo, la Nazione fu in armi.” Quindi, il neutralismo viene considerato una posizione politica “grigia”, senza dignità, una forma di disfattismo. La guerra fu voluta dal Re e dal popolo: si tace il fatto che la guerra fu decisa dal governo italiano e dai governi dell’Intesa, con il patto segreto di Londra dell’aprile 1915, firmato all’insaputa del Parlamento e nascosto al popolo italiano.

Si tace il fatto che nell’aprile del 1915, c’era nell’opinione pubblica italiana una larga diffusione di sentimenti neutralisti e pacifisti, come emerge dai rapporti dei prefetti del Regno ( studiati dallo storico Alberto Monticone ), inviati al Presidente del Consiglio Salandra

Il documentario, pur non mostrando immagini di distruzione e di morte non nasconde la durezza della guerra, il Carso viene definito un “inferno.” Ma la morte in guerra viene considerata sacra,come un martirio, quando, con un linguaggio quasi religioso, si parla del “purissimo sangue” dei soldati e del loro “calvario”.

Non vi sono immagini della disfatta di Caporetto, il documentario presenta solo le pagine vittoriose della guerra italiana: “l’ardimentoso volo su Vienna”, del “poeta soldato” Gabriele D’Annunzio; le imprese della Regia marina; la battaglia del Piave, “ prodigio di coraggio e volontà”; “la fulminea liberazione di Trento”.

GLORIA si chiude con il Bollettino della Vittoria del Generale Armando Diaz e con la sepoltura all’Altare della Patria, del milite ignoto “artefice sublime della vittoria, simbolo glorioso del sacrificio e dell’Olocausto.”

GLORIA è un opera fondamentale per capire aspetti centrali del regime Fascista: il legame tra Fascismo e guerra vittoriosa; l’idea di Patria, Il lavoro di manipolazione della storia, con utilizzo anche di mezzi di comunicazione di massa, finalizzato alla costruzione del consenso.

Una diversa riflessione sulla Guerra, compare, invece, nel cinema italiano del Secondo Dopoguerra. Ad aprire questa nuova stagione è LA GRANDE GUERRA, film girato nel 1959 da Mario Monicelli, con attori protagonisti Alberto Sordi, Vittorio Gassman e Silvana Mangano. Il film fu vincitore del Leone d’Oro al Festival del Cinema di Venezia. Recentemente è stato inserito da un comitato di esperti tra i cento film italiani da salvare, opere che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese ( agenti di Storia, dunque, secondo la definizione di Ferro ). Il film fu campione di incasso al botteghino e superò il miliardo di incasso. LA GRANDE GUERRA, realizza una fusione tra la critica di costume della commedia all’italiana e una prospettiva di critica storica capace di affrontare il passato con lucidità e anticonformismo. A questo proposito, il critico cinematografico Mario Sesti ha scritto: “ Il successo di pubblico contribuì alla demitizzazione della storiografia patriottica e romantica che aveva da sempre occultato il massacro della Prima Guerra Mondiale sotto l’oratoria dell’ardimento e del sacrificio.”

Il film, infatti, è la storia di due soldati ( Sordi e Gassman ) che cercano in tutti i modi di sottrarsi ai doveri militari. Monicelli, per il suo lavoro, si ispirò a due testi della letteratura italiana sulla Grande Guerra: CON ME E CON GLI ALPINI, di Piero Jahier e UN ANNO SULL’ALTIPIANO di Emilio Lussu. Da Lussu in particolare, Monicelli riprese la dura critica contri i comandi militari del tempo, indifferenti al sacrificio di migliaia di vite umane, la rappresentazione dell’esasperata disciplina militare, la riflessione sull’irrazionalità e il non senso della Guerra.

Questa demitizzazione della Grande Guerra, si fa ancor più evidente, fino ad arrivare ad un esplicito messaggio antimilitarista, nel film di Francesco Rosi, UOMINI CONTRO, del 1970. Il film di Rosi, anche esso ispirato dall’opera di Lussu, mostra per la prima volta sullo schermo, episodi a lungo nascosti dalla propaganda, dalla cinematografia e dalla storiografia sulla Grande Guerra: ammutinamenti, decimazioni, casi di autolesionismo finiti davanti ai Tribunali militari, l’odio dei fanti verso gli ufficiali. Non stupisce dunque la reazione che il film scatenò in certi ambienti della società italiana: il regista Rosi fu denunciato per vilipendio delle Forze Armate, il film fu boicottato in alcune sale cinematografiche e fu attaccato, in alcuni discorsi,dal Generale Giovanni De Lorenzo, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano.

Sono passati molti anni dall’uscita dei film di Monicelli e Rosi, oggi il processo di demitizzazione della guerra sembra concluso. Il quattro novembre di quest’anno, in occasione dell’anniversario dell’armistizio che pose fine alla Prima Guerra Mondiale, è stato proiettato, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che detiene anche il comando delle Forze Armate, il film TORNERANNO I PRATI, del regista Ermanno Olmi. Un film che descrive le durissime condizioni di vita dei soldati impegnati nella “guerra bianca”, la guerra combattuta da soldati italiani e austriaci, in montagna tra il freddo e la neve. Un film che Olmi ha dedicato al padre, bersagliere nella Prima Guerra Mondiale. In una recente intervista Olmi ha ricordato il padre e la guerra: “ Ero bambino quando lui raccontava a me e a mio fratello più grande del dolore della guerra, di quegli istanti terribili in attesa dell’ordine di andare all’assalto e sai che la morte è lì che ti attende sul bordo della trincea. Ricordava i suoi compagni e più di una volta l’ho visto piangere.”

TORNERANNO I PRATI esce in occasione del centenario della Grande Guerra, ma il regista Olmi si augura che possa contribuire a un diverso momento di riflessione. “ Ora – ha dichiarato – celebriamo il centenario di quella guerra, con discorsi e bandiere,ma bisogna anche sciogliere il nodo dell’ipocrisia e della vigliaccheria. Mi auguro che in queste celebrazioni si trovi il modo di chiedere scusa ai tanti soldati che abbiamo mandato a morire senza spiegare loro perché.”

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