Penale

Riforma Legge Vassalli. L’azione di responsabilità non comporta automatica sostituzione del giudice

downloadCassazione Penale, Sezione Sesta, Sentenza 16924/2015

Il magistrato la cui condotta professionale sia stata oggetto di una domanda risarcitoria ex lege n. 117/1988 non assume mai la qualità di debitore di chi tale domanda abbia proposto. Ciò per l’assorbente ragione che la domanda (anche dopo la legge n. 18/2015) può essere proposta solo ed esclusivamente nei confronti dello Stato (salvi i casi di condotta penalmente rilevante, art. 13). Né la eventualità di una successiva rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato, nel caso in cui quell’originaria azione si sia conclusa con la condanna dell’Amministrazione, muta la conclusione, perché i presupposti e i contenuti dell’azione di rivalsa sono parzialmente diversi da quelli dell’azione diretta della parte privata nei confronti del solo Stato (art. 7; artt. 2 e 3).

Il che, tra l’altro, impone di escludere che anche nel caso di intervento del magistrato nel processo civile che la parte promuove ex lege n. 117/1988 (art.6), si instauri un rapporto diretto parte/magistrato che possa condurre alla qualificazione del secondo in termini di anche solo potenziale debitore della prima.

In altri termini, non solo la qualità di debitore si assume nel momento in cui viene riconosciuta la compiuta fondatezza della pretesa risarcitoria, e non prima, ma nel caso del sistema della legge n. 117/1988 il magistrato la cui condotta professionale è valutata nel processo civile non potrà mai assumere la qualità di debitore della parte privata.

Sotto tale profilo, quindi, l’azione di responsabilità ex lege n. 117/1988 ha una struttura sistematica ed una valenza in definitiva meno utili allo scopo perseguito dall’imputato con l’odierna richiesta (non essere giudicato a Pordenone) rispetto ad
una ‘normale’ causa civile o denuncia penale.

Alle quali, pure e in secondo luogo, la costante giurisprudenza già nega comunque alcuna efficacia ad integrare anche solo la condizione dell’inimicizia grave (art. 37 in relazione all’art. 36 lettera d c.p.p.) e quindi la idoneità a fondare, per sé, un’utile ricusazione.

E’ sufficiente richiamare, per tutte, Sez.5 sent. 8429/2007, che con efficace argomentare sintetizza le ragioni del ‘sistema’ in punto di ricusazione: la denuncia penale o la instaurazione di una causa civile nei confronti del giudice sono entrambe ‘fatto’ riferibile solo alla parte e non al magistrato e non può ammettersi che sia rimessa alla (discrezionale) iniziativa della parte la scelta di chi lo deve giudicare (si vedano comunque anche Sez.6 sent. 38176/2011, Sez.6 sent. 45512/2010, Sez. 2 sent. 30443/2003).

Ciò vale pure nel caso di esposti presentati in precedenza dalla parte contro il magistrato (Sez.6 sent. 2830/1995, Sez.6 sent. 2491/1996): il che rileva quindi, quanto alla legge n. 117/1988 anche dopo le modifiche introdotte dalla legge n. 23/2015, pure in ordine ai possibili automatismi afferenti la verifica della sussistenza di un rilievo disciplinare, conseguente alla presentazione della domanda risarcitoria nei confronti dello Stato (attuale art. 9).

Deve quindi riaffermarsi (Sez.5 sent. 8429/2007) che l’azione di risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie esercitata ai sensi della legge 117/1988 anche dopo le modifiche introdotte dalla legge n. 23/2015 non costituisce per sé ragione idonea e sufficiente ad imporre la sostituzione del singolo magistrato. Del tutto autonoma rimane la problematica sulla eventuale dichiarazione di astensione ai sensi dell’art. 36 lettera h) c.p.p., per l’assorbente ragione che in questo caso ogni più ampio apprezzamento rimane attribuito alla giurisdizione, sicché non sussiste alcuna possibilità di automatismo legato alla discrezionale iniziativa della parte (meccanismo strutturalmente non tollerato dal principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge).

Tantomeno tale azione è pertanto idonea e sufficiente, anche se rivolta nei confronti di una pluralità di magistrati di un medesimo ufficio giudiziario, ad imporre la rimessione del processo ad altra sede giudiziaria ai sensi degli artt. 45 ss c.p.p., quasi che la mera pluralità dei casi potesse attribuire una consistenza che il singolo caso non possiede (e non già perchè numero singolo bensì per struttura della fattispecie).

Allegato Pdf:
Cassazione Penale, Sezione Sesta, Sentenza 16924 del 23/04/2015

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