Civile

Revocabile la donazione indiretta anche se il bene non è mai entrato nel patrimonio del debitore

Tribunale_Salerno_1Un’illuminante ed innovativa sentenza – Tribunale Salerno n. 2305/2016 Relatore Dott. R.Ricciardi – apre la strada ad una tutela creditoria sempre più efficace. Il giudice ha ritenuto applicabile l’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. ad una compravendita di immobile posta in essere dai figli del debitore, riconoscendo nella detta operazione una donazione indiretta da parte del padre.

La novità posta a base della decisione, che amplia sempre di più la tutela dei creditori, è da riconoscersi nella possibilità che a questi sia consentito agire in giudizio con un’azione revocatoria ordinaria anche se l’immobile, oggetto di compravendita in favore di soggetti estranei al rapporto debitorio, non è mai entrato a far parte della sfera patrimoniale del debitore, con ordine al Conservatore dei Registri di trascrivere il bene a favore del debitore.

Ed invero, nel caso che ha riguardato la decisione, a seguito del decesso di un socio di una s.a.s., gli eredi del socio defunto hanno richiesto la liquidazione della quota spettante al loro dante causa. Nelle more il loro dante causa, fornisce ai propri figli, di giovane età, la provvista necessaria per l’acquisto di un’immobile, di cui diventano proprietari. Gli eredi del creditore, ritenendo tale atto lesivo delle proprie ragioni creditorie, hanno chiesto al Tribunale la revoca degli effetti dell’atto notarile avente ad oggetto l’acquisto dell’immobile, qualificandolo come donazione indiretta.

Come noto, la donazione, secondo quanto disposto dall’art. 769 c.c., “è il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo in favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione”. Il codice civile colloca la donazione fra gli atti a forma solenne. Accade, nella prassi, di giungere al medesimo effetto di una donazione, con l’impoverimento del donante e l’arricchimento del beneficiario non direttamente attraverso un contratto stipulato con il ministero notarile, ma “indirettamente”. I soggetti optano per un percorso differente che giunge al medesimo effetto, con la conseguenza che alla donazione c.d. indiretta non si applicano le regole formali della donazione ex art. 769 c.c.- l’atto pubblico notarile in presenza di due testimoni- ma se ne conserva la sola applicazione delle regole “sostanziali”.

Partendo proprio da questo principio, il Tribunale di Salerno ha risolto brillantemente la controversia in esame. E’ pacifico, infatti, in giurisprudenza che “ai fini della configurabilità della donazione indiretta d’immobile, è necessario che il denaro venga corrisposto dal donante al donatario allo specifico scopo dell’acquisto del bene o mediante il versamento diretto dell’importo all’alienante o  mediante la previsione della destinazione della somma donata al trasferimento immobiliare” (Cass.
Civ. sent. n. 26746/2008). Nel caso di specie i figli, poco più che maggiorenni, e senza alcuna entrata economica tale da giustificare l’operazione di compravendita, sono stati destinatari dell’acquisto di immobili, il cui corrispettivo è stato pagato dal padre nonchè debitore degli eredi del defunto socio.

Configurata la donazione indiretta resta da comprendere se e come è applicabile l’azione revocatoria ordinaria di cui all’art. 2901 c.c. il cui principale scopo è quello di far rientrare nel patrimonio del debitore i beni distratti affinché i creditori possano concorrere fino al soddisfo del proprio diritto di credito. Il problema nasce dal fatto che gli immobili, formalmente, non hanno mai fatto parte del patrimonio del debitore.

La questione è superata attraverso la deduzione logico/normativa secondo cui, trattandosi di donazione indiretta, seppur in mancanza di una formale intestazione, va ritenuto che il donante abbia, di fatto, acquistato l’immobile per poi donarlo, in un secondo momento, ai figli mediante il rogito notarile. Secondo il giudice di merito, gli immobili sarebbero entrati nel patrimonio del padre e quindi del debitore per almeno due motivi: il primo, è che la reale volontà del donante è quella di donare gli immobili e non il denaro occorrente per il loro acquisto, sicchè non si può donare se non qualcosa che rientri nella sfera giuridica di chi compie l’atto di liberalità; il secondo, è che la donazione indiretta non è un istituto giuridico a sé, ma segue le regole della donazione tout court, che non consente la donazione di beni altrui.

A tal proposito, va precisato che la dottrina per anni si è chiesta se una siffatta liberalità costituisca una donazione diretta o indiretta di denaro, ovvero una donazione indiretta dell’immobile, assumendo posizioni contrastanti. Altra tesi, invece, ha sempre guardato all’intenzione del donante per individuare l’oggetto della donazione.

Anche la giurisprudenza ha assunto posizioni contrastanti. In un primo momento, la Cassazione ha appoggiato la tesi della donazione del denaro e non già dell’immobile, che non ha mai fatto parte del patrimonio. Successivamente, invece, i giudici di legittimità a Sezioni Unite hanno chiarito che nella ipotesi di acquisto con denaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, si configura una donazione indiretta del bene stesso e non del denaro (Cass. n.9282 del 5.08.1992). In pronunce recenti la Suprema Corte, a definizione della vexata questione, ha affermato la necessità di rivolgere l’attenzione dell’oggetto dell’animus donandi per individuare il bene suscettibile di donazione, tenendo distinta la dazione del denaro, quale mezzo per l’unico e specifico fine dell’acquisto dell’immobile, che integra un’ipotesi di donazione indiretta del bene e non del denaro. Nel nostro caso, la vera volontà negoziale che le parti hanno perseguito è quella di consentire al padre di donare gli immobili ai propri figli, poiché, è bene precisarlo, il denaro occorrente per l’acquisto degli immobili non è mai entrato nel patrimonio dei figli. Impugnato, pertanto, il rogito notarile, qualificato come donazione indiretta si possono configurare gli effetti dell’azione revocatoria.

Ed invero l’art. 2901 c.c. dispone che “il creditore, anche se il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio coi quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni: che il debitore conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l’atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento[…]”. La ratio di tale istituto è quello di rendere inefficace l’atto dispositivo del debitore -donazione degli immobili ai figli- nei confronti del creditore, al fine di un più agevole soddisfacimento delle proprie ragioni.

Per il caso di specie, non è in dubbio, la sussistenza, da un lato, del requisito dell’eventus damni, in quanto la vendita degli immobili ha comportato un’oggettiva diminuzione della garanzia patrimoniale del debitore dal momento che lo stesso non ha dimostrato di disporre di altri beni; dall’altro, del requisito della scientia fraudis, ben conscio, il debitore, di arrecare un pregiudizio ai creditori, posto che l’acquisto degli immobili è successivo al decesso del socio, quindi dopo che si era maturato  il diritto alla liquidazione della quota societaria in favore degli eredi. Nella fattispecie non è richiesta anche la partecipazio fraudis del terzo venditore, tenuto conto che questi non è tenuto a conoscere le motivazioni che hanno indotto il padre-donante a non intestarsi gli immobili, pur avendo fornito la provvista.

La conclusione di tale ragionamento è che l’azione revocatoria ordinaria è applicabile anche alle fattispecie di donazione indiretta e la conseguenza è che l’accoglimento della domanda di revocatoria ordinaria ha come effetto quello di consentire al suo creditore di aggredire gli immobili per soddisfare le sue ragioni. Pertanto, anche se gli immobili oggetto della domanda non sono mai entrati formalmente nel patrimonio del debitore, deve ritenersi che i beni siano stati acquistati al patrimonio del debitore (padre), altrimenti questi non avrebbe mai potuto cederli ai figli, secondo quanto era nelle sue intenzioni e con le modalità della donazione indiretta. Del resto il denaro occorrente per l’acquisto non è mai stato donato ai figli ma è stato il mezzo utilizzato per l’acquisto. Per fare ciò gli immobili non possono che essere passati per il patrimonio del donante, con la conseguenza che l’accoglimento della domanda di revocatoria ne comporta il rientro in capo al debitore e per tale ragione, ad avviso del Tribunale va ordinata al Conservatore dei Registri Immobiliari la trascrizione in favore del debitore dei beni oggetto dell’atto di compravendita. Ed invero, l’atto per il quale si chiede la revocatoria è un atto complesso, formato da almeno due componenti: la prima consiste nella vendita tra il venditore ed il debitore e la seconda nella donazione tra il debitore ed i figli. Solo il secondo atto di donazione è da dichiararsi inefficacie nei confronti dei creditori e per far ciò gli immobili devono essere necessariamente intestati al debitore.

La sentenza appare innovativa tenuto conto che, se l’istituto della donazione indiretta era ben noto alla giurisprudenza, più difficile appariva configurare la revocatoria ordinaria su un atto compiuto da terzi senza che il bene fosse mai formalmente entrato nel patrimonio del debitore. La sentenza supera il rigore dei formalismi attraverso un ragionamento logico-deduttivo per garantire una tutela sempre più efficace ed effettiva dei diritti dei creditori. Il nodo cruciale è il riconoscimento e la conseguente applicazione pratica delle regole sostanziali della donazione tout court a quella indiretta, al fine di risolvere una controversia complessa e chiudere la porta, una volta per tutte, ad eventuali escamotage del debitore. La soluzione del Giudice Salernitano è quanto mai condivisibile, colpisce nel segno e si inserisce in quella giurisprudenza che tutela i diritti dei creditori per la nota preferenza che le norme accordano “a qui certat de damno vitando rispetto a qui certat de lucro captando” ossia a chi subisce un danno piuttosto che a chi ottiene un vantaggio.

Salerno, 18 Luglio 2016 Avv. Elena Pompeo

Allegato Pdf:

Sentenza Tribunale Salerno n. 2305/2016

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