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Nuovi motivi per la modifica dell’assegno di mantenimento nel libro pilota sull’argomento del Giudice Lucia Cammarota

Se l’ex coniuge beneficerà del Reddito di cittadinanza (o non si impegna a chiederlo) oltre 500 mila ex mariti in Italia potranno chiedere la riduzione o l’annullamento dell’assegno di mantenimento. Lo ha spiegato in modo chiarissimo, con riferimenti concreti di giurisprudenza, il Giudice Lucia Cammarota, oggi in servizio alla prima sezione civile del Tribunale di Avellino, nel suo libro, “Il reddito di cittadinanza. I nuovi ricorsi giurisdizionali e le ombre di incostituzionalità. Il lavoro nella new economy e lo scenario europeo” (giugno 2019, Direkta edizioni, 282 pagine, in vendita su Feltrinelli on line a € 19,50 – I proventi per scelta dell’autrice saranno devoluti in beneficenza. Il lavoro è già stato recensito positivamente dalla pagina di economia del Corriere della Sera online e dal Sole 24 Ore).

“Con l’introduzione della possibilità di ottenere il reddito di cittadinanza da parte del coniuge (o del figlio maggiorenne), disoccupato e privo di redditi, o con lavori precari e redditi minimi, – ha scritto la dott.ssa Lucia Cammarota – non vi è dubbio che interviene un fatto nuovo rilevante, sotto vari aspetti. Il primo e più importante è che se il coniuge (o il figlio)  usufruiva di un contributo di mantenimento a carico dell’altro coniuge (o del genitore), nell’ipotesi di ottenimento del reddito di cittadinanza, nella maggior parte dei casi – quelle c.d. delle “separazioni povere”, in cui a lavorare è solo uno dei due coniugi con reddito medio basso, potrà  perdere il diritto al mantenimento, ove il coniuge obbligato proceda con ricorso ex art. 710 c.p.c.. Sotto altro aspetto, può venire in rilievo l’inerzia del coniuge o del figlio maggiorenne, nel senso che nonostante si trovi nelle condizioni di legge per poter chiedere e ottenere il reddito di cittadinanza e seguire il previsto percorso per l’avviamento a un lavoro congruo, nulla faccia, pur versando in condizioni di bisogno e avendo l’attitudine al lavoro in considerazione dell’età, delle buone condizioni di salute, del grado di istruzione, del contesto sociale economico in cui vive”.
Così la misura del reddito di cittadinanza, da un lato, se non richiesta metterà in discussione la certezza di ottenere (o mantenere) l’assegno, posto che il presupposto per ottenere il mensile dall’ex coniuge è proprio la mancanza di risorse adeguate al proprio sostentamento, e, dall’altro, se richiesta e ottenuta dal coniuge debole, dispenserà quello più forte dal versamento dell’assegno.
E’ noto infatti che con la famosa sentenza Grilli è andato in soffitta il “tenore di vita”, ed è entrato in scena il nuovo parametro “raggiungimento dell’indipendenza economica”.
All’uopo, come ricordato dalla scrittrice nel saggio, i giudici di piazza Cavour hanno precisato, nell’ordinanza n. 25697 del 2017, che “deve trovare adeguata considerazione, nella decisione del giudice del merito, l’attitudine a procurarsi un reddito da lavoro (insieme ad ogni altra situazione suscettibile di valutazione economica) da parte del coniuge che pretenda l’assegno di mantenimento a carico dell’altro”.
In questa direzione le recenti sentenze di merito, segnalate nel libro, tra le tante, la sentenza n. 24007 del 2016 del Tribunale di Roma che ha negato l’assegno a una donna per essere giovane (quarant’anni) e preparata (con una discreta formazione professionale) e la sentenza n. 652 del 2018 del Tribunale di Udine che ha respinto la richiesta di assegno divorzile proposta dal coniuge economicamente più debole in quanto “il parametro dell’autosufficienza economica va valutato non solo in base ai redditi di cui in concreto dispongono le parti, ma anche tenendo conto dell’astratta capacità produttiva e lavorativa dei coniugi, e, nel caso in questione la parte non ha prodotto alcuna documentazione relativa all’effettiva ricerca da parte sua di un’attività lavorativa”.
Allora le decisioni sono chiare: l’ex coniuge che rivendichi il mantenimento non deve solo dimostrare di avere un reddito insufficiente a vivere, ma anche dinon essere nelle condizioni di procurarselo.
“E’ giusto e in linea con il diritto-dovere di lavorare, sancito dalla Costituzione, – ha altresì precisato il giudice Cammarota – che l’attitudine al lavoro proficuo, come potenziale capacità di guadagno, sia considerata un elemento valutabile dal giudice per definire la misura dell’assegno in sede di separazione”.
Analogamente, anche successivamente, la cifra elargita dall’ex coniuge a titolo di assegno di mantenimento, può essere revisionata e ridimensionata se l’altro ex coniuge non dimostri i giusti motivi per i quali non ha richiesto il reddito di cittadinanza e non  si sia impegno a trovare un’occupazione anche a tempo parziale.
“Dunque – ha ribadito la dott.ssa Lucia Cammarota – poiché la misura del welfare si propone sulla carta di agevolare più rapidamente il reinserimento dell’ex coniuge debole nel mondo del lavoro, dandogli nell’immediatezza un’erogazione in denaro, essa rileverà e inciderà, certamente, sull’assegno di mantenimento”.
“Chi non lavora, non fa l’amore, così inizia una famosa canzone. – ha ironicamente concluso l’autrice del libro – E se non dimostra di aver provato a cercare un lavoro, non prende neanche il mantenimento, potremmo oggi completare”.

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