Non luogo a
procedere quando il cittadino straniero è stato espulso dal territorio
nazionale. La Cassazione, con la sentenza 30465/04, afferma che, in caso di
avvenuta espulsione del cittadino straniero, è ammessa la pronuncia di una
sentenza di non luogo a procedere quando sia stata esercitata l’azione penale,
sebbene non sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio, e quando
l’azione penale non sia stata ancora esercitata. La possibilità è riconosciuta
dall’articolo 13, comma 3-quater, del Dlgs 286/1998, che configura l’esecuzione
del provvedimento amministrativo di espulsione come causa di non procedibilità
del procedimento penale consentendo, quindi, la pronuncia della sentenza di non
luogo a procedere. Peraltro, la Suprema corte interpreta in modo estensivo
l’articolo 13, affermandone l’applicabilità ogni volta che l’espulsione avviene
ed è provata prima che si pervenga al giudizio, dato che la sentenza di non
luogo a procedere non è preclusa dal mancato esercizio dell’azione penale. Cosí
sono eliminate tutte quelle discriminazioni ” fondate sul momento d’esercizio
dell’azione penale, sulla gravità del reato, sul tipo di procedura prevista
(udienza preliminare o citazione diretta a giudizio) ” che un’interpretazione
letterale poteva determinare. Pertanto, lo straniero la cui espulsione sia stata
effettivamente eseguita è premiato: nei suoi confronti il giudice deve
pronunciare sentenza di non luogo a procedere. Con un’altra sentenza, la
30474/04, la Cassazione ha affrontato il problema della natura, penale o
amministrativa, della sanzione sostitutiva o alternativa alla detenzione e degli
effetti applicativi (articolo 16 del Dlgs 286/98). La Corte propende senza
dubbio per la natura penale. In realtà , la dizione della norma “sanzione
sostitutiva o alternativa alla detenzione”, nonchè il profilo sostanziale della
disposizione che prevede l’effetto estintivo della pena, sono elementi di
indiscutibile valore a sostegno della natura penalistica della sanzione.
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