Divieto di accesso allo stadio. Il vizio di motivazione dell’ordinanza di convalida non comporta l’inefficacia del provvedimento interdittivo – CASSAZIONE PENALE, Sezioni Unite, Sentenza n. 4444 del 03/02/2006


SICUREZZA PUBBLICA – MANIFESTAZIONI SPORTIVE –
DIVIETO DI ACCESSO – CONVALIDA DEL PROVVEDIMENTO DEL QUESTORE – VIZIO DI
MOTIVAZIONE – ANNULLAMENTO CON RINVIO


 

In materia di misure volte a prevenire la
violenza negli stadi, l’annullamento per vizio di motivazione dell’ordinanza di
convalida del provvedimento con cui il Questore fa divieto di accesso ai luoghi
ove si svolgono manifestazioni sportive non mette in discussione la ritualità
della procedura di convalida e l’esistenza dei presupposti per il legittimo
passaggio all’esame del merito del provvedimento interdittivo, sicchè esso non
preclude un nuovo intervento del giudice di merito e deve essere disposto con
rinvio per una nuova deliberazione, senza che ne consegua l’inefficacia del
provvedimento interdittivo

 


CASSAZIONE
PENALE, Sezioni Unite, Sentenza n. 4444  del 03/02/2006

(
Presidente N. Marvulli, Relatore A. Cortese)


 

FATTO

Con provvedimento del 26 gennaio 2005, emesso ai sensi dell’art. 6 legge 13
dicembre 1989 n. 401, e notificato all’interessato il successivo 9 febbraio,
alle ore 13.20, il Questore di Bolzano disponeva nei confronti di G. M. il
divieto di assistere, per la durata di un anno, agli incontri sportivi della HC
Milano e dell’HC Bolzano, nonchè di accedere a tutti gli impianti sportivi del
territorio nazionale, ospitanti le suddette squadre di hockey, compresi i luoghi
interessati alla sosta, transito e trasporto dei partecipanti o assistenti alle
competizioni medesime. Con lo stesso provvedimento era prescritto al GM di
presentarsi presso la Questura di Milano mezz’ora prima dell’inizio delle
partite di campionato – in sede o in trasferta – delle suddette squadre, ovvero
mezz’ora dopo l’inizio degli incontri in caso di orario posticipato o anticipato
o di partita agonistica fuori campionato.

Il provvedimento veniva adottato dopo che il predetto era stato segnalato dalla
P.S. quale autore di episodi di violenza verificatesi nel corso dell’incontro di
hockey tra HC Bolzano e HC Milano il 4 gennaio 2005 presso il locale palazzo del
ghiaccio.

Nel provvedimento era dato avviso all’interessato della facoltà di presentare
memorie e deduzioni al gip entro le 48 ore successive dalla data di notifica.

In data 11 febbraio 2005, il Gip del Tribunale di Bolzano, su richiesta del P.M.
del 10 febbraio, convalidava i provvedimenti del Questore, cosi’ motivando:
“ritenuto che sussistono i presupposti di cui alla legge 401/89 e successive
modifiche, che legittimano i provvedimenti del Questore”.

In data 17 febbraio era notificato all’interessato il provvedimento di
convalida.

Avverso l’ordinanza di convalida del Gip, con atto depositato il 23 febbraio
2005 presso la cancelleria del Tribunale di Udine, ricorreva per cassazione
l’avv. R. Bussinello del foro di Verona, difensore di fiducia di GM, deducendo:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 6 comma 3 l. 13 dicembre 1989 n.
401 e succ. modd., sotto i profili del difetto di motivazione del decreto del
P.M. contenente la richiesta di convalida del provvedimento del questore e del
rispetto dei termini per la convalida;

2) difetto o mancanza di motivazione della convalida del Gip, in ordine ai
presupposti prescritti e alla pericolosità del soggetto interessato;

3) difetto di motivazione in ordine alle ragioni di necessità ed urgenza che
giustificano l’adozione della misura;

4) difetto di motivazione in merito all’adeguatezza del contenuto ed alle
modalità applicative (posto che le partite di hockey vengono disputate nei
giorni lavorativi ed essendo pertanto sufficiente a svolgere una funzione
preventiva la presenza del suo assistito sul posto di lavoro).

Cio’ premesso, il ricorrente chiedeva l’annullamento con ogni conseguenza di
legge dell’ordinanza gravata.

La terza Sezione, assegnataria del ricorso, con ordinanza pronunciata
all’udienza camerale del 4 luglio 2005, ne rimetteva la decisione alle Sezioni
Unite penali.

La Corte osservava preliminarmente come il ricorso si presentasse fondato prima
facie limitatamente alle carenze motivazionali del provvedimento di convalida,
siccome non recante alcuna valutazione, neppure generica, in ordine ai
presupposti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla legge per l’imposizione
dell’obbligo di cui al secondo comma dell’art. 6 della l. 401/1989. Richiamava a
tal riguardo gli arresti giurisprudenziali formatisi in ordine alla necessità
di un’adeguata verifica dei presupposti giustificativi dell’atto, ovvero delle
ragioni di necessità e di urgenza, della pericolosità concreta ed attuale del
soggetto, dell’attribuibilità al medesimo delle condotte addebitate e della
loro riconducibilità alle ipotesi previste dalla norma, (presupposti indicati
in particolare da Sez. Un. 27/10/2004, dep. 12/11/2004, n. 44273, ric. Labbia).

La stessa Corte, peraltro, osservava che l’annullamento del provvedimento, a
causa della strutturale carenza motivazionale, poneva il giudice di legittimità
di fronte ad un’opzione circa la tipologia della relativa pronuncia –
annullamento “con” o “senza” rinvio – in merito alla quale erano state adottate
da parte della Corte Suprema divergenti soluzioni interpretative.

Con decreto del 28 luglio 2005 il Primo Presidente assegnava il ricorso alle
Sezioni Unite, fissandone la trattazione all’udienza camerale del 29 novembre
2005.

DIRITTO

Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di violazione e falsa
applicazione dell’art. 6 comma 3 l. 13 dicembre 1989 n. 401 e succ. modd., sotto
i profili del difetto di motivazione del decreto del P.M. contenente la
richiesta di convalida del provvedimento del questore e del rispetto dei termini
per la convalida.

Per vero, per quanto concerne quest’ultimo profilo, nel ricorso lo stesso è
meramente enunciato ma non riceve alcuno sviluppo. E, in effetti, nella specie,
la mancata indicazione dell’ora nella richiesta del P.M. e nel successivo
provvedimento di convalida non determina alcuna incertezza sul rispetto dei
termini di legge, posto che la richiesta risulta avanzata il giorno successivo
alla notifica del provvedimento del Questore e la convalida risulta messa il
giorno successivo alla richiesta del P.M.

Circa, invece, l’eccezione di invalidità della richiesta del P.M., sotto il
profilo del difetto di motivazione, si osserva che la stessa è sollevata in
modo generico e ipotetico, in quanto si ammette nel ricorso la non cognizione
del decreto del P.M.

Nella ratio della norma decadenziale in esame, peraltro, è evidente lo scarso
rilievo che assume la motivazione (solo incidentalmente prevista) del
provvedimento di richiesta del P.M., che è un mero atto di impulso, inteso a
innescare, con le scansioni perentorie prescritte, il pronto e completo
controllo del giudice sulla sussistenza dei presupposti per la limitazione della
libertà personale del destinatario del provvedimento del Questore.

Il P.M., in definitiva, non deve far altro che svolgere una sommaria delibazione
sulla sussistenza di tali presupposti, al solo fine di verificare se inoltrare o
no la richiesta di convalida al giudice. Dal suo decreto deve pertanto
semplicemente risultare che tale delibazione è stata effettuata, e tanto è
dato riscontrare in atti con riferimento al caso di specie.

Sgombrato il campo dalle eccezioni preliminari, esaminiamo ora i rilievi
attinenti al provvedimento del GIP.

Al riguardo il ricorrente lamenta in particolare la carenza di motivazione
dell’ordinanza di convalida, in ordine alla verifica dei presupposti (ivi
compresi quelli della pericolosità del soggetto interessato e delle ragioni di
necessità ed urgenza) richiesti per l’applicazione della misura.

Le censure appaiono fondate.

L’ordinanza impugnata, invero, reca la seguente motivazione: “ritenuto che
sussistono i presupposti di cui alla legge 401/89 e successive modifiche, che
legittimano i provvedimenti del Questore”.

Tale motivazione è sicuramente carente rispetto a quanto imposto dalla “ratio”
e dallo scopo dell’intervento giurisdizionale in questione, cosi’ come
definitivamente puntualizzati dalla giurisprudenza costituzionale e di
legittimità.

Il Giudice delle leggi ha avuto modo di qualificare la misura prevista dal comma
2 dell’art. 6 L. 301/1989 come un provvedimento di tipo preventivo “idoneo ad
incidere sulla libertà personale del soggetto tenuto a comparire, facendola
pertanto rientrare a pieno titolo nelle previsioni dell’art. 13 della
Costituzione (sentenza n. 193 del 1996).

Nel sottolineare (nella sentenza n. 143 del 1996) la sostanziale analogia fra la
procedura prescelta dal legislatore per disciplinare le modalità della
convalida della misura prevista dall’art. 6 comma 2 l. cit. e quella prevista
dall’artt. 390 c.p.p. per la convalida dell’arresto o del fermo, la stessa Corte
ha precisato che il giudizio di convalida effettuato dal giudice per le indagini
preliminari deve presentare le seguenti caratteristiche: deve concretarsi in un
controllo pieno, ovvero tale da coinvolgere la personalità del destinatario, le
modalità di applicazione (sentenza n. 143 cit.), la ragionevolezza ed "esigibilità"
della misura (sentenza n. 136 del 1998), e deve svolgersi nel rispetto delle
garanzie della difesa (sentenza n. 144 del 1997).

Le Sezioni unite di questa Corte, con la sentenza 27/10/2004, n. 44273, ric.
Labbia, nel comporre il contrasto che si era profilato in giurisprudenza in
ordine ai limiti del controllo devoluto al giudice della convalida del
provvedimento adottato dal questore (era in particolare controverso se tale
controllo dovesse estendersi o meno alla verifica della pericolosità del
soggetto interessato), hanno fatto proprie le indicazioni ermeneutiche del
Giudice delle leggi (sent. n. 136 del 1998 cit. e sent. n. 512 del 2002),
assegnando al controllo del giudice carattere “pieno”, ossia esteso alla
verifica in concreto, anche sotto il profilo della sufficienza indiziaria,
dell’esistenza dei presupposti richiesti dalla legge. Secondo la ricostruzione
della S.C., la prescrizione imposta dal Questore ai sensi dell’art. 6, comma 2
l. 401/1989 deve qualificarsi come “misura di prevenzione” (diretta in
particolare ad evitare la consumazione di reati attinenti alla tutela
dell’ordine pubblico in occasione di manifestazioni di carattere sportivo da
parte di soggetti che, per precedenti condotte, siano ritenuti socialmente
pericolosi), che – come tutti i provvedimenti provvisori restrittivi della
libertà che l’autorità di polizia puo’ adottare a norma dell’art. 13, terzo
comma, Cost. – deve avere natura necessariamente “servente” rispetto
all’intervento di competenza dell’autorità giudiziaria, da identificarsi nel
controllo di legalità devoluto al giudice della convalida. In tale
ricostruzione, solo l’atto motivato dell’autorità giudiziaria viene a
costituire il provvedimento idoneo a incidere definitivamente sulla posizione
soggettiva della persona, mentre quello dell’autorità di polizia, in quanto
servente, non puo’ che avere “effetti anticipatori e preparatori”.

La convalida, quindi, non puo’ che rivestire la natura di “pieno controllo di
legalità sull’esistenza dei presupposti legittimanti l’adozione del
provvedimento da parte dell’autorità amministrativa, compresi quelli che la
natura di misura di prevenzione richiede”, non differenziandosi, nella sostanza,
da quello previsto per altri provvedimenti provvisori attribuiti alla competenza
dell’autorità amministrativa (quale in particolare quello avente ad oggetto
l’arresto operato dalla polizia).

I presupposti legittimanti l’adozione del provvedimento del questore, sulla cui
sussistenza deve esplicarsi il controllo giudiziale sono stati dalla S.C.
individuati segnatamente: nel “fumus” di attribuibilità delle condotte alla
persona sottoposta alla misura; nella riconducibilità di tali condotte alle
ipotesi previste dalla norma; nelle ragioni di “necessità ed urgenza” che hanno
indotto il questore ad adottare il provvedimento; nella valutazione di
sussistenza della pericolosità del soggetto cui è applicata la misura (il
giudice della convalida dovrà in particolare verificare se i fatti indicati dal
questore possano costituire indice sicuro della pericolosità intesa nella
particolare accezione che risulta dal testo dell’art. 6 della l. 401/1989).
Inoltre, il giudice della convalida deve procedere alla valutazione circa la “congruità”
della durata della misura, potendo, ove la ritenga eccessiva, ridurla. La stessa
Corte ha poi ribadito il principio secondo cui, anche in questa materia, il
giudice della convalida puo’ legittimamente avvalersi della motivazione per
relationem, purchè dia conto del percorso giustificativo e delle ragioni di
condivisione del provvedimento richiamato, non potendosi risolvere la
motivazione in una acritica recezione del provvedimento amministrativo.

Per procedere a tale penetrante controllo il Gip deve disporre della
documentazione su cui è fondato il provvedimento del questore, che dovrà,
pertanto, essergli trasmessa dal pubblico ministero.

Risulta chiaro, alla stregua di quanto sopra, come la surriportata lapidaria
locuzione posta a base dell’ordinanza di convalida oggetto di impugnazione non
risponda al compiuto obbligo di motivazione cui il GIP era tenuto.

Nè puo’ nell’ordinanza ravvisarsi una valida motivazione per relationem,
limitandosi essa a riportare sinteticamente il solo dispositivo del
provvedimento questorile, senza alcuna notazione atta a dar “conto del percorso
giustificativo e delle ragioni di condivisione del provvedimento richiamato”.

L’impugnata ordinanza deve, pertanto, essere annullata.

Si pone a questo punto il problema che ha determinato la rimessione del ricorso
alle Sezioni Unite: se cioè l’annullamento debba essere senza rinvio o con
rinvio.

La formula dell’annullamento senza rinvio, oltre ad essere pacificamente
adottata dalla S.C. in presenza di profili di illegittimità afferenti
direttamente al provvedimento del questore o nei casi di convalida intervenuta
tardivamente (Sez. VI, 23/10/1998, dep. 19/11/1998, n. 3195, ric. Azzolin; Sez.
I, 22/3/1999, dep. 10/5/1999, n. 2401, ric. Cori;

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