Le perplessità della Corte dei Conti sulla Finanziaria 2008

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Corte dei conti – Sezioni
Riunite in sede di controllo – elementi per l’audizione dinanzi alle Commissioni
Bilancio del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati sul disegno di
legge Finanziaria per l’anno 2008


 

INDICE


I conti pubblici nel 2007 e le
prospettive per il 2008


La manovra sulle entrate


Gli interventi sulla spesa:
contenuti e aspetti contabili


Le spese di personale


Le amministrazioni locali e il
Patto di stabilità interno


La spesa sanitaria



I conti pubblici nel 2007 e le prospettive per il 2008

1. La condizione dei conti pubblici che emerge
dalla Nota di aggiornamento del Dpef 2008- 2011 e dalla Relazione previsionale e
programmatica per il 2008 rafforza il convincimento della Corte che il controllo
della spesa pubblica primaria costituisce, per il nostro paese, l’impegno
prioritario e ineludibile della finanza pubblica ma, al tempo stesso, lo
specchio di ormai croniche difficoltà ad agire con incisività nei settori più
critici. I numerosi tentativi di fissare regole più rigide all’evoluzione della
spesa, pur meritori e talvolta innovativi, hanno in definitiva prodotto
risultati modesti o solo temporanei sulla dinamica delle categorie di spesa
interessate e, a maggior ragione, sull’evoluzione della spesa complessiva delle
amministrazioni pubbliche. La sedimentazione di norme e meccanismi
amministrativi di salvaguardia ha, sovente, vanificato l’operare delle regole di
controllo di nuova introduzione, mentre le difficoltà di natura
politico-sociale hanno reso impraticabili percorsi più efficaci di contenimento
della spesa nelle aree a maggiore incidenza (come il pubblico impiego e la spesa
pensionistica). La regolazione ha, pertanto, finito per concentrarsi su limitate
e ricorrenti categorie di spesa, come i consumi intermedi, con rendimenti
decrescenti in ragione dell’esaurimento di margini di azione e della conseguente
necessità di correggere in attenuazione il rigore delle regole per non
pregiudicare un livello minimo di funzionamento delle amministrazioni pubbliche.
Il contenimento più robusto si è verificato, in questi ultimi anni, nelle
spese di investimento, la categoria alla quale avrebbero dovuto, secondo
ripetute enunciazioni programmatiche, essere destinate risorse crescenti. Una
ulteriore conferma, questa, delle distorsioni prodotte dai troppi vincoli
frapposti alla strategia di controllo della spesa. L’introduzione di continui
correttivi alle disposizioni dirette al controllo della spesa ha tuttavia
consentito di migliorare, in prospettiva, la tenuta in alcuni settori di
rilievo, come la finanza regionale e locale e, in minor misura, la spesa
sanitaria. La recente messa a punto di procedure di "spending review" , d’altra
parte, costituisce un valido strumento di razionalizzazione e di revisione dei
presupposti delle spese delle amministrazioni centrali. Ma si tratta,
inevitabilmente, di procedure di complessa attuazione che potranno consentire di
ottenere risultati significativi solo nel medio periodo. Sotto questo aspetto,
tuttavia, sarebbe necessario che nella politica di bilancio di breve periodo –
pur in assenza di effetti quantitativamente rilevanti ” si rispettassero
rigorosamente gli obiettivi di riforma di più lungo termine. Analizzando la
finanziaria per il 2008 non sempre cio’ è riscontrabile; vi si rinvengono,
anzi, impostazioni manifestamente in contrasto con tali obiettivi.

2. Dunque il nodo della questione della finanza
pubblica resta, nel breve periodo, non risolto. Nella annuale relazione sul
rendiconto dello Stato, la Corte riassumeva il dilemma osservando che, in
assenza di incisive decisioni in materia di spesa pubblica, si sarebbe
prospettato "uno scenario di mantenimento della pressione fiscale su valori
difficilmente tollerabili sul piano sociale e causa di effetti distorsivi sul
piano economico". Anche il governo, con il Dpef 2008-2011, definiva una
impostazione rigorosa, secondo la quale tutti gli oneri di spesa eccedenti i
livelli previsti nel quadro di finanza pubblica a legislazione vigente sarebbero
stati coperti attraverso la corrispettiva riduzione di altre poste della spesa
pubblica primaria. Il quadro alla base della manovra di bilancio per il 2008 ci
prospetta, invece, una situazione dei conti pubblici e scelte di copertura dei
maggiori oneri che non possono non destare perplessità e preoccupazione. Come
nel 2006, anche la vicenda del 2007 ” come risulta dall’aggiornamento diffuso
con la Relazione previsionale ” è caratterizzata da una continua revisione
verso l’alto delle stime sul gettito fiscale e da un significativo (anche se
minore) scostamento della spesa primaria dagli obiettivi programmatici. Rispetto
alle stime di un anno fa (Relazione previsionale per il 2007), le entrate
complessive delle amministrazioni pubbliche risulterebbero, per il 2007,
superiori per circa 18 miliardi (poco meno di 15 miliardi se si fa riferimento
alle sole entrate tributarie). Circa 7 miliardi del maggiore gettito tributario
sono stati evidenziati proprio in occasione della diffusione della Nota di
aggiornamento del Dpef, documento ” quest’ultimo ” con il quale il governo
(decreto n. 81/07) aveva già adottato la scelta di impiegare parte
dell’extragettito allora emerso (circa 7,3 miliardi su un totale di 11 miliardi
di maggiori entrate tributarie) per la copertura di spese definite "di natura
sociale ed infrastrutturale", ma, in realtà, derivanti dal parziale insuccesso
delle misure di contenimento disposte con la legge finanziaria per il 2007. Il
maggiore gettito tributario rispetto alle stime del Dpef è stato anch’esso
utilizzato ” con il decreto legge 159/07 contestuale alla Nota di aggiornamento
” per la copertura finanziaria di interventi, prevalentemente di spesa, per
alcuni dei quali il Dpef prevedeva il finanziamento a valere sull’esercizio
2008. Il Documento di programmazione aveva introdotto meritoriamente la
distinzione tra previsioni a legislazione vigente e previsioni a politiche
invariate, allo scopo di evitare sottostime delle spese destinate comunque ad
essere coperte o perchè vincolate o perchè ritenute, dal governo, necessarie
in termini di sostegno allo sviluppo o di finalità sociali. Nel Dpef lo
scostamento per il 2008 tra legislazione vigente e politiche invariate ” nullo
con riguardo al disavanzo ” evidenziava l’esigenza del reperimento di risorse
aggiuntive stimate fino a 21 miliardi per la copertura di spese di natura
eterogenea, tripartite in impegni sottoscritti, prassi consolidate e nuove
iniziative. Copertura da circoscrivere tassativamente entro corrispettive
riduzioni di spese. L’anticipazione al 2007 di parte di tali interventi riguarda
per 1,9 miliardi la corresponsione di assegni a contribuenti a basso reddito,
per poco meno di 2 miliardi maggiori spese correnti (in particolare derivanti
dagli oneri per rinnovi contrattuali nel pubblico impiego relativi al biennio
2006-2007 e ad impegni internazionali a favore di Paesi in via di sviluppo) e
infine per circa 3,8 miliardi spese in conto capitale. 4 Merita in proposito di
essere evidenziata una consistente riduzione, rispetto al Dpef, dei
finanziamenti ipotizzati per Ferrovie e Anas (rispettivamente da 4 a poco più
di un miliardo e da un miliardo a 215 milioni), con una implicita scelta di
rinvio dei piani di investimento delle due società. Cio’, infatti, consente di
osservare che le maggiori spese finanziate sul 2007 con il maggior gettito solo
in parte coincidono con gli "impegni sottoscritti e le prassi consolidate"
elencate dal Dpef, corrispondendo ad esigenze di finanziamento di altra natura.

3. Con l’integrazione degli effetti del decreto
legge le spese delle amministrazioni pubbliche nel 2007 risulterebbero cresciute
del 5,2 per cento rispetto al 2006, mentre la forte accelerazione delle spese
per interessi (+ 10.3 per cento) porterebbe la crescita delle spese totali al
5,7 per cento. Si tratta di valori che, come negli anni trascorsi, eccedono
largamente la dinamica del Pil in termini nominali, pur traendo beneficio,
contabilmente, dal rinvio al 2008 del perfezionamento dei contratti del pubblico
impiego per i comparti diversi dal settore statale. In condizioni di
rallentamento della crescita economica (incorporate negli stessi documenti
governativi), di inversione di tendenza delle spese per interessi e di manifesta
insufficienza delle azioni di controllo della spesa, la Corte, già in occasione
della audizione sul Dpef 2008-2011, aveva espresso riserve sulla scelta del
governo di non cogliere appieno le occasioni offerte da un ciclo economico
ancora favorevole per condurre una politica di bilancio più rigorosa e più
attenta al percorso di riduzione del debito pubblico. Pertanto, le perplessità
non possono che accentuarsi in presenza di una reiterazione della decisione di
non destinare l’extragettito emerso in settembre a riduzione del disavanzo
tendenziale e del debito; decisione che, tra l’altro, viola il principio fissato
dallo stesso governo, in sede di Dpef, di una copertura dei maggiori oneri
esclusivamente con correzioni di spesa. Il punto critico non risiede tanto sul
livello accettabile di disavanzo (in fin dei conti il miglioramento strutturale
richiesto dalla Commissione europea per il biennio 2006-2007 risulterà
ampiamente soddisfatto), quanto sul segnale negativo che si proietta sui margini
di manovra futuri: gli equilibri si ricompongono, infatti, a livelli sempre più
elevati sia di pressione fiscale (ormai oltre il 43 per cento del Pil) che di
spesa pubblica (quasi il 49 per cento del prodotto interno lordo), a conferma di
una patologia cronica del nostro paese. Se le sopravvenienze sul fronte delle
entrate sono immediatamente assorbite da nuove spese (quasi che ne costituissero
la fonte) e non sono, invece, sterilizzate ” in una fase di espansione economica
” a fine di riduzione di disavanzo e debito, è evidente che i margini di azione
saranno ben più ristretti in un contesto economico meno favorevole. E,
pertanto, si affievolisce la prospettiva di un percorso virtuoso verso un
alleggerimento del peso complessivo del settore pubblico sull’economia,
connotato da una parallela riduzione della pressione tributaria e dell’incidenza
della spesa pubblica.

4. La manovra di bilancio per il 2008 si muove
lungo le discutibili direttrici ora ricordate. Il miglioramento dei conti
pubblici riferibile al maggior gettito tributario (ritenuto in larga misura
permanente) avrebbe consentito di rivedere l’obiettivo di disavanzo per il 2008,
abbassandolo significativamente rispetto al valore indicato nel Dpef (dal 2,2
all’1,8 per cento del Pil). Al contrario la scelta del governo è di proporre
una manovra con effetti netti espansivi, cosi’ da mantenere fermo l’obiettivo di
saldo del Dpef. Il che equivale a correggere in senso peggiorativo il saldo
tendenziale. La manovra per il 2008 risulta pari a circa 11 miliardi, destinati
per meno di un terzo a riduzioni di entrate (essenzialmente per sgravi in
materia di Ici e affitti), per più della metà a maggiori spese correnti
(integrazioni per rinnovi contrattuali, protocollo welfare e altri interventi)
e, per il resto, a maggiori spese in conto capitale. Come si è osservato, la
copertura della manovra non è confinata, come stabilito dal Dpef, alla
riduzione di spese, 6 ma invece impiega, in primo luogo, il previsto maggior
gettito tendenziale (oltre 6 miliardi), mentre il contenimento delle spese
riguarderebbe per soli 1,7 miliardi le spese correnti e per 2,9 miliardi le
spese in conto capitale. La conferma dell’obiettivo programmatico di disavanzo
(2,2 per cento sul Pil) si dovrebbe, pertanto, realizzare in un quadro di
finanza pubblica ancora segnato da una pressione fiscale lievemente superiore a
quella, storicamente assai elevata, del 2007 (43 per cento) e da una marginale
riduzione dell’incidenza della spesa pubblica complessiva (- 0,4 per cento). Di
seguito si avanzano prime riflessioni sull’impianto della manovra con riguardo
sia agli interventi espansivi (sgravi e maggiori spese) che alle modalità di
copertura. Una particolare attenzione viene riservata agli interventi che, ad un
primo sommario esame, appaiono non privi di rischi o perchè non in grado di
produrre appieno gli effetti ad essi attribuiti o non coerenti con il disegno di
riequilibrio dei conti nel breve termine.


La
manovra sulle entrate

5. Come si è detto, il DDL finanziaria per il
2008 prevede maggiori entrate per 6,9 miliardi dei quali 6,5 derivanti dalla
proiezione sul 2008 del maggior gettito, rispetto al Dpef, evidenziato per il
2007 con la Nota di aggiornamento. Una quota molto limitata di maggiori entrate
è, poi, connessa all’eliminazione di agevolazioni fiscal

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