GiurisprudenzaPenale

La condanna non può fondarsi esclusivamente su dichiarazioni rese alla Polizia Giudiziaria – Cassazione Penale, Sentenza n. 32981/2011

E’ principio affermato dalla CEDU, il 13.10.2002, in procedimento Bracci co Italia, quello secondo il quale viola l’art. 6 par. 3 e 4 lett d) c. eur. dir. uomo fondare la condanna esclusivamente su dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria da una persona successivamente divenuta irreperibile e che l’imputato non abbia potuto esaminare o far esaminare in alcuna fase del procedimento. E’ noto che nel nostro ordinamento positivo l’evocato principio trova la sua consacrazione costituzionale nell’art. 111 Cost., ai commi 2, 3 ed, in particolare, 4. La stessa suprema carta peraltro introduce al comma 5 la possibilità che la prova si formi anche al di fuori del contraddittorio, limitando tale evenienza processuale al consenso dell’imputato ovvero alla accertata impossibilità oggettiva di acquisirla in contraddittorio, ovvero ancora per effetto di provata attività illecita incidente sulla genuinità degli esiti del contraddittorio.

A tali principi costituzionali si ispira la disciplina positiva dell’art. 512 c.p.p., regolatore della presente fattispecie, in forza del quale, per quanto di interesse nel presente giudizio, il giudice, a richiesta di parte, dispone la lettura degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, quando, per fatti o circostanze imprevedibili, né e divenuta impossibile la ripetizione.

Nel caso di specie i punti di diritto, pertanto, posti difensivamente e sul quale la Corte è chiamata ad esprimere la sua valutazione di legittimità è se, nel caso di specie, era o meno prevedibile che i cinque testimoni, cittadini extracomunitari sprovvisti di permesso di soggiorno, si sottraessero all’esame dibattimentale e comunque agli accertamenti processuali successivi alla loro identificazione di polizia e se, siffatta imprevedibilità, comunque ritenuta dai giudicanti, sia stata adeguatamente motivata.

Sono note infatti, al riguardo, le lezioni interpretative di questa Corte di legittimità, la quale, quanto al primo punto, ha reiteratamente stabilito il principio secondo cui, in tema di letture dibattimentali, sussistono gli estremi della sopravvenuta impossibilità di ripetizione dell’atto, a norma dell’art. 111 Cost., comma 5 (Cass., Sez. VI, 08/01/2003, n. 8384) mentre, il relazione al secondo punto, ha sostenuto che la sopravvenuta impossibilità, per fatti o circostanze imprevedibili, della ripetizione di atti assunti dalla polizia giudiziaria, nel corso delle indagini preliminari, deve essere liberamente apprezzata dal giudice di merito, la cui valutazione, se adeguatamente e logicamente motivata, non è sindacabile in sede di giudizio di legittimità (Cass., Sez. IV, 08/11/2007, n. 842).

Orbene, annota la Corte che, per un verso, si appalesa oggettivamente elevato il pericolo di procurata irreperibilità da parte di soggetti extracomunitrari sprovvisti di permesso di soggiorno all’esito della loro identificazione e delle dichiarazioni testimoniali rese in tale occasione e che, per altro verso, nella sentenza impugnata, risulta del tutto omessa la motivazione in ordine alla ritenuta imprevedibilità della impossibilità a ripetere in dibattimento le testimonianze di accusa, connessa, tale imprevedibile impossibilità, alla semplice considerazione che i testi non sono stati rinvenuti nel domicilio indicato in atti e che risultava impossibile reperire quello attuale. Nulla, viceversa, dicono i giudicanti di merito quanto al necessario requisito della imprevedibilità di tale sopravvenuta impossibilità, requisito necessario per derogare al fondamentale principio della formazione in contraddittorio della prova di accusa.

(© Litis.it, 8 Settembre 2011 – Riproduzione riservata)

Cassazione Penale, Sezione Prima, Sentenza n. 32981 del 01/09/2011

Motivi della decisione

1. Con sentenza del 19.07.2010 la Corte di Appello di Milano confermava quella resa dal Tribunale della stessa sede il 19 giugno 2009 e con essa la condanna di [OMISSIS] alla pena di mesi due di arresto ed euro 25000,00 di ammenda, perché ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 512 c.p.p. dappoiché resisi i medesimi irreperibili.

2. Ricorre per cassazione avverso la pronuncia di secondo grado l’imputato, personalmente, illustrando quattro motivi di doglianza.

2.1 Col primo di essi denuncia il ricorrente difetto di motivazione e violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione all’acquisizione ed all’utilizzo in dibattimento dei verbali di sommarie informazioni testimoniali ex art. 512 c.p.p. e per aver ritenuto sufficienti le ricerche dei testimoni e la dichiarazione della loro irreperibilità.

Denuncia, in particolare, il ricorrente che la dichiarazione di irreperibilità dei testi risulta eseguita in assenza di apprezzabile attività di ricerca ed in assenza di un minimo di diligenza da parte del P.M., sul quale incombeva l’onere della prova e che non ha provveduto alla loro citazione.

Di qui, secondo avviso difensivo, l’inutilizzabilità della disciplina di cui all’art. 512 c.p.p. ed in particolare delle dichiarazioni rese alla polizia dai testimoni a carico, i cui esiti risultanze risultano essere pressocché l’unico sostegno probatorio della condanna.

2.2 Col secondo motivo di ricorso denuncia il ricorrente difetto di motivazione e violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione all’acquisizione di dichiarazioni testimoniali rese in violazione dell’art. 195 co. 4 c.p., in particolare deducendo che:

– i giudicanti hanno posto a sostegno probatorio della condanna la testimonianza indiretta resa dall’agente [OMISSIS];

– palese la violazione dell’art. 351 c.p.p., giacché un agente di polizia ha deposto sul contenuto di dichiarazioni assunte da testimoni;

– non possono valere le argomentazioni della Corte territoriale secondo cui dette testimonianze non avrebbero assunto “pregnanza significativa”.

2.3 Col terzo motivo di ricorso denuncia il ricorrente violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla ritenuta colpevolezza dell’imputato al di là di ogni ragionevole dubbio, in particolare osservando che:

– il quadro probatorio delineatosi nel processo si sostanzia nelle dichiarazioni testimoniali dell’operatore di P.S. [OMISSIS] e sulle s.i.t. rilasciate dagli operai rumeni agli operanti la sera stessa del loro controllo, le prime in violazione dell’art. 512 c.p.p.;

– palese la fragilità probatoria dell’accusa, tenuto conto che tutto si risolve in dichiarazioni de relato, fatte a tre anni di distanza dai fatti, chiamando in causa testi ormai scomparsi dalla scena e dichiarati irreperibili;

– del pari senza argomentazioni logiche risulta svalutato il contratto di subappalto esibito dall’imputato a riprova che, i lavori da eseguire presso la banca nelle cui vicinanze vennero controllati gli operai rumeni, erano stati affidati ad altra impresa (la intestata a soggetto di nazionalità rumena) la qua altresì assunto l’impegno delle assunzioni della mano d’opera necessaria, non certamente casualmente indirizzatasi poi, in concreto, verso connazionali;

2.4 Col quarto ed ultimo motivo di ricorso denuncia infine il ricorrente violazione dell’art. 2 c.p.p., là dove è stata dichiarata e aveva inapplicabile la norma in relazione all’avvenuto ingresso della Romania nell’Unione europea.

Pur richiamando il ricorrente la nota sentenza di questa Corte a ss.uu. 2451/2007, si sostiene con tale motivo la tesi della sua inapplicabilità alla fattispecie, tenuto conto che sostanzialmente è venuto meno la possibilità di offesa al bene giuridico originariamente tutelato e con essa il disvalore sociale della condotta.

3. Giudica la Corte fondato il primo motivo di impugnazione nei termini che si passa ad esporre.

3.1 Giova sottolineare che, nel caso in esame, il giudizio di colpevolezza dell’imputato in ordine al reato contestato si fonda sulle dichiarazioni di cinque operai rumeni, la cui presenza è stata legittimamente accertata dagli operatori di P.S. nei pressi del luogo ove gli stessi avrebbero dovuto prestare la loro manovalanza alle dipendenze dell’imputato, titolare di impresa edile.

Detti operai hanno infatti dichiarato agli operatori di P.S. che erano stati assunti dal ricorrente a certe condizioni, per svolgere mansioni di operai e dette dichiarazioni, in loro assenza, sono state acquisite al processo ai sensi dell’art. 512 c.p.p., eppertanto non nel contraddittorio dibattimentale dappoiché dai giudicanti ritenuto ciò impossibile in seguito all’irreperibilità dei testimoni. Tale il quadro fattuale e processuale sul quale il Collegio è chiamato a decidere.

3.2 Ciò premesso, giova richiamare il principio affermato dalla CEDU, il 13.10.2002, in procedimento Bracci co Italia, secondo il quale viola l’art. 6 par. 3 e 4 lett d) c. eur. dir. uomo fondare la condanna esclusivamente su dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria da una persona successivamente divenuta irreperibile e che l’imputato non abbia potuto esaminare o far esaminare in alcuna fase del procedimento.

E’ noto che nel nostro ordinamento positivo l’evocato principio trova la sua consacrazione costituzionale nell’art. 111 Cost., ai commi 2, 3 ed, in particolare, 4. La stessa suprema carta peraltro introduce al comma 5 la possibilità che la prova si formi anche al di fuori del contraddittorio, limitando tale evenienza processuale al consenso dell’imputato ovvero alla accertata impossibilità oggettiva di acquisirla in contraddittorio, ovvero ancora per effetto di provata attività illecita incidente sulla genuinità degli esiti del contraddittorio.

A tali principi costituzionali si ispira la disciplina positiva dell’art. 512 c.p.p., regolatore della presente fattispecie, in forza del quale, per quanto di interesse nel presente giudizio, il giudice, a richiesta di parte, dispone la lettura degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, quando, per fatti o circostanze imprevedibili, né e divenuta impossibile la ripetizione.

3.3 I punti di diritto, pertanto, posti difensivamente e sul quale la Corte è chiamata ad esprimere la sua valutazione di legittimità è se, nel caso di specie, era o meno prevedibile che i cinque testimoni, cittadini extracomunitari sprovvisti di permesso di soggiorno, si sottraessero all’esame dibattimentale e comunque agli accertamenti processuali successivi alla loro identificazione di polizia e se, siffatta imprevedibilità, comunque ritenuta dai giudicanti, sia stata adeguatamente motivata.

Sono note infatti, al riguardo, le lezioni interpretative di questa Corte di legittimità, la quale, quanto al primo punto, ha reiteratamente stabilito il principio secondo cui, in tema di letture dibattimentali, sussistono gli estremi della sopravvenuta impossibilità di ripetizione dell’atto, a norma dell’art. 111 Cost., comma 5 (Cass., Sez. VI, 08/01/2003, n. 8384) mentre, il relazione al secondo punto, ha sostenuto che la sopravvenuta impossibilità, per fatti o circostanze imprevedibili, della ripetizione di atti assunti dalla polizia giudiziaria, nel corso delle indagini preliminari, deve essere liberamente apprezzata dal giudice di merito, la cui valutazione, se adeguatamente e logicamente motivata, non è sindacabile in sede di giudizio di legittimità (Cass., Sez. IV, 08/11/2007, n. 842).

3.4 Orbene, annota la Corte che, per un verso, si appalesa oggettivamente elevato il pericolo di procurata irreperibilità da parte di soggetti extracomunitrari sprovvisti di permesso di soggiorno all’esito della loro identificazione e delle dichiarazioni testimoniali rese in tale occasione e che, per altro verso, nella sentenza impugnata, risulta del tutto omessa la motivazione in ordine alla ritenuta imprevedibilità della impossibilità a ripetere in dibattimento le testimonianze di accusa, connessa, tale imprevedibile impossibilità, alla semplice considerazione che i testi non sono stati rinvenuti nel domicilio indicato in atti e che risultava impossibile reperire quello attuale. Nulla, viceversa, dicono i giudicanti di merito quanto al necessario requisito della imprevedibilità di tale sopravvenuta impossibilità, requisito necessario per derogare al fondamentale principio della formazione in contraddittorio della prova di accusa.

4. Al fine di colmare, in piena libertà di giudizio, tale lacuna, la sentenza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio alla Corte di Appello di Milano per nuovo giudizio. Ogni altra questione proposta dalla difesa istante rimane assorbita dall’accoglimento appena motivato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.

Depositata in Cancelleria il 1 settembre 2011

 

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