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Solidarietà tra eredi testamentari, almeno per le tasse di successione

Al fratello che ottempera al proprio obbligo non può essere risparmiata l’iscrizione a ruolo dell’importo non versato dalle sorelle inadempienti, più sanzioni e interessi

sibsIn caso di successione ereditaria, i coeredi sono obbligati in solido per l’intero importo dell’imposta di successione, anche se trattasi di successione testamentaria anziché legittima.
Lo ha chiarito la Cassazione, con la sentenza n. 24624 del 19 novembre 2014.
I fatti
L’ufficio ha notificato ai germani, obbligati solidali, un avviso di liquidazione dell’imposta di successione dovuta a seguito della scomparsa del padre.
Uno degli eredi ha versato la somma dovuta in ragione della propria quota ereditaria, diversamente dalle sorelle che, invece, hanno omesso il pagamento. Di conseguenza, l’ufficio ha provveduto a iscrivere a ruolo l’importo residuo, comprensivo di sanzioni e interessi, anche a carico del coerede adempiente, notificandogli la cartella di pagamento.

Costui ha proposto ricorso in Commissione tributaria provinciale, deducendo l’illegittimità della cartella, in quanto le imposte chieste non erano a lui riferibili e ritenendo che, trattandosi di successione testamentaria, ciascun erede si doveva considerare obbligato al pagamento dell’imposta in relazione alla propria quota.

Accolta l’opposizione del contribuente in primo grado, il giudice di appello ha riformato la pronuncia. In particolare, la Ctr ha osservato che, quanto all’imposta di successione, era operante il principio della solidarietà passiva tra coeredi, a prescindere dal fatto che si fosse trattato di successione testamentaria.

L’erede, tuttavia, non si è dato per vinto e ha proposto ricorso per cassazione, lamentando:

  • violazione dell’articolo 36 del Dlgs 346/1990 e dell’articolo 1292 del codice civile, poiché ha ritenuto illegittima la sentenza impugnata, nella misura in cui aveva applicato la regola della solidarietà passiva all’imposta conseguente a successione testamentaria
  • violazione dell’articolo 16 della legge 289/2002, in quanto una delle coeredi, dopo aver impugnato l’avviso di liquidazione dell’imposta, aveva poi definito la lite e, quindi, proprio in nome dell’asserita solidarietà, quella definizione doveva ritenere munita di effetto anche nei confronti degli altri coeredi, destinatari del medesimo avviso di liquidazione
  • omessa pronuncia della Commissione tributaria in ordine all’illegittimità delle sanzioni per violazione del principio di personalità ex articolo 2, comma 2, Dlgs 472/1997.

La Corte ha respinto il ricorso e ha affermato che “in caso di successione… nasce a carico di tutti i coeredi un’obbligazione tributaria solidale, avente a oggetto l’intero importo del tributo successorio, analogamente a quanto accade nel negozio traslativo posto in essere nei confronti di più acquirenti di un immobile…”.

Osservazioni
La Cassazione è stata chiamata a verificare se nel Dlgs 346/1990 esisteva o meno una disposizione che consentisse di ritenere non operativo il vincolo di solidarietà passiva tra coeredi, in presenza di una successione testamentaria.
La risposta negativa ha trovato giustificazione sia nel dato letterale sia con riferimento al contenuto del vincolo mutuato dal codice civile.
In particolare, i giudici di piazza Cavour hanno affermato che il principio di solidarietà passiva non è affatto derogato dalla circostanza che si sia trattato di una successione testamentaria anziché legittima.
Al riguardo, nessuna precisazione letterale è contenuta nell’articolo 1 del Dlgs 346/1990, in quanto l’imposta si applica ai trasferimenti di beni e diritti per successione a causa di morte, e neppure nell’articolo 36. Anzi, con riferimento a quest’ultima norma, la Corte ha chiarito che la stessa conserva la solidarietà quale principio generale dell’intera imposta, proprio perché non contiene alcuna distinzione tra l’ipotesi in cui il de cuius abbia disposto dei suoi beni e quella in cui non lo abbia fatto, lasciando alla Legge la determinazione dei soggetti e dei criteri con i quali i suoi beni devono essere assegnati.

La norma tributaria (articolo 36, comma 1, Dlgs 346/1990), infatti, nel prevedere che gli eredi sono obbligati solidalmente al pagamento dell’imposta, nell’ammontare complessivamente dovuto da loro e dai legatari (cfr Cassazione 22523/2007), richiama la nozione di solidarietà dettata dall’articolo 1292del codice civile.
Questa disposizione, tra l’altro, chiarisce che l’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera gli altri.
Di conseguenza, in presenza di una pluralità di eredi, tutti devono ritenersi obbligati per la medesima prestazione nei riguardi dell’Erario (articolo 1292 cc), ognuno conservando diritto di regresso nei confronti degli altri condebitori.

Nella fattispecie sottoposta a esame della Corte, il pagamento del contribuente, essendo limitato alla propria quota, non poteva ritenersi estintivo e liberatorio né nei confronti del Fisco né nei confronti degli altri coeredi.
L’obbligazione tributaria solidale, avente a oggetto l’intero importo del tributo successorio, è sorta a carico di ognuno dei tre germani analogamente a quanto accade nel negozio traslativo posto in essere nei confronti di più acquirenti di un immobile (cfr Cassazione 10031/2003).

A tale riguardo, la stessa Corte ha riconosciuto che l’affermazione del principio di solidarietà passiva in materia tributaria non è nuova.
Negli stessi termini, infatti, la Cassazione si è espressa con riferimento ai condoni tributari, affermando che, qualora uno dei coeredi, tenuto in solido al pagamento del tributo, abbia chiesto e ottenuto la definizione della controversia, e abbia quindi provveduto al pagamento del dovuto, gli effetti liberatori della definizione agevolata si estendevano anche a favore degli altri coeredi. Ciò in quanto, in materia di solidarietà passiva, caratterizzata dalla unicità della prestazione facente carico a una pluralità di soggetti, trova applicazione il principio dell’articolo 1292 del codice civile circa la portata estintiva e liberatoria per tutti i condebitori dell’adempimento effettuato da uno di essi (cfrCassazione 18008/2006).

Infine, nella fattispecie esaminata, con riferimento al secondo e al terzo motivo di ricorso, i giudici di legittimità ne hanno dichiarato l’inammissibilità. Il secondo, per novità della questione sottostante, che dalla sentenza non risulta essere stata prospettata nel corso del giudizio di merito, e per difetto di autosufficienza del ricorso al fine di ritenere utilmente compresa la questione medesima nell’oggetto del giudizio; il terzo, perché né dalla sentenza né dal ricorso per cassazione risulta essere stato dedotto, già nel primo grado del giudizio di merito, il profilo della asserita illegittimità della sanzione.
Il tutto, con vittoria di spese a favore dell’Agenzia.

Romina Morrone, Fiscooggi.it

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