Fecondazione: Strasburgo dice no alla ricerca su embrioni
Il divieto di utilizzare gli embrioni per la ricerca scientifica, contenuto nella legge 40/2004, non viola i diritti di Adelina Parrillo. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani con una sentenza definitiva.
I giudici di Strasburgo hanno stabilito che l’articolo 13 della legge 40/2004, che vieta la sperimentazione sugli embrioni, non viola il diritto al rispetto della vita privata di Adelina Parrillo. La Corte ha riconosciuto all’Italia un ampio margine di manovra su una questione così delicata su cui non esiste consenso a livello europeo.
I giudici affermano inoltre che non è sicuro che il compagno della Parrillo, morto a Nassiriya, avrebbe voluto donare gli embrioni alla scienza. Gli stessi giudici hanno ritenuto che il diritto alla proprietà invocato dalla Parrillo “non può applicarsi a questo caso, dato che gli embrioni umani non possono essere ridotti a una proprietà come definita dall’articolo 1 protocollo 1 della convenzione europea dei diritti umani.
‘Bocciato’ dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo il ricorso contro la possibilità di utilizzo degli embrioni umani per fini di ricerca scientifica resta comunque ancora all’esame della Corte Costituzionale. Entro qualche mese, infatti, sarà la Consulta a doversi esprimere sull’ultimo divieto ancora non caduto di quella legge approvata nel 2004 per definire limiti e modalità della fecondazione assistita. “Il prossimo anno, forse entro aprile potrebbe essere fissata l’udienza. A far ricorso era stata una coppia di Firenze. Il tribunale a cui si era rivolta, ha sollevato il subbio di legittimità costituzionale”. Lo spiega all’Ansa Filomena Gallo, segretario dell’associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, che ricorda “molti tribunali Italiani che stanno affrontando le richieste di coppie di donare alla ricerca embrioni non idonei per una gravidanza”. In merito alla sentenza di oggi puntualizza: “la Corte di Strasburgo non ha bocciato la ricerca sugli embrioni in Italia, ma affermato che il divieto di donare embrioni alla ricerca non lede il diritto di Adele Parrillo, che aveva chiesto di utilizzare a tale scopo quelli di sua proprietà, che dal 2001 sono crioconservati non più per fini procreativi. Ciò potrebbe anche lasciare intendere che la lesione non viola i suoi diritti personali ma quelli dei malati e dei ricercatori”. Ad “esser calpestata”, sottolinea “è la violazione del diritto alla scienza e del diritto per le persone di usufruire dei benefici della ricerca in Italia. Tale violazione non era oggetto di ricorso dinanzi alla Corte Edu, dunque proseguiamo con determinazione verso il nostro obiettivo”. “Se il Governo Renzi – conclude l’avvocato Gallo – vuole intervenire prima della Consulta, lo deve fare urgentemente. A questo scopo abbiamo promosso un appello per la libertà di ricerca sugli embrioni, affinché la si smetta di dover importare embrioni dall’Australia, Svezia, USA, UK mentre gli embrioni italiani non possono essere toccati”.