Ce Giustizia

La tassazione delle plusvalenze è indifferente alla nuova residenza

sentenza_corte_ueÈ la posizione espressa dalla Corte di giustizia dell’Ue chiamata a pronunziarsi su una questione pregiudiziale che riguarda una disparità di trattamento della normativa portoghese

La Commissione europea nel 2008 diffidava il governo portoghese a rispettare il principio della libertà di stabilimento, ritenuto leso dagli articoli 10 e 38 del codice dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (CIRS), per mezzo di una disparità di trattamento tra residenti e non residenti ai fini della tassazione delle plusvalenze, realizzate annualmente, mediante scambio di quote sociali operate da persone fisiche o giuridiche che si fossero trasferite medio tempore in altro Paese Ue.

La fase pre-contenziosa
Nonostante formali obiezioni portoghesi, la Commissione procedeva ed invitava tale Stato ad adottare i provvedimenti necessari per conformarsi spontaneamente alla rilevata discrasia. Le trattative duravano circa un quinquennio senza addivenire all’esito sperato dai funzionari Ue e, pertanto, nel 2013 la Commissione decideva di proporre ricorso alla Corte di giustizia.

Le motivazioni della pronuncia
Gli eurogiudici considerano sussistente la rilevata disparità di trattamento e censurano la normativa portoghese nei termini che seguono.
Anzitutto, l’articolo 10 paragrafo 8 del CIRS prevede che, in caso di scambio di quote sociali, l’assegnazione, a seguito di tale scambio, di titoli che rappresentano il capitale sociale della società ai soci della società acquisita non dia luogo all’imposizione di questi ultimi qualora detti soci continuino a valorizzare, a fini fiscali, le nuove quote sociali al livello delle anteriori, fatta salva l’imposizione dei valori in denaro ad essi eventualmente assegnati; l’imposta sulle plusvalenze risultanti da uno scambio del genere, diviene esigibile al contribuente solo nel momento in cui, e se, avrà luogo la cessione definitiva delle quote sociali ricevute.
In deroga a tale norma, il successivo paragrafo 9 lettera a) del CIRS impone ai contribuenti che trasferiscono la propria residenza in uno Stato diverso dal Portogallo di includere nel reddito imponibile dell’anno fiscale in cui è avvenuto tale trasferimento di residenza l’importo che, ai sensi del paragrafo 8 non era stato assoggettato a imposta in occasione dello scambio di quote sociali.

Il diverso trattamento fra residenti e non
Pertanto, mentre i contribuenti che continuano a risiedere nel territorio portoghese beneficiano di un differimento d’imposizione sulle plusvalenze risultanti da uno scambio di quote sociali fino alla cessione successiva delle quote sociali ricevute con lo scambio, i contribuenti che trasferiscono la propria residenza al di fuori del territorio portoghese sono tenuti, in ragione di tale trasferimento, a versare immediatamente l’imposta sulle plusvalenze risultanti da tale scambio.
La descritta differenziazione di trattamento costituisce uno svantaggio finanziario per il contribuente che intende trasferire la propria residenza al di fuori del territorio portoghese, rispetto al contribuente che mantiene la propria residenza in tale territorio: mentre il primo, per il solo fatto di un trasferimento di questo tipo, diventa debitore di un’imposta su una plusvalenza non ancora realizzata e di cui egli quindi non dispone, il secondo dovrà versare l’imposta dovuta solo se e nella misura in cui le plusvalenze sono effettivamente realizzate.
Tale disparità – secondo i togati comunitari – non appare giustificata da motivi d’interesse generale.
Vero è che l’imposta di liquidazione finale al momento del trasferimento della residenza mira ad assoggettare all’imposta sugli utili dello Stato membro di provenienza le plusvalenze non realizzate, originate nell’ambito della competenza fiscale di tale Stato membro prima di detto trasferimento di residenza; pertanto, le plusvalenze realizzate dopo tale trasferimento sono esclusivamente tassate nello Stato membro di accoglienza dove esse sono originate, il che consente di evitare una doppia imposizione delle stesse.
Secondo i Giudici, tuttavia, il mezzo eccede lo scopo: la Corte, in una giurisprudenza, ha dichiarato che una normativa nazionale che impone – ad una società che trasferisce in un altro Stato membro la propria sede amministrativa effettiva – la riscossione immediata, al momento stesso del trasferimento, dell’imposta sulle plusvalenze latenti relative agli elementi patrimoniali di tale società, risulta sproporzionata. Sarebbe ben possibile in ipotesi di trasferimento, ad avviso della Corte, predisporre misure meno gravose, quali il pagamento di interessi ovvero la costituzione di garanzie bancarie a tutela del pagamento differito del debito d’imposta.

L’ulteriore lesione al principio di libertà di stabilimento
In merito, poi, alla seconda disposizione impugnata, gli eurogiudici evidenziano la sussistenza del medesimo meccanismo impositivo e della stessa ratio della disposizione già censurata.
L’articolo 38 del CIRS prevede, infatti, che nell’ipotesi in cui una persona fisica attui il trasferimento ad una società della totalità del patrimonio relativo ad un’attività esercitata individualmente ad una società avente la sede o la direzione effettiva nel territorio portoghese, l’imposta sulle plusvalenze diventerà esigibile alla società cessionaria al momento della cessione ulteriore degli elementi di tale patrimonio, mentre nell’ipotesi in cui la persona fisica trasferisce la totalità del patrimonio di cui trattasi a una società avente la sede o la direzione effettiva nel territorio di uno Stato membro diverso dal Portogallo l’imposta sulle plusvalenze diventa esigibile al momento di tale trasferimento.
I giudici, in definitiva, constatano che un regime fiscale del genere comporta uno svantaggio finanziario per il contribuente che trasferisce la totalità del patrimonio di cui trattasi ad una società avente la sede o la direzione effettiva al di fuori del territorio portoghese, rispetto al contribuente che trasferisce il medesimo patrimonio a una società avente la sede o la direzione effettiva nel territorio portoghese, e costituisce, pertanto, una restrizione all’esercizio del diritto di stabilimento.

Data della sentenza
21 dicembre 2016
Numero della causa
C-503/2014
Nome delle parti

  • Commissione europea;

contro

  • Repubblica portoghese;

sostenuta da

  • Repubblica federale di Germania

Martino Verrengia, Fiscoggi.it

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