Cassazione
– Sezioni unite penali (cc) – sentenza 23 febbraio-4 maggio 2000, n.
7 Presidente
Viola – relatore Sciuto
Pm: Toscani, conforme –
ricorrente Mariano La Corte di Cassazione a S.U. Osserva
1.
Con decreto del 14 giugno 1999 il Gip del tribunale di Padova dispose il
sequestro preventivo di alcuni assegni bancari intestati alla Vdt
International srl, di cui era legale rappresentante Mariano Francesco
Maria, indagato per il reato di truffa in danno di Catanio Gastone; tale
decreto non venne proceduto dall'informazione di garanzia di cui
all'articolo 369 Cpp né conteneva l'invito a nominare un difensore di
fiducia. Avverso
il suddetto provvedimento il Mariano propose richiesta di riesame ex
articolo 324 Cpp, ma il tribunale di Padova la respinse con ordinanza
19-20 luglio 1999, Considerò, in rito, che nella specie non risultavano
violate né le garanzie difensive previste dell'articolo 365 Cpp
(pacifico essendo che il Mariano non era stato presente in banca al
compimento dell'atto) né quelle previste dall'articolo 369 stesso
codice (posto che il pubblico ministero nello stesso giorno in cui aveva
delegato i Carabinieri per l'esecuzione del sequestro aveva altresì
inviato l'informazione di garanzia all'interessato; nel merito, il
giudice del riesame ritenne sussistenti i presupposti per l'adozione del
provvedimento cautelare reale e, in particolare, il fumus
dall'ipotizzato delitto di truffa, Ricorre
per cassazione il difensore dell'indagato, deducendo: a) inosservanza di
norme processuali, per omessa notifica al Mariano del decreto di
sequestro e della contestuale informazione di garanzia. Il provvedimento
di sequestro sarebbe comunque nullo in quanto non preceduto dalla
informazione di garanzia e non contenente tutti i requisiti della stessa
(e, in particolare, l'invito a nominare un difensore di fiducia); b)
inosservanza di legge penale, sotto il profilo della carenza di nesso
causale tra la condotta e l'evento prodottosi tra la condotta e l'evento
prodottosi nonché sulla concreta configurabilità del reato di truffa. La
Seconda sezione di questa Suprema corte - alla quale il ricorso era
stato assegnato ratione materiae
- ha rilevato che sulla questione di diritto dedotta sub a) dal
ricorrente esiste un contrasto interpretativo nella giurisprudenza di
legittimità, avendo alcune decisioni ritenuto che la mancanza o la
nullità dell'informazione di garanzia non si estende al sequestro (o
alla perquisizione), mentre in altre occasioni la Corte è pervenuta a
conclusioni di segno opposto, affermando che il vizio dell'atto
riguardante l'informazione di garanzia rende invalido anche il
sequestro. Pertanto
la Sezione - con ordinanza 1-20 dicembre 1999 - ha rimesso il ricorso
alle Sezioni unite penali, ritenendo necessario dirimere il rilevato
contrasto; il Primo presidente ha quindi fissato la data per la
trattazione del ricorso in Camera di consiglio. La
questione che qui precipuamente si pone riguarda, pertanto, la
sussistenza o meno dell'obbligo del pubblico ministero di emettere
l'informazione di garanzia anteriormente o contemporaneamente al
provvedimento di perquisizione o di sequestro. Connessa
a tale questione è l'altra concernente gli effetti sull'atto compiuto
(invalidità o meno) dell'omissione della informazione di garanzia o
dell'assenza in essa di taluna delle indicazioni che essa dovrebbe
contenere ai sensi dell'articolo 369 Cpp. 2.
Come osservato - con copia di riferimenti - dalla ordinanza di
rimessione, la questione controversa, così come sopra riassunta, ha
dato luogo a contrastanti pronunce di questa Suprema corte. Secondo
un primo filone giurisprudenziale - caratterizzato da una concezione
della informazione di garanzia come atto sostanzialmente autonomo
rispetto ai provvedimenti di perquisizione e sequestro - l'articolo 365
Cpp (indicante questi ultimi come atti ai quali il difensore ha diritto
di assistere senza avviso) rappresenta una eccezione alla regola
generale posta per l'informazione di garanzia dall'articolo 369 del
codice di rito, in quanto «per le caratteristiche essenziali delle
perquisizioni e dei sequestri, tipici atti da eseguire a sorpresa onde
garantire la genuinità dei loro risultati, di essi non va data notizia
alcuna prima della loro esecuzione» (cfr. Cass. I sez., 20 gennaio
1993, Mattiuzzi). Trattandosi
di “atti a sorpresa”, che non possono essere condizionati dalla
presenza o meno del difensore, questi ha solo la facoltà di assistervi,
pur se non preventivamente avvisato. L'invito alla nomina di un
difensore di fiducia deve essere effettuato solo ove l'indagato sia
presente al momento dell'esecuzione degli atti stessi; diversamente
(ove, cioè, l'indagato sia assente) resta l'obbligo, per il procedente,
di designare il difensore d'ufficio, senza che l'eventuale mancata
comunicazione di tale designazione all’indagato sia sanzionata di
nullità. Secondo
la linea argomentativa seguita da tale indirizzo interpretativo (cfr.
Cass. I, 7 luglio 1992, Recchia; Cass. I, 19 novembre 1992, Reale; Cass.
III, 28 maggio 1993, De Colombi; Cass. VI, 31 ottobre 1996, Testolini;
Cass. V, 6 febbraio 1995, Madrigrano) l'informazione di garanzia è del
tutto autonoma rispetto alla perquisizione e al sequestro, per la sua
essenza e per i suoi fini; tra tali atti (come osserva la prima delle
decisioni citate) «non c'è legame contenutistico né rapporto di
necessaria dipendenza causale (né logica né giuridica)», sicché
l'eventuale nullità dell'informazione di garanzia, ancorché
contestuale alla esecuzione di una perquisizione o di un sequestro, non
determina la nullità derivata di questi ultimi (utile
per inutile non vitiatur). Qualche decisione (Cfr. Cass. III, 16
novembre 1995, Ricci; Cass. III, 27 giugno 1995, Pagano) ha sottolineato
la funzione ricognitiva e non costitutiva della qualità di indagato
rivestita dall'informazione di garanzia e quindi il sollecitamente di
essa all'interesse attuale a riceverla solo in relazione al compimento
dell'atto. In sostanza, posto che gli atti cui il difensore ha diritto
di assistere sono divisi in due categorie - da una parte, quelli per i
quali è necessario che il difensore riceva l'avviso almeno ventiquattro
ore prima del loro compimento (es.: interrogatorio, ispezione,
confronto) e dall'altro, quelli per i quali vi è solo la facoltà di
assistere, senza preavviso (perquisizione e sequestro) la esclusione
della previa o contestuale informazione di garanzia per questi ultimi
discenderebbe dal rilievo che laddove l'indagato sia presente sarà
necessario chiedergli se è assistito da difensore di fiducia, mentre in
caso contrario al difensore sarà comunicato l'avviso di deposito ai
sensi dell'articolo 366 Cpp. Secondo
il diverso orientamento giurisprudenziale, la norma contenuta
nell'articolo 369 Cpp rappresenta per l'indagato una garanzia in
funzione dell'espletamento di un atto cui ha diritto di assistere il
difensore, e ciò fino al punto da condizionare la validità dell’atto
medesimo. E'
stato, al riguardo, puntualizzato (Cfr. Cass. III, 19 maggio 1992, Pm in
proc. Calvisi) che il predetto articolo 369 impone al pubblico ministero
di informare l'indagato circa il compimento dell'atto che prevede la
possibile presenza del suo difensore e che proprio tale invito è
l'elemento caratterizzante della informazione corre atto teso a
consentire una immediata e valida difesa, precisandosi (cfr. Cass. V, 8
luglio 1993, De Angelis; Cass. III, 4 maggio 1994, Zaccaro; Cass. III,
26 aprile 1996, Beltrami) che l'informazione di garanzia può ben essere
contenuta nel decreto di sequestro o di perquisizione e notificata in
occasione del compimento dell'atto di indagine, ma in tal caso vi devono
essere inclusi tutti gli elementi elencati dall'articolo 369 del codice
di rito, dato che l'omissione di alcuno di essi renderebbe invalido
l'atto compiuto. Anche la più recente Cass. II, 28 ottobre 1997,
Cesetti, ha ribadito che l'omissione dell'informazione di garanzia prima
dell'emissione del decreto di sequestro (ovvero la mancanza degli
elementi di essa nello stesso decreto, in caso di contestualità) è
causa di nullità del sequestro stesso per violazione dell'articolo 178
lett. C. Cpp. 3.
Ai fini di quanto interessa la soluzione delle questioni in esame non
sembra forniscano contributi di rilievo la legge delega 81/1987 e la
Relazione al progetto preliminare, posto che fra i principi, e criteri
indicati al legislatore delegato la prima si limita ad enunciare
(articolo 2 n. 38) la «previsione del diritto del difensore di ricevere
avviso del compimento degli atti cui ha diritto ad assistere, escluse le
perquisizioni e i sequestri», mentre, con riferimento al momento di
invio dell'informazione, la relazione afferma soltanto che «l'esigenza
di notiziare l'imputato del procedimento a suo carico sorge solo in
relazione al compimento degli atti in relazione ai quali può in
concreto estrinsecarsi l'attività del difensore». E'
indubbio, come avvertito dalla dottrina, che il legislatore si sia -
nella materia in esame -trovato di fronte ad esigenze contrapposte e non
facilmente componibili, concernenti, da una parte, il diritto di difesa
che ha come inevitabile risvolto quello alla sollecita informazione
della persona sottoposta ad indagine (conformemente alla previsione
dell'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia del
diritto dell'uomo) e, dall'altra, il rispetto dovuto alla riservatezza
ed alla reputazione dell'indagato (di rilievo costituzionale) in
relazione alla non astratta possibilità di strumentalizzazioni ai danni
di questo ultimo per il solo fatto di essere destinatario di una
informazione di garanzia. Orbene,
premesso che nella iniziale formulazione l'articolo 369 Cpp prevedeva
l'obbligo dell'invio dell'informazione di garanzia «sin dal compimento
del primo atto al quale il difensore ha diritto di assistere» e che
tale indicazione temporale è stata dalla legge 332/1995 (articolo 19)
sostituita con l'altra «solo quando deve compiere un atto ...», sembra
dimostrato che il legislatore si sia, con la novella, mosso nella
direzione di un certo contenimento dell'operatività - almeno temporale
- dell'informazione di garanzia, così come è peraltro fatto palese
dalla contestuale modifica (articolo 18) del terzo comma dell'articolo
335, volta a consentire - su un diverso piano di tutela delle esigenze
dell'indagato - una più larga possibilità di accesso al registro delle
notizie di reato da parte dei soggetti interessati. Ma, quanto allo
specifico, non sembra che la novella abbia offerto alcun decisivo
contributo per dissipare i precedenti dubbi interpretativi,
particolarmente in ordine al momento in cui diviene necessario l'invio
dell'informazione di garanzia (al di là ovviamente dell'indicazione -
esplicitamente ricavabile ma processualmente non sanzionata - volta ad
evitare tale adempimento prima che si prospetti la necessità di
compiere un atto garantito). Può convenirsi che, nella vigente
disciplina, l'ampia e generale formulazione dell'articolo 369 quanto al
collegamento dell'informazione di garanzia con «un atto al quale il
difensore ha diritto di assistere» - dovrebbe condurre a ritenere che
l'adempimento in parola sia in via di massima riferibile sia agli atti
ai quali il difensore ha diritto di assistere con preavviso (articolo
364 Cpp) sia a quegli altri (articolo 365 Cpp) cui ha diritto di
assistere senza avviso. Epperò tale conclusione non può - ad avviso di
queste Sezioni unite - sottrarsi ad una più penetrante verifica in
relazione, da una parte, alle finalità perseguite dall'informazione di
garanzia e, dall'altra, alle esigenze connesse alla peculiarità e
tipicità dell'atto da compiere. a)
Va sotto il primo aspetto rilevato che l'invio dell'informazione di
garanzia, se pure collegato ad un atto che prevede la presenza del
difensore, non è tuttavia finalizzato alla conoscenza, da parte
dell'indagato, di tale specifico atto, ma soltanto all'esigenza di
portare a conoscenza dell'indagato stesso (che non risulti già reso
edotto) che sono in corso attività di indagine che lo riguardano. In
effetti, l'articolo 369 richiede soltanto che l'informazione contenga l'«indicazione
delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del
fatto» nonché «l'invito a nominare un difensore di fiducia», non
anche che essa contenga la enunciazione del fatto storico addebitato e
l'indicazione dello specifico atto garantito che il Pm si accinge a
compiere.. Una
tale conclusione si raccorda perfettamente con la constatazione che
l'articolo 369 prevede, quanto alle modalità dì comunicazione,
l'utilizzo (di norma) del servizio postale («in piego chiuso
raccomandato con ricevuta di ritorno») che, per sua natura, richiede un
lasso di tempo piuttosto elastico e non facilmente compatibile con una
ricezione contestuale al compimento dell'atto di sequestro o di
perquisizione. Su tale premessa diventano del tutto evidenti le
conclusioni che vanno tratte relativamente alla prima delle questioni
sopra poste, cioè della necessità o meno dell'invio preventivo o
contestuale o successivo dell'informazione. b)
E' certo - e si viene qui al secondo aspetto sopra accennato - che in
relazione agli atti per i quali non è previsto l'avviso al difensore (i
c.d. “atti a sorpresa”, tali definibili in ragione dell'esigenza di
assicurare la genuinità del risultato cui tendono) non può ritenersi
ammissibile (anzi concepibile) una preventiva informazione di garanzia,
posto che questa potrebbe in concreto rendere privo di efficacia l'atto
di perquisizione o di sequestro (e talora, di ispezione: v articolo
364.5 Cpp), più o meno chiaramente collegabile dall'interessato alle
indagini di cui si darebbe notizia (in tal senso si è espressa anche la
Corte costituzionale, con la sentenza 251/1990, considerando la
perquisizione come un «atto per sua natura sempre urgente e riservato
perché ha come presupposto, ai fini della sua efficacia, l'elemento
sorpresa»). In relazione a tali atti, dunque, che non sono
preannunciabili, non sussiste alcun obbligo di previa informazione dì
garanzia e l'ambito di operatività della previsione generale di cui
all'articolo 369 ne risulta ridimensionato in relazione alla primaria e
prevalente esigenza di tutela dell'autenticità della prova. In questi
sensi le Sezioni unite ritengono condivisibili le conclusioni seguite
dal primo filone giurisprudenziale sopra richiamato e viceversa non
conciliabili con una razionale lettura della disciplina vigente quelle
di cui all'opposto orientamento interpretativo. Quanto
al conseguente problema se sussista o meno l'obbligo di una contestuale
o successiva comunicazione, si impone, ad avviso di queste Sezioni una
distinzione collegata alla duplice ipotesi della presenza o meno
dell'indagato all'atto di perquisizione o sequestro da compiere. E'
infatti da considerare che, nel primo caso (cioè quello della presenza,
casuale, dell'indagato non preavvisato) il Pm procedente (o l'ufficiale
di Pg all’uopo delegato), oltre a dovergli consegnare copia del
decreto (motivato) ai sensi degli articoli- 250 e 253.4 Cpp, ha
l'obbligo, a norma dell'articolo 365.1, di chiedere all'indagato se è
assistito da un difensore di fiducia, designandogliene, qualora ne sia
privo, uno di ufficio. Sono, cioè, previsti adempimenti specifici che
risultano totalmente assorbenti - e perciò nel concreto sostitutivi -
di quello dell'informazione di garanzia, con la conseguenza che vengono
oggettivamente meno le esigenze di tutela ad essa sottese ed escluso,
quindi, ogni concreto pregiudizio che da un'omessa contestuale
informazione di garanzia potrebbe derivare al diritto di intervento e di
assistenza dell'indagato. Il che significa che diventa del tutto
superflua una contestuale informazione di garanzia ed inesistente perciò
l'obbligo del Pm di provvedervi. E' in questi termini (di risposta
formalmente negativa al quesito sulla necessità di una informazione
contestuale) che va, più correttamente, inquadrata l'ipotesi
sostanzialistica profilata dal secondo orientamento giurisprudenziale
sopra richiamato di una informazione di garanzia intesa come
“contenuta” negli adempimenti di cui ai citati articoli 250, 253 e
365 Cpp. Nel
caso opposto (dell'assenza dell'indagato all'atto di perquisizione o
sequestro) non vi è dubbio che riemerga l'obbligo della comunicazione
dell'informazione ricollegabile alla rilevata portata generale della
previsione dell'articolo 369. In effetti, una volta compiuto l'atto,
viene ad esaurirsi l'esigenza preclusiva connessa alla natura dell'atto
“a sorpresa”, con la conseguenza che il Pm non può non procedere al
tempestivo invio dell'informazione di garanzia. Deve peraltro
aggiungersi che tale adempimento viene a profilarsi come necessario e
dovuto anche in relazione alla specifica esigenza di rendere informato
l'indagato agli effetti della possibilità di tutela di cui all'articolo
366 Cpp (vedasi Cass. III, 18 settembre 1997, n. 2889). Prevede tale
norma che, quando non è stato dato avviso per il compimento dell'atto
al quale il difensore ha diritto di assistere, allo stesso è
immediatamente notificato l'avviso di deposito dei verbali degli atti
compiuti, dal ricevimento del quale decorre il termine di cinque giorni
per esaminarli ed estrarre copia. Per il che deve ritenersi che, ove non
risulti che da parte dell'indagato si sia provveduto alla nomina di un
difensore di fiducia, incomba al Pm l'obbligo di procedere alla nomina
di un difensore di ufficio (secondo il generale dettato dell'articolo 97
Cpp) onde rendere possibile, senza dilazione, alla difesa l'esercizio
delle facoltà connesse all'avvenuto deposito dei verbali ai sensi
dell'articolo 366. Può essere utile l'ulteriore chiarimento che tale
norma non prevede che il Pm debba previamente interpellare l'indagato
per accertare se dispone di difensore di fiducia sì da potere a questo
notificare l'avviso di deposito, sicché deve dedursi che, ove non
risulti già agli atti l'esistenza di un difensore fiduciario, è a
quello di ufficio nominato dal Pm che viene notificato l'avviso di
deposito. Il
che avrebbe come conseguenza che l'indagato risulterebbe di fatto
totalmente “non informato” in questo rilevante momento delle
indagini (a parte le informazioni successive del difensore di ufficio)
con indiscutibile incidenza sulla effettiva possibilità di intervento e
di difesa. Si vuol dire che è anche a tale esigenza - di nomina di un
difensore di fiducia per l'esercizio delle facoltà di cui all'articolo
366 - che viene in concreto a risultare funzionale l'invio -
immediatamente successivo all'atto di perquisizione e sequestro -
dell'informazione di garanzia. 4.
Relativamente alla seconda delle questioni prospettate, quella
concernente gli effetti, sull'atto compiuto, dell'omesso invio
dell'informazione di garanzia (quando dovuta), vi è da rilevare che le
conclusioni sopra prospettate non consentono dubbi sulla conseguenziale
deduzione negativa che
nessuna incidenza può avere sulla validità dell'atto compiuto
l'eventuale omissione dell'informazione stessa. E ciò non solo in
ragione della autonomia dell'informazione di garanzia rispetto all'atto
di perquisizione di sequestrò e della connessa inesistenza di ogni
legame sia contenutistico che di dipendenza causale (autonomia
correttamente sottolineata dal richiamato primo filone
giurisprudenziale: vedasi in particolare Cass. I, 20 gennaio 1993, n.
205), ma altresì in considerazione del fatto che, non sussistendo, come
si è visto, un obbligo, di comunicazione preventiva dell'informazione
stessa (esso profilandosi solo in termini di comunicazione successiva),
non può logicamente ipotizzarsi una qualsiasi incidenza su un atto già
compiuto, la cui validità resta legata soltanto al rispetto delle
condizioni specifiche ad esso relative. Tutto ciò va
detto prescidendo dal considerare che nella specie la questione
risulterebbe non rilevante, posto che nel medesimo giorno
dell'esecuzione, del sequestro de
quo (il 15 giugno 1999) il Pm ha provveduto ad inviare al l'indagato
Mariano rituale informazione di garanzia, notificata in data 5 luglio
1999. 5.
Nel contesto delle motivazioni che precedono e per le ragioni da esse
ricavabili - perdono ogni consistenza tanto la doglianza relativa alla
mancata notifica (quanto meno contestuale) del decreto di sequestro e
dell'informazione di garanzia, tanto quella concernente la mancanza
nell'informazione di garanzia notificata il 5 luglio 1999 di ogni
menzione del sequestro eseguito. Così come prive di pregio appaiono le
ulteriori censure, non di rito, relative alla dedotta carenza di nesso
causale fra la condotta, di esso ricorrente e l'evento prodottosi, ed
alla contestata concreta configurabilità dell'ipotizzato delitto di
truffa. E' sufficiente al riguardo ricordare in via di principio - che
in tema di sequestro preventivo la verifica delle condizioni di
legittimità della misura cautelare, da parte del tribunale del riesame
(e di questa Corte), non può tradursi - in anticipata decisione della
questione di merito concernente la responsabilità del soggetto indagato
in ordine al reato oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al
controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale
ipotizzata, mediante una valutazione prioritaria della antigiuridicità
penale del fatto (Cfr. Sez. un.7 novembre 1992, Midolini). Le condizioni
generali per l'applicabilità delle misure cautelari personali, indicate
nell'articolo 273 Cpp, non sono estensibili, per la loro peculiarità,
alle misure cautelari reali, e da ciò deriva che, ai fini della
verifica in ordine alla legittimità del provvedimento mediante il quale
sia stato ordinato il sequestro preventivo di un bene pertinente ad uno
o più reati, è preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza
degli indizi di colpevolezza, alla gravità di essi e alla colpevolezza
dell'indagato (Cfr. Sez. un. 23 aprile 1993, Gifuni).Diversamente, si
finirebbe con lo utilizzare surrettiziamente la procedura incidentale di
riesame per una preventiva verifica del fondamento dell'accusa, con
evidente usurpazione di poteri che sono per legge riservati al, giudice
del procedimento principale (Cfr.: Cass. VI, 4 febbraio 1993,
Francesconi; Cass. III, 14 ottobre 1994, Petriccione; Cass. III, 26
aprile 1996, Beltrami, ex
plurimis).Orbene, il tribunale nella specie ha correttamente assolto
al compito di controllo ad esso devoluto, senza incorrere in alcuna
violazione dei richiamati principi, posto che ha valutato su di un piano
di astrattezza l'antigiuridicità dei fatti sostanzianti l'accusa,
limitandosi alla verifica di compatibilità tra la enunciata ipotesi
accusatoria e le emergenze esistenti nonché alla attribuibilità del
prospettato illecito all'indagato.Il ricorrente, di contro,
inammissibilmente propone, al riguardo, questioni che in concreto
involgono il merito del giudizio in quanto estendono il tema del
decidere alla fondatezza della pretesa punitiva, di per sé esulante dai
limiti del procedimento incidentale di cui trattasi. Conclusivamente, il
ricorso deve essere rigettato in quanto infondato, con la conseguente
condanna del ricorrente a pagare le spese del procedimento. PQM
La
Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del
procedimento.
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