IMPROMOVIBILITA' DELL'AZIONE PENALE PER DIFETTO DI QUERELA - FATTISPECIE IN TEMA DI LESIONI PERSONALI. Cassazione - Sezione Quinta Penale - Sent. n. 7224 19/06/00 Presidente P. Lacanna - Relatore G. Marasca OSSERVA P.S. puniva il figlio minore (omissis) con uno schiaffo per non avere questi restituito alla mamma la somma di L. 3.000 ricevuta come resto dal tabaccaio. Per tale fatto, configurante la violazione degli artt. 582, 585, 576 n. 2 e 61 n. 1 c.p., il P. veniva condannato dal Tribunale di Reggio Calabria, con sentenza del 5 maggio 1992, alla pena di mesi sei di reclusione. Con sentenza emessa il 20 aprile 1999 la Corte di Appello di Reggio Calabria confermava la decisione di primo grado e condannava il P. al pagamento delle maggiori spese processuali. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione S.P. deducendo i seguenti motivi di impugnazione: 1) Erronea applicazione dell'art. 576 n. 2 c.p., poiché tale aggravante non può concorrere con quella di cui all'art. 61 n. 1 c.p., in quanto quest'ultima è elemento costitutivo della aggravante prevista dall'art. 576 n. 2 c.p.. 2) Erronea applicazione dell'art. 61 n. 1 c.p., poiché il motivo non può essere ritenuto futile, tenuto conto dell'ambiente socio - economico nel quale i fatti si sono svolti e del fatto che il ragazzo si era già macchiato di furti precedenti. L'assenza di tale aggravante rende il reato di lesioni semplici prescrivibile in cinque anni, trascorsi prima della pronuncia della sentenza di secondo grado. 3) Erronea interpretazione dell'art. 582 comma II c.p., poiché mancando la aggravante di cui all'art. 576 n. 2 c.p. ed essendo le lesioni guarite entro il ventesimo giorno, il reato era perseguibile a querela di parte, istanza punitiva che non era stata, invece, mai proposta. 4) Mancanza e manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato sia in ordine alla sussistenza del nesso di causalità sia in ordine alla sussistenza di uno "jus corrigendi". 5) Erronea interpretazione degli artt. 163 e 164 c.p. perché i precedenti penali dell'imputato non precludevano la concessione della sospensione condizionale della pena. Inoltre i giudici di appello non avrebbero rispettati i criteri di cui all'art. 133 c.p.. Il ricorrente chiedeva l'annullamento, con o senza rinvio, della sentenza impugnata. I motivi posti a sostegno del ricorso proposto da S.P. sono fondati. Non è ravvisabile nel caso di specie il motivo futile di cui all'art. 61 n. 1 c.p. - motivo di impugnazione n. 2. Infatti, per costante giurisprudenza, il motivo è ritenuto futile quando lo stimolo all'azione delittuosa sia così lieve da presentarsi più come una scusa che come causa determinante della condotta criminosa. Insomma, ed in altre parole, per motivo futile deve intendersi quello che ha provocato l'azione delittuosa in maniera del tutto sproporzionata e che viene considerato dalla coscienza collettiva banale ed inconsistente. Tali requisiti non si rinvengono nella condotta del ricorrente. Questi aveva "mollato" un ceffone al figlio minore che aveva rubato poche migliaia di lire, ma che già ' in precedenza aveva commesso piccoli furti. Il ragazzo, sorpreso ed interrogato dai genitori, non ammise il fatto e costrinse il padre all'umiliazione di chiedere al tabaccaio se al figlio fosse stato dato del resto. Da tale situazione derivò lo schiaffo, azione certamente da evitare e da condannare, ma che non può considerarsi sproporzionata rispetto al comportamento di sicuro riprovevole del ragazzo. Condotta, peraltro, che, specialmente nel contesto sociale del ricorrente, non viene giudicata sproporzionata ed inadeguata alla circostanza. Anzi un senso comune ancora molto diffuso assegna al padre uno "jus corrigendi" in siffatte situazioni, che addirittura porterebbe ad escludere la rilevanza penale del gesto del P. Senza pervenire a tali conclusioni che sarebbero sbagliate, perché non possono scriminarsi condotte che sovente provocano anche gravi lesioni ai malcapitati ragazzi e che, comunque, non hanno una positiva valenza educativa, come, invece, molti genitori continuano a credere, si può però certamente affermare che non è ravvisabile, per le ragioni indicate, la futilità del motivo. Esclusa l'aggravante di cui all'art. 61 n. 1 c.p. non è più ravvisabile, nel caso di specie, la contestata aggravante di cui all'art. 576 n. 2 c.p., che ricorre quando le lesioni vengano cagionate ad un ascendente o a un discendente per motivi futili o abietti - art. 61 n. 1 c.p. - adoperando sevizie e crudeltà - art. 61 n. 4 c.p. -, ma quella prevista dall'art. 577 n. 1 c.p., che ricorre quando la vittima delle lesioni sia un parente in linea retta. Tra le due ipotesi vi è differenza, perché nel primo caso il delitto di lesioni risulta aggravato da due circostanze e l'aumento di pena è da un terzo alla metà, mentre nel secondo caso - delitto monoaggravato - l'aumento di pena è finito ad un terzo - art. 585 comma I c.p.. Da ciò discenderebbe la avvenuta prescrizione del reato, poiché, essendo la pena edittale prevista nel massimo inferiore ad anni cinque, il termine prescrizionale è di sette anni e sei mesi. I fatti si sono verificati nell'ormai lontano 1990. Senonché, ai sensi dell'art. 582 comma II c.p., il delitto di lesioni lievi, cioè guarite entro venti giorni, è perseguibile a querela di parte, a meno che non concorra una delle aggravanti previste negli artt. 583 e 585 c.p., nel qual caso il delitto è perseguibile di ufficio. Fa eccezione a tale regola l'aggravante di cui all'art. 577 n. 1 c.p., ricompresa dall'art. 585 c.p.; in tal caso il reato di lesioni lievi, ancorché aggravato, è perseguibile a querela di parte, secondo l'esplicito dettato dall'art. 582 comma II c.p.. Nel caso di specie le lesioni subite dalla parte lesa sono guarite in pochi giorni, e, comunque, in un tempo inferiore ai venti giorni, e l'istanza punitiva non è mai stata presentata. La causa di impromovibilità della azione penale ovviamente prevale sulla causa di estinzione del reato per prescrizione e, quindi, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per improseguibilità della azione penale per difetto di querela. L'accoglimento di questi motivi di impugnazione rende superflua la trattazione degli altri. PER QUESTI MOTIVI La Corte, esclusa l'aggravante di cui all'art. 61 n. 1 c.p., annulla senza rinvio la sentenza impugnata per improseguibilità della azione penale per difetto di querela in ordine al reato di cui agli artt. 582 e 585 in relazione all'art. 577 comma I n. 1 c.p..
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