N. 5025/04
Reg.Dec.
N. 3917 Reg.Ric.
ANNO 2004
DISPOSITIVO 386/04
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente :
DECISIONE
sul ricorso in appello
proposto dalla FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO F.I.G.C., in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti
LUIGI MEDUGNO e MARIO GALLAVOTTI, con domicilio eletto in Roma VIA PO, 9
presso LUIGI MEDUGNO;
contro
COSENZA CALCIO 1914 S.P.A.,
in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dagli Avv.ti ENRICO LUBRANO, FILIPPO LUBRANO e GIUSEPPE CARRATELLI, con
domicilio eletto in Roma VIA FLAMINIA, 79 presso FILIPPO LUBRANO;
LEGA NAZIONALE
PROFESSIONISTI DI SERIE A E B, CAMERA CONCILIAZIONE E ARBITRATO PER LO
SPORT PRESSO IL CONI, U.S. CATANZARO, non costituiti in giudizio,
e nei confronti di
C.O.N.I. COMITATO OLIMPICO
NAZIONALE ITALIANO, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dall’Avv. ALBERTO ANGELETTI, con domicilio eletto
in Roma VIA GIUSEPPE PISANELLI, 2;
LEGA NAZIONALE
PROFESSIONISTI DI SERIE C, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti BRUNO BISCOTTO e LUCIA
SCOGNAMIGLIO, con domicilio eletto in Roma VIA G PISANELLI, 40 presso
BRUNO BISCOTTO;
LEGA NAZIONALE DILETTANTI,
ACF FIORENTINA S.P.A., non costituiti in giudizio;
CODACONS, in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti
CARLO RIENZI e MARIA CRISTINA TABANO, con domicilio eletto in Roma VIALE
G.MAZZINI, 73 presso CARLO RIENZI;
ASSOCIAZIONE DEGLI UTENTI
DEI SERVIZI SPORTIVI E TURISTICI, non costituitasi in giudizio;
per l’annullamento
della sentenza del
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione Terza ter, n.
2987/2004 pubblicata il 1° aprile 2004;
Visto il ricorso con
i relativi allegati;
Visti gli atti di
costituzione in giudizio delle parti appellate;
Visti i ricorsi in
appello incidentale proposti dal Cosenza Calcio e dalla FIGC;
Viste le memorie
prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti
della causa;
Alla pubblica udienza
del 2 luglio 2004 relatore il Consigliere Roberto Chieppa.
Uditi gli Avvocati
Medugno, Gallavotti, Angeletti, Filippo Lubrano, Carratelli e Biscotto;
Ritenuto e
considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
Con il ricorso in
appello in epigrafe la Federazione Italiana Gioco Calcio (di seguito,
FIGC) ha chiesto il parziale annullamento della sentenza n. 2987/2004 con
la quale il Tar del Lazio ha accolto il ricorso n. 13143/2003 proposto dal
Cosenza Calcio 1914 s.p.a. (di seguito, Cosenza) avverso il provvedimento
del 31 ottobre 2003, con cui il Presidente della FIGC ha dichiarato la
decadenza della ricorrente dall'affiliazione alla Federazione stessa.
Con ricorso, proposto
nella forma dell’appello incidentale, il Cosenza ha a sua volta impugnato
la stessa sentenza nella parte in cui ha dichiarato inammissibili i
ricorsi n. 8642/2003 e n. 8712/2003, aventi ad oggetto rispettivamente
l’ammissione al campionato di calcio di serie B della ACF Fiorentina
s.p.a. al posto del Cosenza e la mancata ammissione dello stesso Cosenza
al Campionato nazionale di calcio di serie C/1 per l’anno 2003/2004.
La FIGC ha proposto
ricorso in appello incidentale, deducendo l’inammissibilita’ dei ricorsi
proposti in primo grado dal Cosenza avverso la decisione della camera di
conciliazione e arbitrato per lo sport del CONI.
Si sono costituiti in
giudizio, chiedendo l'accoglimento del ricorso della FIGC e la reiezione
del ricorso del Cosenza, il CONI e la Lega Nazionale Professionisti di
Serie C, mentre il Codacons ha chiesto il rigetto del ricorso della FIGC.
Le parti costituite
hanno ampiamente svolto le proprie tesi nelle memorie depositate ed hanno
sollevato una serie di eccezioni preliminari, che saranno esaminate nella
parte in diritto della presente decisione.
All’odierna udienza
la causa e’ stata trattenuta in decisione.
D I R I T T O
-
Preliminarmente,
appare opportuno ricostruire i fatti oggetto della
presente controversia.
Alla conclusione del
campionato nazionale di calcio serie B svoltosi nell’anno 2002/2003, il
Cosenza retrocedeva in serie C/1, insieme al Calcio Catania s.p.a., al
Genoa Cricket And Football Club s.p.a. ed alla Salernitana Sport s.p.a..
Conseguentemente, con
istanza del 27 giugno 2003, il Cosenza chiedeva di essere iscritto al
campionato nazionale di calcio di serie C/1 per l’anno 2003/2004.
In data 22 luglio
2003, il Consiglio direttivo della Lega nazionale professionisti di serie
C, su conforme parere della COVISOC, non ammetteva il Cosenza al
Campionato di serie C/1, a causa di una serie di inadempimenti nei
confronti della COVISOC e della Lega, avvertendo della possibilita’ di
presentare ricorso alla FIGC entro il termine del 24 luglio 2003 e di
produrre la documentazione attestante la regolarizzazione della posizione
della societa’ entro il termine del 28 luglio.
In seguito alla
presentazione del ricorso ed alla produzione di documentazione, il
Consiglio federale della FIGC respingeva, con deliberazione del 31 luglio
2003, tale impugnazione e disponeva la definitiva non ammissione del
Cosenza al Campionato di serie C/1.
Il Cosenza proponeva
a questo punto istanza di conciliazione presso la Camera di conciliazione
e arbitrato per lo sport del CONI (in data 9-8-2003) e, a seguito
dell’esito negativo del tentativo di conciliazione svoltosi il 25-8-2003,
presentava nella stessa data istanza di arbitrato presso il medesimo
organismo istituito presso il CONI.
Il 27 agosto 2003
veniva pubblicato il dispositivo del lodo, pronunciato
dall’Arbitro unico presso
la Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport e con cui venivano
respinte tutte le domande formulate dal Cosenza contro la FIGC.
Con il ricorso n.
8712/2003, notificato il 2 settembre 2003 e depositato il giorno
successivo presso il Tar del Lazio, il Cosenza ha impugnato il menzionato
lodo ed i presupposti atti della FIGC e della Lega di Serie C di non
ammissione al Campionato di serie C/1.
Parallelamente a
questa vicenda, si era sviluppato un contenzioso avente ad oggetto i
risultati del Campionato di serie B, promosso dapprima dal Catania e, poi,
dalle altre Societa’ retrocesse in serie C/1.
Ritenuta la
straordinaria necessita’ ed urgenza di provvedere all'adozione di misure
idonee a razionalizzare i rapporti tra l'ordinamento sportivo e
l'ordinamento giuridico dello Stato, veniva emanato il decreto legge 19
agosto 2003 n. 220 (in G.U. n. 192 del 20 agosto 2003), convertito, con
modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2003 n. 280 (in G.U. n. 243 del 18
ottobre 2003) e recante disposizioni urgenti in materia di giustizia
sportiva.
In base
all’art. 3, comma 5, del DL 220/2003
¾ norma,
questa, non convertita, ma i cui effetti, prodottisi fino alla data
d’entrata in vigore della legge n. 280/2003, sono stati fatti salvi
¾ con
deliberazione in data 20 agosto 2003 (com. uff. n. 57/A), il Consiglio
Federale della FIGC sottoponeva all’approvazione del CONI, una proposta di
adozione di provvedimenti straordinari, costituiti dall’ampliamento a 24
squadre dell’organico del campionato di calcio di serie B a decorrere
dalla stagione 2003/2004 e dalla ammissione a detto campionato delle
societa’ Calcio Catania spa, Genoa Cricket and Football Club spa,
Salernitana Sport spa e ACF Fiorentina spa.
Con deliberazione n.
380 del 21 agosto 2003, la Giunta esecutiva del CONI approvava detta
proposta.
Tali provvedimenti
straordinari venivano impugnati dal Cosenza davanti al Tar del Lazio con
il ricorso n. 8642/2003, notificato il 28 agosto 2003 e depositato il
giorno successivo.
Successivamente, con
il provvedimento di cui al comunicato ufficiale n. 96/A del 31 ottobre
2003, il Presidente della FIGC ha dichiarato la decadenza della
ricorrente, per inattivita’, dall'affiliazione alla Federazione stessa.
Avverso tale
decisione il Cosenza proponeva un nuovo ricorso al Tar del Lazio (n.
13143/2003), notificato l'11 dicembre 2003 e depositato il successivo
giorno 19.
Con la sentenza n.
2987/2004, pubblicata il 1° aprile 2004, il Tar del Lazio, previa riunione
di tutti i ricorsi proposti dal Cosenza, cosi’ provvedeva:
a) accoglieva in
parte il ricorso n. 13143/03, annullando il provvedimento di decadenza del
Cosenza dall’affiliazione per la violazione dell’obbligo di comunicare
l’avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/1990;
b) dichiarava
inammissibile il ricorso n. 8712/03 (mancata ammissione alla serie C/1),
ritenendo che la decisione dell’Arbitro unico presso la Camera di
conciliazione e arbitrato per lo sport del CONI fosse qualificabile come
lodo arbitrale rituale, impugnabile solo per motivi di nullita’ ai sensi
dell’art. 829 c.p.c., non proposti dal Cosenza;
c) dichiarava l’inammissibilita’
anche del ricorso n. 8642/03 (mancata ammissione alla serie B), ritenendo
che tra le due domande vi fosse uno stretto rapporto di presupposizione
nel senso che il riconoscimento della legittimita’ della non ammissione al
campionato di serie C/1 precludeva al Cosenza di aspirare al ripescaggio
in serie B;
d) dichiarava
improcedibile altro ricorso proposto dal Cosenza (n. 9036/03), per il
quale la stessa societa’ aveva dichiarato di non avere piu’ interesse.
Avverso detta
sentenza hanno proposto appello sia la FIGC che il Cosenza.
Si tratta di due
appelli autonomi in quanto il ricorso del Cosenza e’ stato proposto nella
forma dell’appello incidentale (improprio) al solo fine di consentire la
concentrazione delle impugnazioni avverso la stessa sentenza.
Il Collegio ritiene
di affrontare le questioni, partendo dalla contestata non ammissione del
Cosenza alla serie C/1, per poi esaminare la domanda relativa alla mancata
ammissione in serie B ed, infine, il ricorso della FIGC avente ad oggetto
l’annullamento, disposto dal Tar, del provvedimento di decadenza
dall’affiliazione.
2.1. In ordine al
ricorso in appello incidentale, proposto dal Cosenza per le questioni
definite serie C/1 e serie B, sono state sollevate alcune eccezioni
pregiudiziali.
La FIGC deduce l’inammissibilita’
dell’appello, in quanto proposto dal Cosenza in persona di soggetti che
non rivestono la qualita’ di legali rappresentanti della societa’ (il
Presidente del Collegio sindacale dott. Giuseppe Martire e gli
Amministratori giudiziari dott. Nicola Bosco e dott. Gennaro Brescia).
Secondo la FIGC, tali
soggetti non avrebbero la legale rappresentanza della societa’, spettante
invece al Presidente del Consiglio di amministrazione (avv. Giuseppe
Mazzotta), che, nonostante la scadenza del mandato, continua ad essere
l’unico soggetto legittimato a rappresentare il Cosenza.
L’eccezione e’ priva
di fondamento.
Si rileva che
nell’ambito di un procedimento penale pendente presso il Tribunale di
Catanzaro, il GIP, con provvedimento del 24-3-2003, ha disposto il
sequestro preventivo di alcuni beni tra cui il Cosenza Calcio 1914 spa ed
ha nominato i suindicati soggetti “custodi – amministratori giudiziari” di
tali beni anche all’espresso fine “di evitare la chiusura totale delle
societa’ e/o attivita’ commerciali, a tutela dei posti di lavoro e delle
attivita’ in corso”, facendo espresso riferimento al Cosenza Calcio.
Pur essendo vero che
il custode ed amministratore di beni sottoposti a sequestro ha una
funzione limitata alla conservazione e all'amministrazione di tali beni,
costituisce pacifico orientamento giurisprudenziale il riconoscimento
della legittimazione processuale attiva e passiva del custode -
amministratore, come rappresentante di ufficio di un patrimonio separato,
benche’ esclusivamente rispetto alle azioni relative alla medesima
funzione (cfr. Cass., I, n. 7147/2000, con riferimento a qualsiasi tipo di
sequestro; v. anche Cass., n. 7354/1991, n. 2232/1987; n. 381/1974).
Nel caso di specie,
il ricorso in appello e’ stato proposto dai custodi – amministratori
giudiziari del Cosenza Calcio per contestare la mancata ammissione della
societa’ ai campionati di serie C/1 e di serie B; e’ evidente che l’azione
e’ stata promossa proprio al fine di evitare la cessazione dell’attivita’
della societa’ sequestrata ed il conseguente svincolo dei calciatori, che
costituiscono parte rilevante del patrimonio della stessa societa’ di
calcio.
L’azione rientra
quindi tra quelle per le quali sussiste la legittimazione
attiva dell’amministratore
giudiziario, in quanto intrapresa proprio per la conservazione dei beni
affidati alla sua custodia.
2.2. Il CONI ha
proposto una eccezione di difetto assoluto di giurisdizione in relazione
ai ricorsi del Cosenza, aventi ad oggetto le questioni dell’ammissione in
serie C/1 e in serie B, sostenendo che la materia oggetto di tali ricorsi
esula dalla giurisdizione del giudice statale e riguarda decisioni che
esauriscono i propri effetti nell’ambito dell’ordinamento sportivo.
L’eccezione, oltre
che essere inammissibile per non essere stata proposta nella forma
dell’appello incidentale con riguardo ad un punto espressamente esaminato
dal giudice di primo grado, e’ comunque infondata.
Questa Sezione aveva
affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo su
controversie, aventi ad oggetto i provvedimenti di non ammissione di una
societa’ di calcio ad un determinato campionato gia’ prima dell’entrata in
vigore delle disposizioni del D.L. n. 220/2003, convertito in legge n.
280/2003 (Cons. Stato, VI, n. 1050/1995 e n. 2546/2001).
In tali precedenti la
Sezione aveva affermato che le Federazioni sportive, pur sorgendo come
soggetti privati (associazioni non riconosciute), in presenza di
determinati presupposti assumono la qualifica di “organi del C.O.N.I.” e
partecipano alla natura pubblica di questo (cfr., Cass. Sez unite, n.
2725/79 e Cons. Stato, VI, n. 1050/95). L’elemento discriminante per
individuare il limite tra le due funzioni svolte dalle Federazioni (da cui
derivava il criterio di riparto di giurisdizione) era quello della natura
dell’attivita’ svolta: a) in caso di applicazione di norme che attengono
alla vita interna della federazione ed ai rapporti tra societa’ sportive e
tra le societa’ stesse e gli sportivi professionisti, le Federazioni
operano come associazioni di diritto privato; b) quando invece l’attivita’
e’ finalizzata alla realizzazione di interessi fondamentali ed
istituzionali dell'attivita’ sportiva, devono essere considerate organi
del CONI (cfr. Cass. civ., III Sez., 5 aprile 1993 n. 4063; Cass., sez.
unite, 26 ottobre 1989 n. 4399, Cons. Stato, VI, n. 1050/95).
Sempre nei citati
precedenti veniva evidenziato che solo gli atti di quest'ultimo tipo posti
in essere dalle federazioni in qualita’ di organi del CONI sono
esplicazione di poteri pubblici, partecipano della natura pubblicistica e
sono soggetti alla giurisdizione del giudice amministrativo allorche’
incidano su posizioni di interesse legittimo. Tra questi atti vanno
inclusi anche i provvedimenti di non ammissione di una societa’ ad un
determinato campionato, in quanto adottati in applicazione di norme che
perseguono finalita’ di interesse pubblico, quali il controllo sulla
gestione economico-finanziaria delle leghe e delle societa’
professionistiche delegato dal CONI alla Federazione (Cons. Stato, VI, n.
1050/1995, in cui si afferma espressamente che si tratta di questioni che
attengono non alla sfera dell'organizzazione interna delle Federazioni
come tale irrilevante per l'ordinamento, bensi’ a quella della
discrezionalita’ amministrativa della F.I.G.C., rispetto alla quale la
posizione giuridica soggettiva della societa’ sportiva si configura come
interesse legittimo, tutelabile davanti al giudice amministrativo).
L'inquadramento
attribuito dalla giurisprudenza alle federazioni sportive nazionali e’
stato poi confermato dall’at. 15 del decreto legislativo 23 luglio 1999,
n. 242, contenente disposizioni sul riordino del Coni.
La norma, infatti,
dopo avere disposto che le federazioni sportive nazionali svolgono l'attivita’
sportiva in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del Cio e del
Coni (primo comma), cosi’ consentendo l'esercizio di attivita’ a valenza
pubblicistica sulla base di poteri pubblicistici e mediante l'adozione di
atti amministrativi (in tal senso, Cass. civ., sez. un., n. 5775/2004),
attribuisce loro natura di associazione con personalita’ giuridica di
diritto privato e dichiara che non perseguono fini di lucro e sono
disciplinate, per quanto non espressamente previsto dal decreto, dal
codice civile e dalle disposizioni di attuazione del medesimo" (secondo
comma).
Il sopravvenuto
decreto legge 19 agosto 2003 n. 220, contenente disposizioni urgenti in
materia di giustizia sportiva, convertito nella legge 17 ottobre 2003, n.
280, stabilisce che i rapporti tra l'ordinamento sportivo e quello statale
sono regolati in base al principio di autonomia, "salvi i casi di
rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni
giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo" (art. 1 primo
comma).
La "giustizia
sportiva" costituisce lo strumento di tutela per le ipotesi in cui si
discute dell'applicazione delle regole sportive; quella statale e’
chiamata, invece, a risolvere le controversie che presentano una rilevanza
per l'ordinamento generale, concernendo la violazione di diritti
soggettivi o interessi legittimi.
Per individuare i
casi in cui si applicano le sole regole tecnico - sportive, con
conseguente riserva agli organi della giustizia sportiva della risoluzione
delle corrispondenti controversie, e’ stabilito che all'ordinamento
sportivo nazionale e’ riservata la disciplina delle questioni aventi ad
oggetto: a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari,
organizzative e statutarie di quell'ordinamento e delle sue articolazioni,
al fine di garantire il corretto svolgimento delle attivita’ sportive; b)
i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed
applicazione delle sanzioni disciplinari
sportive (art. 2, primo
comma).
In queste materie
vige il sistema del cd. "vincolo sportivo": il sistema, per quanto
riguarda le questioni per le quali e’ stabilita autonomia dell'ordinamento
sportivo, continua ad essere imperniato sull'onere di adire gli organi di
giustizia dell'ordinamento sportivo (art. 2, secondo comma) e sulla
salvezza incondizionata delle clausole compromissorie previste dagli
statuti e dai regolamenti del Coni, delle Federazioni sportive e di quelle
inserite nei contratti di cui alla legge istitutiva del Coni (art. 3,
ultima parte; in questo senso, Cass. civ., sez. un., n. 5775/2004).
I casi di rilevanza
per l'ordinamento dello Stato delle situazioni giuridiche soggettive,
connesse con l'ordinamento sportivo, sono attribuiti alla giurisdizione
del giudice ordinario ed a quella esclusiva del giudice amministrativo, a
seconda che si tratti rispettivamente di controversie aventi ad oggetto i
rapporti patrimoniali tra societa’, associazioni ed atleti (A.G.O.) o di
"ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico
nazionale italiano o dalle Federazioni sportive non riservata agli organi
di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'art. 2"
(giurisdizione esclusiva del G.A.).
Come riconosciuto di
recente anche dalla Cassazione (Cass. civ., sez. unite, n. 5774/2004),
alla luce del D.L. n. 220/2003, convertito nella legge n. 280/2003,
possono essere indicate le seguenti tipologie di controversie inerenti la
giustizia sportiva:
a) le questioni che
hanno per oggetto l'osservanza e l’applicazione di norme regolamentari,
organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo e delle sue
articolazioni, al fine di garantire il corretto svolgimento delle
attivita’ sportive e le questioni che nascono da comportamenti rilevanti
sul piano disciplinare, derivanti dalla violazione da parte degli
associati di norme anch'esse interne all'ordinamento sportivo: le regole
che sono emanate in questo ambito sono espressione dell'autonomia
normativa interna delle federazioni, non hanno rilevanza nell'ordinamento
giuridico generale e le decisioni adottate in base ad esse sono collocate
in un'area di non rilevanza (o d'indifferenza) per l'ordinamento statale,
senza che possano essere considerate come espressione di potesta’
pubbliche ed essere considerate alla stregua di decisioni amministrative.
La generale irrilevanza per l'ordinamento statale di tali norme e della
loro violazione conduce all'assenza di una tutela giurisdizionale statale;
cio’ non significa assenza totale di tutela, ma garanzia di una giustizia
di tipo associativo che funziona secondo gli schemi del diritto privato;
b) le questioni
concernenti i rapporti patrimoniali tra societa’, associazioni ed atleti,
per le quali, esaurito l'obbligo del rispetto di eventuali clausole
compromissorie, le relative controversie sono devolute alla giurisdizione
del giudice ordinario;
c) ogni altra
controversia avente ad oggetto atti del CONI o delle federazioni sportive
nazionali, esauriti i gradi della giustizia sportiva, e’ sottoposta alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Nel testo
dell’originario D.L. n. 220/2003 rientravano tra le questioni riservate
all’ordinamento sportivo l'ammissione e l'affiliazione alle federazioni di
societa’, di associazioni sportive e di singoli tesserati (art. 2, comma
1, lett. c) e l'organizzazione e lo svolgimento delle attivita’
agonistiche non programmate ed a programma limitato e l'ammissione alle
stesse delle squadre e degli atleti (lett. d).
La soppressione delle
due categorie, in sede di conversione del D.L., costituisce chiaro indice
della volonta’ del legislatore di non considerare indifferenti per
l’ordinamento statale controversie, quali quelle inerenti, come nel caso
di specie, l’affiliazione delle societa’ alle federazioni e i
provvedimenti di ammissione ai campionati, trattandosi di provvedimenti di
natura amministrativa in cui le Federazioni esercitano poteri di carattere
pubblicistico in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del Coni.
Del resto, una
assoluta riserva all’ordinamento sportivo anche di tale tipologia di
controversie avrebbe determinato seri dubbi sulla costituzionalita’ della
disposizione sotto il profilo della lesione del principio della tutela
giurisdizionale, sancito dall’art. 24 della Costituzione.
Non possono, quindi,
esservi dubbi sulla sussistenza della giurisdizione del giudice
amministrativo sulle controversie, azionate dal Cosenza con riferimento
alla mancata ammissione ai campionati di serie C/1 e di serie B.
2.3. A questo punto,
prima di esaminare l’appello incidentale proposto dalla FIGC, deve in
ordine logico essere esaminato il motivo di appello, proposto dal Cosenza,
con cui la societa’ contesta la dichiarazione di inammissibilita’ del
ricorso n. 8712/2003, pronunciata dal Tar.
Come gia’ detto, il
giudice di primo grado ha ritenuto che la decisione dell’Arbitro unico
presso la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del CONI fosse
qualificabile come lodo arbitrale rituale, impugnabile solo per motivi di
nullita’ ai sensi dell’art. 829 c.p.c., non proposti dal Cosenza.
Secondo il Tar si
tratterebbe di un arbitrato alternativo alla giurisdizione statale e di
carattere non obbligatorio, in quanto previsto dall’art. 12, comma 5,
dello Statuto del CONI come facoltativo
La tesi del giudice
di primo grado non e’ corretta.
La Camera di
conciliazione e arbitrato per lo sport e’ stata istituita ai sensi
dell’art. 12 dello Statuto del CONI, con competenze di carattere
consultivo, conciliativo ed arbitrale. In particolare, tale organismo ha
competenza per la pronuncia definitiva sulle controversie che
contrappongono una Federazione a soggetti affiliati o tesserati a
condizione che siano previamente esauriti i ricorsi interni della
Federazione o comunque che si tratti di decisioni non soggette a
impugnazione nell’ambito della giustizia federale (art. 12, comma 2,
Statuto CONI).
L’art. 27 dello
Statuto della FIGC prevede che e’ obbligatorio sottoporsi al tentativo di
conciliazione presso la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport
istituita presso il CONI, dopo aver esaurito i gradi interni della
giustizia federale (comma 3) e che a seguito di esito negativo del
tentativo di conciliazione le parti “accettano di risolvere la
controversia in via definitiva mediante arbitrato, promosso su istanza di
una delle parti davanti alla predetta Camera arbitrale” (comma 4).
Tali disposizioni
implicano che i gradi della giustizia sportiva non si esauriscono con i
ricorsi interni federali, ma comprendono anche l’ulteriore ricorso alla
Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport istituita presso il CONI
sia per il tentativo di conciliazione, sia per l’arbitrato.
Del resto, la tesi
sostenuta dalla FIGC, secondo cui il ricorso all’arbitrato costituirebbe
una facolta’, cui volontariamente ha fatto ricorso il Cosenza, contrasta
con l’interpretazione delle stesse norme resa dalla massima autorita’ di
garanzia nell’ordinamento della FIGC: la Corte Federale (tale definita
dall’art. 32, comma 1, dello Statuto FIGC).
Con la Comunicazione
Ufficiale n. 16/cf, pubblicata anche sul sito internet ufficiale della
FIGC, la Corte Federale ha ritenuto che i rimedi interni dell’ordinamento
sportivo si esauriscono solo dopo il tentativo di conciliazione davanti
alla Camera di conciliazioni e arbitrato del CONI e dopo l’arbitrato in
caso di infruttuoso esperimento del tentativo di conciliazione (punto 2,
in cui i due rimedi vengono indicati come obbligatori) e che proprio ai
sensi dell’art. 3 della legge n. 280/2003 risulta rafforzato il ruolo
della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport, a cui il citato
art. 3 assegna funzioni di carattere nomofilattico all’interno
dell’ordinamento sportivo (punto 5).
La stessa Corte
Federale, quindi, dimostra di condividere la tesi, sostenuta dal Cosenza
nell’odierno giudizio, secondo cui il ricorso alla Camera di conciliazione
e arbitrato per lo sport del CONI costituisce l’ultimo grado della
giustizia sportiva, da adire quindi in via obbligatoria prima
dell’eventuale ricorso giurisdizionale.
E’ evidente che tale
ricostruzione risulta incompatibile con la qualificazione del lodo
pronunciato da tale Camera come vero e proprio lodo arbitrale, alternativo
alla giurisdizione statale.
Si tratta, invece, di
una decisione emessa dal supremo organo della giustizia sportiva sulla
base di principi e garanzie tipiche del giudizio arbitrale, ma che resta
soggetta agli ordinari strumenti di tutela giurisdizionale per le
fattispecie non riservate all’ordinamento sportivo secondo i principi
indicati in precedenza.
Peraltro, la
qualificazione giuridica della decisione della Camera istituita presso il
CONI risulta del tutto indipendente dall’impugnazione dell’art. 7.7. del
Regolamento della camera, vigente all’epoca del ricorso proposto dal
Cosenza, che definisce rituale la procedura arbitrale, in quanto tale
disposizione puo’ avere il solo fine di indicare le norme applicabili alla
procedura, ma non anche quello di qualificare giuridicamente una decisione
per aspetti derivanti direttamente da norme di rango superiore (l’art.
7.7. del Regolamento era stato comunque impugnato dal Cosenza, con motivi
tempestivamente proposti come verra’ illustrato in seguito).
Un ulteriore
argomento conferma tale tesi proprio con riguardo alla controversia in
esame: secondo la giurisprudenza di questa Sezione, prima richiamata, sono
configurabili posizioni di interesse legittimo rispetto ai provvedimenti
di non ammissione di una societa’ ad un determinato campionato, in quanto
si tratta di atti adottati in applicazione di norme che perseguono
finalita’ di interesse pubblico, quali il controllo sulla gestione
economico-finanziaria delle leghe e delle societa’ professionistiche
delegato dal CONI alla Federazione e che attengono non alla sfera
dell'organizzazione interna delle Federazioni come tale irrilevante per
l'ordinamento, bensi’ a quella della discrezionalita’ amministrativa della
F.I.G.C.
La conseguenza di
tale qualificazione e’ costituita anche dalla indisponibilita’ della
res litigiosa e dalla impossibilita’ di devolvere ad arbitri le
relative controversie.
L’art. 6 della legge
n. 205/2000, nel prevedere che “le controversie concernenti diritti
soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono
essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto”, ha definitivamente
superato quell’orientamento della Cassazione, che fondava il criterio
circa l’ammissibilita’ dell’arbitrato non sulla natura della situazione
giuridica fatta valere, ma sulla natura del giudice cui la controversia
era attribuita, escludendo la possibilita’ di arbitrato nel caso di
controversie rientrante nella giurisdizione del giudice amministrativo
(Cass. n. 7643/1995). Lo stesso art. 6 non ha pero’ fatto venir meno il
principio, secondo cui non e’ ammessa la devoluzione ad arbitri di
controversie aventi ad oggetto interessi legittimi (anzi sembra aver dato
una base normativa a tale principio, affermando espressamente la
possibilita’ di devolvere ad arbitri le controversie concernenti diritti
soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo).
Pertanto, l’impugnata
decisione della camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del CONI
non costituisce un vero e proprio lodo arbitrale, ma rappresenta la
decisione di ultimo grado della giustizia sportiva, avente quindi il
carattere sostanziale di provvedimento amministrativo, benche’ emesso con
le forme e le garanzie tratte dal giudizio arbitrale.
Di conseguenza, si
tratta di atto sindacabile in modo pieno dal giudice amministrativo e non
vige la limitazione dei motivi di impugnazione a quelli di nullita’ del
lodo ex art. 829 c.p.c., ritenuta sussistente invece dal Tar.
Il ricorso del
Cosenza n. 8712/2003 deve dunque essere ritenuto ammissibile sotto tale
profilo, in parziale riforma della sentenza del giudice di primo grado.
2.4. Sulla base delle
precedenti considerazioni puo’ agevolmente essere esaminato il ricorso in
appello incidentale proposto dalla FIGC.
Preliminarmente si
osserva che il ricorso non e’ stato tardivamente notificato come sostenuto
dal Cosenza.
Tale ricorso e’ stato
infatti proposto in via incidentale (propria) dalla FIGC in relazione al
ricorso in appello incidentale (improprio), presentato dal
Cosenza.
Il termine di 30
giorni previsto per la notificazione dell’appello incidentale proprio
della FIGC decorre dal termine previsto per il deposito dell’appello
incidentale improprio del Cosenza.
Tuttavia, e’ pacifico
che il regime processuale dell'appello incidentale stabilito dall'art. 37
r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, richiamato dall'art. 29 l. Tar - che impone
la notificazione entro il termine di trenta giorni successivo a quello
assegnato per il deposito dell'appello principale - e’ applicabile alle
sole ipotesi di appello incidentale "proprio" (intendendosi per tale
quello sorretto da un interesse avvinto da un nesso sostanziale di
pregiudizialita’ a quello sotteso all'appello principale); mentre devono
essere osservati gli ordinari termini di cui all'art. 28 comma 2 della
citata l. Tar nell'ipotesi di appello che, ancorche’ qualificato
incidentale, sia volto, come nel caso di specie, contro un capo autonomo
della sentenza gia’ appellata ovvero a far valere un interesse autonomo (cfr,
fra tutte, Cons. Stato, VI, n. 366/2002).
Di conseguenza, il
termine per il deposito dell’appello incidentale del Cosenza, ridotto ai
sensi dell’art. 23 bis della l. Tar, non e’ di 5 giorni ma di 15 giorni e
scadeva il 29 -5-2004, essendo la notificazione avvenuta il 14-5-2004;
anche volendo ritenere ridotto alla meta’ il termine per notificare il
ricorso incidentale della FIGC, questo scadeva il 13-6-2004, mentre
l’appello e’ stato tempestivamente notificato in data 11-6-2004. e
depositato il successivo 15-6.
Con l’appello
incidentale, la FIGC ha sostenuto che il ricorso del Cosenza avverso il
lodo della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del Coni e’
stato erroneamente proposto davanti al Tar, mentre il lodo doveva essere
impugnato direttamente davanti al Consiglio di Stato in unico grado in
analogia con quanto previsto dall’art. 828 c.p.c. ed in conformita’ ai
principi affermati dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 3655/2003
della V Sezione.
La qualificazione
dell’impugnato lodo quale decisione di ultimo grado della giustizia
sportiva e non come vero e proprio lodo arbitrale dimostra l’infondatezza
dell’eccezione di inammissibilita’, che deve quindi essere respinta.
In aggiunta alle
considerazioni svolte in precedenza, si osserva che proprio con la
sentenza n. 3655/03, invocata dalla FIGC, la V Sezione ha affermato che,
in caso di controversie devolute al giudice amministrativo, oggetto del
giudizio arbitrale possono essere solo quelle che, per loro natura, se
proposte innanzi al giudice amministrativo consentono di essere apprezzate
nella loro intrinseca portata sostanziale, ovvero le controversie di
natura esclusivamente patrimoniale, che si collocano a valle di quelle di
natura pubblicistica attinenti al corretto esercizio del potere
pubblicistico di conformazione delle situazioni soggettive dei privati.
Tali principi
dimostrano la fondatezza della tesi, seguita in precedenza, circa la non
qualificabilita’ come lodo arbitrale della decisione della Camera di
conciliazione e arbitrato per lo sport del Coni.
2.5. E’ infine
infondata l’ultima eccezione preliminare, sollevata sempre dalla FIGC,
secondo cui il ricorso del Cosenza sarebbe comunque inammissibile in
quanto proposto solo avverso il dispositivo del lodo arbitrale, senza che
l’impugnativa sia stata poi estesa con motivi aggiunti alle motivazioni
del lodo, comunicate il 13-11-2003.
Trattandosi di una
decisione di carattere amministrativo, non qualificabile come lodo
arbitrale vero e proprio, il ricorso in via analogica al rapporto tra
impugnazione del dispositivo di una sentenza del Tar e successiva omessa
impugnazione delle motivazioni non risulta possibile.
La decisione di
rigetto del ricorso del Cosenza e’ stata adottata dalla Camera di
conciliazione e arbitrato per lo sport con il dispositivo del 27-8-2003 a
conclusione di un procedimento a formazione progressiva iniziato con la
prima istanza proposta alla Lega di Serie C, e continuato con il ricorso
respinto dal Consiglio Federale della FIGC.
Correttamente, il
Cosenza ha quindi impugnato tali atti ed il dispositivo del lodo con
ricorso davanti al Tar (dovendo considerarsi in tale data esauriti i gradi
della giustizia sportiva); il deposito e la comunicazione dei motivi della
decisione dell’Arbitro unico sono avvenuti con ritardo (6-11-2003 e
13-11-2003) rispetto al termine di giorni 45 dall’ultima udienza (svoltasi
il 27-8-2003) previsto dall’art. 21 del Regolamento della Camera
arbitrale.
Comunque, non
trattandosi di vero e proprio lodo arbitrale, il deposito delle
motivazione consentiva, ma non imponeva, al Cosenza di presentare motivi
aggiunti, in quanto le questioni affrontate dall’Arbitro unico era state
tutte trattate nel ricorso presentato dal Cosenza.
La mancata
presentazioni di motivi aggiunti non costituisce, quindi, alcuna ragione
di inammissibilita’ del ricorso.
3.1. Puo’ essere ora
trattato il merito della questione relativa alla mancata ammissione del
Cosenza al campionato di serie C/1 per la stagione 2003/2004.
E’ opportuno
ricostruire i fatti oggetto della controversia, con riferimento agli
inadempimenti originariamente contestati al Cosenza e alla documentazione
prodotta dalla societa’.
Con la deliberazione
del 22 luglio 2003 il Consiglio direttivo della Lega di serie C non
ammetteva il Cosenza per i seguenti inadempimenti, i primi due nei
confronti della Covisoc e i restanti nei confronti della Lega di serie C:
1) eccedenza di
indebitamento per Euro 12.685.000,00;
2) non regolare
posizione Enpals;
3) mancato deposito
della garanzia bancaria di Euro 207.000,00 per la partecipazione al
Campionato;
4) mancato deposito
delle dichiarazioni liberatorie dei tesserati Mondonico e Zirafa;
5) deposito di
dichiarazioni liberatorie alla data del 31-1 e del 28-2 per altri 16
tesserati, non accompagnate da relative garanzie bancarie;
6) mancato deposito
della dichiarazione di inesistenza debiti (modulo azzurro).
Dopo aver presentato
tempestivo ricorso alla FIGC, il Cosenza produceva parte della
documentazione entro il prescritto termine del 28 luglio.
Nella riunione del 29
luglio la Covisoc esprimeva parere negativo all’ammissione del Cosenza,
rilevando che: l’eccedenza di indebitamento era stata sanata attraverso
fideiussione rilasciata dalla SBC spa a garanzia dell’aumento di capitale
per Euro 12.685.000,00; - che il 29-7-2003 l’Enpals aveva certificato la
regolarizzazione dei versamenti effettuati il 28-7-2003; - che la Lega di
serie C aveva comunicato che la societa’ non aveva presentato alcuna
documentazione.
La Covisoc sembra in
effetti aver tenuto conto della nota del Presidente della Lega di serie C
del 29 luglio 2003, in cui si attesta che “non risulta pervenuta alcuna
documentazione presso la Lega” per la posizione del Cosenza, anche se agli
atti vi e’ altra nota dello stesso Presidente di Lega, il quale sempre in
data 29 luglio comunica, ad integrazione del precedente fax, che risultava
pervenuta la documentazione depositata in Covisoc e che mancava comunque
la garanzia bancaria di euro 207.000,00, la liberatoria del tesserato
Mondonico, le ulteriori liberatorie indicate nel provvedimento del 22
luglio, mentre risulta pervenuta la dichiarazione di inesistenza debiti ed
altra dichiarazione riguardante la posizione del calciatore Zirafa.
Il Cosenza sottolinea
in ricorso che il Presidente della Lega ha falsamente attestato che il 29
luglio non risultava pervenuta alcuna documentazione presso la Lega; in
realta’, la prima attestazione del presidente di Lega e’ stata poi
corretta nella stessa data e comunque sia il Consiglio Federale che poi
l’Arbitro unico si sono pronunciati, conoscendo la documentazione
presentata dal Cosenza entro il 28 luglio e quella successivamente
prodotta il 30 luglio.
La prima inesatta
attestazione non ha avuto quindi effetti sulla decisione finale degli
organi di giustizia sportiva e comunque in questa sede giurisdizionale
puo’ essere esaminata la idoneita’ della documentazione prodotta ai fini
dell’iscrizione al campionato di serie C/1.
3.2. Per quanto
concerne le prime due inadempienze (quelle nei confronti della Covisoc),
nel parere del 29 luglio la stessa Covisoc ritiene regolarizzata la
posizione del Cosenza a seguito della fideiussione rilasciata dalla SBC
spa e dei versamenti effettuati all’Enpals.
L’Arbitro unico a
pag. 25 e ss. delle motivazioni del lodo afferma che “senza entrare nel
merito delle indagini in corso da parte dell’autorita’ giudiziaria
ordinaria in merito all’autenticita’ delle fideiussioni rilasciate dalla
SBC spa …il condizionamento del pagamento del premio della fideiussione
all’avvenuta iscrizione al campionato costituisce una clausola del tutto
anomala” tale da ritenere che “la fideiussione esibita non fosse idonea a
garantire l’aumento di capitale destinato alla copertura dell’ingente
indebitamento”.
Tali motivazioni non
sono state oggetto di specifica censura da parte del Cosenza, non essendo
stati proposti, come gia’ detto, motivi aggiunti avverso le motivazioni
del lodo; tuttavia, il Cosenza ha gia’ nel ricorso dedotto l’idoneita’
della garanzia prestata entro il termine del 28 luglio a regolarizzare
l’eccedenza di indebitamento.
Non si ritiene di
dover disporre istruttoria sul punto, sia perche’ la fideiussione era
stata ritenuta idonea dalla Covisoc, sia soprattutto perche’, come verra’
esposto oltre, le ulteriori inadempienze non sanate dal Cosenza non
consentono comunque di ritenere illegittima la mancata ammissione al
campionato di serie C/1.
3.3. Si tratta degli
inadempimenti nei confronti della Lega, rispetto ai quali il Cosenza ha
prodotto nel termine del 28 luglio solo la dichiarazione di inesistenza
debiti (modulo azzurro) e altra dichiarazione relativa alla posizione del
calciatore Zirafa.
Solo in data 30
luglio 2003 il Cosenza produceva anche la fideiussione bancaria di Euro
207.000,00, la dichiarazione liberatoria dell’allenatore Mondonico,
ulteriori liberatorie di n. 9 calciatori, oltre ad una lettera della Lega
Nazionale Professionisti di serie A e B di riconoscimento di debito nei
confronti del Cosenza per l’importo di Euro 1.017.353,27.
Al riguardo, il
Cosenza ha sostenuto l’idoneita’ di tale documentazione i
fini dell’iscrizione al
campionato di serie C, in quanto: - la garanzia bancaria di euro
207.000,00 non sarebbe prevista quale condizione per l’iscrizione; - a
differenza di quanto avvenuto per la Aglianese Calcio, al Cosenza non
sarebbe stato consentito di sostituire la fideiussione con assegni
circolari di pari importo; - la fideiussione e’ stata comunque rilasciata
prima del provvedimento definitivo del Consiglio Federale del 31 luglio; -
la posizione del calciatore Zirafa era stata chiarita gia’ con la
dichiarazione attestante la cessione del calciatore; - la liberatoria
dell’allenatore Mondonico era stata prodotta il 30 luglio ma la posizione
era gia’ stata regolarizzata il 28 luglio; - con riferimento alle
ulteriori 16 liberatorie mancanti, il saldo sarebbe stato attestato con
deposito del c.d. “modello azzurro” e comunque cio’ che viene prescritto
per l’iscrizione ai campionati e’ solo l’assenza di debiti con i propri
tesserati e non la prova di tale assenza di debiti.
Al riguardo si
osserva che, contrariamente a quanto sostenuto dal Cosenza, la
fideiussione di euro 207.000,00 costituiva condizione per l’iscrizione al
campionato, come prescritto dalla Comunicazione Ufficiale della FIGC 28
aprile 2003 n. 151/A; non e’ esatto che i requisiti per l’iscrizione siano
solo quelli previsti alla lettera A di detta comunicazione, in quanto il
punto 2/a della lettera B (fideiussione di euro 207.000,00) e’ richiamato
all’inizio di pag. 7 di detta Comunicazione proprio quale causa di
esclusione (“Alle societa’ escluse in dipendenza della mancata osservanza
di quanto previsto ai precedenti punti … 2/a …”).
Alcuna prova il
Cosenza ha fornito circa il rifiuto da parte della Lega di accettare
assegni circolari per l’importo della fideiussione da prestare, come
avvenuto per la Aglianese Calcio (anche a fronte del puntuale rilievo
dell’Arbitro unico, il Cosenza non ha neanche chiesto di provare quanto
sostenuto).
Requisito per
l’iscrizione al campionato era anche l’assenza di debiti scaduti alla data
del 30 aprile nei confronti dei tesserati (punto 6.4 della Comunicazione
Ufficiale FIGC n. 144/A, che a pag. 5 prevede anche la necessita’ di una
verifica degli adempimenti nei confronti dei tesserati da parte delle
Leghe).
E’ evidente che
legittimamente la Lega possa richiedere le dichiarazioni liberatorie dei
tesserati, accompagnate da garanzie fideiussorie in caso di pattuizioni
per il differimento dei pagamenti.
La generica
dichiarazione di inesistenza di debiti, contenuta nel c.d. “modello
azzurro”, non puo’ in alcun modo essere ritenuta idonea a dimostrare il
prescritto adempimento.
Il Cosenza avrebbe
potuto al limite fornire prova dei pagamenti effettuati nei confronti dei
tesserarti a saldo delle spettanze dovute fino al 30 aprile, ma cio’ non
e’ avvenuto ed anzi neanche successivamente alla scadenza del termine del
28 luglio, il Cosenza ha fornito prova di aver saldato le competenze di
tutti i tesserati, ne’ cio’ e’ avvenuto nel corso del giudizio arbitrale.
Pertanto, deve
ritenersi che anche successivamente alla scadenza del termine del 28
luglio il Cosenza era privo di uno dei requisiti per l’iscrizione al
campionato di serie C/1: l’assenza di debiti scaduti alla data del 30
aprile nei confronti dei tesserati (il possesso di tale requisito non e’
stato dimostrato dal Cosenza ne’ nel corso dei procedimenti di giustizia
sportiva, ne’ nel corso dell’odierno giudizio).
Tale circostanze
preclude ogni altra considerazione sul possesso dei restanti requisiti.
3.4. Per completezza,
si riassume la posizione del Cosenza con riguardo agli inadempimenti nei
confronti della Lega di serie C:
a) fideiussione di
Euro 207.000,00, prestata in data 29 luglio e prodotta in data 30 luglio;
b) dichiarazione
liberatoria dell’allenatore Mondonico del 30 luglio e prodotta nella
stessa data;
c) attestazione del
Presidente del Cosenza attestante la cessione del calciatore Zirafa ed il
soddisfo di ogni sua pretesa economica;
d) deposito in data
30 luglio di n. 9 dichiarazioni liberatorie di tesserati, rispetto alle 16
richieste, recanti la stessa data del 30 luglio e peraltro non
accompagnate dalle richieste garanzie;
e) deposito nel
termine del 28 luglio della dichiarazione di inesistenza di debiti
(modello azzurro).
Nel temine del 28
luglio il Cosenza ha adempiuto solo a tale ultima prescrizione consistente
nella compilazione del modello azzurro e a chiarire la posizione del
calciatore Zirafa (anche se l’Arbitro unico ha giudicato non idonea la
dichiarazione prodotta in quanto proveniente dallo stesso Cosenza); in
data 30 luglio il Cosenza ha adempiuto alle altre prescrizioni ma e’
restato inadempiente, come gia’ detto, circa il requisito dell’assenza di
debiti nei confronti dei tesserati.
3.5. A questo perde
di rilievo la questione della perentorieta’ del termine del 28 luglio e
della possibilita’ di sanare le irregolarita’ attraverso documentazione
prodotta successivamente alla scadenza del termine ma prima
della decisione del
Consiglio Federale.
Si ricorda che questa
Sezione gia’ in analoga controversia avente ad oggetto l’iscrizione ai
campionati di calcio aveva ritenuto la perentorieta’ del termine fissato
dalla Lega per la regolarizzazione degli adempimenti economici da parte
delle societa’, affermando che la natura perentoria dei limiti temporali
fissati a tal fine, pur se non sancita dal dato testuale delle
disposizioni federali vigenti all’epoca, fosse ricavabile dalla natura e
della finalita’ del termine in rilievo, in quanto la funzione, assolta da
tali termini, di individuare gli aventi titolo alla partecipazione al
campionato, implica la necessita’ di uno sbarramento temporale netto e
sufficientemente anticipato al fine di garantire l'espletamento di tutti
gli incombenti organizzativi funzionali all'avvio del campionato (Cons.
Stato, VI, n. 2546/2001).
Tale principio deve
essere condiviso e ribadito, anche se va precisato che la ragionevolezza,
la proporzionalita’ e l’adeguatezza di tali termini rispetto agli
adempimenti richiesti costituiscono elementi pienamente assoggettati al
sindacato del giudice amministrativo.
Nel caso di specie,
il problema non si pone sia perche’ comunque il Cosenza non e’ risultato
in possesso di tutti i requisiti richiesti per l’iscrizione anche dopo la
scadenza del termine perentorio, sia tenuto conto che alcuni degli
adempimenti tardivi si riferivano a requisiti, quali quelli della
fideiussione di Euro 207.000,00 e dell’assenza di debiti con i tesserati,
gia’ chiaramente prescritti dalle comunicazioni ufficiali della FIGC del
19 marzo e del 20 aprile 2003 con largo anticipo rispetto alla scadenza
dei termini scaglionati nei mesi di giugno e luglio 2003 e qualificati
espressamente come perentori in dette comunicazioni.
Come chiarito in
precedenza, il procedimento di non ammissione delle societa’ ad un
determinato campionato e’ un procedimento a formazione progressiva, al cui
interno si collocano sia i ricorsi federali, sia il ricorso alla Camera di
conciliazione e arbitrato per lo sport istituita presso il CONI.
Cio’ comporta la
necessita’ di procedimentalizzare l’intero iter di formazione della
decisione finale, impugnabile davanti al giudice amministrativo; da un
lato, viene rafforzata l’esigenza di termini perentori per le varie fasi
procedimentali, sempre nel rispetto dei principi di ragionevolezza,
proporzionalita’ ed adeguatezza; dall’altro si rende necessario prevedere,
quanto meno nella fase dei ricorsi federali, la possibilita’ di richiedere
integrazioni o spiegazioni in relazioni a questioni non chiare all’esito
delle produzioni documentali.
Anche con riguardo
alla fase finale del ricorso alla Camera di conciliazione ed arbitrato per
lo sport sara’ necessario prevedere termini contenuti, in modo da esaurire
i gradi della giustizia sportiva con sufficiente anticipo rispetto
all’inizio del campionato senza pregiudicare l’effettivita’ dell’eventuale
tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo; solo in tal
modo, il previo esaurimento dei gradi della giustizia sportiva, previsto
dall’art. 3 della legge n. 280/2003 puo’ essere ritenuto compatibile con i
principi costituzionali in materia di tutela giurisdizionale.
3.6. Va inoltre
respinto anche il motivo, proposto dal Cosenza in relazione alla mancata
ammissione alla serie C/1 e relativo alla omessa valutazione del credito
vantato dal Cosenza nei confronti della Lega di serie A e B, pari ad euro
2.345.142,00.
Anche prescindendo
da ogni accertamento circa l’esatto importo del
credito (che la Lega di
serie C sostiene essere stato in parte ceduto dal Cosenza,) e dal fatto
che solo tardivamente con la nota prodotta il 30 luglio il Cosenza ha
invocato la valutazione del credito, producendo una lettera di
riconoscimento della Lega per il minor importo di euro 1.017.353,27, si
osserva che in ogni caso l’esistenza del credito non legittimava il
Cosenza a non adempiere ad altre prescrizioni, quali il pagamento dei
tesserati, rispetto alle quali il credito non poteva essere portato in
diretta compensazione.
3.7. E’ infine
tempestiva, ma infondata la censura proposta con i motivi aggiunti
notificati il 14-11-2003, relativa all’illegittimita’ delle disposizioni
federali (artt 88- 90 NOIF e Comunicati Ufficiali n. 144/A e n. 151/A)
nella parte in cui prevedono come condizione per l’iscrizione al
campionato l’assenza di debiti di qualsiasi entita’, anche di euro 1,
senza conferire agli organi di controllo il potere – dovere di valutare il
“peso” di eventuali debiti.
La censura e’
tempestiva, in quanto con i motivi aggiunti non si e’ ampliato l’oggetto
del giudizio ma si sono contestati sotto ulteriori profili gli atti
impugnati con il ricorso introduttivo e cio’ e’ avvenuto entro il termine
di 60 giorni previsto per tale ricorso introduttivo. Pertanto, non si pone
la questione della riduzione alla meta’, o meno, del termine per proporre
motivi aggiunti nei giudizi assoggettati al rito speciale previsto
dall’art. 23 bis l. Tar, riguardo alla quale esiste un contrasto di
giurisprudenza (per la tesi della riduzione alla meta’ del termine per
proporre motivi aggiunti, vedi Cons. Stato, V, n. 3717/2002 e VI, n.
1332/2004; in senso contrario, vedi Cons. Stato, VI, n. 4440/2003).
L’ampliamento dei
motivi di ricorso nella pendenza del termine per la proposizione di un
ricorso gia’ notificato deve ritenersi consentito, potendo il ricorrente
ancora beneficiare del termine di 60 giorni previsto per il ricorso anche
nel suddetto rito speciale. Ne’ si pone la necessita’ di una nuova procura
ad litem, trattandosi, in questo caso, di mero ampliamento dei
motivi, fermo restando l’originario petitum.
Il motivo e’
infondato.
L’affermazione
dell’irragionevolezza di requisiti che consentono la non iscrizione di una
societa’ anche per debiti di minima entita’ (di euro 1) puo’ essere in
astratto condivisa, ma nel caso di specie la non ammissione al campionato
di serie C/1 e’ avvenuto per inadempimenti piu’ gravi, rispetto ai quali i
requisiti di iscrizione previsti nelle impugnate disposizioni federali non
possono in alcun modo essere ritenuti irragionevoli. In particolare,
l’assenza di debiti nei confronti di tesserati peraltro limitata ai debiti
scaduti alla data del 30 aprile (requisito mancante al Cosenza anche dopo
la scadenza del termine) costituisce elemento tutt’altro che irrilevante
sotto il profilo degli obblighi gravanti sulle societa’ di calcio, il cui
rispetto deve appunto essere controllato anche in sede di iscrizione ai
campionati.
Il ricorso del
Cosenza diretto a contestare la mancata ammissione al campionato di serie
C/1 per la stagione 2003/2004 deve, quindi, essere respinto.
4.1. L’infondatezza
del ricorso appena esaminato conduce alla reiezione anche del ricorso n.
8642/2003, con cui il Cosenza lamenta la mancata ammissione al campionato
di serie B.
E’ evidente che la
mancata ammissione al campionato di serie C/1 abbia precluso al Cosenza di
aspirare al ripescaggio in serie B a seguito del provvedimento
straordinario adottato dal CONI su proposta della FIGC ai sensi dell’art.
3, comma 5, del D.L. n. 220/2003.
Tale disposizione,
poi soppressa in sede di conversone in legge, ma i cui effetti sono stati
fatti salvi dalla legge n. 280/2003 di conversione, aveva attribuito al
CONI, “tenuto conto dell'eccezionale situazione determinatasi per il
contenzioso in essere”, la potesta’ d’assumere, «… su proposta della
Federazione competente,… i provvedimenti di carattere straordinario
transitorio, anche in deroga alle vigenti disposizioni dell'ordinamento
sportivo, per assicurare l'avvio dei campionati 2003-2004…».
Con l’impugnata
deliberazione della Giunta esecutiva del CONI n. 380 del 21 agosto 2003,
adottata su conforme proposta della FIGC, veniva deciso d’individuare una
diversa formula del Campionato di serie B, con l’ampliamento dell’organico
fino a 24 squadre, e «… l’inserimento di Societa’ sportive che abbiano
rilevanti bacini di utenza, strutture sportive attrezzate e di
riconosciuta ricettivita’, frequenza di pubblico e indici di gradimento
radiotelevisivo, tali da apportare un significativo aumento di interesse
per l’intera competizione…».
Come correttamente
rilevato dal Tar, l’ammissione al Campionato di serie B, nella nuova
composizione a 24 squadre per l’ anno 2003/2004, avrebbe potuto concernere
tutte e solo le squadre collocatesi negli ultimi quattro posti in esito al
Campionato per l’anno 2002/2003, in modo da evitare la necessita’ di fare
ricorso ad altri parametri per raggiungere tale numero massimo, a
condizione, pero’, che tutte queste squadre dopo la retrocessione alla
serie C/1 si trovassero in regola con l’iscrizione a detto campionato.
Mancando al Cosenza
tale ultimo requisito, legittimamente la FIGC (in sede di proposta) ed il
CONI (in sede decisoria) hanno fatto riferimento, per completare
l'organico della serie B, all’altro parametro menzionato.
4.2. Riguardo ai
criteri utilizzati ed all’applicazione degli stessi, il Cosenza e’ privo
di interesse a contestare l’individuazione delle quattro societa’ da
ripescare attraverso considerazioni, che condurrebbero al ripescaggio non
della societa’ ricorrente, ma di altra societa’; sono quindi inammissibili
per difetto di interesse le censure proposte a pag. 26 e seguenti del
ricorso in appello incidentale, contenenti una diversa applicazione dei
criteri federali, da cui deriverebbe il ripescaggio del Foggia al posto
del Catania.
4.3. La tesi del
Cosenza diretta a ritenere autonoma la domanda formulata con il ricorso n.
8642/03 rispetto a quella in precedenza esaminata e relativa alla non
ammissione alla serie C/1, si fonda sull’errato presupposto, costituito
dal ritenere che l’unico criterio indicato dal legislatore per l’esercizio
del potere di carattere straordinario attribuito per consentire l’avvio
dei campionati fosse quello del contenzioso esistente con la FIGC.
In realta’, il
“contenzioso in essere” ha costituito il presupposto per il conferimento
del potere straordinario al CONI, ma non anche un requisito idoneo a
limitare tale potere.
L’ampliamento della
serie B a 24 squadre non costituiva certo atto dovuto rispetto al potere
conferito con il richiamato art. 3, comma 5 del D.L. n. 220/03 e parimenti
non costituiva atto vincolato il necessario ripescaggio delle 4 retrocesse
in serie C/1 che avevano instaurato un contenzioso.
Una volta deciso
l’ampliamento della serie B a 24 squadre, il ripescaggio delle 4
retrocesse non poteva che avvenire a condizione, come gia’ detto, della
loro regolare iscrizione alla serie C/1, non potendo il requisito
dell’esistenza di un contenzioso supplire a tale elemento.
La mancata ammissione
del Cosenza alla C/1 ha determinato l’esigenza
di ripescare altra
societa’, individuata secondo criteri che il Cosenza non ha interesse a
contestare.
Anche il ricorso n.
8642/2003 deve, pertanto essere respinto.
5. L’infondatezza dei
due ricorsi, diretti a contestare la mancata ammissione in serie C/1 e in
serie B, conduce a respingere anche le domande di risarcimento del danno,
fondate sulla dedotta illegittimita’ dei provvedimenti di non ammissione.
6.1. Deve a questo
punto essere esaminato il ricorso in appello principale, proposto dalla
FIGC avverso l’impugnata sentenza nella parte in cui viene accolto il
ricorso n. 13143/2003 e viene annullato il provvedimento di decadenza
dall’affiliazione del Cosenza, adottato dal Presidente della FIGC il 31
ottobre 2003 sulla base della riscontrata inattivita’ della societa’ nella
stagione 2003/2004.
Il giudice di primo
grado ha accolto il ricorso sotto il profilo della violazione dell’obbligo
di comunicare l’avvio del procedimento, previsto dall’art. 7 della legge
n. 241/1990.
In particolare, il
Tar ha rilevato che:
- essendosi tutta la
complessa questione inerente alla posizione della ricorrente sviluppatasi
nell’arco di svariati mesi, non sussistevano ragioni di urgenza idonee a
non osservare l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento;
- la potesta’
esercitata dalla FIGC e’ priva di connotati di discrezionalita’, ma non
per cio’ solo e’ anche necessitata, nel senso che l’inattivita’ de qua
non e’ un mero fatto giuridico, bensi’ va accertata e, soprattutto, ne
va valutata l’imputabilita’, o meno, a comportamenti colpevolmente
omissivi del soggetto
inerte;
- nell’accertare l’inattivita’
del Cosenza come facente parte della Lega nazionale dilettanti, la FIGC
“non ha tenuto conto che la ricorrente non ha prestato acquiescenza alla
mancata sua iscrizione al Campionato di serie C/1, ne’ e’ stata
espressamente dichiarata decaduta dall’iscrizione a quello di serie C/2.
In tal caso, la ricorrente e’ ex se ancora parte della Lega
nazionale professionisti di serie C, tant’e’ che ben potrebbe essere
iscritta a detto Campionato, per il quale possiede perlomeno il titolo
sportivo”.
La FIGC deduce i
seguenti motivi d appello:
a) il provvedimento
di decadenza e’ stato impugnato per saltum al Tar senza esperire i
rimedi interni della giustizia sportiva, come previsto dall’art. 3 della
legge n. 280/2002 e, in particolare, senza attivare il rimedio residuale
del ricorso alla Corte Federale;
b) proprio la
possibilita’ di esperire rimedi interni non rende necessaria la
partecipazione della societa’ al procedimento;
c) non sussisteva
l’obbligo d comunicare l’avvio del procedimento, trattandosi di attivita’
vincolata, riguardo a cui non vi era nulla da accertare (l’inattivita’ del
Cosenza che non si era iscritto ad alcun campionato dilettantistico era
pacifica) e sussistendo comunque ragioni di urgenza;
d) e’
macroscopicamente erronea l’affermazione del Tar circa il possesso in capo
al Cosenza del titolo sportivo, che ne avrebbe legittimato l’ammissione al
campionato di serie C/2
6.2. Il ricorso della
FIGC e’ privo di fondamento.
Innanzitutto, deve
ritenersi infondata la censura relativa al mancato esperimento dei rimedi
interni della giustizia sportiva, come previsto dall’art. 3 della legge n.
280/2002 e, in particolare, all’omessa attivazione del rimedio residuale
del ricorso alla Corte Federale.
In assenza di uno
specifico ricorso interno alla FIGC avverso il provvedimento di decadenza
dall’affiliazione, non puo’, infatti, ritenersi azionabile in via
residuale lo strumento del ricorso alla Corte Federale, che puo’ essere
adita “per la tutela dei diritti fondamentali personali o associativi che
non trovino altri strumenti di garanzia nell’ordinamento federale” da
“ogni tesserato o affiliato” (art. 32, comma 5, Statuto FIGC e art. 22,
comma 3, Codice di giustizia sportiva FIGC).
Il Cosenza proprio a
seguito del provvedimento di decadenza non e’ piu’ un soggetto affiliato
alla Federazione e, come tale, non era legittimato a ricorrere alla Corte
Federale.
Parimenti la perdita
dell’affiliazione ha impedito al Cosenza di ricorrere alla Camera di
conciliazione ed arbitrato per lo sport, competente appunto a pronunciarsi
sulle controversi tra soggetti affiliati e federazioni.
6.3. In relazione
alla violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, si osserva che questa
Sezione ha gia’ in passato ritenuto che il provvedimento di affiliazione
delle societa’ sportive va inquadrato nell'ambito delle “ammissioni”
amministrative, in quanto determina l'acquisizione di uno stato, appunto
quello di soggetto dell'ordinamento sportivo, che postula il potere delle
federazioni di inserire i sodalizi sportivi nelle proprie organizzazioni;
che si tratta, quindi, di un provvedimento adottato dalla Federazione
nell'esplicazione di un potere pubblicistico, a fronte del quale sono
configurabili interessi legittimi giurisdizionalmente tutelabili davanti
al giudice amministrativo per la loro incidenza sullo stato di associato e
sulle facolta’ ad esso connesse; che di tale natura amministrativa
partecipa anche la revoca dell'affiliazione, che si concreta nella
espulsione delle societa’ affiliate dall'ordinamento sportivo, quando si
verifichino circostanze che ne rendano la sopravvivenza inconciliabile con
le finalita’ dell'ordinamento sportivo; che il provvedimento di revoca
dall’affiliazione deve conseguentemente essere preceduto dalla
comunicazione dell'avvio del procedimento di cui all'art. 7 della legge n.
241 del 1990, al fine di consentire di realizzare il contraddittorio
partecipativo (Cons. Stato, VI, n. 1050/1995).
Tali principi, che la
Sezione ritiene di condividere e ribadire, sono certamente applicabili
anche all’analogo provvedimento di decadenza dall’affiliazione, impugnato
dal Cosenza.
Si tratta di principi
applicabili, anche in caso di possibilita’ di presentare ricorsi interni
alla FIGC, non sussistente comunque nel caso concreto come affermato in
precedenza (e’ errato ritenere che la previsione di un ricorso interno
esoneri l’amministrazione, o un soggetto equiparato, dal comunicare
l’avvio del procedimento).
6.4. Correttamente il
Tar ha rilevato l’assenza di ragioni di urgenza, idonee a giustificare la
mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, trattandosi di una
vicenda che gia’ dal mese di luglio vedeva contrapporsi il Cosenza e la
FIGC, che ha avuto quindi tutto il tempo per consentire la partecipazione
della societa’ al procedimento di decadenza dall’affiliazione; ne’
sussistevano nel mese di novembre 2003 particolari ragioni che
giustificassero l’urgenza di provvedere.
6.5. Pur trattandosi
di un provvedimento di carattere vincolato, l’accertamento del
presupposto, previsto dalle disposizioni federali per la decadenza
dall’affiliazione, doveva avvenire nel contraddittorio con la societa’
interessata, soprattutto in un caso, quale quello di specie,
caratterizzato da un contenzioso ancora pendente su diverse questioni, tra
cui proprio quella dell’ammissione ai campionati.
L’art. 16, comma 2,
lett. a, delle Norme Organizzative Interne Federali (NOIF), prevede,
infatti, che “le societa’ decadono dall’affiliazione: a) se non prendono
parte ovvero non portano a conclusione, a seguito di rinuncia o
esclusione, l’attivita’ ufficiale”.
Era pacifico che il
Cosenza non avesse preso parte ad alcun campionato nella stagione
2003/2004, ma non altrettanto pacifica era l’imputabilita’ di tale mancata
partecipazione soprattutto se valutata alla data di adozione del
provvedimento impugnato (31-10-2003).
Il contenzioso
pendente con riguardo alla mancata ammissione al campionato di serie C/1,
la straordinaria situazione venutasi a creare prima dell’inizio della
stagione 2003/2004, che ha costretto il legislatore ad intervenire con un
decreto legge e il nuovo contenzioso tra Cosenza e FIGC relativo anche
all’applicazione dei poteri straordinari attribuiti a Federazione e CONI
con il D.L. n. 220/2003 hanno costituito certamente elementi tali da far
ritenere non imputabile al Cosenza la mancata partecipazione ad un
campionato di calcio (mancata partecipazione che risulta cosi’ inidonea a
giustificare il provvedimento di decadenza).
Del resto lo stesso
art. 16 delle NOIF prevede, al comma 2, la possibilita’ per il Presidente
Federale di “mantenere l’affiliazione della societa’ ove ravvisi casi di
forza maggiore o di particolare rilevanza, determinandone la collocazione
negli organici dei campionati, sentito il Comitato o la Divisione
interessata relativamente alle disponibilita’ di fatto esistenti negli
stessi e disponendo a tal fine, in casi eccezionali, l’ampliamento della
composizione numerica di uno o piu’ gironi in cui si articola la relativa
attivita’”.
Cio’ conferma la
necessita’ di accertamenti di fatto circa la reale volonta’ di una
societa’ di non partecipare ai campionati; accertamenti non svolti nel
caso di specie, proprio a causa della violazione dell’art. 7 della legge
n. 241/1990.
Del resto, il Cosenza
ha esaurito i gradi della giustizia sportiva in relazione alla contestata
mancata ammissione al campionato di serie C/1 con la decisione
dell’Arbitro unico, conosciuta nel solo dispositivo in data 27 agosto 2003
a soli 4 giorni dall’inizio dei campionati di serie C/1 e serie C/2 e ad
appena dieci giorni dall’inizio dei campionati dilettantistici,
apprendendo i motivi della decisione dell’Arbitro in data 13-11-2003,
quando evidentemente non era piu’ possibile partecipare ad alcun
campionato.
Cio’ imponeva alla
Federazione di valutare la reale volonta’ del Cosenza di non partecipare
ad alcun campionato, mentre al contrario il Presidente della FIGC si e’
illegittimamente affrettato a dichiarare la decadenza del Cosenza
dall’affiliazione in un momento (31-10-2003), in cui, oltre a non
sussistere alcuna ragione di urgenza, ne’ il Cosenza ne’ lo stesso
Presidente della FIGC conoscevano ancora le motivazioni del lodo
dell’Arbitro unico, che sarebbero state pubblicate, a conclusione dei
gradi della giustizia sportiva, solo il successivo 6 novembre.
6.6. Correttamente,
pertanto, il Tar ha anche sottolineato che l’impugnato provvedimento e’
pure viziato sotto il profilo del difetto dei presupposti per essere stata
l’inattivita’ dichiarata per la ricorrente come facente
parte della Lega nazionale
dilettanti.
Al momento
dell’adozione del provvedimento di decadenza non poteva, come appena
detto, neanche considerarsi definitivamente concluso l’iter dei ricorsi
interni alla giustizia sportiva e, come evidenziato dal Tar, il Cosenza
non aveva prestato acquiescenza alla mancata iscrizione al Campionato di
serie C/1.
Le successive
affermazioni del giudice di primo grado relative al fatto che il Cosenza
non era stato espressamente dichiarato decaduto dall’iscrizione al
campionato di serie C/2 e faceva ancora parte della Lega nazionale
professionisti di serie C, (“tant’e’ che ben potrebbe essere iscritta a
detto Campionato, per il quale possiede perlomeno il titolo sportivo”) non
possono che essere intese nel senso che la mancata definizione del
contenzioso, anche di giustizia sportiva, non consentiva ancora un
giudizio definitivo circa il campionato, cui il Cosenza poteva essere
iscritto e, di conseguenza, l’inattivita’, oltre a non essere imputabile
alla ricorrente, non doveva necessariamente essere riferita ad alcun
determinato campionato.
Intese in altro senso
tali affermazioni non sarebbero corrette, in quanto in sede di esame di un
ricorso avverso un provvedimento di decadenza dall’affiliazione al giudice
spetta il compito di verificare la legittimita’ del provvedimento di
decadenza, non quello di indicare a quale campionato iscrivere una
societa’, trattandosi di questione estranea rispetto all’oggetto di un
giudizio avente ad oggetto appunto la decadenza dall’affiliazione.
6.7. Al fine di
facilitare gli obblighi conformativi del presente giudicato ed anche in
relazione alla rinnovazione del procedimento di decadenza
dall’affiliazione, cui ha fatto riferimento la difesa della FIGC
all’odierna udienza, appare opportuno chiarire che la FIGC in tale nuovo
procedimento non potra’ limitarsi a sanare la violazione procedimentale
dell’art. 7 della legge n. 241/1990, ma dovra’ tenere presente che con la
presente decisione e’ stato anche accertato che la mancata partecipazione
della societa’ ricorrente ai campionati di calcio nella stagione 2003/2004
non puo’ essere causa di decadenza dall’affiliazione, non essendo l’inattivita’
del tutto imputabile al Cosenza.
La FIGC dovra’ quindi
verificare, allo stato attuale, la volonta’ del Cosenza di partecipare ai
campionati di calcio e, in caso di riscontro positivo, dovra’, anziche’
proseguire il procedimento per la decadenza dall’affiliazione, procedere
ad individuare il campionato a cui il Cosenza puo’ essere iscritto, sulla
base delle ordinarie disposizioni federali, dei criteri seguiti in
fattispecie analoghe e degli eventuali presupposti per il ricorso a poteri
di carattere straordinario, tenendo anche conto dei posti resi disponibili
nei determinati campionati.
In tali valutazioni
la FIGC dovra’ considerare la particolarita’ del caso di una societa’ da
iscrivere ad un campionato per la stagione 2004/2005, pur non avendo la
stessa partecipato ad alcun campionato nella stagione precedente, ma non
potra’ utilizzare tale elemento in maniera penalizzante rispetto alla
posizione del Cosenza.
7. In conclusione,
devono essere respinti i ricorsi in appello principale ed incidentale
proposti dalla FIGC, mentre, pronunciando sul ricorso in appello
incidentale proposto dal Cosenza Calcio 1914 S.p.A., in parziale riforma
della sentenza impugnata, devono essere respinti i ricorsi n. 8712/03 e n.
8642/03, che il Tar aveva invece dichiarato inammissibili.
Ricorrono giusti
motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio,
tenuto conto della novita’ delle questioni affrontate e della parziale
reciproca soccombenza delle parti.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge i ricorsi in appello
principale ed incidentale proposti dalla FIGC.
Pronunciando sul
ricorso in appello incidentale proposto dal Cosenza Calcio 1914 S.p.A., in
parziale riforma della sentenza impugnata, respinge i ricorsi n. 8712/03 e
n. 8642/03 presentati in primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia
eseguita dall'Autorita’ amministrativa.
Cosi’ deciso in Roma, il 2 luglio
2004 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in
Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Claudio Varrone Presidente
Carmine Volpe Consigliere
Francesco D’Ottavi Consigliere
Domenico Cafini Consigliere
Roberto Chieppa Consigliere Est.
Presidente
Consigliere
Estensore
Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il.....................................
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
CONSIGLIO DI STATO
In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta)
Addi’.........................copia conforme alla presente e’ stata
trasmessa
al
Ministero..............................................................................................
a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642
Il
Direttore della Segreteria
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