CONSIGLIO DI STATO, Sezione VI, Sentenza n. 5025 del 09/07/2004

 

 

   

N. 5025/04           

Reg.Dec.

N. 3917  Reg.Ric.

ANNO 2004

DISPOSITIVO 386/04 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente :

DECISIONE

sul ricorso in appello proposto dalla FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO F.I.G.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti LUIGI MEDUGNO e MARIO GALLAVOTTI, con domicilio eletto in Roma VIA PO, 9 presso LUIGI MEDUGNO;

contro

COSENZA CALCIO 1914 S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti ENRICO LUBRANO, FILIPPO LUBRANO e GIUSEPPE CARRATELLI, con domicilio eletto in Roma VIA FLAMINIA, 79 presso FILIPPO LUBRANO;

LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI DI SERIE A E B, CAMERA CONCILIAZIONE E ARBITRATO PER LO SPORT PRESSO IL CONI, U.S. CATANZARO, non costituiti in giudizio,

e nei confronti di

C.O.N.I. COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. ALBERTO ANGELETTI, con domicilio eletto in Roma VIA GIUSEPPE PISANELLI, 2;

LEGA NAZIONALE PROFESSIONISTI DI SERIE C, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti BRUNO BISCOTTO e LUCIA SCOGNAMIGLIO, con domicilio eletto in Roma VIA G PISANELLI, 40 presso BRUNO BISCOTTO;

LEGA NAZIONALE DILETTANTI, ACF FIORENTINA S.P.A., non costituiti in giudizio;

CODACONS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti CARLO RIENZI e MARIA CRISTINA TABANO, con domicilio eletto in Roma VIALE G.MAZZINI, 73 presso CARLO RIENZI;

ASSOCIAZIONE DEGLI UTENTI DEI SERVIZI SPORTIVI E TURISTICI, non costituitasi in giudizio;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione Terza ter, n. 2987/2004 pubblicata il 1° aprile 2004;

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;

     Visti i ricorsi in appello incidentale proposti dal Cosenza Calcio e dalla FIGC;

     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

     Visti gli atti tutti della causa;

     Alla pubblica udienza del 2 luglio 2004 relatore il Consigliere Roberto Chieppa.

     Uditi gli Avvocati Medugno, Gallavotti, Angeletti, Filippo Lubrano, Carratelli e Biscotto;

     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

     F A T T O

     Con il ricorso in appello in epigrafe la Federazione Italiana Gioco Calcio (di seguito, FIGC) ha chiesto il parziale annullamento della sentenza n. 2987/2004 con la quale il Tar del Lazio ha accolto il ricorso n. 13143/2003 proposto dal Cosenza Calcio 1914 s.p.a. (di seguito, Cosenza) avverso il provvedimento del 31 ottobre 2003, con cui il Presidente della FIGC ha dichiarato la decadenza della ricorrente dall'affiliazione alla Federazione stessa.

     Con ricorso, proposto nella forma dell’appello incidentale, il Cosenza ha a sua volta impugnato la stessa sentenza nella parte in cui ha dichiarato inammissibili i ricorsi n. 8642/2003 e n. 8712/2003, aventi ad oggetto rispettivamente l’ammissione al campionato di calcio di serie B della ACF Fiorentina s.p.a. al posto del Cosenza e la mancata ammissione dello stesso Cosenza al Campionato nazionale di calcio di serie C/1 per l’anno 2003/2004.

     La FIGC ha proposto ricorso in appello incidentale, deducendo l’inammissibilita’ dei ricorsi proposti in primo grado dal Cosenza avverso la decisione della camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del CONI.

     Si sono costituiti in giudizio, chiedendo l'accoglimento del ricorso della FIGC e la reiezione del ricorso del Cosenza, il CONI e la Lega Nazionale Professionisti di Serie C, mentre il Codacons ha chiesto il rigetto del ricorso della FIGC.

     Le parti costituite hanno ampiamente svolto le proprie tesi nelle memorie depositate ed hanno sollevato una serie di eccezioni preliminari, che saranno esaminate nella parte in diritto della presente decisione.

     All’odierna udienza la causa e’ stata trattenuta in decisione.

     D I R I T T O

  1. Preliminarmente,  appare  opportuno ricostruire  i fatti  oggetto della

presente controversia.

     Alla conclusione del campionato nazionale di calcio serie B svoltosi nell’anno 2002/2003, il Cosenza retrocedeva in serie C/1, insieme al Calcio Catania s.p.a., al Genoa Cricket And Football Club s.p.a. ed alla Salernitana Sport s.p.a..

     Conseguentemente, con istanza del 27 giugno 2003, il Cosenza chiedeva di essere iscritto al campionato nazionale di calcio di serie C/1 per l’anno 2003/2004.

     In data 22 luglio 2003, il Consiglio direttivo della Lega nazionale professionisti di serie C, su conforme parere della COVISOC, non ammetteva il Cosenza al Campionato di serie C/1, a causa di una serie di inadempimenti nei confronti della COVISOC e della Lega, avvertendo della possibilita’ di presentare ricorso alla FIGC entro il termine del 24 luglio 2003 e di produrre la documentazione attestante la regolarizzazione della posizione della societa’ entro il termine del 28 luglio.

     In seguito alla presentazione del ricorso ed alla produzione di documentazione, il Consiglio federale della FIGC respingeva, con deliberazione del 31 luglio 2003, tale impugnazione e disponeva la definitiva non ammissione del Cosenza al Campionato di serie C/1.

     Il Cosenza proponeva a questo punto istanza di conciliazione presso la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del CONI (in data 9-8-2003) e, a seguito dell’esito negativo del tentativo di conciliazione svoltosi il 25-8-2003, presentava nella stessa data istanza di arbitrato presso il medesimo organismo istituito presso il CONI.

     Il 27 agosto 2003 veniva pubblicato il dispositivo del lodo, pronunciato

dall’Arbitro unico presso la Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport e con cui venivano respinte tutte le domande formulate dal Cosenza contro la FIGC.

     Con il ricorso n. 8712/2003, notificato il 2 settembre 2003 e depositato il giorno successivo presso il Tar del Lazio, il Cosenza ha impugnato il menzionato lodo ed i presupposti atti della FIGC e della Lega di Serie C di non ammissione al Campionato di serie C/1.

     Parallelamente a questa vicenda, si era sviluppato un contenzioso avente ad oggetto i risultati del Campionato di serie B, promosso dapprima dal Catania e, poi, dalle altre Societa’ retrocesse in serie C/1.

     Ritenuta la straordinaria necessita’ ed urgenza di provvedere all'adozione di misure idonee a razionalizzare i rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento giuridico dello Stato, veniva emanato il decreto legge 19 agosto 2003 n. 220 (in G.U. n. 192 del 20 agosto 2003), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2003 n. 280 (in G.U. n. 243 del 18 ottobre 2003) e recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva.

     In base all’art. 3, comma 5, del DL 220/2003 ¾ norma, questa, non convertita, ma i cui effetti, prodottisi fino alla data d’entrata in vigore della legge n. 280/2003, sono stati fatti salvi ¾ con deliberazione in data 20 agosto 2003 (com. uff. n. 57/A), il Consiglio Federale della FIGC sottoponeva all’approvazione del CONI, una proposta di adozione di provvedimenti straordinari, costituiti dall’ampliamento a 24 squadre dell’organico del campionato di calcio di serie B a decorrere dalla stagione 2003/2004 e dalla ammissione a detto campionato delle societa’ Calcio Catania spa, Genoa Cricket and Football Club spa, Salernitana Sport spa e ACF Fiorentina spa.

     Con deliberazione n. 380 del 21 agosto 2003, la Giunta esecutiva del CONI approvava detta proposta.

     Tali provvedimenti straordinari venivano impugnati dal Cosenza davanti al Tar del Lazio con il ricorso n. 8642/2003, notificato il 28 agosto 2003 e depositato il giorno successivo.

     Successivamente, con il provvedimento di cui al comunicato ufficiale n. 96/A del 31 ottobre 2003, il Presidente della FIGC ha dichiarato la decadenza della ricorrente, per inattivita’, dall'affiliazione alla Federazione stessa.

     Avverso tale decisione il Cosenza proponeva un nuovo ricorso al Tar del Lazio (n. 13143/2003), notificato l'11 dicembre 2003 e depositato il successivo giorno 19.

     Con la sentenza n. 2987/2004, pubblicata il 1° aprile 2004, il Tar del Lazio, previa riunione di tutti i ricorsi proposti dal Cosenza, cosi’ provvedeva:

     a) accoglieva in parte il ricorso n. 13143/03, annullando il provvedimento di decadenza del Cosenza dall’affiliazione per la violazione dell’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/1990;

     b) dichiarava inammissibile il ricorso n. 8712/03 (mancata ammissione alla serie C/1), ritenendo che la decisione dell’Arbitro unico presso la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del CONI fosse qualificabile come lodo arbitrale rituale, impugnabile solo per motivi di nullita’ ai sensi dell’art. 829 c.p.c., non proposti dal Cosenza;

     c) dichiarava l’inammissibilita’ anche del ricorso n. 8642/03 (mancata ammissione alla serie B), ritenendo che tra le due domande vi fosse uno stretto rapporto di presupposizione nel senso che il riconoscimento della legittimita’ della non ammissione al campionato di serie C/1 precludeva al Cosenza di aspirare al ripescaggio in serie B;

     d) dichiarava improcedibile altro ricorso proposto dal Cosenza (n. 9036/03), per il quale la stessa societa’ aveva dichiarato di non avere piu’ interesse.

     Avverso detta sentenza hanno proposto appello sia la FIGC che il Cosenza.

     Si tratta di due appelli autonomi in quanto il ricorso del Cosenza e’ stato proposto nella forma dell’appello incidentale (improprio) al solo fine di consentire la concentrazione delle impugnazioni avverso la stessa sentenza.

     Il Collegio ritiene di affrontare le questioni, partendo dalla contestata non ammissione del Cosenza alla serie C/1, per poi esaminare la domanda relativa alla mancata ammissione in serie B ed, infine, il ricorso della FIGC avente ad oggetto l’annullamento, disposto dal Tar, del provvedimento di decadenza dall’affiliazione.

     2.1. In ordine al ricorso in appello incidentale, proposto dal Cosenza per le questioni definite serie C/1 e serie B, sono state sollevate alcune eccezioni pregiudiziali.

     La FIGC deduce l’inammissibilita’ dell’appello, in quanto proposto dal Cosenza in persona di soggetti che non rivestono la qualita’ di legali rappresentanti della societa’ (il Presidente del Collegio sindacale dott. Giuseppe Martire e gli Amministratori giudiziari dott. Nicola Bosco e dott. Gennaro Brescia).

     Secondo la FIGC, tali soggetti non avrebbero la legale rappresentanza della societa’, spettante invece al Presidente del Consiglio di amministrazione (avv. Giuseppe Mazzotta), che, nonostante la scadenza del mandato, continua ad essere l’unico soggetto legittimato a rappresentare il Cosenza.

     L’eccezione e’ priva di fondamento.

     Si rileva che nell’ambito di un procedimento penale pendente presso il Tribunale di Catanzaro, il GIP, con provvedimento del 24-3-2003, ha disposto il sequestro preventivo di alcuni beni tra cui il Cosenza Calcio 1914 spa ed ha nominato i suindicati soggetti “custodi – amministratori giudiziari” di tali beni anche all’espresso fine “di evitare la chiusura totale delle societa’ e/o attivita’ commerciali, a tutela dei posti di lavoro e delle attivita’ in corso”, facendo espresso riferimento al Cosenza Calcio.

     Pur essendo vero che il custode ed amministratore di beni sottoposti a sequestro ha una funzione limitata alla conservazione e all'amministrazione di tali beni, costituisce pacifico orientamento giurisprudenziale il riconoscimento della legittimazione processuale attiva e passiva del custode - amministratore, come rappresentante di ufficio di un patrimonio separato, benche’ esclusivamente rispetto alle azioni relative alla medesima funzione (cfr. Cass., I, n. 7147/2000, con riferimento a qualsiasi tipo di sequestro; v. anche Cass., n. 7354/1991, n. 2232/1987; n. 381/1974).

     Nel caso di specie, il ricorso in appello e’ stato proposto dai custodi – amministratori giudiziari del Cosenza Calcio per contestare la mancata ammissione della societa’ ai campionati di serie C/1 e di serie B; e’ evidente che l’azione e’ stata promossa proprio al fine di evitare la cessazione dell’attivita’ della societa’ sequestrata ed il conseguente svincolo dei calciatori, che costituiscono parte rilevante del patrimonio della stessa societa’ di calcio.

     L’azione rientra quindi tra  quelle per le quali sussiste la legittimazione

attiva dell’amministratore giudiziario, in quanto intrapresa proprio per la conservazione dei beni affidati alla sua custodia.

     2.2. Il CONI ha proposto una eccezione di difetto assoluto di giurisdizione in relazione ai ricorsi del Cosenza, aventi ad oggetto le questioni dell’ammissione in serie C/1 e in serie B, sostenendo che la materia oggetto di tali ricorsi esula dalla giurisdizione del giudice statale e riguarda decisioni che esauriscono i propri effetti nell’ambito dell’ordinamento sportivo.

     L’eccezione, oltre che essere inammissibile per non essere stata proposta nella forma dell’appello incidentale con riguardo ad un punto espressamente esaminato dal giudice di primo grado, e’ comunque infondata.

     Questa Sezione aveva affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo su controversie, aventi ad oggetto i provvedimenti di non ammissione di una societa’ di calcio ad un determinato campionato gia’ prima dell’entrata in vigore delle disposizioni del D.L. n. 220/2003, convertito in legge n. 280/2003 (Cons. Stato, VI, n. 1050/1995 e n. 2546/2001).

     In tali precedenti la Sezione aveva affermato che le Federazioni sportive, pur sorgendo come soggetti privati (associazioni non riconosciute), in presenza di determinati presupposti assumono la qualifica di “organi del C.O.N.I.” e partecipano alla natura pubblica di questo (cfr., Cass. Sez unite, n. 2725/79 e Cons. Stato, VI, n. 1050/95). L’elemento discriminante per individuare il limite tra le due funzioni svolte dalle Federazioni (da cui derivava il criterio di riparto di giurisdizione) era quello della natura dell’attivita’ svolta: a) in caso di applicazione di norme che attengono alla vita interna della federazione ed ai rapporti tra societa’ sportive e tra le societa’ stesse e gli sportivi professionisti, le Federazioni operano come associazioni di diritto privato; b) quando invece l’attivita’ e’ finalizzata alla realizzazione di interessi fondamentali ed istituzionali dell'attivita’ sportiva, devono essere considerate organi del CONI (cfr. Cass. civ., III Sez., 5 aprile 1993 n. 4063; Cass., sez. unite, 26 ottobre 1989 n. 4399, Cons. Stato, VI, n. 1050/95).

     Sempre nei citati precedenti veniva evidenziato che solo gli atti di quest'ultimo tipo posti in essere dalle federazioni in qualita’ di organi del CONI sono esplicazione di poteri pubblici, partecipano della natura pubblicistica e sono soggetti alla giurisdizione del giudice amministrativo allorche’ incidano su posizioni di interesse legittimo. Tra questi atti vanno inclusi anche i provvedimenti di non ammissione di una societa’ ad un determinato campionato, in quanto adottati in applicazione di norme che perseguono finalita’ di interesse pubblico, quali il controllo sulla gestione economico-finanziaria delle leghe e delle societa’ professionistiche delegato dal CONI alla Federazione (Cons. Stato, VI, n. 1050/1995, in cui si afferma espressamente che si tratta di questioni che attengono non alla sfera dell'organizzazione interna delle Federazioni come tale irrilevante per l'ordinamento, bensi’ a quella della discrezionalita’ amministrativa della F.I.G.C., rispetto alla quale la posizione giuridica soggettiva della societa’ sportiva si configura come interesse legittimo, tutelabile davanti al giudice amministrativo).

     L'inquadramento attribuito dalla giurisprudenza alle federazioni sportive nazionali e’ stato poi confermato dall’at. 15 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, contenente disposizioni sul riordino del Coni.

     La norma, infatti, dopo avere disposto che le federazioni sportive nazionali svolgono l'attivita’ sportiva in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del Cio e del Coni (primo comma), cosi’ consentendo l'esercizio di attivita’ a valenza pubblicistica sulla base di poteri pubblicistici e mediante l'adozione di atti amministrativi (in tal senso, Cass. civ., sez. un., n. 5775/2004), attribuisce loro natura di associazione con personalita’ giuridica di diritto privato e dichiara che non perseguono fini di lucro e sono disciplinate, per quanto non espressamente previsto dal decreto, dal codice civile e dalle disposizioni di attuazione del medesimo" (secondo comma).

     Il sopravvenuto decreto legge 19 agosto 2003 n. 220, contenente disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, convertito nella legge 17 ottobre 2003, n. 280, stabilisce che i rapporti tra l'ordinamento sportivo e quello statale sono regolati in base al principio di autonomia, "salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo" (art. 1 primo comma).

     La "giustizia sportiva" costituisce lo strumento di tutela per le ipotesi in cui si discute dell'applicazione delle regole sportive; quella statale e’ chiamata, invece, a risolvere le controversie che presentano una rilevanza per l'ordinamento generale, concernendo la violazione di diritti soggettivi o interessi legittimi.

     Per individuare i casi in cui si applicano le sole regole tecnico - sportive, con conseguente riserva agli organi della giustizia sportiva della risoluzione delle corrispondenti controversie, e’ stabilito che all'ordinamento sportivo nazionale e’ riservata la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie di quell'ordinamento e delle sue articolazioni, al fine di garantire il corretto svolgimento delle attivita’ sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano  disciplinare  e l'irrogazione  ed  applicazione  delle  sanzioni disciplinari

sportive (art. 2, primo comma).

     In queste materie vige il sistema del cd. "vincolo sportivo": il sistema, per quanto riguarda le questioni per le quali e’ stabilita autonomia dell'ordinamento sportivo, continua ad essere imperniato sull'onere di adire gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo (art. 2, secondo comma) e sulla salvezza incondizionata delle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti del Coni, delle Federazioni sportive e di quelle inserite nei contratti di cui alla legge istitutiva del Coni (art. 3, ultima parte; in questo senso, Cass. civ., sez. un., n. 5775/2004).

     I casi di rilevanza per l'ordinamento dello Stato delle situazioni giuridiche soggettive, connesse con l'ordinamento sportivo, sono attribuiti alla giurisdizione del giudice ordinario ed a quella esclusiva del giudice amministrativo, a seconda che si tratti rispettivamente di controversie aventi ad oggetto i rapporti patrimoniali tra societa’, associazioni ed atleti (A.G.O.) o di "ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o dalle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'art. 2" (giurisdizione esclusiva del G.A.).

     Come riconosciuto di recente anche dalla Cassazione (Cass. civ., sez. unite, n. 5774/2004), alla luce del D.L. n. 220/2003, convertito nella legge n. 280/2003, possono essere indicate le seguenti tipologie di controversie inerenti la giustizia sportiva:

     a) le questioni che hanno per oggetto l'osservanza e l’applicazione di norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo e delle sue articolazioni, al fine di garantire il corretto svolgimento delle attivita’ sportive e le questioni che nascono da comportamenti rilevanti sul piano disciplinare, derivanti dalla violazione da parte degli associati di norme anch'esse interne all'ordinamento sportivo: le regole che sono emanate in questo ambito sono espressione dell'autonomia normativa interna delle federazioni, non hanno rilevanza nell'ordinamento giuridico generale e le decisioni adottate in base ad esse sono collocate in un'area di non rilevanza (o d'indifferenza) per l'ordinamento statale, senza che possano essere considerate come espressione di potesta’ pubbliche ed essere considerate alla stregua di decisioni amministrative. La generale irrilevanza per l'ordinamento statale di tali norme e della loro violazione conduce all'assenza di una tutela giurisdizionale statale; cio’ non significa assenza totale di tutela, ma garanzia di una giustizia di tipo associativo che funziona secondo gli schemi del diritto privato;

     b) le questioni concernenti i rapporti patrimoniali tra societa’, associazioni ed atleti, per le quali, esaurito l'obbligo del rispetto di eventuali clausole compromissorie, le relative controversie sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario;

     c) ogni altra controversia avente ad oggetto atti del CONI o delle federazioni sportive nazionali, esauriti i gradi della giustizia sportiva, e’ sottoposta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

     Nel testo dell’originario D.L. n. 220/2003 rientravano tra le questioni riservate all’ordinamento sportivo l'ammissione e l'affiliazione alle federazioni di societa’, di associazioni sportive e di singoli tesserati (art. 2, comma 1, lett. c) e l'organizzazione e lo svolgimento delle attivita’ agonistiche non programmate ed a programma limitato e l'ammissione alle stesse delle squadre e degli atleti (lett. d).

     La soppressione delle due categorie, in sede di conversione del D.L., costituisce chiaro indice della volonta’ del legislatore di non considerare indifferenti per l’ordinamento statale controversie, quali quelle inerenti, come nel caso di specie, l’affiliazione delle societa’ alle federazioni e i provvedimenti di ammissione ai campionati, trattandosi di provvedimenti di natura amministrativa in cui le Federazioni esercitano poteri di carattere pubblicistico in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del Coni.

     Del resto, una assoluta riserva all’ordinamento sportivo anche di tale tipologia di controversie avrebbe determinato seri dubbi sulla costituzionalita’ della disposizione sotto il profilo della lesione del principio della tutela giurisdizionale, sancito dall’art. 24 della Costituzione.

     Non possono, quindi, esservi dubbi sulla sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie, azionate dal Cosenza con riferimento alla mancata ammissione ai campionati di serie C/1 e di serie B.

     2.3. A questo punto, prima di esaminare l’appello incidentale proposto dalla FIGC, deve in ordine logico essere esaminato il motivo di appello, proposto dal Cosenza, con cui la societa’ contesta la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso n. 8712/2003, pronunciata dal Tar.

     Come gia’ detto, il giudice di primo grado ha ritenuto che la decisione dell’Arbitro unico presso la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del CONI fosse qualificabile come lodo arbitrale rituale, impugnabile solo per motivi di nullita’ ai sensi dell’art. 829 c.p.c., non proposti dal Cosenza.

     Secondo il Tar si tratterebbe di un arbitrato alternativo alla giurisdizione statale e di carattere non obbligatorio, in quanto previsto dall’art. 12, comma 5, dello Statuto del CONI come facoltativo

     La tesi del giudice di primo grado non e’ corretta.

     La Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport e’ stata istituita ai sensi dell’art. 12 dello Statuto del CONI, con competenze di carattere consultivo, conciliativo ed arbitrale. In particolare, tale organismo ha competenza per la pronuncia definitiva sulle controversie che contrappongono una Federazione a soggetti affiliati o tesserati a condizione che siano previamente esauriti i ricorsi interni della Federazione o comunque che si tratti di decisioni non soggette a impugnazione nell’ambito della giustizia federale (art. 12, comma 2, Statuto CONI).

     L’art. 27 dello Statuto della FIGC prevede che e’ obbligatorio sottoporsi al tentativo di conciliazione presso la Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport istituita presso il CONI, dopo aver esaurito i gradi interni della giustizia federale (comma 3) e che a seguito di esito negativo del tentativo di conciliazione le parti “accettano di risolvere la controversia in via definitiva mediante arbitrato, promosso su istanza di una delle parti davanti alla predetta Camera arbitrale” (comma 4).

     Tali disposizioni implicano che i gradi della giustizia sportiva non si esauriscono con i ricorsi interni federali, ma comprendono anche l’ulteriore ricorso alla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport istituita presso il CONI sia per il tentativo di conciliazione, sia per l’arbitrato.

     Del resto, la tesi sostenuta dalla FIGC, secondo cui il ricorso all’arbitrato costituirebbe una facolta’, cui volontariamente ha fatto ricorso il Cosenza, contrasta con l’interpretazione delle stesse norme resa dalla massima autorita’ di garanzia nell’ordinamento della FIGC: la Corte Federale (tale definita dall’art. 32, comma 1, dello Statuto FIGC).

     Con la Comunicazione Ufficiale n. 16/cf, pubblicata anche sul sito internet ufficiale della FIGC, la Corte Federale ha ritenuto che i rimedi interni dell’ordinamento sportivo si esauriscono solo dopo il tentativo di conciliazione davanti alla Camera di conciliazioni e arbitrato del CONI e dopo l’arbitrato in caso di infruttuoso esperimento del tentativo di conciliazione (punto 2, in cui i due rimedi vengono indicati come obbligatori) e che proprio ai sensi dell’art. 3 della legge n. 280/2003 risulta rafforzato il ruolo della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport, a cui il citato art. 3 assegna funzioni di carattere nomofilattico all’interno dell’ordinamento sportivo (punto 5).

     La stessa Corte Federale, quindi, dimostra di condividere la tesi, sostenuta dal Cosenza nell’odierno giudizio, secondo cui il ricorso alla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del CONI costituisce l’ultimo grado della giustizia sportiva, da adire quindi in via obbligatoria prima dell’eventuale ricorso giurisdizionale.

     E’ evidente che tale ricostruzione risulta incompatibile con la qualificazione del lodo pronunciato da tale Camera come vero e proprio lodo arbitrale, alternativo alla giurisdizione statale.

     Si tratta, invece, di una decisione emessa dal supremo organo della giustizia sportiva sulla base di principi e garanzie tipiche del giudizio arbitrale, ma che resta soggetta agli ordinari strumenti di tutela giurisdizionale per le fattispecie non riservate all’ordinamento sportivo secondo i principi indicati in precedenza.

     Peraltro, la qualificazione giuridica della decisione della Camera istituita presso il CONI risulta del tutto indipendente dall’impugnazione dell’art. 7.7. del Regolamento della camera, vigente all’epoca del ricorso proposto dal Cosenza, che definisce rituale la procedura arbitrale, in quanto tale disposizione puo’ avere il solo fine di indicare le norme applicabili alla procedura, ma non anche quello di qualificare giuridicamente una decisione per aspetti derivanti direttamente da norme di rango superiore (l’art. 7.7. del Regolamento era stato comunque impugnato dal Cosenza, con motivi tempestivamente proposti come verra’ illustrato in seguito).

     Un ulteriore argomento conferma tale tesi proprio con riguardo alla controversia in esame: secondo la giurisprudenza di questa Sezione, prima richiamata, sono configurabili posizioni di interesse legittimo rispetto ai provvedimenti di non ammissione di una societa’ ad un determinato campionato, in quanto si tratta di atti adottati in applicazione di norme che perseguono finalita’ di interesse pubblico, quali il controllo sulla gestione economico-finanziaria delle leghe e delle societa’ professionistiche delegato dal CONI alla Federazione e che attengono non alla sfera dell'organizzazione interna delle Federazioni come tale irrilevante per l'ordinamento, bensi’ a quella della discrezionalita’ amministrativa della F.I.G.C.

     La conseguenza di tale qualificazione e’ costituita anche dalla indisponibilita’ della res litigiosa e dalla impossibilita’ di devolvere ad arbitri le relative controversie.

     L’art. 6 della legge n. 205/2000, nel prevedere che “le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto”, ha definitivamente superato quell’orientamento della Cassazione, che fondava il criterio circa l’ammissibilita’ dell’arbitrato non sulla natura della situazione giuridica fatta valere, ma sulla natura del giudice cui la controversia era attribuita, escludendo la possibilita’ di arbitrato nel caso di controversie rientrante nella giurisdizione del giudice amministrativo (Cass. n. 7643/1995). Lo stesso art. 6 non ha pero’ fatto venir meno il principio, secondo cui non e’ ammessa la devoluzione ad arbitri di controversie aventi ad oggetto interessi legittimi (anzi sembra aver dato una base normativa a tale principio, affermando espressamente la possibilita’ di devolvere ad arbitri le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo).

     Pertanto, l’impugnata decisione della camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del CONI non costituisce un vero e proprio lodo arbitrale, ma rappresenta la decisione di ultimo grado della giustizia sportiva, avente quindi il carattere sostanziale di provvedimento amministrativo, benche’ emesso con le forme e le garanzie tratte dal giudizio arbitrale.

     Di conseguenza, si tratta di atto sindacabile in modo pieno dal giudice amministrativo e non vige la limitazione dei motivi di impugnazione a quelli di nullita’ del lodo ex art. 829 c.p.c., ritenuta sussistente invece dal Tar.

     Il ricorso del Cosenza n. 8712/2003 deve dunque essere ritenuto ammissibile sotto tale profilo, in parziale riforma della sentenza del giudice di primo grado.

     2.4. Sulla base delle precedenti considerazioni puo’ agevolmente essere esaminato il ricorso in appello incidentale proposto dalla FIGC.

     Preliminarmente si osserva che il ricorso non e’ stato tardivamente notificato come sostenuto dal Cosenza.

     Tale ricorso e’ stato infatti proposto in via incidentale (propria) dalla FIGC  in relazione al ricorso  in appello  incidentale (improprio), presentato dal

Cosenza.

     Il termine di 30 giorni previsto per la notificazione dell’appello incidentale proprio della FIGC decorre dal termine previsto per il deposito dell’appello incidentale improprio del Cosenza.

     Tuttavia, e’ pacifico che il regime processuale dell'appello incidentale stabilito dall'art. 37 r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, richiamato dall'art. 29 l. Tar - che impone la notificazione entro il termine di trenta giorni successivo a quello assegnato per il deposito dell'appello principale - e’ applicabile alle sole ipotesi di appello incidentale "proprio" (intendendosi per tale quello sorretto da un interesse avvinto da un nesso sostanziale di pregiudizialita’ a quello sotteso all'appello principale); mentre devono essere osservati gli ordinari termini di cui all'art. 28 comma 2 della citata l. Tar nell'ipotesi di appello che, ancorche’ qualificato incidentale, sia volto, come nel caso di specie, contro un capo autonomo della sentenza gia’ appellata ovvero a far valere un interesse autonomo (cfr, fra tutte, Cons. Stato, VI, n. 366/2002).

     Di conseguenza, il termine per il deposito dell’appello incidentale del Cosenza, ridotto ai sensi dell’art. 23 bis della l. Tar, non e’ di 5 giorni ma di 15 giorni e scadeva il 29 -5-2004, essendo la notificazione avvenuta il 14-5-2004; anche volendo ritenere ridotto alla meta’ il termine per notificare il ricorso incidentale della FIGC, questo scadeva il 13-6-2004, mentre l’appello e’ stato tempestivamente notificato in data 11-6-2004. e depositato il successivo 15-6.

     Con l’appello incidentale, la FIGC ha sostenuto che il ricorso del Cosenza avverso il lodo della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del Coni e’ stato erroneamente proposto davanti al Tar, mentre il lodo doveva essere impugnato direttamente davanti al Consiglio di Stato in unico grado in analogia con quanto previsto dall’art. 828 c.p.c. ed in conformita’ ai principi affermati dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 3655/2003 della V Sezione.

     La qualificazione dell’impugnato lodo quale decisione di ultimo grado della giustizia sportiva e non come vero e proprio lodo arbitrale dimostra l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilita’, che deve quindi essere respinta.

     In aggiunta alle considerazioni svolte in precedenza, si osserva che proprio con la sentenza n. 3655/03, invocata dalla FIGC, la V Sezione ha affermato che, in caso di controversie devolute al giudice amministrativo, oggetto del giudizio arbitrale possono essere solo quelle che, per loro natura, se proposte innanzi al giudice amministrativo consentono di essere apprezzate nella loro intrinseca portata sostanziale, ovvero le controversie di natura esclusivamente patrimoniale, che si collocano a valle di quelle di natura pubblicistica attinenti al corretto esercizio del potere pubblicistico di conformazione delle situazioni soggettive dei privati.

     Tali principi dimostrano la fondatezza della tesi, seguita in precedenza, circa la non qualificabilita’ come lodo arbitrale della decisione della Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport del Coni.

     2.5. E’ infine infondata l’ultima eccezione preliminare, sollevata sempre dalla FIGC, secondo cui il ricorso del Cosenza sarebbe comunque inammissibile in quanto proposto solo avverso il dispositivo del lodo arbitrale, senza che l’impugnativa sia stata poi estesa con motivi aggiunti alle motivazioni del lodo, comunicate il 13-11-2003.

     Trattandosi di una decisione di carattere amministrativo, non qualificabile come lodo arbitrale vero e proprio, il ricorso in via analogica al rapporto tra impugnazione del dispositivo di una sentenza del Tar e successiva omessa impugnazione delle motivazioni non risulta possibile.

     La decisione di rigetto del ricorso del Cosenza e’ stata adottata dalla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport con il dispositivo del 27-8-2003 a conclusione di un procedimento a formazione progressiva iniziato con la prima istanza proposta alla Lega di Serie C, e continuato con il ricorso respinto dal Consiglio Federale della FIGC.

     Correttamente, il Cosenza ha quindi impugnato tali atti ed il dispositivo del lodo con ricorso davanti al Tar (dovendo considerarsi in tale data esauriti i gradi della giustizia sportiva); il deposito e la comunicazione dei motivi della decisione dell’Arbitro unico sono avvenuti con ritardo (6-11-2003 e 13-11-2003) rispetto al termine di giorni 45 dall’ultima udienza (svoltasi il 27-8-2003) previsto dall’art. 21 del Regolamento della Camera arbitrale.

     Comunque, non trattandosi di vero e proprio lodo arbitrale, il deposito delle motivazione consentiva, ma non imponeva, al Cosenza di presentare motivi aggiunti, in quanto le questioni affrontate dall’Arbitro unico era state tutte trattate nel ricorso presentato dal Cosenza.

     La mancata presentazioni di motivi aggiunti non costituisce, quindi, alcuna ragione di inammissibilita’ del ricorso.

     3.1. Puo’ essere ora trattato il merito della questione relativa alla mancata ammissione del Cosenza al campionato di serie C/1 per la stagione 2003/2004.

     E’ opportuno ricostruire i fatti oggetto della controversia, con riferimento agli inadempimenti originariamente contestati al Cosenza e alla documentazione prodotta dalla societa’.

     Con la deliberazione del 22 luglio 2003 il Consiglio direttivo della Lega di serie C non ammetteva il Cosenza per i seguenti inadempimenti, i primi due nei confronti della Covisoc e i restanti nei confronti della Lega di serie C:

     1) eccedenza di indebitamento per Euro 12.685.000,00;

     2) non regolare posizione Enpals;

     3) mancato deposito della garanzia bancaria di Euro 207.000,00 per la partecipazione al Campionato;

     4) mancato deposito delle dichiarazioni liberatorie dei tesserati Mondonico e Zirafa;

     5) deposito di dichiarazioni liberatorie alla data del 31-1 e del 28-2 per altri 16 tesserati, non accompagnate da relative garanzie bancarie;

     6) mancato deposito della dichiarazione di inesistenza debiti (modulo azzurro).

     Dopo aver presentato tempestivo ricorso alla FIGC, il Cosenza produceva parte della documentazione entro il prescritto termine del 28 luglio.

     Nella riunione del 29 luglio la Covisoc esprimeva parere negativo all’ammissione del Cosenza, rilevando che: l’eccedenza di indebitamento era stata sanata attraverso fideiussione rilasciata dalla SBC spa a garanzia dell’aumento di capitale per Euro 12.685.000,00; - che il 29-7-2003 l’Enpals aveva certificato la regolarizzazione dei versamenti effettuati il 28-7-2003; - che la Lega di serie C aveva comunicato che la societa’ non aveva presentato alcuna documentazione.

     La Covisoc sembra in effetti aver tenuto conto della nota del Presidente della Lega di serie C del 29 luglio 2003, in cui si attesta che “non risulta pervenuta alcuna documentazione presso la Lega” per la posizione del Cosenza, anche se agli atti vi e’ altra nota dello stesso Presidente di Lega, il quale sempre in data 29 luglio comunica, ad integrazione del precedente fax, che risultava pervenuta la documentazione depositata in Covisoc e che mancava comunque la garanzia bancaria di euro 207.000,00, la liberatoria del tesserato Mondonico, le ulteriori liberatorie indicate nel provvedimento del 22 luglio, mentre risulta pervenuta la dichiarazione di inesistenza debiti ed altra dichiarazione riguardante la posizione del calciatore Zirafa.

     Il Cosenza sottolinea in ricorso che il Presidente della Lega ha falsamente attestato che il 29 luglio non risultava pervenuta alcuna documentazione presso la Lega; in realta’, la prima attestazione del presidente di Lega e’ stata poi corretta nella stessa data e comunque sia il Consiglio Federale che poi l’Arbitro unico si sono pronunciati, conoscendo la documentazione presentata dal Cosenza entro il 28 luglio e quella successivamente prodotta il 30 luglio.

     La prima inesatta attestazione non ha avuto quindi effetti sulla decisione finale degli organi di giustizia sportiva e comunque in questa sede giurisdizionale puo’ essere esaminata la idoneita’ della documentazione prodotta ai fini dell’iscrizione al campionato di serie C/1.

     3.2. Per quanto concerne le prime due inadempienze (quelle nei confronti della Covisoc), nel parere del 29 luglio la stessa Covisoc ritiene regolarizzata la posizione del Cosenza a seguito della fideiussione rilasciata dalla SBC spa e dei versamenti effettuati all’Enpals.

     L’Arbitro unico a pag. 25 e ss. delle motivazioni del lodo afferma che “senza entrare nel merito delle indagini in corso da parte dell’autorita’ giudiziaria ordinaria in merito all’autenticita’ delle fideiussioni rilasciate dalla SBC spa …il condizionamento del pagamento del premio della fideiussione all’avvenuta iscrizione al campionato costituisce una clausola del tutto anomala” tale da ritenere che “la fideiussione esibita non fosse idonea a garantire l’aumento di capitale destinato alla copertura dell’ingente indebitamento”.

     Tali motivazioni non sono state oggetto di specifica censura da parte del Cosenza, non essendo stati proposti, come gia’ detto, motivi aggiunti avverso le motivazioni del lodo; tuttavia, il Cosenza ha gia’ nel ricorso dedotto l’idoneita’ della garanzia prestata entro il termine del 28 luglio a regolarizzare l’eccedenza di indebitamento.

     Non si ritiene di dover disporre istruttoria sul punto, sia perche’ la fideiussione era stata ritenuta idonea dalla Covisoc, sia soprattutto perche’, come verra’ esposto oltre, le ulteriori inadempienze non sanate dal Cosenza non consentono comunque di ritenere illegittima la mancata ammissione al campionato di serie C/1.

     3.3. Si tratta degli inadempimenti nei confronti della Lega, rispetto ai quali il Cosenza ha prodotto nel termine del 28 luglio solo la dichiarazione di inesistenza debiti (modulo azzurro) e altra dichiarazione relativa alla posizione del calciatore Zirafa.

     Solo in data 30 luglio 2003 il Cosenza produceva anche la fideiussione bancaria di Euro 207.000,00, la dichiarazione liberatoria dell’allenatore Mondonico, ulteriori liberatorie di n. 9 calciatori, oltre ad una lettera della Lega Nazionale Professionisti di serie A e B di riconoscimento di debito nei confronti del Cosenza per l’importo di Euro 1.017.353,27.

     Al riguardo, il Cosenza ha sostenuto l’idoneita’ di tale documentazione i

fini dell’iscrizione al campionato di serie C, in quanto: - la garanzia bancaria di euro 207.000,00 non sarebbe prevista quale condizione per l’iscrizione; - a differenza di quanto avvenuto per la Aglianese Calcio, al Cosenza non sarebbe stato consentito di sostituire la fideiussione con assegni circolari di pari importo; - la fideiussione e’ stata comunque rilasciata prima del provvedimento definitivo del Consiglio Federale del 31 luglio; - la posizione del calciatore Zirafa era stata chiarita gia’ con la dichiarazione attestante la cessione del calciatore; - la liberatoria dell’allenatore Mondonico era stata prodotta il 30 luglio ma la posizione era gia’ stata regolarizzata il 28 luglio; - con riferimento alle ulteriori 16 liberatorie mancanti, il saldo sarebbe stato attestato con deposito del c.d. “modello azzurro” e comunque cio’ che viene prescritto per l’iscrizione ai campionati e’ solo l’assenza di debiti con i propri tesserati e non la prova di tale assenza di debiti.

     Al riguardo si osserva che, contrariamente a quanto sostenuto dal Cosenza, la fideiussione di euro 207.000,00 costituiva condizione per l’iscrizione al campionato, come prescritto dalla Comunicazione Ufficiale della FIGC 28 aprile 2003 n. 151/A; non e’ esatto che i requisiti per l’iscrizione siano solo quelli previsti alla lettera A di detta comunicazione, in quanto il punto 2/a della lettera B (fideiussione di euro 207.000,00) e’ richiamato all’inizio di pag. 7 di detta Comunicazione proprio quale causa di esclusione (“Alle societa’ escluse in dipendenza della mancata osservanza di quanto previsto ai precedenti punti … 2/a …”).

     Alcuna prova il Cosenza ha fornito circa il rifiuto da parte della Lega di accettare assegni circolari per l’importo della fideiussione da prestare, come avvenuto per la Aglianese Calcio (anche a fronte del puntuale rilievo dell’Arbitro unico, il Cosenza non ha neanche chiesto di provare quanto sostenuto).

     Requisito per l’iscrizione al campionato era anche l’assenza di debiti scaduti alla data del 30 aprile nei confronti dei tesserati (punto 6.4 della Comunicazione Ufficiale FIGC n. 144/A, che a pag. 5 prevede anche la necessita’ di una verifica degli adempimenti nei confronti dei tesserati da parte delle Leghe).

     E’ evidente che legittimamente la Lega possa richiedere le dichiarazioni liberatorie dei tesserati, accompagnate da garanzie fideiussorie in caso di pattuizioni per il differimento dei pagamenti.

     La generica dichiarazione di inesistenza di debiti, contenuta nel c.d. “modello azzurro”, non puo’ in alcun modo essere ritenuta idonea a dimostrare il prescritto adempimento.

     Il Cosenza avrebbe potuto al limite fornire prova dei pagamenti effettuati nei confronti dei tesserarti a saldo delle spettanze dovute fino al 30 aprile, ma cio’ non e’ avvenuto ed anzi neanche successivamente alla scadenza del termine del 28 luglio, il Cosenza ha fornito prova di aver saldato le competenze di tutti i tesserati, ne’ cio’ e’ avvenuto nel corso del giudizio arbitrale.

     Pertanto, deve ritenersi che anche successivamente alla scadenza del termine del 28 luglio il Cosenza era privo di uno dei requisiti per l’iscrizione al campionato di serie C/1: l’assenza di debiti scaduti alla data del 30 aprile nei confronti dei tesserati (il possesso di tale requisito non e’ stato dimostrato dal Cosenza ne’ nel corso dei procedimenti di giustizia sportiva, ne’ nel corso dell’odierno giudizio).

     Tale circostanze preclude ogni altra considerazione sul possesso dei restanti requisiti.

     3.4. Per completezza, si riassume la posizione del Cosenza con riguardo agli inadempimenti nei confronti della Lega di serie C:

     a) fideiussione di Euro 207.000,00, prestata in data 29 luglio e prodotta in data 30 luglio;

     b) dichiarazione liberatoria dell’allenatore Mondonico del 30 luglio e prodotta nella stessa data;

     c) attestazione del Presidente del Cosenza attestante la cessione del calciatore Zirafa ed il soddisfo di ogni sua pretesa economica;

     d) deposito in data 30 luglio di n. 9 dichiarazioni liberatorie di tesserati, rispetto alle 16 richieste, recanti la stessa data del 30 luglio e peraltro non accompagnate dalle richieste garanzie;

     e) deposito nel termine del 28 luglio della dichiarazione di inesistenza di debiti (modello azzurro).

     Nel temine del 28 luglio il Cosenza ha adempiuto solo a tale ultima prescrizione consistente nella compilazione del modello azzurro e a chiarire la posizione del calciatore Zirafa (anche se l’Arbitro unico ha giudicato non idonea la dichiarazione prodotta in quanto proveniente dallo stesso Cosenza); in data 30 luglio il Cosenza ha adempiuto alle altre prescrizioni ma e’ restato inadempiente, come gia’ detto, circa il requisito dell’assenza di debiti nei confronti dei tesserati.

     3.5. A questo perde di rilievo la questione della perentorieta’ del termine del 28 luglio e della possibilita’ di sanare le irregolarita’ attraverso documentazione prodotta successivamente alla scadenza del termine ma prima

della decisione del Consiglio Federale.

     Si ricorda che questa Sezione gia’ in analoga controversia avente ad oggetto l’iscrizione ai campionati di calcio aveva ritenuto la perentorieta’ del termine fissato dalla Lega per la regolarizzazione degli adempimenti economici da parte delle societa’, affermando che la natura perentoria dei limiti temporali fissati a tal fine, pur se non sancita dal dato testuale delle disposizioni federali vigenti all’epoca, fosse ricavabile dalla natura e della finalita’ del termine in rilievo, in quanto la funzione, assolta da tali termini, di individuare gli aventi titolo alla partecipazione al campionato, implica la necessita’ di uno sbarramento temporale netto e sufficientemente anticipato al fine di garantire l'espletamento di tutti gli incombenti organizzativi funzionali all'avvio del campionato (Cons. Stato, VI, n. 2546/2001).

     Tale principio deve essere condiviso e ribadito, anche se va precisato che la ragionevolezza, la proporzionalita’ e l’adeguatezza di tali termini rispetto agli adempimenti richiesti costituiscono elementi pienamente assoggettati al sindacato del giudice amministrativo.

     Nel caso di specie, il problema non si pone sia perche’ comunque il Cosenza non e’ risultato in possesso di tutti i requisiti richiesti per l’iscrizione anche dopo la scadenza del termine perentorio, sia tenuto conto che alcuni degli adempimenti tardivi si riferivano a requisiti, quali quelli della fideiussione di Euro 207.000,00 e dell’assenza di debiti con i tesserati, gia’ chiaramente prescritti dalle comunicazioni ufficiali della FIGC del 19 marzo e del 20 aprile 2003 con largo anticipo rispetto alla scadenza dei termini scaglionati nei mesi di giugno e luglio 2003 e qualificati espressamente come perentori in dette comunicazioni.

     Come chiarito in precedenza, il procedimento di non ammissione delle societa’ ad un determinato campionato e’ un procedimento a formazione progressiva, al cui interno si collocano sia i ricorsi federali, sia il ricorso alla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport istituita presso il CONI.

     Cio’ comporta la necessita’ di procedimentalizzare l’intero iter di formazione della decisione finale, impugnabile davanti al giudice amministrativo; da un lato, viene rafforzata l’esigenza di termini perentori per le varie fasi procedimentali, sempre nel rispetto dei principi di ragionevolezza, proporzionalita’ ed adeguatezza; dall’altro si rende necessario prevedere, quanto meno nella fase dei ricorsi federali, la possibilita’ di richiedere integrazioni o spiegazioni in relazioni a questioni non chiare all’esito delle produzioni documentali.

     Anche con riguardo alla fase finale del ricorso alla Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport sara’ necessario prevedere termini contenuti, in modo da esaurire i gradi della giustizia sportiva con sufficiente anticipo rispetto all’inizio del campionato senza pregiudicare l’effettivita’ dell’eventuale tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo; solo in tal modo, il previo esaurimento dei gradi della giustizia sportiva, previsto dall’art. 3 della legge n. 280/2003 puo’ essere ritenuto compatibile con i principi costituzionali in materia di tutela giurisdizionale.

     3.6. Va inoltre respinto anche il motivo, proposto dal Cosenza in relazione alla mancata ammissione alla serie C/1 e relativo alla omessa valutazione del credito vantato dal Cosenza nei confronti della Lega di serie A e B, pari ad euro 2.345.142,00.

     Anche  prescindendo  da  ogni  accertamento  circa  l’esatto importo del

credito (che la Lega di serie C sostiene essere stato in parte ceduto dal Cosenza,) e dal fatto che solo tardivamente con la nota prodotta il 30 luglio il Cosenza ha invocato la valutazione del credito, producendo una lettera di riconoscimento della Lega per il minor importo di euro 1.017.353,27, si osserva che in ogni caso l’esistenza del credito non legittimava il Cosenza a non adempiere ad altre prescrizioni, quali il pagamento dei tesserati, rispetto alle quali il credito non poteva essere portato in diretta compensazione.

     3.7. E’ infine tempestiva, ma infondata la censura proposta con i motivi aggiunti notificati il 14-11-2003, relativa all’illegittimita’ delle disposizioni federali (artt 88- 90 NOIF e Comunicati Ufficiali n. 144/A e n. 151/A) nella parte in cui prevedono come condizione per l’iscrizione al campionato l’assenza di debiti di qualsiasi entita’, anche di euro 1, senza conferire agli organi di controllo il potere – dovere di valutare il “peso” di eventuali debiti.

     La censura e’ tempestiva, in quanto con i motivi aggiunti non si e’ ampliato l’oggetto del giudizio ma si sono contestati sotto ulteriori profili gli atti impugnati con il ricorso introduttivo e cio’ e’ avvenuto entro il termine di 60 giorni previsto per tale ricorso introduttivo. Pertanto, non si pone la questione della riduzione alla meta’, o meno, del termine per proporre motivi aggiunti nei giudizi assoggettati al rito speciale previsto dall’art. 23 bis l. Tar, riguardo alla quale esiste un contrasto di giurisprudenza (per la tesi della riduzione alla meta’ del termine per proporre motivi aggiunti, vedi Cons. Stato, V, n. 3717/2002 e VI, n. 1332/2004; in senso contrario, vedi Cons. Stato, VI, n. 4440/2003).

     L’ampliamento dei motivi di ricorso nella pendenza del termine per la proposizione di un ricorso gia’ notificato deve ritenersi consentito, potendo il ricorrente ancora beneficiare del termine di 60 giorni previsto per il ricorso anche nel suddetto rito speciale. Ne’ si pone la necessita’ di una nuova procura ad litem, trattandosi, in questo caso, di mero ampliamento dei motivi, fermo restando l’originario petitum.

     Il motivo e’ infondato.

     L’affermazione dell’irragionevolezza di requisiti che consentono la non iscrizione di una societa’ anche per debiti di minima entita’ (di euro 1) puo’ essere in astratto condivisa, ma nel caso di specie la non ammissione al campionato di serie C/1 e’ avvenuto per inadempimenti piu’ gravi, rispetto ai quali i requisiti di iscrizione previsti nelle impugnate disposizioni federali non possono in alcun modo essere ritenuti irragionevoli. In particolare, l’assenza di debiti nei confronti di tesserati peraltro limitata ai debiti scaduti alla data del 30 aprile (requisito mancante al Cosenza anche dopo la scadenza del termine) costituisce elemento tutt’altro che irrilevante sotto il profilo degli obblighi gravanti sulle societa’ di calcio, il cui rispetto deve appunto essere controllato anche in sede di iscrizione ai campionati.

     Il ricorso del Cosenza diretto a contestare la mancata ammissione al campionato di serie C/1 per la stagione 2003/2004 deve, quindi, essere respinto.

     4.1. L’infondatezza del ricorso appena esaminato conduce alla reiezione anche del ricorso n. 8642/2003, con cui il Cosenza lamenta la mancata ammissione al campionato di serie B.

     E’ evidente che la mancata ammissione al campionato di serie C/1 abbia precluso al Cosenza di aspirare al ripescaggio in serie B a seguito del provvedimento straordinario adottato dal CONI su proposta della FIGC ai sensi dell’art. 3, comma 5, del D.L. n. 220/2003.

     Tale disposizione, poi soppressa in sede di conversone in legge, ma i cui effetti sono stati fatti salvi dalla legge n. 280/2003 di conversione, aveva attribuito al CONI, “tenuto conto dell'eccezionale situazione determinatasi per il contenzioso in essere”, la potesta’ d’assumere, «… su proposta della Federazione competente,… i provvedimenti di carattere straordinario transitorio, anche in deroga alle vigenti disposizioni dell'ordinamento sportivo, per assicurare l'avvio dei campionati 2003-2004…».

     Con l’impugnata deliberazione della Giunta esecutiva del CONI n. 380 del 21 agosto 2003, adottata su conforme proposta della FIGC, veniva deciso d’individuare una diversa formula del Campionato di serie B, con l’ampliamento dell’organico fino a 24 squadre, e «… l’inserimento di Societa’ sportive che abbiano rilevanti bacini di utenza, strutture sportive attrezzate e di riconosciuta ricettivita’, frequenza di pubblico e indici di gradimento radiotelevisivo, tali da apportare un significativo aumento di interesse per l’intera competizione…».

     Come correttamente rilevato dal Tar, l’ammissione al Campionato di serie B, nella nuova composizione a 24 squadre per l’ anno 2003/2004, avrebbe potuto concernere tutte e solo le squadre collocatesi negli ultimi quattro posti in esito al Campionato per l’anno 2002/2003, in modo da evitare la necessita’ di fare ricorso ad altri parametri per raggiungere tale numero massimo, a condizione, pero’, che tutte queste squadre dopo la retrocessione alla serie C/1 si trovassero in regola con l’iscrizione a detto campionato.

     Mancando al Cosenza tale ultimo requisito, legittimamente la FIGC (in sede di proposta) ed il CONI (in sede decisoria) hanno fatto riferimento, per completare l'organico della serie B, all’altro parametro menzionato.

     4.2. Riguardo ai criteri utilizzati ed all’applicazione degli stessi, il Cosenza e’ privo di interesse a contestare l’individuazione delle quattro societa’ da ripescare attraverso considerazioni, che condurrebbero al ripescaggio non della societa’ ricorrente, ma di altra societa’; sono quindi inammissibili per difetto di interesse le censure proposte a pag. 26 e seguenti del ricorso in appello incidentale, contenenti una diversa applicazione dei criteri federali, da cui deriverebbe il ripescaggio del Foggia al posto del Catania.

     4.3. La tesi del Cosenza diretta a ritenere autonoma la domanda formulata con il ricorso n. 8642/03 rispetto a quella in precedenza esaminata e relativa alla non ammissione alla serie C/1, si fonda sull’errato presupposto, costituito dal ritenere che l’unico criterio indicato dal legislatore per l’esercizio del potere di carattere straordinario attribuito per consentire l’avvio dei campionati fosse quello del contenzioso esistente con la FIGC.

     In realta’, il “contenzioso in essere” ha costituito il presupposto per il conferimento del potere straordinario al CONI, ma non anche un requisito idoneo a limitare tale potere.

     L’ampliamento della serie B a 24 squadre non costituiva certo atto dovuto rispetto al potere conferito con il richiamato art. 3, comma 5 del D.L. n. 220/03 e parimenti non costituiva atto vincolato il necessario ripescaggio delle 4 retrocesse in serie C/1 che avevano instaurato un contenzioso.

     Una volta deciso l’ampliamento della serie B a 24 squadre, il ripescaggio delle 4 retrocesse non poteva che avvenire a condizione, come gia’ detto, della loro regolare iscrizione alla serie C/1, non potendo il requisito dell’esistenza di un contenzioso supplire a tale elemento.

     La mancata ammissione del Cosenza alla C/1 ha determinato l’esigenza

di ripescare altra societa’, individuata secondo criteri che il Cosenza non ha interesse a contestare.

     Anche il ricorso n. 8642/2003 deve, pertanto essere respinto.

     5. L’infondatezza dei due ricorsi, diretti a contestare la mancata ammissione in serie C/1 e in serie B, conduce a respingere anche le domande di risarcimento del danno, fondate sulla dedotta illegittimita’ dei provvedimenti di non ammissione.

     6.1. Deve a questo punto essere esaminato il ricorso in appello principale, proposto dalla FIGC avverso l’impugnata sentenza nella parte in cui viene accolto il ricorso n. 13143/2003 e viene annullato il provvedimento di decadenza dall’affiliazione del Cosenza, adottato dal Presidente della FIGC il 31 ottobre 2003 sulla base della riscontrata inattivita’ della societa’ nella stagione 2003/2004.

     Il giudice di primo grado ha accolto il ricorso sotto il profilo della violazione dell’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento, previsto dall’art. 7 della legge n. 241/1990.

     In particolare, il Tar ha rilevato che:

     - essendosi tutta la complessa questione inerente alla posizione della ricorrente sviluppatasi nell’arco di svariati mesi, non sussistevano ragioni di urgenza idonee a non osservare l’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento;

     - la potesta’ esercitata dalla FIGC e’ priva di connotati di discrezionalita’, ma non per cio’ solo e’ anche necessitata, nel senso che l’inattivita’ de qua non e’ un mero fatto giuridico, bensi’ va accertata e, soprattutto, ne va valutata l’imputabilita’, o meno, a comportamenti colpevolmente omissivi del soggetto

inerte;

     - nell’accertare l’inattivita’ del Cosenza come facente parte della Lega nazionale dilettanti, la FIGC “non ha tenuto conto che la ricorrente non ha prestato acquiescenza alla mancata sua iscrizione al Campionato di serie C/1, ne’ e’ stata espressamente dichiarata decaduta dall’iscrizione a quello di serie C/2. In tal caso, la ricorrente e’ ex se ancora parte della Lega nazionale professionisti di serie C, tant’e’ che ben potrebbe essere iscritta a detto Campionato, per il quale possiede perlomeno il titolo sportivo”.

     La FIGC deduce i seguenti motivi d appello:

     a) il provvedimento di decadenza e’ stato impugnato per saltum al Tar senza esperire i rimedi interni della giustizia sportiva, come previsto dall’art. 3 della legge n. 280/2002 e, in particolare, senza attivare il rimedio residuale del ricorso alla Corte Federale;

     b) proprio la possibilita’ di esperire rimedi interni non rende necessaria la partecipazione della societa’ al procedimento;

     c) non sussisteva l’obbligo d comunicare l’avvio del procedimento, trattandosi di attivita’ vincolata, riguardo a cui non vi era nulla da accertare (l’inattivita’ del Cosenza che non si era iscritto ad alcun campionato dilettantistico era pacifica) e sussistendo comunque ragioni di urgenza;

     d) e’ macroscopicamente erronea l’affermazione del Tar circa il possesso in capo al Cosenza del titolo sportivo, che ne avrebbe legittimato l’ammissione al campionato di serie C/2

     6.2. Il ricorso della FIGC e’ privo di fondamento.

     Innanzitutto, deve ritenersi infondata la censura relativa al mancato esperimento dei rimedi interni della giustizia sportiva, come previsto dall’art. 3 della legge n. 280/2002 e, in particolare, all’omessa attivazione del rimedio residuale del ricorso alla Corte Federale.

     In assenza di uno specifico ricorso interno alla FIGC avverso il provvedimento di decadenza dall’affiliazione, non puo’, infatti, ritenersi azionabile in via residuale lo strumento del ricorso alla Corte Federale, che puo’ essere adita “per la tutela dei diritti fondamentali personali o associativi che non trovino altri strumenti di garanzia nell’ordinamento federale” da “ogni tesserato o affiliato” (art. 32, comma 5, Statuto FIGC e art. 22, comma 3, Codice di giustizia sportiva FIGC).

     Il Cosenza proprio a seguito del provvedimento di decadenza non e’ piu’ un soggetto affiliato alla Federazione e, come tale, non era legittimato a ricorrere alla Corte Federale.

     Parimenti la perdita dell’affiliazione ha impedito al Cosenza di ricorrere alla Camera di conciliazione ed arbitrato per lo sport, competente appunto a pronunciarsi sulle controversi tra soggetti affiliati e federazioni.

     6.3. In relazione alla violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, si osserva che questa Sezione ha gia’ in passato ritenuto che il provvedimento di affiliazione delle societa’ sportive va inquadrato nell'ambito delle “ammissioni” amministrative, in quanto determina l'acquisizione di uno stato, appunto quello di soggetto dell'ordinamento sportivo, che postula il potere delle federazioni di inserire i sodalizi sportivi nelle proprie organizzazioni; che si tratta, quindi, di un provvedimento adottato dalla Federazione nell'esplicazione di un potere pubblicistico, a fronte del quale sono configurabili interessi legittimi giurisdizionalmente tutelabili davanti al giudice amministrativo per la loro incidenza sullo stato di associato e sulle facolta’ ad esso connesse; che di tale natura amministrativa partecipa anche la revoca dell'affiliazione, che si concreta nella espulsione delle societa’ affiliate dall'ordinamento sportivo, quando si verifichino circostanze che ne rendano la sopravvivenza inconciliabile con le finalita’ dell'ordinamento sportivo; che il provvedimento di revoca dall’affiliazione deve conseguentemente essere preceduto dalla comunicazione dell'avvio del procedimento di cui all'art. 7 della legge n. 241 del 1990, al fine di consentire di realizzare il contraddittorio partecipativo (Cons. Stato, VI, n. 1050/1995).

     Tali principi, che la Sezione ritiene di condividere e ribadire, sono certamente applicabili anche all’analogo provvedimento di decadenza dall’affiliazione, impugnato dal Cosenza.

     Si tratta di principi applicabili, anche in caso di possibilita’ di presentare ricorsi interni alla FIGC, non sussistente comunque nel caso concreto come affermato in precedenza (e’ errato ritenere che la previsione di un ricorso interno esoneri l’amministrazione, o un soggetto equiparato, dal comunicare l’avvio del procedimento).

     6.4. Correttamente il Tar ha rilevato l’assenza di ragioni di urgenza, idonee a giustificare la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, trattandosi di una vicenda che gia’ dal mese di luglio vedeva contrapporsi il Cosenza e la FIGC, che ha avuto quindi tutto il tempo per consentire la partecipazione della societa’ al procedimento di decadenza dall’affiliazione; ne’ sussistevano nel mese di novembre 2003 particolari ragioni che giustificassero l’urgenza di provvedere.

     6.5. Pur trattandosi di un provvedimento di carattere vincolato, l’accertamento del presupposto, previsto dalle disposizioni federali per la decadenza dall’affiliazione, doveva avvenire nel contraddittorio con la societa’ interessata, soprattutto in un caso, quale quello di specie, caratterizzato da un contenzioso ancora pendente su diverse questioni, tra cui proprio quella dell’ammissione ai campionati.

     L’art. 16, comma 2, lett. a, delle Norme Organizzative Interne Federali (NOIF), prevede, infatti, che “le societa’ decadono dall’affiliazione: a) se non prendono parte ovvero non portano a conclusione, a seguito di rinuncia o esclusione, l’attivita’ ufficiale”.

     Era pacifico che il Cosenza non avesse preso parte ad alcun campionato nella stagione 2003/2004, ma non altrettanto pacifica era l’imputabilita’ di tale mancata partecipazione soprattutto se valutata alla data di adozione del provvedimento impugnato (31-10-2003).

     Il contenzioso pendente con riguardo alla mancata ammissione al campionato di serie C/1, la straordinaria situazione venutasi a creare prima dell’inizio della stagione 2003/2004, che ha costretto il legislatore ad intervenire con un decreto legge e il nuovo contenzioso tra Cosenza e FIGC relativo anche all’applicazione dei poteri straordinari attribuiti a Federazione e CONI con il D.L. n. 220/2003 hanno costituito certamente elementi tali da far ritenere non imputabile al Cosenza la mancata partecipazione ad un campionato di calcio (mancata partecipazione che risulta cosi’ inidonea a giustificare il provvedimento di decadenza).

     Del resto lo stesso art. 16 delle NOIF prevede, al comma 2, la possibilita’ per il Presidente Federale di “mantenere l’affiliazione della societa’ ove ravvisi casi di forza maggiore o di particolare rilevanza, determinandone la collocazione negli organici dei campionati, sentito il Comitato o la Divisione interessata relativamente alle disponibilita’ di fatto esistenti negli stessi e disponendo a tal fine, in casi eccezionali, l’ampliamento della composizione numerica di uno o piu’ gironi in cui si articola la relativa attivita’”.

     Cio’ conferma la necessita’ di accertamenti di fatto circa la reale volonta’ di una societa’ di non partecipare ai campionati; accertamenti non svolti nel caso di specie, proprio a causa della violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990.

     Del resto, il Cosenza ha esaurito i gradi della giustizia sportiva in relazione alla contestata mancata ammissione al campionato di serie C/1 con la decisione dell’Arbitro unico, conosciuta nel solo dispositivo in data 27 agosto 2003 a soli 4 giorni dall’inizio dei campionati di serie C/1 e serie C/2 e ad appena dieci giorni dall’inizio dei campionati dilettantistici, apprendendo i motivi della decisione dell’Arbitro in data 13-11-2003, quando evidentemente non era piu’ possibile partecipare ad alcun campionato.

     Cio’ imponeva alla Federazione di valutare la reale volonta’ del Cosenza di non partecipare ad alcun campionato, mentre al contrario il Presidente della FIGC si e’ illegittimamente affrettato a dichiarare la decadenza del Cosenza dall’affiliazione in un momento (31-10-2003), in cui, oltre a non sussistere alcuna ragione di urgenza, ne’ il Cosenza ne’ lo stesso Presidente della FIGC conoscevano ancora le motivazioni del lodo dell’Arbitro unico, che sarebbero state pubblicate, a conclusione dei gradi della giustizia sportiva, solo il successivo 6 novembre.

     6.6. Correttamente, pertanto, il Tar ha anche sottolineato che l’impugnato provvedimento e’ pure viziato sotto il profilo del difetto dei presupposti per essere stata l’inattivita’ dichiarata per la ricorrente come facente

parte della Lega nazionale dilettanti.

     Al momento dell’adozione del provvedimento di decadenza non poteva, come appena detto, neanche considerarsi definitivamente concluso l’iter dei ricorsi interni alla giustizia sportiva e, come evidenziato dal Tar, il Cosenza non aveva prestato acquiescenza alla mancata iscrizione al Campionato di serie C/1.

     Le successive affermazioni del giudice di primo grado relative al fatto che il Cosenza non era stato espressamente dichiarato decaduto dall’iscrizione al campionato di serie C/2 e faceva ancora parte della Lega nazionale professionisti di serie C, (“tant’e’ che ben potrebbe essere iscritta a detto Campionato, per il quale possiede perlomeno il titolo sportivo”) non possono che essere intese nel senso che la mancata definizione del contenzioso, anche di giustizia sportiva, non consentiva ancora un giudizio definitivo circa il campionato, cui il Cosenza poteva essere iscritto e, di conseguenza, l’inattivita’, oltre a non essere imputabile alla ricorrente, non doveva necessariamente essere riferita ad alcun determinato campionato.

     Intese in altro senso tali affermazioni non sarebbero corrette, in quanto in sede di esame di un ricorso avverso un provvedimento di decadenza dall’affiliazione al giudice spetta il compito di verificare la legittimita’ del provvedimento di decadenza, non quello di indicare a quale campionato iscrivere una societa’, trattandosi di questione estranea rispetto all’oggetto di un giudizio avente ad oggetto appunto la decadenza dall’affiliazione.

     6.7. Al fine di facilitare gli obblighi conformativi del presente giudicato ed anche in relazione alla rinnovazione del procedimento di decadenza dall’affiliazione, cui ha fatto riferimento la difesa della FIGC all’odierna udienza, appare opportuno chiarire che la FIGC in tale nuovo procedimento non potra’ limitarsi a sanare la violazione procedimentale dell’art. 7 della legge n. 241/1990, ma dovra’ tenere presente che con la presente decisione e’ stato anche accertato che la mancata partecipazione della societa’ ricorrente ai campionati di calcio nella stagione 2003/2004 non puo’ essere causa di decadenza dall’affiliazione, non essendo l’inattivita’ del tutto imputabile al Cosenza.

     La FIGC dovra’ quindi verificare, allo stato attuale, la volonta’ del Cosenza di partecipare ai campionati di calcio e, in caso di riscontro positivo, dovra’, anziche’ proseguire il procedimento per la decadenza dall’affiliazione, procedere ad individuare il campionato a cui il Cosenza puo’ essere iscritto, sulla base delle ordinarie disposizioni federali, dei criteri seguiti in fattispecie analoghe e degli eventuali presupposti per il ricorso a poteri di carattere straordinario, tenendo anche conto dei posti resi disponibili nei determinati campionati.

     In tali valutazioni la FIGC dovra’ considerare la particolarita’ del caso di una societa’ da iscrivere ad un campionato per la stagione 2004/2005, pur non avendo la stessa partecipato ad alcun campionato nella stagione precedente, ma non potra’ utilizzare tale elemento in maniera penalizzante rispetto alla posizione del Cosenza.

     7. In conclusione, devono essere respinti i ricorsi in appello principale ed incidentale proposti dalla FIGC, mentre, pronunciando sul ricorso in appello incidentale proposto dal Cosenza Calcio 1914 S.p.A., in parziale riforma della sentenza impugnata, devono essere respinti i ricorsi n. 8712/03 e n. 8642/03, che il Tar aveva invece dichiarato inammissibili.

     Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio, tenuto conto della novita’ delle questioni affrontate e della parziale reciproca soccombenza delle parti.

P. Q. M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge i ricorsi in appello principale ed incidentale proposti dalla FIGC.

     Pronunciando sul ricorso in appello incidentale proposto dal Cosenza Calcio 1914 S.p.A., in parziale riforma della sentenza impugnata, respinge i ricorsi n. 8712/03 e n. 8642/03 presentati in primo grado.

     Spese compensate.

     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorita’ amministrativa.

     Cosi’ deciso in Roma, il 2 luglio 2004 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

     Claudio Varrone     Presidente

     Carmine Volpe     Consigliere

     Francesco D’Ottavi     Consigliere

     Domenico Cafini     Consigliere

     Roberto Chieppa     Consigliere Est.

Presidente 

Consigliere Estensore                                                          Segretario 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 

il.....................................

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione 
 
 
 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 

Addi’.........................copia conforme alla presente e’ stata trasmessa  

al Ministero.............................................................................................. 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 

                                                                  Il Direttore  della Segreteria

 

 

 
 

 

 

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