CSM. Parere sul progetto di riforma dell’ordinamento giudiziario (Approvato dalla sesta commissione su proposta di Giuseppe Salmè – 08/07/2004
Consiglio superiore
della magistratura
Parere sul progetto di
riforma dell’ordinamento giudiziario
(Approvato dalla sesta
commissione su proposta di Giuseppe Salmè – 8 luglio 2004)
1. Premessa.
Il Consiglio superiore della magistratura ha già
espresso pareri, ai sensi dell’art. 10 secondo comma della legge n. 195 del
1958, sia sul disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri il 14 marzo
2002, recante la delega per la riforma dell’ordinamento giudiziario e
disposizioni in materia di conferimento delle funzioni di legittimità e di
organico della corte di cassazione (delibera 12 giugno 2002), sia sugli
emendamenti (c.d. “maxiemendamento”) a tale disegno di legge approvati dal
Consiglio dei ministri il 12 marzo 2003 (delibera 22 maggio 2003). Entrambi i
pareri sono stati pubblicati nel volume n. 136 dei Quaderni del Csm.
Con nota del 28 giugno 2004, pervenuta il giorno
successivo, il Ministro della giustizia ha chiesto un ulteriore parere sul testo
che ha formato oggetto di un secondo “maxiemendamento” che recepisce, con
rilevanti modificazioni, il testo approvato dalla Commissione Giustizia della
Camera nella seduta dell’11 maggio 2004. Sul secondo “maxiemendamento” il
Governo ha chiesto e ottenuto la fiducia nella seduta della Camera dei deputati
del 29 giugno, nella quale è stato approvato l’intero disegno di legge.
La ristrettezza del tempo a disposizione impone al
Consiglio di limitare il presente parere ai soli aspetti innovativi rispetto
alla normativa esaminata nei precedenti pareri, ai quali integralmente si
rinvia.
2. Profili di illegittimità costituzionale.
Nei precedenti pareri sono stati indicati i profili
di illegittimità costituzionale che si pongono sia sul piano generale (in
relazione alla mancanza o assoluta genericità di alcuni principi direttivi
della delega legislativa e alla mancata previsione dell’obbligo di chiedere
pareri al Csm sui decreti delegati) che in relazione a singoli istituti. Il
nuovo testo non consente di superare i rilievi già espressi e anzi fa sorgere
ulteriori dubbi.
Salvi alcuni aspetti, maggiormente legati alla
normativa di dettaglio, che saranno illustrati in sede di trattazione specifica,
si intendono ora evidenziare le questioni di maggiore rilevanza.
a)
Un primo ordine di problemi si pone
con riferimento alla sfera di competenza attribuita dall’art. 105 Cost. al Csm.
Quanto al concorso per l’accesso in magistratura,
l’art. 106 Cost. prevede che le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso e
l’art. 105 che il Consiglio provvede all’assunzione dei magistrati. La
disciplina costituzionale non impedisce che la legge preveda che per la
selezione concorsuale il Csm si possa avvalere di un organo tecnico ausiliario
(la commissione di concorso), ma certamente prescrive che di tale fase il Csm
sia l’esclusivo responsabile, affinchè sia garantita oggettività e
imparzialità della selezione, indispensabile premessa di un esercizio
indipendente della giurisdizione a garanzia dell’eguaglianza dei cittadini
davanti alla legge.
Pertanto, desta perplessità la previsione di uno
specifico requisito di ammissione alle prove orali consistente nella positiva
valutazione del candidato in “test di idoneità psico-attitudinali all’esercizio
della professione di magistrato anche in relazione alle specifiche funzioni
indicate nella domanda di ammissione”, test che, evidentemente, sono cosa
diversa dall’accertamento della salute psico-fisica, prevista per la fase
successiva al superamento del concorso. Infatti, a parte la difficoltà di
individuare i parametri oggettivi in base ai quali dovrebbe essere effettuata la
valutazione dei candidati in relazione all’idoneità psico-attitudinali
all’esercizio della funzione requirente distinta dall’idoneità all’esercizio
della funzione giudicanti, non è indicata l’autorità istituzionale o
scientifica competente a indicare i “modelli” di giudice e di pubblico ministero
in relazione ai quali andrebbero elaborati i test psico – attitudinali, nè
sono indicati i soggetti ai quali dovrebbe essere affidata la somministrazione e
l’interpretazione tecnica dei risultati dei test e non è indicato l’organo che
dovrebbe formulare il giudizio finale di ammissione agli orali, tenendo conto
che della commissione d’esame fanno parte solo magistrati e professori
universitari delle materie oggetto dell’esame stesso e non esperti in discipline
psicologiche.
Il meccanismo generalizzato di concorsi (diciotto
per l’attribuzione di qualifiche e quattro per l’attribuzione di funzioni) che
il testo in esame lascia sostanzialmente immutato rispetto al testo approvato
dal Senato e anzi contribuisce a complicare in modo significativo, appare poi in
contrasto sia con la norma (art. 106) che prevede soltanto il concorso per
l’ammissione in magistratura, sia con il divieto di distinzione dei magistrati,
se non per le funzioni svolte (art. 107), “non potendosi nell’ambito di tale
distinzione operare alcuna classificazione gerarchica” e sia con l’attribuzione
al Csm della competenza a procedere alle assegnazioni e alle promozioni (art.
105), dovendo il Csm attenersi alle valutazioni formulate dalle commissioni
salvo che “non vi ostino specifiche e determinate ragioni delle quali deve
fornire dettagliata motivazione” (cosi’ all’art. 2, comma 1, lettera l, numeri
3.5, 4.5, 7.5, 9.5. relativi al conferimento delle funzioni d’appello e di
legittimità). Poichè si tratta di sistema di difficile o quanto meno
problematica attuazione sul piano pratico, per l’enorme numero di concorsi e di
commissioni, si pone anche un problema di conformità al principio di buon
andamento dell’amministrazione (art. 97 Cost.), che, come è noto, è
applicabile anche all’amministrazione della giurisdizione.
Inoltre, la previsione di concorsi per soli titoli
e l’accentramento del focus valutativo su titoli professionali rende
ancor più evidente che nel testo originario come ci si trovi di fronte ad una
illegittima sottrazione delle funzioni relative alla promozione dei magistrati,
attribuite dalla Costituzione al CSM. Valutazione quantitativa (attraverso
statistiche comparate) e qualitativa (attraverso l’esame dei provvedimenti,
dell’autorelazione, dei pareri dei capi degli uffici e dei consigli giudiziari,
delle attività nel campo della formazione etc.) del lavoro giudiziario dei
magistrati in promozione è esattamente l’oggetto dell’attività della terza
commissione referente e della commissione per il conferimento degli uffici
direttivi.
Si vuole cioè osservare che, se puo’ avere una sua
consequenzialità interna al sistema prefigurato (anche se in contrasto con la
disciplina costituzionale) la previsione di commissioni esterne al Csm per
l’espletamento di esami, un’analoga previsione per effettuare valutazioni
comparative su titoli è solo rivelatrice dell’intento di svuotare il Consiglio
delle sue competenze.
Peraltro l’insoddisfazione per il pratico
funzionamento del vigente sistema di valutazione della professionalità dei
magistrati, che il Consiglio condivide, ben puo’ giustificare modifiche anche
incisive della normativa vigente (che invece non sono introdotte nel testo in
esame, nella parte in cui conserva il vigente sistema), soprattutto per quanto
attiene a una diversa e più riavvicinata cadenza temporale delle valutazioni
stesse e all’arricchimento delle fonti di conoscenza, ma non impone nè consente
di reintrodurre sistemi di selezione, nati in epoca anteriore alla Costituzione,
che hanno già dato cattiva prova (per essere basati sull’accertamento di
astratte qualità culturali, invece che delle effettive capacità professionali)
e che si pongono in contrasto con la disciplina costituzionale vigente. Il
Consiglio, peraltro, facendosi carico della necessità di innovare sul punto
delle valutazioni di professionalità e non potendo incidere con normativa
secondaria sulla periodizzazione, ha tuttavia introdotto significative
modifiche della propria circolare in materia, prevedendo l’obbligatoria
valutazione della produzione giudiziaria.
E’ previsto inoltre che ai fini dell’assegnazione
di uffici direttivi e semidirettivi, costituiscono titoli preferenziali
l’esercizio pregresso di funzioni omologhe, di incarichi di diretta
collaborazione col Ministro e di quelli di capo, vice capo e direttore generale
di dipartimento presso il Ministero della Giustizia. Salvo quanto sarà
osservato in merito a una norma transitoria avente oggetto analogo, deve dirsi
che mentre non v’è dubbio che debbono trovare adeguata valutazione in sede di
specifico concorso per le funzioni direttive e semidirettive le conoscenze e le
esperienze maturate, l’attribuzione ope legis di un titolo preferenziale
rischia di mortificare il potere valutativo del Csm e di irrigidire il sistema,
creando carriere parallele svincolate dall’accertamento in concreto di effettive
capacità organizzative e programmatorie. Si aggiunga poi che l’automatica
attribuzione del titolo preferenziale potrebbe risolversi nell’attribuzione al
Ministro di un anomalo potere di preordinare “carriere per dirigenti”; il che
ancora una volta contrasta con l’art. 105 Cost. e, salvo il dovere di leale
collaborazione, con la netta separazione tra competenze consiliari e
ministeriali che la norma costituzionale prescrive.
b)
Rimane anche nel testo di cui si
tratta la previsione di una Scuola superiore della magistratura completamente
staccata dal Csm, al quale è attribuito solo il potere di nomina di due dei
sette componenti del Comitato direttivo e un semplice potere di proposta in
ordine alla programmazione didattica. Sul punto, richiamati il parere del 22
maggio 2003 e la Relazione al Parlamento dedicata appositamente alla formazione
dei magistrati, deve essere solo sottolineato il rapporto tra formazione e
garanzia sostanziale dell’indipendenza e autonomia dei magistrati, che la
Costituzione affida al Csm. Soprattutto rimane ed è aggravata la commistione
tra attività di formazione e valutazione di professionalità. Tale commistione
pone il problema della costituzionalità della disciplina prefigurata rispetto
al disposto dell’art. 101 Cost., che vieta qualsiasi soggezione del magistrato
se non alla legge. Una formazione dei magistrati che, anche per il nesso con l’attività
di valutazione, oltre che per una gestione del tutto separata e incontrollata
della Scuola, sia inevitabilmente volta a produrre omologazione e subalternità,
si pone in netto contrasto con la garanzia di indipendenza interna ed esterna,
sulla quale poggia l’effettiva eguaglianza dei cittadini davanti alla legge.
c)
Il divieto assoluto di mutamento di
funzioni dopo cinque anni dall’ingresso in magistratura e la forte
disincentivazione nell’ambito del periodo in cui tale mutamento è consentito,
introdotti nel testo in esame, operano, sostanzialmente una separazione delle
carriere, in contrasto con l’art. 102, 1° comma Cost., che attribuisce
l’esercizio della funzione giurisdizionale indifferentemente ai giudici e ai
pubblici ministeri, e con l’art. 104, che considera giudici e p.m. componenti di
un unico ordine. Di tale necessaria unità delle carriere vi è riflesso
nell’art. 105 Cost. che prevede un unico organo di governo autonomo per i
magistrati che esercitano le diverse funzioni. Diversità di funzioni che l’art.
107 Cost. consente sia presa in considerazione ai soli fini di una diversa
disciplina, appunto, funzionale, mentre la norma costituzionale vieta che, al
contrario, possa essere posta a fondamento di una diversità di disciplina
ordinamentale.
d)
Desta forti perplessità, finendo per
produrre una vera e propria alterazione dell’assetto costituzionale dei rapporti
tra C.S.M. e Ministro della giustizia, la disposizione che prevede il potere del
Ministro stesso di ricorrere dinanzi al giudice amministrativo avverso le
delibere consiliari di conferimento o di proroga degli incarichi direttivi
adottate in contrasto con l’avviso espresso dal Ministro. Gli eventuali
contrasti in materia conoscono infatti un mezzo di risoluzione tipico,
rappresentato dal conflitto di attribuzioni tra i poteri dello Stato, la cui
decisione è demandata dall’art.134 Cost. alla Corte costituzionale, la quale
più volte ha riconosciuto l’ammissibilità di questo rimedio proprio nella
specifica materia del conferimento degli incarichi direttivi, dichiarando
espressamente che in essa vengono in rilievo le attribuzioni costituzionali del
C.S.M. e del Ministro della giustizia ( artt.105 e 110 ) (ord.ze n.112 del 2003
e n.184 del 1992 ). Ora, proprio la natura costituzionale delle rispettive
competenze, giustifica la conclusione secondo la quale eventuali contrasti
possono trovare soluzione soltanto mediante l’elevazione del conflitto di
attribuzioni, mentre una legittimazione extra ordinem del Ministro ad
impugnare la determinazione del C.S.M. dinanzi al giudice amministrativo finisce
inevitabilmente per al