Garanti Ue: non si possono conservare tutti i dati di traffico Internet
Ci vuole proporzione e un’esigenza concreta per specifiche
indagini di polizia e giudiziarie
Imporre la
conservazione preventiva a tutti i provider, in maniera indiscriminata e per un
certo periodo di tutti i dati di traffico (telefonico, Internet, di posta
elettronica), a prescindere dal fatto che siano stati richiesti per concrete
esigenze di indagini giudiziarie e di polizia, è contrario ai principi
fondamentali della protezione dei dati e alla Convenzione europea dei diritti
umani.
Questo, in
sintesi, il recente parere dei Garanti della privacy dei 25 Paesi europei
(9/2004, presto disponibile all’indirizzo
http://www.europa.eu.int/…) adottato dal Gruppo che riunisce a Bruxelles
le Autorità europee per la protezione dei dati. Il parere, che ribadisce
principi più volte affermati, riguarda la valutazione della proposta di
decisione-quadro del Consiglio Ue presentata da quattro Paesi europei (Francia,
Irlanda, Regno Unito, Svezia – doc. 8958/04 del 28 aprile 2004), volta ad
obbligare i Paesi europei a conservare obbligatoriamente, per un periodo di
12-36 mesi, tutti i dati di traffico utilizzati dai provider per fornire servizi
di comunicazione, a prescindere dal fatto che ne sia stata richiesta copia a
fini di prevenzione, indagini, accertamento e perseguimento di reati, compresi
atti di natura terroristica.
Contro la
proposta dei quattro paesi si erano già levate numerose critiche da più parti
(fornitori di servizi Internet, associazioni per la difesa dei diritti civili,
singoli utenti, vedi Newsletter
18 – 31 ottobre 2004), che avevano evidenziato da un lato la sostanziale
inutilità ai fini di un’efficace azione di contrasto del crimine (forze
dell’ordine e magistratura chiedono solo di rado di accedere a dati di traffico
risalenti a periodi superiori a sei mesi), dall’altro i problemi ed i costi
considerevoli che essa comporterebbe per tutti i gestori e fornitori di servizi
telefonici o telematici.
Oggi, tali
critiche acquistano ulteriore significato alla luce del documento dalle
autorità di protezione dei dati le quali sottolineano, in primo luogo, di
essersi espresse numerose volte attraverso puntuali prese di posizione tese ad
evidenziare la necessità di rispettare i principi di protezione dei dati
(proporzionalità, pertinenza, finalità specifica) nel gestire la conservazione
dei dati di traffico anche per finalità giudiziarie o di polizia. Valga, per
tutti, il parere 10/2001 sulla necessità di un approccio equilibrato alla lotta
contro il terrorismo, adottato all’indomani degli attentati alle Torri Gemelle
di New York (vedi
Newsletter 7 – 13 gennaio 2002). Una sintesi ragionata di tali documenti è
allegata al testo del parere.
Tuttavia,
nell’utilizzare i dati di traffico per le finalità indicate, è necessario
rispettare la Convenzione europea dei diritti umani. Il relativo articolo 8(2)
stabilisce, infatti, che un’interferenza nella vita privata delle persone – come
quella che si verrebbe a configurare sulla base della proposta dei quattro Paesi
Ue – è ammissibile soltanto se ha un adeguato fondamento giuridico, se risponde
a criteri di necessità nel quadro di una società democratica, e se è conforme
agli scopi legittimi previsti dalla Convenzione stessa.
I Garanti
hanno preferito non soffermarsi sull’esistenza di un fondamento giuridico, visto
che il dibattito in seno al Consiglio è ancora ad uno stadio iniziale, mentre
hanno focalizzato la propria attenzione sul rispetto degli altri due criteri. La
necessità di una misura del genere in una società democratica è apparsa assai
dubbia, anche alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti
umani. La Corte ha fatto riferimento in proposito all’esistenza di “pressanti
esigenze sociali†per adottare queste misure, che non sembrano sussistere nel
caso specifico. Nè sembra di poter concludere che le finalità della
conservazione a priori dei dati di traffico siano esclusivamente quelle citate
(prevenzione, indagini, accertamento, perseguimento di reati), data l’enorme
mole di informazioni che si renderebbe disponibile e la non pertinenza di gran
parte di tali informazioni rispetto alle finalità in oggetto.
In sostanza,
introducendo questa disposizione si trasformerebbe quella che deve restare
un’eccezione (la sorveglianza delle comunicazioni in una regola: tutti gli
utenti, e non solo i potenziali sospetti o i criminali, ne verrebbero investiti
secondo un approccio chiaramente sproporzionato.
I Garanti
fanno notare, inoltre, che la proposta di decisione-quadro viene avanzata quando
molti Paesi dell’UE non hanno ancora ratificato la Convenzione sul cybercrime
che pure avevano firmato nel 2001, la quale prevede un approccio radicalmente
diverso rispetto alla conservazione dei dati di traffico: ossia, solo i dati
riferiti a specifiche utenze oggetto di indagini e/o ragionevoli sospetti
sarebbero da conservare, per poi essere cancellati immediatamente al termine dei
relativi accertamenti. L’Unione europea non puo’ permettersi di adottare uno
strumento che contraddice i principi di una Convenzione alla quale ha aderito la
quasi totalità degli Stati membri