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Indagini e diritto di cronaca. Cautela nell’informare sulle prime fasi di indagine, anche per non identificare eventuali minori coinvolti

I nomi degli
indagati e degli arrestati possono essere resi noti, ma il giornalista deve
valutare con cautela i giudizi sulle persone indagate nei primi passi delle
indagini e la stessa necessità di divulgare subito le generalità complete di
chi si trova interessato da una indagine ancora in fase iniziale. La diffusione
dei nomi delle persone indagate o arrestate potrebbe mettere a rischio la stessa
riservatezza di minori coinvolti nell’indagine giudiziaria.

Questi principi
sono stati riaffermati dal Garante in occasione di un caso recente, di cui hanno
dato notizia alcuni giornali locali del Veneto, relativo all’arresto di un uomo
sospettato di aver compiuto atti osceni in pubblico nei confronti di una minore
e accusato poi, dopo una perquisizione, di detenere materiale pedo-pornografico.
Il Garante richiama, ancora una volta, l’attenzione di giornalisti e forze di
polizia sulla necessità di adottare ogni opportuna cautela nella diffusione di
nomi e di foto di protagonisti in casi per i quali i reati sono ancora in via di
accertamento preliminare e che, per giunta, vedono coinvolti minori in fatti
delicati che attengono al pudore e alla vita sessuale.

L’Autorità ha
sottolineato come la diffusione dei nomi delle persone indagate o sottoposte a
giudizio, pur legittima in alcuni casi se sussistono i presupposti del diritto
di cronaca e non ci sono motivi di segretezza, deve essere valutata anche in
ragione delle garanzie riconosciute all’indagato e all’imputato (come la stessa
presunzione di non colpevolezza fino a condanna definitiva), anche allo scopo di
evitare che la stessa divulgazione di nomi e precisi dettagli possa determinare
danni ai minori vittime del reato, rendendoli indirettamente identificabili.

Particolare
attenzione deve essere prestata nella divulgazione di informazioni da parte
delle forze di polizia, chiamate a selezionare preventivamente i dati da rendere
pubblici, in particolare riguardo a dati personali non indispensabili, come ad
esempio il luogo di residenza dei minori, l’indirizzo dove sarebbe avvenuta la
presunta violenza, la foto dell’interessato.

 

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