La promessa di pagamento, al pari della ricognizione di debito, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma ha soltanto effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale. CASSAZIONE CIVILE, Sezione III, Sentenza n. 12292 del 05/07/20
Con la seguente sentenza la
Suprema Corte di Cassazione ha inteso fare riferimento ad un principio di
diritto ben consolidatosi a seguito della varie pronunce giurisprudenziali,
ossia quello secondo cui la promessa di pagamento, al pari della ricognizione di
debito, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma ha soltanto effetto
confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, venendo ad operarsi, in
forza dell’art. 1988 c.c. un’astrazione meramente processuale della causa
debendi, comportante una semplice relevatio ab onere probandi per la quale il
destinatario della promessa è dispensato dall’onere di provare l’esistenza del
rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria (v. per es. Cass.
11 dicembre 2000, n. 15575; Cass. 9 febbraio 2001, n. 1831; Cass. 10 agosto
2002, n. 11426). Inoltre conferma che non è ravvisabile una rinuncia anche
implicitamente del vantaggio dell’inversione dell’onere della prova di un
rapporto fondamentale derivante dalla titolarità di una promessa di pagamento
(art. 1988 cod. civ.), se il promissario si limita ad indicare il rapporto
fondamentale (cosiddetta promessa titolata), ovvero, in subordine al non
accoglimento della domanda principale fondata sulla promessa, offra di provare
il rapporto ad essa sottostante (Cass. 18 luglio 1997, n. 6642).
La massima è infine
riscontrabile nell’affermazione secondo cui “il ricorrente -che, in sede di
ricorso per cassazione lamenti la mancata ammissione di una prova testimoniale-
ha l’onere di indicare specificamente le circostanze che formavano oggetto della
prova, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della
decisività dei fatti da provare, controllo che per il principio
dell’autosufficienza del ricorso va compiuta sulla sola base del ricorso stesso,
senza possibilità di integrazione con altri atti”.
CASSAZIONE CIVILE, Sezione III, Sentenza n. 12292 del 05/07/2004
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri
Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo –
Presidente –
Dott. MAZZA Fabio – Consigliere
–
Dott. PETTI Giovanni Battista –
Consigliere –
Dott. MANZO Gianfranco – rel.
Consigliere –
Dott. SPIRITO Angelo –
Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
GAROTTA GRAZIELLA,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI TORREVECCHIA 179, presso lo studio
dell’avvocato EGIDIO LANARI, che la difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
ANGLISANI UMBERTO,
elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE DELLE MILIZIE 9, presso lo studio
dell’avvocato DANTE CRISANTI, che lo difende anche disgiuntamente all’avvocato
GIUSEPPE VALLINO, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1580/00
della Corte d’Appello di MILANO, Sezione I Civile, emessa il 30/05/00 e
depositata il 16/06/00 (R.G. 940/99);
udita la relazione della causa
svolta nella Pubblica udienza del 31/03/04 dal Consigliere Dott. Gianfranco
MANZO;
udito l’Avvocato Dante CRISANTI
(per delega avvocato Alessandro SPERATI);
udito il P.M. in persona del
Sostituto Procuratore Generale Dott. CAFIERO Dario che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Graziella Garotta conveniva in
giudizio dinanzi al Tribunale di Milano Umberto Anglisani opponendosi al
precetto notificatole su istanza di quest’ultimo e col quale le si intimava il
pagamento della somma di lire 34.594.690, in forza di assegno bancario di lire
30.000.000 tratto dalla medesima sulla Banca Commerciale italiana in favore
dell’Anglisani. L’opponente deduceva di avere acquistato dall’Anglisani n. 4000
quote di una società per il prezzo di lire 30.000.000 e di aver consegnato a
garanzia del pagamento l’assegno bancario in questione privo di data e del luogo
di emissione.
Effettuato il pagamento,
chiedeva la restituzione dell’assegno, rifiutata dall’Anglisani che anzi metteva
all’incasso l’assegno stesso e intimava precetto sulla base del titolo
protestato.
L’opponente chiedeva quindi di
dichiarare l’inefficacia dell’assegno e l’inesistenza del credito vantato dall’Anglisani.
Il convenuto opposto si
costituiva in giudizio contestando il fondamento dell’opposizione. Rilevava che
le parti in causa si erano accordate per costituire una società per la
progettazione di apparecchiature elettroniche, pattuendo che le spese sarebbero
state ripartite in parti uguali. In realtà gli esborsi erano stati quasi
interamente da lui sostenuti. A titolo di rimborso delle spese anticipate, la
Garotta gli aveva consegnato l’assegno di 30.000.000.
Accertati i rapporti di debito
e di credito tra le parti e risultando la Garotta debitrice di lire 18.000.000,
egli le aveva consegnato un proprio assegno per 12.000.000, con cio’ compensando
la differenza tra il proprio effettivo credito e l’importo di 30.000.000 portato
dall’assegno in questione.
Il Giudice istruttore
ingiungeva all’opponente a norma dell’art. 186 ter c.p.c. il pagamento della
somma di lire 30.000.000. Alla causa veniva riunita altra causa promossa dalla
Garotta di opposizione all’esecuzione iniziata dall’Anglisani in forza del
medesimo assegno.
Il Tribunale dichiarava
l’inesistenza del diritto dell’Anglisani di procedere all’esecuzione in forza
dell’assegno bancario posto a fondamento del precetto, ma ravvisando in esso gli
estremi della promessa di pagamento, condannava la Garotta a corrispondere alla
controparte la somma portata dal titolo con gli interessi.
La Garotta proponeva appello.
L’Anglisani contestava il fondamento dell’impugnazione e proponeva a sua volta
appello incidentale. La Corte d’appello di Milano rigettava sia l’appello
principale che quello incidentale.
Avverso questa sentenza
Graziella Garotta propone ricorso per Cassazione affidato a quattro motivi.
Umberto Anglisani resiste con controricorso, illustrato da memoria.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la
ricorrente deduce la ®violazione e falsa applicazione dell’art. 244 c.p.c. e del
principio della contestualità della prova¯, nonchè la "insufficiente ed
erronea motivazione della sentenza di primo grado", la "assenza in motivazione
di ogni riferimento alle produzioni documentali", la "insufficiente trattazione
ed istruzione della causa". La decisione era fondata su un’erronea motivazione.
Secondo quanto esposto, era stata fornita, in via documentale, piena prova del
rapporto sottostante alla dazione dell’assegno in contestazione e, cioè, che la
dazione dell’assegno era collegata ad una vendita di fissati bollati. Infatti in
primo grado aveva prodotto: l’assegno bancario per l’importo di lire 30.000.000
in favore dell’Anglisani, con data in bianco; lo stesso assegno come
abusivamente riempito con la data del 7 giugno 1993 dallo stesso Anglisani il
quale provvedeva cosi’ a porlo all’incasso; copia del fissato bollato datato 16
dicembre 1991 attestante la cessione di n. 4000 quote della s.r.l. Sell
Elettronic; attestazione di trasferimento di titoli per un importo complessivo
di lire 25.000.000; ulteriore assegno tratto su Comit per l’importo di lire
5.000.000. Aveva inoltre provato che la cessione delle quote non era stata mai
perfezionata. La ricorrente rileva inoltre che la dazione dell’assegno bancario
in contestazione, consegnato verso la fine del 1991 con la sola indicazione del
beneficiario e privo di data, coincideva con la stravagante operazione di
cessione di quote di una società a responsabilità limitata (che avveniva
appunto nell’ultimo mese del 1991), da considerarsi nulla per mancanza assoluta
dell’oggetto e della causa. A fronte di tutto cio’ non erano chiari i motivi
sulla base dei quali i giudici di merito avevano potuto ritenere gli assunti
della esponente privi di prova. In ogni caso la motivazione della sentenza era
del tutto carente, non essendosi tra l’altro considerati i documenti depositati.
Con il secondo motivo la
ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1998 c.c. e il vizio di motivazione
della sentenza impugnata. La ricorrente premette che la promessa di pagamento da
luogo ad un’astrazione, meramente processuale della causa debendi comportante
una semplice relevatio ab onere probandi per la quale il destinatario della
promessa è esentato di provare l’esistenza del rapporto fondamentale, con il
conseguente venir meno di ogni effetto vincolante della promessa ove rimanga
giudizialmente provato che il rapporto fondamentale non è mai sorto o si è
estinto. Deduce quindi che era stato pienamente provato il rapporto fondamentale
al quale era ricollegabile la dazione dell’assegno in contestazione, tanto da
determinare il superamento della presunzione. Nel caso di specie i giudici di
merito, con una motivazione insufficiente ed inadeguata e del tutto erronea,
avevano statuito che l’assegno di lire 30.000.000, pacificamente consegnato alla
fine del 1991 e temporalmente collegato con l’operazione, da considerarsi nulla,
di pretesa vendita di fissati bollati, fosse invece da rapportarsi, sotto il
profilo sostanziale, ad un preteso credito dell’Anglisani, successivo di circa
due anni rispetto al momento della dazione dell’assegno stesso.
E Solo in forza di cio’ la
sentenza impugnata doveva essere annullata e cassata.
Nell’ambito della stesso
motivo, la ricorrente deduce che secondo la giurisprudenza di legittimità, la
situazione di vantaggio accordata al promissario dall’art. 1988 c.c., con la
dispensa dall’onere di dimostrare il rapporto fondamentale (da presumersi iuris
tantum), puo’ essere oggetto di rinuncia da parte del promissario medesimo, non
solo esplicita, ma anche implicita, come nel caso in cui egli indichi il
rapporto sottostante offrendosi di darne la prova. In tale ipotesi, trovano
applicazione i normali principi sull’onere della prova, non operando più
l’inversione di detto onere contemplata dal citato art. 1988 c.c.. L’Anglisani
aveva preteso di provare che il rapporto sostanziale sottostante la dazione
dell’assegno fosse proprio il rapporto economico discendente dalla costituzione
di una società, la New Generation s.r.l, costituita dai sig.ri Umberto
Anglisani e Graziella Garotta, unitamente ad altri soggetti. In buona sostanza
controparte aveva preteso di dimostrare il rapporto fondamentale, ed i giudici
di merito avevano confermato tale costruzione, ponendo a fondamento della
decisione l’esistenza di un rapporto diverso da quello dedotto dall’attrice e
relativo unicamente a pretese spese di costituzione di una società dall’Anglisani,
il quale tuttavia non aveva provato l’esborso anticipato.
1.1. I due motivi, che per
evidenti motivi di connessione possono essere trattati congiuntamente, sono
infondati.
<p class="MsoNormal" s