Privacy e televisione: quando si ha il diritto di non ricomparire in tv
Viene ripresa dalle telecamere durante un processo
penale mandato in onda nel corso di una trasmissione televisiva. Quelle
immagini, che la ritraevano mentre reagiva alla richiesta di condanna nei confronti
della persona a cui era allora legata sentimentalmente, vengono ritrasmesse a
distanza di 16 anni. La donna, ormai inserita in un contesto sociale diverso,
vede lesa la sua reputazione e dignità. E il Garante le dà ragione.
Nell’affrontare il caso, con un provvedimento di
cui è stato relatore Mauro Paissan, l’Autorità ha stabilito che esiste per
l’interessata il diritto
di non essere più ricordata pubblicamente, a distanza di molti anni, per
quell’episodio della sua vita. La riproposizione di un delicata vicenda
giudiziaria e personale ha leso il suo diritto di veder rispettata la propria
rinnovata dimensione sociale e affettiva cosi’ come essa si è venuta definendo
successivamente alla vicenda. E questo – ha spiegato il Garante – anche in
relazione al proprio diritto dall’identità personale e al diritto alla
protezione dei dati personali. Le immagini che ritraggono la donna e le sue
reazioni emotive nel corso del processo, per giunta, contrastano con il
principio dell’essenzialità dell’informazione trattandosi di una persona
presente tra il pubblico ed estranea al processo.
Le immagini erano state mandate per la prima volta in
onda nel corso della trasmissione Rai "Un giorno in pretura", nel
1988, e ritrasmesse nel 2004.
Nel suo provvedimento l’Autorità ha richiamato per
l’interessata il cosiddetto "diritto all’oblio" e ha osservato che le
riprese effettuate, a differenza di quanto sostenuto dalla Rai, consentono per
la loro tipologia il riconoscimento della donna. Esse ritraggono una persona
che era già adulta all’epoca del processo, le cui sembianze non erano
destinate a subire necessariamente mutamenti significativi nel tempo. Le
immagini trasmesse, la cui liceità era stata contestata già a suo tempo
dall’interessata, non rispettano, inoltre, il principio dell’essenzialità
dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico poichè si riferiscono
ad una persona estranea al processo e poi collegata alla vicenda solo in virtù
della relazione sentimentale, successivamente emersa, con uno degli imputati.
L’utilizzazione delle immagini di repertorio, richiedeva dunque, ad avviso del
Garante, l’adozione di alcune cautele per non rendere identificabile la donna.
L’Autorità ha cosi’ imposto il divieto di ulteriore
diffusione delle immagini.
"Giornali e tv – afferma Mauro Paissan,
componente del Garante e relatore del provvedimento –
non hanno il diritto
di bloccare l’identità di una persona a episodi di anni e anni fa.
Soprattutto, come in questo caso, se si tratta di persone non protagoniste
principali dei fatti. La questione del cosiddetto "diritto all’oblio"
– sottolinea Paissan – è particolarmente rilevante in Internet (v. anche Newsletter
21 – 27 marzo 2005, dove con i motori di ricerca posso riportare a vita
notizie che i vecchi giornali avrebbero dopo un po’ di tempo confinato negli
archivi polverosi delle società editrici e di qualche biblioteca".