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Dati sanitari e convinzioni etiche: quando l’ospedale e i giornali violano la sfera più riservata

Anche quando la vicenda di una persona in gravi
condizioni di salute, per le implicazioni che comporta riguarda un fatto di
interesse pubblico, i giornalisti devono rispettare la riservatezza e la dignità
dell’individuo. Non devono essere divulgate nè pubblicate informazioni non
indispensabili, specie se di natura strettamente clinica, nè dati relativi ai
familiari della persona, dalle quali magari si possono desumere le loro
convinzioni etico-religiose. La diffusione di queste informazioni comporta una
grave lesione dei diritti della persona.

L’ultimo richiamo del Garante a strutture sanitarie e
giornalisti riguarda il caso di una donna in stato di gravidanza ed in coma
irreversibile e della decisione, particolarmente delicata, di tenerla
eventualmente in vita artificialmente per consentire la nascita prematura del
figlio nonostante i gravi rischi di malformazioni, decisione sulla quale si
sono per giorni confrontati medici e familiari.

Nel provvedimento (adottato, a seguito
della segnalazione del fratello della donna, dal Collegio presieduto da
Francesco Pizzetti e di cui è stato relatore Mauro Paissan), l’Autorità
spiega come negli articoli comparsi su un grande quotidiano nazionale siano
state riportate informazioni che violano la riservatezza: le iniziali del nome
e cognome della donna, la città, l’età, la professione svolta, il nome della
madre, la composizione della sua famiglia e il cognome della vicina di casa.
Sono stati resi noti anche
la professione e il luogo di residenza del marito,
nonchè le iniziali, la
professione e il luogo di residenza del fratello. L’insieme
di queste notizie ha reso identificabili gli interessati specialmente
nell’ambito del loro contesto territoriale.

Fornire queste informazioni, sottolinea il relatore
Paissan, è in contrasto con i limiti imposti dal codice di deontologia per i
giornalisti, in particolare con il principio di essenzialità dell’informazione.

Gli articoli hanno riportato, inoltre, le valutazioni
che il marito e il fratello della donna avrebbero espresso al personale medico
riguardo alla delicata decisione sulla nascita del figlio. In questo modo si è
violata la loro privacy, divulgando dati relativi ad intime valutazioni
personali su complessi temi di carattere etico-religioso.

Sono stati, infine, riferiti particolari di interesse
strettamente clinico sulle gravi condizioni di salute dell’interessata,
violando, anche qui, quanto espressamente previsto dal codice di deontologia
dei giornalisti.

A questo proposito il Garante ha stigmatizzato in
particolare il comportamento illecito tenuto dal personale sanitario: le
informazioni fornite alla stampa non possono essere state rilasciate che dalla
struttura sanitaria, la quale, in assenza di un preciso consenso da parte dei
familiari, ha violato gli obblighi del segreto professionale.

Il Garante ha richiamato gli editori del quotidiano
al rispetto dei principi sanciti dalla normativa sulla privacy e ha chiesto
all’azienda ospedaliera di rafforzare le misure a protezione dei dati personali
dei pazienti, vigilando sulla loro osservanza.

 

Attività giornalistica – Diffusione non conforme di dati sanitari e
convizioni religiose – 13 luglio 2005

 

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI
DATI PERSONALI

Nella riunione odierna, in presenza del prof. Francesco
Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vicepresidente,
del dott. Mauro Paissan, del dott. Giuseppe Fortunato, componenti e del dott.
Giovanni Buttarelli, segretario generale;

VISTA la segnalazione presentata da XY in
relazione ad articoli pubblicati dal quotidiano La Repubblica;

VISTA la nota della Direzione sanitaria dell’Azienda
ospedaliera universitaria San Martino di Genova;

VISTI gli artt. 22, comma 8, 31, 33, 81, 83 del
Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n.
196) e l’allegato disciplinare tecnico in materia di misure minime di sicurezza
(Allegato B);

VISTI gli artt. 137 e 139, comma 1, del medesimo
Codice in materia di protezione dei dati personali e l’allegato codice
deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio
dell’attività giornalistica (Allegato A 1);

VISTI gli atti d’ufficio e le osservazioni formulate
dal segretario generale ai sensi dell’art 15 del regolamento n. 1/2000;

RELATORE il dott. Mauro Paissan;

PREMESSO:

E’ stata segnalata al Garante una violazione delle
disposizioni in materia di protezione dei dati con riferimento alla
pubblicazione, da parte del quotidiano La Repubblica (edizione del
GG, GG e GG gennaio 2005), di alcune informazioni relative alla vicenda
che ha coinvolto la sig.a XZ -degente nell’Ospedale San Martino di Genova,
in stato di gravidanza e in coma irreversibile- e taluni suoi familiari. La
vicenda riguardava, in particolare, il confronto di posizioni tra medici e
familiari sulla decisione da prendere in ordine all’eventualità di tenere
artificialmente in vita la donna al fine di consentire la nascita del figlio;
decisione delicata, avuto riguardo agli specifici rischi che un parto prematuro
avrebbe comportato sulla salute di quest’ultimo.

Il segnalante (fratello della degente) ha lamentato
che nei suddetti articoli sono state pubblicate informazioni sulle condizioni
cliniche della donna, nonchè il contenuto delle conversazioni tra il personale
medico e i familiari di quest’ultima in ordine alle decisioni da assumere. Le
informazioni, idonee a rivelare pubblicamente le convinzioni personali di
carattere etico, religioso e filosofico dei medesimi familiari, sarebbero state
diffuse senza che questi ultimi abbiano mai acconsentito a divulgarle a terzi o
alla stampa.

Nella segnalazione viene precisato che in
data GG gennaio 2005 la struttura sanitaria era stata formalmente
diffidata dai familiari della donna dal fornire, agli organi di stampa e a
chiunque altro non fosse legato ad essa da stretti vincoli di parentela,
comunicazioni o notizie di qualunque genere relative alla paziente e che,
ciononostante, il quotidiano aveva continuato a diffondere informazioni
relative agli interessati.

Il segnalante ha infine evidenziato che i dati
diffusi dal quotidiano erano tali da rendere gli interessati facilmente
identificabili e, comunque, tali da far desumere che i giornalisti fossero
stati informati sulle identità personali degli interessati medesimi.

La Direzione sanitaria dell’Ospedale San Martino, su
richiesta dell’Autorità, ha attestato di aver diramato solo due comunicati
stampa nei giorni del GG e GG gennaio 2005. A suo avviso, nel
primo comunicato non vi erano elementi tali da poter rendere identificabile la
paziente, mentre nel secondo la medesima Direzione aveva comunicato, previa
"autorizzazione ricevuta dalla famiglia", l’avvenuto decesso
della "signora MB" e del feto.

La stessa Direzione ha poi aggiunto che, dopo
l’espressa diffida dei familiari della paziente, aveva espressamente richiamato
i direttori sanitari al dovere di astenersi da qualsiasi dichiarazione in
merito al ricovero. La Direzione ha inoltre precisato che le dichiarazioni
rilasciate dalla stessa Direzione o dai direttori delle strutture coinvolte
nelle cure apprestate alla paziente erano sempre avvenute nel rispetto della
riservatezza della donna e della famiglia e che non avevano mai permesso di
risalire all’identità di tali soggetti; ha infine osservato che varie
informazioni pubblicate dal quotidiano erano non tratte da dichiarazioni
rilasciate da "persone fisiche specifiche, ma attribuite a non meglio
identificate fonti interne"
, e pertanto insuscettibili di controllo da
parte della Direzione e da considerare di conseguenza inattendibili.

CIO’ PREMESSO, IL GARANTE OSSERVA:

La segnalazione riguarda la diffusione, da parte di
organi di stampa, di dati personali idonei a rivelare lo stato di salute di una
donna in stato di gravidanza, senza più funzioni vitali, nonchè di altre
informazioni relative ai congiunti, atte anche a far emergere convinzioni
personali di carattere etico, religioso e filosofico.

Pur a fronte della linea di attenzione alle
problematiche della riservatezza che l’Azienda ospedaliera dichiara di voler
osservare, e sebbene le persone in concreto responsabili non siano ancora, allo
stato degli atti, specificamente individuate, le informazioni personali
indebitamente comunicate ad organi di stampa non possono che provenire, per
contenuto, caratteristiche, reiterazione e modalità di svolgimento dei fatti,
da personale operante presso la struttura sanitaria. Non consta, inoltre, che
sia intervenuta una manifestazione preventiva di consenso da parte delle
persone a cio’ legittimate (art. 81 del Codice), il che concreta, allo
stato degli atti, una violazione degli obblighi di segretezza da parte del
personale sanitario che trovano fondamento anche in specifiche norme di legge
(artt. 326 e 622 cod. pen.; artt. 76-83 del Codice) e deontologiche (artt. 9-11
e 31 del codice di deontologia medica del 3 ottobre 1998). Come già affermato
dal Garante, "la divulgazione di dati personali ad organi di stampa in
ordine allo stato di salute di una persona, in assenza di un consenso
dell’interessato o dei suoi legittimi rappresentanti è illegittima a
prescindere dalla loro esattezza"
(provvedimento del
16 giugno 1999, in
Bollettino n. 9/1999, p. 63).

La diffusione dei dati personali in questione da
parte del quotidiano La Repubblica non risulta di conseguenza conforme
alla vigente disciplina in materia di protezione dei dati personali.

Le particolari disposizioni vigenti in riferimento al
trattamento di dati personali effettuato nell’esercizio dell’attività giornalistica
(art. 137 del Codice), comprese quelle che tutelano il segreto
professionale sulla fonte della notizia (art. 2 della legge n. 63/1969; art.
138 del Codice), non esimono il giornalista dal dovere di acquisire lecitamente
le informazioni (art. 11, commi 1, lett. a) e 2) e di
trattarle nel rispetto sia della dignità della persona, sia del limite
dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico
(art. 137, comma 3 del Codice).

Nel caso di specie, tali limiti non sono stati
osservati.

Gli articoli oggetto della segnalazione, benchè
riferiti ad una vicenda che rivestiva un interesse generale, contengono
informazioni relative ai soggetti in essa coinvolti la cui diffusione ha
comportato una grave lesione del loro diritto alla riservatezza e alla
protezione dei dati personali.

Negli articoli del quotidiano compare un insieme di
riferimenti specifici alla donna, quali le iniziali del nome e del cognome, la
città, l’età, la professione svolta, il nome della madre, la composizione della
sua famiglia e il cognome della vicina di casa. La molteplicità delle
informazioni fornite ha reso agevole l’identificazione dell’interessat

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